“In ascensore saliamo separatamente, per cui le mie attenzioni tornano ad occuparsi in esclusiva di Verdiana…”
Suggerisco ai lettori di leggere in ordine, cominciando dalla “Prima parte” alla
quale ho fatto una breissima ma necessaria premessa.
Seconda parte
Dice una vecchia massima: l’uomo propone e Dio dispone.
Sono ormai trascorsi due anni da quell’incontro e non mi è stato più possibile andarli a trovare.
Sovente ci incontriamo in skype e ci scambiamo alcune notizie o solo delle frasi di convenevoli. Mi sono accorto che Gabriele non ha più molta voglia di esibire, con me, le grazie della moglie. Chissà, forse nel frattempo hanno fatto altre amicizie che li soddisfano da quel lato.
Ma il mio pensiero è concentrato su Ferdinando, e già tante volte mi è accaduto di fantasticare di come sarebbero andate le cose se fossi tornato a trovarli a breve distanza di tempo da quella prima volta.
Vi racconto le mie fantasie, come se effettivamente le avessi realizzate.
Sono le 14,22 quando il treno da Milano mi fa sbarcare a Vercelli. Come la volta precedente, Gabriele e Verdiana sono sul marciapiede della stazione ad accogliermi. Abbracci e baci di sincera affettuosità; una mia fugace carezza alle tette della signora, la quale mi ricambia con un ampio sorriso, poi raggiungiamo la loro auto parcheggiata sul piazzale davanti la stazione.
Ci avviamo verso la loro casa e, come al solito, io siedo sul sedile posteriore, appoggiandomi in avanti alla spalliera del guidatore in modo da potere allungare le mani sulle tette prosperose della signora. Ma ormai non vado più per il sottile, ma per le spicce: penetro direttamente all’interno della scollatura, inserisco le dita dentro le coppe del reggiseno e raggiungo i capezzoli che trovo già notevolmente eretti e duri. La Verdiana, ridendo, fa le finte di essere ritrosa; si contorce un poco su se stessa, ma in maniera da non impedire alle mie mani di impadronirsi delle floride mammelle, accarezzarle decisamente, stropicciare i capezzoli e provocare alla loro proprietaria meravigliose sensazioni di godimento che, dal seno, si propagano lungo tutto il corpo giù fino al basso ventre, facendole emettere lunghi sospiri di goduria.
Il guidatore, intanto, volge con frequenza il suo sguardo sui particolari della scena, sorride soddisfatto della scena alla quale sta assistendo e dice di essersi anche lui arrapato in modo esagerato, tant’è che se non la smettiamo (ma lo dice ridendo, per dimostrare che sta scherzando) non risponde della regolarità della sua guida.
Sempre scherzosamente lo rimprovero invitandolo a guardare la strada, anche perché le tette della moglie deve già conoscerle assai bene, per cui non serve che gliele guardi adesso.
L’allegria è generale, sincera, affettuosa: che care persone!
In circa 45 minuti di percorrenza arriviamo a casa. Mentre sbarchiamo nel cortile interno, da una macchina giunta prima di noi scende la Roberta, la vicina di casa di cui Gabriele si dichiara molto attratto. In effetti è una donna piacente, di circa 50 anni, alta circa 1,65, torace nella norma, seni tra una seconda ed una terza misura, ma fornita di fianchi assai prosperosi, pur non essendo grossi, e di un favoloso culo.
Nel salutarla e stringerle la mano, Sansone registra un guizzo, ricostruendo certe fantasie nate durante la mia prima visita ai miei amici e che spero, prima o poi, di poter concretare.
Comunque, per il momento devo limitarmi ad una strusciatina nel cederle il passo entrando nel vano scale del fabbricato. In ascensore saliamo separatamente, per cui le mie attenzioni tornano ad occuparsi in esclusiva di Verdiana.
Appena dentro casa, Verdiana va in camera da letto per cambiarsi d’abito. Ritorna in soggiorno indossando una leggera vestaglietta da casa, abbottonata sul davanti. Dalle fessure tra un bottone e l’altro si percepisce che sotto indossa solo le mutandine ed il reggiseno; ai piedi un paio di graziose pantofole.
Mi chiede se gradisco il caffè. Ne approfitto per portare subito il discorso su argomenti più interessanti e rispondo: “Da te accetto tutto quello che mi offri, e con grande piacere.”
Contenti della galanteria, sorridono apertamente sia la signora che il marito, che aggiunge: “Non perdi tempo, tu, neh?”
“Ma pensi che qualcuno potrebbe perdonarmi se sprecassi tempo in presenza di questa bellissima signora? È da quando sono venuto la volta scorsa che non penso ad altro che a questo momento.” E così dicendo mi fiondai addosso alla Verdiana, raccogliendo nel palmo di entrambe le mani i suoi prosperosi seni. Poi feci scivolare le mani dietro la schiena ed, abbracciandola, feci scorrere le mie labbra lungo il suo collo, sulle sue orecchie, costringendola a spingere indietro la testa e, così facendo, a spingere in avanti il bacino che premeva addosso al mio dove Sansone aveva già assunto rispettabili dimensioni.
“Caspita, – esclamò la Verdiana – ci metti poco tu ad eccitarti! Sento il tuo Sansone che mi preme sotto la pancia!”
Scoppiammo a ridere tutti e tre. Poi io aggiunsi: “È tutto merito tuo, mia dolcissima signora, tuo e delle tue forme arrapanti, delle tue splendide tette, del tuo mastodontico culetto – e in così dire le mie mani scivolarono sulle sue natiche – di tutto il tuo formosissimo corpo. È un vero peccato che non riusciamo a farci una scopata completa come vorrei, ma spero che mi permetterai di farti ugualmente godere di uno straordinario orgasmo, come la volta scorsa, d’accordo?”
Lei non rispose, fece un sorriso a tutta bocca e si volse a guardare il marito. Gabriele sorrideva soddisfatto e subito intervenne per dire: “Ah, per me sono ben felice se potete godere tutti e due. Lo sai, amore, quanto mi piace vederti godere e quanto mi piace se, per mezzo tuo, un caro amico possa godere con te.”
Lei tornò a guardare me, facendo la vezzosa. Ma di colpo si incupì e si fece seria: “Spero che non vorrai tentare di nuovo di ficcarmi dentro Sansone, neh? Lo sai che la mia fighetta è troppo stretta per lui.”
“Non preoccuparti, non voglio assolutamente farti male, anzi….. Ma adesso so bene come farti godere, fidati di me e rilassati.”
Rassicurata quasi del tutto, ma con qualche ansietà nel viso, si tolse le mutande e si sdraiò, guidata da me, sul divano, scivolandosi in avanti fino all’orlo ed allargando le gambe al massimo.
Mi inginocchiai tra le sue ginocchia e cominciai col prendere in bocca i suoi capezzoli, prima uno e poi l’altro, alternando una mano sul capezzolo temporaneamente libero dalle mie labbra. Le piaceva dannatamente farsi succhiare le tette, e poco dopo cominciò a genere, ad ansimare, a mugolare di piacere: “Sìiiiii, … cosìiiiii, … braaaavo, … dàaaiiiii, … ancoooora, … più forte, … cosìiii, … mi piaceee, …”
Incoraggiato e stimolato da questi versi, Gabriele aveva tirato il cazzo fuori dei pantaloncini che usava indossare in casa ed aveva cominciato ad accarezzarselo, gli occhi fissi sui genitali miei e della sua signora, le labbra inumidite da una leggera bavetta che gli colava dagli angoli della bocca, ed un sorriso ebete che esprimeva la sua felicità per quello che stava accadendo davanti ad i suoi occhi: la sua adorata Verdiana stava godendo, stava provando quel piacere profondo che egli non riusciva a darle.
Dopo alcuni lunghi minuti in cui i capezzoli delle tette di Verdiana si erano parecchio allungati sotto l’effetto del risucchio della mia bocca, li lasciai alle cure delle mie dita che, strettili tra indice e pollice, li stropicciavano procurando alla donna uno strano miscuglio di dolore e di piacere che andava tutto a svegliare le corde più profonde del suo ventre, la mia lingua cominciò una danza magnifica sul ventre ampio della donna: essa scivolava lieve e bagnata sulla pelle intorno all’ombelico, e ad ogni leccata più violenta delle altre la cara Verdiana sobbalzava per uno shock di piacere che la colpiva all’utero. Mi divertivo un mondo ad intervallare, alle lunghe e serene leccate, dei colpi secchi di lingua improvvisi e violenti che riuscivano a procurarle quelle fitte di goduria.
La mia lingua proseguiva la sua passeggiata in quella dolcissima prateria, prima del tutto brulla, ma già là dove cominciava ad incontrare una peluria castano chiara, non molto fitta, per la verità, ma gradevole al tocco della lingua, delle labbra e della punta del naso che, anche lui, partecipava a quel festival dell’eros. E così via, scendendo sempre verso il basso, la lingua arrivò all’estremità alta della vulva, là dove si congiungono le grandi labbra coprendo e proteggendo la piccola protuberanza del clitoride. La delicatezza del bottoncino, sollecitato dalla ruvidezza della mia lingua, trasmetteva alle viscere della signora flussi di calore e di dolcezza, come se le sue grandi labbra stessero assaporando ampie cucchiaiate di miele. Dalla parte inferiore della figa, un rivolo di umori sempre più consistente testimoniavano della goduria che aveva invaso la donna a seguito di quel trattamento affettuoso.
Intanto le mie mani avevano abbandonato i capezzoli e le tette, erano scese carezzevoli sui fianchi, avevano massaggiato con piacevole delicatezza tutta la superficie della pancia, poi si erano spostate verso il posteriore dedicando alle natiche un energico quanto gradito massaggio.
Mentre la lingua e la bocca dedicavano tutte le loro cure al clitoride ed alle pieghe della figa, scorrendo dentro le grandi labbra, captando le piccole labbra e risucchiandole come si fa quando si vuole svuotare una lumachina in brodo, le mani scivolavano dalle natiche alle cosce, aggirandole con grazia ma con energia, fino a condurre i polpastrelli dei medi nel solco tra le chiappe, introducendosi sempre più fino a strofinarsi sulle rughette dello sfintere anale, provocando alla donna nuove e più violente fitte di piacere che ne scuotevano tutto il corpo, mollemente abbandonato alle cure delle mia mani, della mia bocca, della mia lingua e degli sguardi assatanati del caro maritino.
Quando pensai che il momento fosse quello buono, feci scorrere il polpastrello del mio pollice destro sul bordo delle sue grandi labbra affinché il mio dito si imbevesse ben bene degli umori che la figa di Verdiana stava secernendo e, quando fu sufficientemente bagnato da ogni lato, lo infilai veloce dentro la figa di Verdiana, penetrandola fino a dove il mio pollice poteva sprofondare.
Ella inarcò la schiena come se fosse stata colpita da un dardo rovente, spinse il bacino contro la mia mano ed aumentò al massimo la penetrazione del mio dito dentro la sua vulva; un grido di immenso godimento sgorgò dalla sua bocca: “Ohhhh, sìiiiiiiiiiiii, bello, bellissimo, meraviglioso, … godo, … gooooooodoooooooooooo, … gooooooodooooooo …”
La masturbai col pollice per diversi minuti, portandola ad una serie innumerevole di orgasmi che la sconquassavano e la facevano sobbalzare sul divano, dal quale sarebbe scivolata più volte se le mie mani, alle quali si aggiunsero quelle di Gabriele, non l’avessero sostenuta al suo posto.
Gabriele rideva e piangeva, singhiozzava con la bocca aperta al più felice dei suoi sorrisi, sprizzava felicità da ogni poro della sua pelle: aveva realizzato il suo sogno di sempre, di ogni giorno, il più difficile per lui da realizzare: far godere la sua amatissima Verdiana, farla godere fino in fondo, come una vacca, con una serie infinita di orgasmi. Ed era anche giusto. In fondo, era lui la causa prima di quello che stava accadendo e, quindi, era lui l’autore del godimento della moglie, anche se usavano me come strumento.
Ma non poteva finire tutto qui, come era accaduto la volta precedente.
Dopo che ci fummo ricomposti, dopo che la Verdiana si sentì in dovere di darmi un sonoro bacio su una guancia per ringraziarmi di quanto avevo fatto per lei, ci concedemmo un poco di riposo ed una bibita fresca.
La conversazione verteva, ovviamente, su quanto era accaduto. Gabriele era entusiasta e rievocava tutti i particolari della grandiosa performance che tutti e tre avevamo vissuto e ne sottolineava i dettagli con grande euforia. Verdiana lo approvava sorridendo continuamente ed annuendo alle sue affermazioni. Io mi limitai per un po’ ad ascoltare.
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