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Tra mia madre e la sua amica

“Tra la lingua di Bruna e la mano di mia madre il cazzo andò letteralmente in effervescenza e mi lasciai andare in un orgasmo copioso, che riversai nella bocca…”

Tra mia madre e la sua amica

L’estate era appena
arrivata: torrida, afosa. Passavo la mattina a poltrire, dopo essere rientrato tardi la sera innanzi: le vacanze, dopotutto, servono anche a questo. Pranzavo con mia madre Mirella, poi, di solito, raggiungevo gli amici al bar e passavamo il pomeriggio giocando a calciobalilla o a cazzeggiare del più e del meno.
Quel mercoledì, non so perché, me l’ero presa con più calma. Avevo pranzato, poi mi ero chiuso in camera ad ascoltar musica.
Verso le tre mi ero rivestito per uscire:
“Mamma, io vado!”, esclamai entrando in soggiorno.
Lei era seduta sul divano accanto a Bruna, la figlia di un vicino di casa, di qualche anno più giovane di mamma, che, fresca di separazione, era tornata a stare dai suoi. Bruna era uno sballo: un top legato in vita da dove sfuggivano due seni prominenti, pantaloncini elasticizzati a stringere due cosce rotonde e sode.
“Oh! Scusate, buongiorno. Non sapevo foste in compagnia.”
“Sì, Bruna viene a prendere il caffè ogni giorno verso quest’ora. Ti ricordi di Silvano, vero?”
“Silvano?!?… Madonna come sei cresciuto! Ti ricordavo ragazzino e, invece, eccoti uomo. E che uomo! Hai un fisico da far girare la testa alle donne. Palestra, scommetto ….”
Io mi pavoneggiavo tranquillo, non sono tipo che prova imbarazzi. Mia madre sorrideva lusingata.
“Oddio Mirella, quanto è sviluppato tuo figlio!”, continuò Bruna.
Feci scivolare le mani lungo il petto e poi sui fianchi come a mostrare una bella mercanzia, ripetei il gesto avvicinandomi sorridendo al divano. Forse le apparvi troppo spavaldo, certo è che, senza battere ciglio, Bruna prontamente mi abbassò la zip. Un gesto che mi stupì moltissimo, ma lasciai fare, mentre mia madre, anche lei quasi incredula, timidamente protestava:
“Ma Bruna…cosa fai? ma ti pare….?”
Bruna, ignorandola del tutto, estrasse il mio arnese:
“Minchiolina, che trapano! E’ anche più sviluppato del resto!”
Effettivamente credo di poter vantare un signor cazzo, magari non eccessivamente lungo, ma dotato di una bella circonferenza. Bruna continuava a fissarlo ammirata e mia madre, rossa in volto e imbarazzatissima, martoriava il leggero vestito.
Bruna tese la mano a toccarlo e il mio ‘lui’ prontamente reagì, cominciando a sollevarsi:
“E’ una bestia!”, esclamò Bruna ancora mentre avvicinava le labbra, impossessandosene.
Cominciò un lavoro di lingua e di bocca da bocchinara matricolata, non riuscivo a trattenermi dal mugolare. Mia madre guardava con gli occhi stravolti, ma non fiatava. Ad un tratto Bruna interruppe il cunnilinguo e, rivolgendosi a mia madre, le disse:
“Mirella, perché non lo provi anche tu?”
“Ma tu sei pazza!”, ribattè risentita mia madre.
Ma Bruna insistette pervicacemente:
“Ma dai, almeno toccalo! Su, che male c’è?”
Mia madre fece un gesto di diniego con la mano e girò la testa dall’altra parte. Quella troia di Bruna, impugnato con decisione il mio cazzo, lo spostò in direzione di mia madre fino a pochi centimetri dal volto.
“Dai, Mirella, vedi che bello stantuffo hai dato a tuo figlio!…. assaggialo, non sai che cosa ti perdi!”
Mia madre piano piano girò la testa, timidamente tese le mano fino a sfiorarlo, poi, un po’ più decisa, impugnò l’asta, mentre Bruna tornava ad avvilupparlo con la lingua e stringerlo tra le labbra. Ora anche mamma mi guardava il cazzo con gli occhi sgranati di ammirazione e di voglia.
Tra la lingua di Bruna e la mano di mia madre il cazzo andò letteralmente in effervescenza e mi lasciai andare in un orgasmo copioso, che riversai nella bocca e sul volto dell’amica di mia madre, che lo ricevette felice continuando a leccare il mio magnifico gelato.
Dopo qualche minuto mi ritrassi e, mentre mi dirigevo verso il bagno per sciacquarmi, sentii che Bruna mormorava a mia madre:
“Senza offesa, Mirella, decisamente meglio del tuo caffè! Hai un ragazzo d’oro! Come t’invidio!”
Mi trattenni in bagno una decina di minuti. Quando fui di nuovo pronto per uscire, Bruna era già andata via e trovai mia madre sola in cucina:
“Beh, a questo punto io vado, mamma.”
“Silvano!”, mi fermò lei.
“ Sì, mamma, che c’è?”
“Nulla… è che volevo chiederti scusa per prima… sai…. di Bruna… e poi…”
“Ma scusa di cosa? Io mi sono divertito tanto!”
Avevo preso la via della porta.
“Luciano!”, mi chiamò ancora.
“Dimmi, mamma!”
“Volevo dirti…. Sì, insomma…”
“Allora?”
“Bruna ha esagerato…. Però ha ragione, sei fatto un bel ragazzo …. Sei cresciuto bene ….. sai che a stare insieme tutti i giorni, non ce ne si accorge….”.
Sentivo che voleva dirmi altro e che si tratteneva. Lo stimolai provocatoriamente:
“Cosa vuoi dirmi? Che sono ben attrezzato? Ma è stata brava anche la tua amica a farmelo rizzare così!”
A quel punto, come fosse stata punta sul vivo, mia madre ribattè quasi risentita:
“Ecchè, pensi che quelle cose le sa fare solo lei?”
Ero strabiliato del dialogo surreale che stavo conducendo con mia madre, eppure era tutto vero.
Mi avvicinai a lei, che intanto si era seduta. Tirò i pantaloni dalle tasche, stringendoli sul davanti, come per valutare l’effetto nascosto.
“Questo l’ho fatto io!”, esclamò con espressione di orgoglio e di possesso.
Poi mi sbottonò i pantaloni: prima il bottone, poi la zip. Accompagnò con gesti misurati i calzoni che si arrotolarono ai miei piedi, lasciandomi in mutande davanti a lei. Sollevò lo sguardo a fissarmi negli occhi:
“Sai che sei davvero bello?”
Le sorrisi. Con le dita si intrufolò tra l’elastico degli slip e la mia pelle, tirandole giù ad abbassare l’intimo. Già quei semplici gesti, la grazia con cui erano compiuti, l’idea che a farlo fosse mia madre, avevano fatto effetto e il mio socio l’aspettava sull’attenti.
“Uh che meraviglia!”, disse non appena se lo trovò di fronte in tutta la sua maestosità, “ma è veramente bello, sai? Proprio quello che una donna vorrebbe trovare sul suo uomo…”
Lo impugnò e lo indirizzò verso la sua bocca:
“Certo non lo faccio da tanto tempo…. Mi scuserai se….”
Afferrandomi i testicoli con la mano, mi tirò dolcemente a sè, posandomi la lingua sul glande e facendola scorrere fin giù allo scroto, alle sue dita. Era così diverso dal modo di fare di Bruna, ma non so dire quale mi piacesse di più. Era dolce in tutti i suoi gesti, delicata. Mi leccò sulla pancia, lì dove iniziano i peli del pube, scivolando con la lingua fino all’ombelico, per continuare poi dall’altra parte. E poi ancora sul glande, sul filino, sullo scroto, prendendolo in bocca, di quando in quando. Impazzivo di piacere.
“Mamma, continua, ti prego…. Non ti fermare!”
“Neanche tu, amore! Trattami come hai trattato Bruna. Non mi darà fastidio, non ti preoccupare.”
Quando sentii il piacere attraversarmi il corpo preannunciandomi l’orgasmo, non l’avvertii neanche, al punto che il primo fiotto la sorprese, provocandole un istintivo moto del capo. Fu un attimo: tornò ad occuparsi del gingillo che continuava ad eruttare, accogliendo in bocca tutto quello che le riversavo. Poi se lo strofinò dolcemente sulla guancia, come volesse pulirlo ed infine lo salutò con un bacio sulla punta:
“Grazie, bello di mamma!”
“Grazie te lo devo dire io!”, ribattei con aria soddisfatta.
“Ti è piaciuto davvero? Non sono poi così male, vero?”
“Maleee???… Sei stata fantastica, mamma. Piuttosto spero che ti venga voglia di farlo più spesso.”
“Non diventare porcellino, ora. Oggi è successo… domani si vedrà”.
Tornai a lavarmi in bagno, salutai velocemente la mamma e finalmente raggiunsi i miei amici al bar.
L’indomani, dopo pranzo, me la presi di nuovo con calma, ma stavolta ero ben conscio del motivo. Lasciai lo stereo spento per sentire tutti i rumori che venivano di là, aspettando il trillo del campanello, poi perfettamente in tiro, uscii. Come il giorno prima le due amiche erano sedute sul divano a chiacchierare, stavolta l’argomento del giorno ero io e quello che era successo il giorno prima:
“Spero tu non sia ancora arrabbiata con me”, diceva Bruna, “è stato più forte di me … quando l’ho visto mi è scattata la voglia!”.
“Non ti preoccupare, Bruna. Silvano non è un bambino. E’ piaciuto a noi, ma è piaciuto anche a lui!”
“Che ne dici se torniamo alla carica? …. Magari oggi gli facciamo assaggiare la fica…”, propose in tono troiesco la Bruna.
“Ehi, ma non ti pare di correre un po’ troppo?”, obiettò dubbiosa mia madre.
“Ma no, sai che godimento a farsi trapanare da un cazzo così!”, esclamò Bruna che era già su di giri, “non ti preoccupare, lascia fare a me!”
Parlottavano e ridacchiavano di gusto, quando, con un colpo di teatro, entrai in salotto come si conviene ad un protagonista:
“Se non avete altri programmi che mi coinvolgano, io andrei.”
Si guardarono un attimo, poi ripresero a ridere. Fingendomi offeso, feci finta di andar via.
“Aspetta!”, la voce di Bruna arrivò prima di quanto aspettassi, “se ti va, vorrei ricambiare il favore di ieri!”
“Cioè?”, chiesi facendo finta di non aver capito.
“Ti farei vedere la mia passera…. Sai, è un po’ secca, avrebbe tanto bisogno di cure ….”
Dicendolo aveva cominciato ad abbassare i bodypant, sotto cui non aveva nient’altro. Un pelo folto e nero cominciò a fare capolino. Si sollevò, voltandomi le spalle e dandomi modo di verificare che quel che pensavo del suo culo era un’approssimazione per difetto: alto, sodo, prominente. Non riuscivo a distogliere lo sguardo. Si piegò in avanti:
”Silvano vieni, tocca, vedi come è secca! non pensi che dovrebbe essere lubrificata?”
Non era secca per nulla: gli umori già colavano al punto che non mi trattenni dall’intrufolarmi sotto di lei per cominciare a leccarla di gusto. Mia madre guardava attenta ma restava taciturna. Non fingeva più né imbarazzo né rabbia. Bruna si dimenava sotto i colpi della mia lingua, gratificandomi di umori.
Ebbe un primo orgasmo, così rumoroso da spingerla a scusarsi con noi. Fu un attimo: si riprese, mettendosi sul tappeto ed invitandomi su di lei. Non me lo feci ripetere e, sguainata l’arma, mi lanciai alla carica. Le dimensioni della mia bestia non furono un ostacolo alla penetrazione, l’esperienza della donna e l’abbondante lubrificazione della fica consentirono che il mio cazzo scivolasse senza problemi in quella caverna, fino a portare Bruna ad un secondo orgasmo, proprio mentre anch’io me venivo, inondandole l’utero del mio sperma.
Mi abbandonai accanto a lei, cercando le sue labbra da baciare, mentre lei raccoglieva il mio seme che le colava tra le gambe e se lo spargeva sul ventre. Sentii una mano scompigliarmi i capelli e mia madre che diceva:
”Vado a fare un altro caffè. Questo si è freddato ormai”.
Quando ritornò, aveva un vassoio con tre tazze:
“Non farete freddare anche questo, spero!”, disse smorzando gli entusiasmi di Bruna, intenta a suggermi un capezzolo, mentre con la mano armeggiava sul mio sesso, che aveva preso a risvegliarsi. Tornò a sedersi accanto a mia madre, senza rivestirsi, mentre io mi accucciolavo sul tappeto, proprio di fronte a loro:
“Non so se si è capito, ma è il tipo di sport che preferisco… e voi?”, disse Bruna sghignazzando.
Io e mamma non rispondemmo, ma ci scambiammo uno sguardo carico di complicità. Sorseggiavo il mio caffè, lasciando che lo sguardo ondeggiasse da una all’altra delle mie dirimpettaie. Lo spettacolo offertomi da Bruna era senza dubbio stupendo e mi prendeva la voglia di fare un confronto.
“Si può sapere cosa pensi, giovanotto? sei diventato di colpo così taciturno”, mi chiese incuriosita Bruna.
“Pensavo che ora mi piacerebbe vedere quella di mia madre.”
Mi sembrò di aver solo finito di pensarlo, più che di dirlo, e già vidi che mamma si era alzata dal divano e stava sfilando il vestito: due piccoli non troppo grandi, ma ben formati e sodi, affascinarono il mio sguardo. Poi più giù, dove coperto da un perizoma velato c’era il sogno mai confessato. Il vestito, dopo un piccolo volo, andò a posarsi sul divano. Ma in pochi attimi anche il perizoma era andato via.
Uno spettacolo indimenticabile: completamente rasata, se si esclude un piccolo ciuffo, portato corto, proprio sopra il monte di Venere; a dispetto dell’età, un ventre piatto con appena qualche grinza si estendeva tra quella meraviglia e il seno. E, più su, quel volto e quel sorriso, che tante volte mi avevano consolato e coccolato, ora mi promettevano altro.
Sollevò la gamba, portandosi su di me: guardavo ora dal basso in alto, con quella figa spalancata alla mia portata:
“Si vede bene di là?”
“Sì, mamma. Benissimo. Troppo bene per non baciarla!”
“Va bene…. se vuoi, fallo!”
Mi scaraventai con la bocca su quelle labbra carnose e cominciai a succhiare, poi mi diressi verso il clitoride, mentre con le mani mi ero appeso ai suoi glutei, sodi, magnifici.
Bruna cerco di avvicinarsi, per unirsi a noi, ma mia madre la scacciò con un gesto gentile e deciso al contempo:
”Ora è il turno tuo di stare a guardare!”, le intimò.
Ignorai quel piccolo diverbio, continuando a dedicarmi a quella figa che ora distillava umori. Sentivo mamma fremere. Fremere e gemere di gemiti sommessi, quasi impercettibili, così diversi dagli strilli e dai mugolii di Bruna.
Mi alzai, la feci posare con le mani sulla spalliera del divano, quindi la penetrai. Ebbe solo un momento di resistenza, poi si abbandonò al mio volere: stavo scopando mia madre ed ora sapevo che era quello che volevo da sempre e sapevo anche che era magnifico. Lei assecondava i miei ritmi, continuando a fremere, mentre, lì accanto, Bruna si sgrillettava furiosamente.
Mamma sentì il piacere crescere e mi invitò a darci dentro, poi uscì di colpo, irrigidendosi e cadendo esausta sul divano. Tornai a leccarle la figa che ora era fradicia di umori agrodolci, aveva un profumo che mi inebriava e quella sua mano sulla testa, che mi carezzava assecondando i miei movimenti, era per me una nuova carica.
La invitai a prendere la posizione che era stata di Bruna, sul tappeto, e ancora le fui dentro. Avessi potuto sarei rimasto così per l’eternità. Le sue mani, aggrappate alle mie spalle premevano sulla mia pelle, le sue unghia penetravano in essa, dandomi, stranamente, una sensazione di piacevole dolore. Aumentai il ritmo dei miei colpi, mentre lei stringeva le cosce, attanagliandomi. Infine, all’unisono, liberammo un urlo lungamente represso, donandoci reciprocamente il piacere.
Rimasi ancora dentro di lei, mentre lei mi attirava, coinvolgendomi in un bacio, che, pensai, avrebbe fatto impazzire chiunque da solo. Continuammo a baciarci fino a che un grido acuto non ci riportò al mondo: Bruna era venuta anche lei, nel suo modo appariscente, masturbandosi.
Ora eravamo di nuovo in tre, a chiacchierare:
“E brava Mirella! Ci hai messo poco a superare le tue paure, eh?!?”
Mia madre non rispose, ma le si avvicinò, posandole una mano sul seno. Poi tese il capo, fino a raggiungere con le labbra la bocca di lei. Vidi le loro lingue cercarsi, unirsi e le loro mani andare alla scoperta del corpo, una dell’altra. Rimasi a guardarle mentre le loro carezze si facevano via via più intime, mentre mia madre, ruotando sul divano, raggiungeva la figa di Bruna con la bocca, offrendo all’amica la sua. Non intervenni, ero come immobilizzato: attratto da quella scena, dalle movenze così diverse delle due donne, entrambe abbandonate al piacere. Le guardai donarsi un orgasmo e infine ricomporsi, dopo un ultimo bacio.
Quel pomeriggio rinunciai ad uscire: troppi, piacevoli accadimenti in soli due giorni. Avevo bisogno di riposo. Contrariamente alle mie abitudini, andai a letto presto, alle 21.30, subito dopo una rapida cena così, e dormii come un pascià fino al mattino, anche se nel dormiveglia in piena notte avvertii un piccolo trambusto nella camera dei miei.
All’indomani fui svegliato da una carezza che percorse tutto il mio corpo. Aprii gli occhi: mia madre era seduta sul letto, un raggio di sole, filtrando dalla tapparella, si proiettava sulla sua nudità, donando alla sua bellezza un aurea di divinità. Si chinò a baciarmi dolcemente. Risposi al bacio, ma subito le chiesi:
“Stanotte c’è stato movimento in camera vostra, o sbaglio?”
“Eh sì. Tuo padre ha voluto la sua parte!”, rispose con un sorriso, “ed ora io voglio la mia!”.
“Ah!… cominciamo al mattino!?… Non ti ha soddisfatta tuo marito?”
“Beh, il poveretto si è dato da fare, e credo anche di aver fatto la mia parte. Ma da ieri ho una voglia matta del tuo uccello. E non voglio aspettare oggi pomeriggio, perché già so che Bruna ti salta addosso come al solito e a me lascia solo le briciole….”
Questa competizione tra le due donne mi piaceva, mi inorgogliva.
Mamma continuò guardandomi di traverso:
“E poi vorrei chiederti una cosa….”
“Cosa?”
“Silvano, scusami se te lo dico così esplicitamente, ma mi è venuta una gran voglia di riceverlo in culo…. Anche se ti pregherei di fare piano, perché ho paura che con quel popò di arnese rischi di rompermelo!”
Sembrava un pulcino: credo fosse un po’ imbarazzata, ancora, a parlarmi delle sue fantasie, a chiedere di realizzarle con me. La baciai a lungo, con tenerezza, poi la feci distendere sul mio letto.
Bruna era una macchina da letto, una vera troia. Mia madre era la gioia di trovare nel sesso la completezza di una corrispondenza di sentimenti. Continuai a carezzarla, poi introdussi due dita nella sua vagina, per lubrificarle coi suoi umori. Lentamente cominciai ad affondare un dito nel culo: mi accorsi che era già abbastanza dilatato, non era certo vergine là dietro. Continuai, comunque, a lubrificare, poi la feci voltare. Lei inarcò la schiena, portando il culo in su per facilitarmi. Puntai il cazzo sul suo buco e cominciai a spingere lentamente. Sentii le lenzuola tendersi sotto di me: mia madre le stava stringendo con le mani, con la bocca serrata a contenere un dolore che, per quanto mi sforzassi di fare piano, doveva sembrarle insopportabile. Mi fermai e stavo per uscire:
“No, continua a spingere, ti prego! E’ stato così anche la prima volta, ma poi cede e mi piace.”
Ripresi a penetrarla e spinsi fino a che non fu tutto dentro, poi cominciai a stantuffare lentamente. L’orifizio anale cominciava ad abituarsi e finalmente il dolore cedeva il passo al piacere:
“Spingi, ora, dai!”, mi incitava mia madre e non me lo feci ripetere.
Ci diedi dentro d’amore e di gusto fino a scaricarle nell’intestino una gran quantità di sborra, abbandonandomi poi sul letto, con lei accanto. Rimanemmo così per un’ora abbondante, felici, uno accanto all’altra.
Dopo pranzo, come al solito, arrivo Bruna, ma, ormai, per non perdere tempo saltammo il rituale del caffè. Le disse subito spavaldamente:
“Vieni, Bruna, che ti faccio il servizio che ho già fatto a mamma stamattina.”
“Ah! Brava, bell’amica! Hai già consumato. Egoista! Spero ne sia rimasto per me.”
Ad essere sincero, cominciavo a sentirmi stanco, ma ancora per oggi ce l’avrei fatta. Infatti, la troia rimase soddisfatta, anche perché pretese che mi dedicassi quasi esclusivamente a lei, lasciando a mia madre solo un ruolo ancillare:
“Tu hai già consumato, porca!”, le disse, “e poi Silvano ce l’hai a disposizione tutto il giorno!”
Bruna era una idrovora, non si saziava mai. Tant’è che, poco prima di andarsene, mi disse:
“Silvano … visto che ci troviamo bene, che ne diresti di invitare un giorno qualche tuo amico? Potremmo divertirci insieme, sarebbe stupenda una bella ammucchiata!”
“Se vuoi, te ne porto più di uno. Con la fame arretrata che hanno, quelli ti fanno ubriacare di cazzo!”
Rise sguaiatamente, poi aggiunse:
“A me me ne bastano un paio oltre a te … a tua madre non so….”
Mamma non replicò alla provocazione, ma, quando l’amica fu uscita, mi cinse con le braccia, mi baciò e puntualizzò subito:
“Io non voglio conoscere nessuno. A me mi basti tu!”.


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Disclaimer! Tutti i diritti riservati all’autore del racconto – Fatti e persone sono puramente frutto della fantasia dell’autore.
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Trio

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