“Stavolta lasciava interamente a me l’iniziativa…”
Suocera assatanata
Mi chiamo Alessio, ho 23 anni e sto ripensando,
con un po’ di rimpianto, alla incredibile esperienza che da poco si è interrotta.
La mia storia con Melba, la mia fidanzata, è durata quasi cinque anni, tra alti e bassi, un po’ come in tutte le coppie. Ci siamo conosciuti all’università e ci siamo subito messi insieme, divedendo il pied-à-terre che i suoi le avevano affittato in città. I primi tempi l’amavo alla follia, ero letteralmente perso di lei, mi sembrava fosse la donna del destino. Peraltro, scopavamo alla grande, senza remore. Mi ha dato la sua verginità, o meglio, le sue verginità, ed abbiamo compiuto con eguale soddisfazione la nostra educazione sentimentale e sessuale.
Ma, oltre al cazzo, Melba aveva un bisogno straordinario di affetto, perché i suoi genitori erano separati da un pò di anni e lei soffriva molto di quella situazione familiare. Io ero un po’ un rifugio protettivo per lei. Conoscevo entrambi i genitori e, per la verità, si dimostravano entrambe molto premurose con la loro figlia. Il padre Pietro, di 52 anni, mi sembrava un bonaccione, un tipo molto alla mano, cornuto designato; la madre Luciana, di 48 anni, era una donna molto vivace e spiritosa, ma soprattutto molto procace e intraprendente (mi ero fatto subito l’idea che fossero le corna all’origine della separazione, anche se non ebbi mai il coraggio di parlarne apertamente con la mia ragazza).
Un giorno accadde che il padre, cardiopatico, dovette ricoverarsi per un’operazione delicata alle coronarie, io e Melba rientrammo dall’università e ci ritrovammo tutti i familiari in ospedale. C’era pure la signora Luciana e la vidi piena di premure verso Pietro; nonostante non stessero più insieme da anni, aveva ritenuto suo dovere assicurare l’assistenza al suo ex.
A fine giornata Melba si offrì di restare a vegliare il padre per la notte; la madre fece qualche resistenza, ma alla fine accettò l’idea che si sarebbero alternate una notte per ciascuna. Melba si raccomandò con lei di ospitarmi a casa sua per alcuni giorni, Luciana la rassicurò ampiamente:
“Ci penso io a lui, lo tratterò bene, non preoccuparti!”.
Con la mia auto andammo a casa di mia suocera. Era la prima volta che ci andavo e mi sentivo un pò a disagio a fianco di quella donna iperattiva, un tantino aggressiva, soprattutto tanto arrapante.
“Faccio in fretta a cucinare” mi disse la cara suocera “… tu intanto guarda la tv, appena è pronto ti chiamo…”.
In quindici minuti fece tutto e ci sedemmo a cenare. A tavola parlammo poco, e la cosa era piuttosto strana dato che lei era di solito molto loquace. In compenso, non mi sfuggirono certe occhiate oblique e certi sorrisi trattenuti.
Appena consumata la cena, mi fece accomodare in salotto per sorseggiare un liquorino e restammo lì per qualche minuto rilassati, in un silenzio che si faceva sempre più pesante. D’un tratto, improvvisamente lei mi chiese come andavano le cose tra me e sua figlia. Le risposi che andava tutto bene, ma mi resi conto che non cercava risposte banali, difatti insisteva con domandine un po’ ambigue. Ad un certo punto tagliò corto e mi chiese senza mezzi termini come andava sul piano sessuale.
A quella domanda restai un po’ imbarazzato e interdetto, non avevo la confidenza per scendere nei particolari, perciò le risposi che, per quanto ci frequentassimo da un po’ di tempo, avevamo avuto rapporti solo superficiali.
“Sicuro?” esclamò lei “Melba mi ha detto il contrario, mi ha detto che sei stato tu il suo primo ragazzo e che insieme avete cominciato a conoscere il sesso. Non è così?”
Restai di sasso, mi sentii colto in fallo e diventai rosso come un peperone, ma lei cercò subito di tranquillizzarmi:
“Guarda, io e Melba ci confidiamo come due amiche e mi ha raccontato anche della perdita della verginità … mi ha anche detto che sei molto dolce, che non ti comporti come un selvaggio in calore. Quindi, stai tranquillo, non vergognarti, voglio solo sapere se mia figlia è felice…”
“Signora, io credo veramente di amarla” le dissi “e credo che Melba sia felice del nostro rapporto.”
Dalle cose che mia suocera mi raccontava appariva evidente che la figlia le raccontava tutto; mia suocera sapeva quando scopavamo, se e quando la inculavo, e forse anche tutte le altre porcate che facevamo.
Intanto, seduta in poltrona, Luciana era completamente scosciata e, guardando sottecchi quelle belle cosce incominciavo ad eccitarmi, anche perché lei insisteva con domande piccanti:
“Ma dimmi, ma mia figlia ti fa godere?”
“Sì” le risposi ancora un po’ timidamente “mi fa godere molto, si comporta benissimo”.
“Bene!” disse lei, fissando la patta dei miei pantaloni rigonfiata dall’erezione in corso “certo in questi giorni Melba è un po’ preoccupata per il padre… devi avere un po’ di pazienza ….. devi tenerlo a bada il tuo mastino … anche se capisco che il poveretto ha le sue esigenze!”
Non sapevo che dire, la disinvoltura con cui mia suocera entrava in confidenza così intima e intrigante con me mi sconcertava, peraltro lei mi provocava spregiudicatamente, dischiudendo oscenamente le cosce e mostrandomi senza alcuna vergogna il suo triangolo pubico peloso, appena velato da uno slip trasparente. Visto che restavo imbambolato, prese lei l’iniziativa e mi disse con voce squillante:
“Senti Ale, non ti tormentare inutilmente. vedo che stai per scoppiare … su, vieni qui che vediamo di darle una calmata alla bestiolina”
Mi alzai come un automa e mi avvicinai alla sua poltrona, lei tirò giù la zip dei pantaloni, poi me li abbassò sino ai piedi, mi liberò con grande maestria il cazzo già ingrifato ed esclamò:
“Ehilà! Guarda che presentat’arm! Complimenti davvero Ale! Dai, su, ora ti faccio un bel succhiotto. Così ti calmi e non ti verranno altre tentazioni. Melba è tanto brava, non si merita certo di avere le corna“
Mi sembrava tutto surreale. Mia suocera era una porcona inarrivabile, bravissima anche a recitare la parte della madre crocerossina. Non mi ero ancora capacitato che non stessi sognando quando mia suocera con la mano mi prese i coglioni e si mise subito a leccarli con molta abilità. Avevo il cazzo in tiro e la sua bocca si avvicinava, ma poi lei la ritraeva a bella posta per farmi eccitare ancora di più. Un piacere irresistibile che mi aveva indotto a chiudere gli occhi. Ad un certo punto sentii la lingua sulla cappella, la sentivo insinuarsi nel buchino del glande come se me lo volesse completamente aprire con la lingua ed esplorarlo. Era bravissima, si vedeva che aveva grande esperienza nel succhiare cazzi.
Mentre mia suocera mi faceva un pompino da favola, non potei fare a meno di pensare alla mia ragazza in ospedale accanto al padre, e per un attimo mi sentii un bastardo. Ma mi assolsi subito: aveva ragione la madre, in fondo non stavamo facendo nulla di male, lei mi stava svuotando i testicoli per scongiurare possibili tradimenti.
Luciana succhiava dolcemente la cappella con movimenti circolatori, mentre con la mano sinistra afferrava le mie palle e le massaggiava con delicatezza. Sentivo approssimarsi un orgasmo che non avevo mai provato, una specie di implosione. Liberai in rapida successione quattro-cinque schizzi di sperma, ma lei non si fermò né si scostò, continuando imperterrita nel suo delicato massaggiare, fino a quando i miei testicoli furono completamente svuotati ed esausti. Un godimento inimmaginabile, che conclusi con un grugnito liberatorio, mentre la porcona che si leccava le labbra piene di sborra. Alla fine, ci ricomponemmo e lei, con un sorriso più eloquente di ogni parola, mi fece intendere che, quando avessi avuto il bisogno, poteva ricorrere liberamente alle sue premure.
Uscii stravolto da quell’impatto con mia suocera, pensai che non c’era donna migliore per assaporare il sesso nella sua completezza. Nonostante l’intimità raggiunta, non riuscivo ad avere con mia suocera tutta la libertà e la disinvoltura per dirle chiaramente del desiderio struggente che lei mi aveva acceso. Quella notte la desiderai ardentemente e, ad un certo punto, per prendere sonno mi masturbai simulando che me la chiavavo in maniera furibonda. Ma quella donna mi attraeva e mi intimidiva al tempo stesso. Anche nei giorni successivi era sempre lei ad aprire il discorso, a lanciarmi qualche occhiata allusiva, a strusciare il suo culone contro i miei pantaloni.
Una seconda occasione di incontro ravvicinato capitò quattro-cinque giorni dopo, un’altra volta per il turno di assistenza al padre. E stavolta mia suocera non fece né domande né preamboli, mi si avvicinò e afferrò subito il cazzo ed i coglioni da sopra i pantaloni e disse languidamente:
“Il mastino lo vedo un po’ agitato….non devi tenerlo in questo stato, poverino!”.
Stavolta, incoraggiato dalla sua sfrontatezza, la strinsi subito a me allungandole le mani sulle chiappone larghe e sode e baciandole il collo. Cominciò subito a lanciare gridolini di piacere e ad incitarmi:
“Ecco bravo, non fare il timido, non sono un’estranea… fammi tutto quello che ti passa per la testa, tutto quello che faresti con mia figlia, anzi di più … tutto quello che faresti con una puttana, per levarti ogni sfizio…”.
E allora, prendendo sempre più coraggio, cominciai a sussurrarle nell’orecchio che mi venivano desideri osceni.
“Ah sì?” mi chiese con voce roca “e quali desideri ti vengono in mente? dimmi…”
“Lo vuoi sapere?” le risposi con un tratto di cattiveria “ho una voglia matta di sfondarti il culo. e poi di versarti tutta la mia sborra sulla faccia e sulle mammellone”
Per niente impressionata, la porcona alzò le sopracciglia e mi rispose con un sorriso beffardo:
“Bene, accomodati! Sono qui a tua completa disposizione … vediamo che sai fare! Sai, anch’io avrei qualche mio desiderio particolare… e voglio vedere se sei tu la persona giusta per soddisfarmelo!”
Quello scambio di battute ebbe l’effetto di liberare tutte le mie energie sessuali represse e di farmi superare ogni riguardo. Dopo averle rovistato la bocca con la lingua, le sfilai la camicetta e mi dedicai a leccarle vogliosamente i capezzoli inturgiditi; lei intanto aveva lasciato cadere la gonna e si era sfilato il tanga, per cui mi buttai subito a perlustrarle il cespuglio inguinale.
Stavolta lasciava interamente a me l’iniziativa. La feci piegare in avanti, inumidii il suo ano con appena un po’ di sapone liquido e, allargando con le mani le sue chiappe, con un paio di colpi secchi feci entrare il mio spadone fino all’elsa dentro il suo sfintere. La porca gridava di dolore e di piacere e dimenava quel culone in maniera impazzita, tanto che in breve tempo scaricai dentro il canale tutta la sborra accumulata nei coglioni.
Il pistonamento fece il suo effetto, tant’è che mia suocera corse subito sul water a scaricare dall’intestino. Mi diressi prontamente anch’io al bagno, mi avvicinai a lei che era seduta sul cesso e le misi in bocca l’arnese un po’ ammosciato. Lei si mise subito a spompinare e me lo fece risorgere rapidamente. Mentre me lo succhiava mi infilò il suo dito medio in culo stimolando a sua volta il mio sfintere, tanto che dovetti chiederle di lasciarmi subito libero il water per defecare.
“Prego!” mi disse “ma quando hai finito non ti pulire: lo voglio fare io!”.
Eravamo ormai alla intimità più sconfinata, ma non avevo immaginato che la sua perversione non conoscesse limiti. Volle pulirmi lei, ma volle farlo con la lingua, non con la carta igienica:
“Fammi assaggiare”, disse, “i resti del tuo intestino!”.
E mi fece una leccata sensazionale al culo, che a ripensarci ancora oggi mi vengono i brividi di piacere. Era veramente una porca e, in preda ad un’attrazione mista a ribrezzo, la feci accovacciare nella vasca da bagno e cominciai a pisciarle addosso, dalla testa alla faccia, dalle mammelle alla pancia ed alle cosce. E la porca godeva senza ritegno esclamando ad alta voce:
“Bravo, bravissimo! tu sì che hai capito che i piaceri migliori sono quelli proibiti!”
Ci siamo ritrovati soli io e mia suocera una decina di volte, e ne abbiamo combinato di tutti i colori. Al di là del piacere di godere in ogni modo il suo corpo opulento, quello che mi piaceva di più era ormai la disinibizione totale nel fare sesso. Per quattro-cinque ci siamo concessi ogni porcaggine e siamo stati bravissimi a non attirare sospetti.
Quel che non ho calcolato è che, a furia di fottere con la madre, il rapporto con Melba si è andato inaridendo e, ad un certo punto, lei ha rivolto le sue attenzioni verso un altro. Me l’ha detto con franchezza e mi ha chiesto scusa, ma sentiva che il suo uomo non ero io. Non aveva tutti i torti, negli ultimi mesi non la toccavo più, mi lasciavo spompare da quella troia della madre.
Il fatto è che, venuto meno il rapporto con la mia ragazza, si sono inevitabilmente interrotti anche quelli con la madre. E, ahimè! questa è la cosa che mi pesa e mi manca di più.
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