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“ Se la pittura fosse uno dei miei svaghi, uno dei miei quadri vi ritrarrebbe sicuramente…”
Parigi – 1700
“Hai perso la posa. La mano.”
Sospirai e
riportai la mano a sorreggermi il capo.
M’annoiavo.
Pensavo che esser scelta da un pittore come Musa fosse un’esperienza più entusiasmante.
Ricordavo bene la mattina in cui avevo letto il biglietto di Andrè, dove – con tono accorato e affascinato – mi supplicava di fargli l’onore di prestar volto e corpo al soggetto di un suo quadro.
Avevo accettato con divertimento, cogliendo uno dei molti vantaggi d’esser una delle cortigiane più alla moda e desiderate di Parigi.
In molti pittori s’erano offerti di farmi un ritratto, più per entrare nelle mie grazie che per interesse, Andrè invece, non voleva che lo presentassi a questo o quel nobile, che lo introducessi in un certo salotto, voleva solo ritrarre la mia bellezza.
Dopo colazione mi ero quindi recata nel suo studio, una mansarda in Rue D’Agout, una piccola via anonima nel quartiere artistico, ed ero entrata in un mondo a parte, permeato dall’odore umido e grasso di creta e argilla, colori ad olio e tele nuove.
La stanza era piccola ma pulita curata – l’apparente disordine era in realtà ordinato – le finestre su pareti e tetto facevano entrare ogni raggio di sole e garantivano una meravigliosa, esclusiva, vista sui tetti, le pareti erano piene di bozzetti disegnati a matita, quadri incompiuti o copie d’altre opere.
Era così diverso dai miei appartamenti pieni di costosi regali, lussi e vizi ma mi piaceva.
Mi piaceva l’odore, il camino confortevole, mi piaceva come Andrè si muoveva nell’ambiente.
La stanza era arredata in modo semplice, un paravento di vimini intrecciati, un’ ampia ottomana rivestita di velluto rosso scuro e cuscini, tavoli, sedie e cavalletti.
Con modo lievemente imbarazzato mi aveva indicato il paravento da cui ero uscita con solo delle gocce di profumo al mughetto a coprirmi.
Seguendo le sue indicazioni mi ero sdraiata sull’ottomana, i cuscini a circondarmi, appoggiata sul fianco sinistro, una gamba distesa e l’altra appena piegata, una mano a sorreggere la testa e l’altra languidamente adagiata s’un fianco.
Un gioco di specchi rimandava il mio riflesso e mi compiacevo del modo in cui il tessuto dal colore così scuro, quasi sanguigno, faceva risaltare la mia pelle quasi traslucida e i capelli sciolti e scuri.
In questo momento però, dopo quasi due ore sdraiata in quella posa, la noia era diventata mia compagna di gioco.
Lo sguardo vagava per la stanza, osservando dipinti e disegni, per poi soffermarsi sulla figura snella e agile di Andrè.
Dipingeva in maniche di camicia e, quando s’allontanava dalla tela, potevo ammirare la rotazione del busto, il movimento delle braccia e delle mani, la solidità delle gambe.
“Posate anche voi come modello, ho ragione?”
“ Si, ogni tanto. Come l’avete capito?”
“ Avete un fisico molto armonico e un viso espressivo, dubito che possiate passare inosservato a qualche artista e come personificazione di Apollo o Ares sareste davvero adatto.”
“ Non ho impersonato né Apollo né Ares, purtroppo.”
“ Se la pittura fosse uno dei miei svaghi, uno dei miei quadri vi ritrarrebbe sicuramente.”
“ Non dipingete?”
“ No, manco di talento e di tempo per dedicar ad un’opera la giusta attenzione.
Nel mio mondo saper dipingere non è una virtù ricercata, si preferisce la bellezza, lo spirito e il saper parlare.
Non troppo, ovviamente.” Sorrisi.
“ Siete fortunata, avete la bellezza e sapete come rendervi ancora più bella.”
“Trucchi che s’imparano subito e sono necessari quanto l’aria, ogni giorno ci è nemico.”
“ Il tempo è nemico di qualsiasi cosa gradevole d’aspetto.
La gamba. L’avete mossa. Anche il busto.”
Il mio tentativo di stiracchiarmi mentre parlavamo era stato scoperto, così mi ricomposi, anche se iniziavo ad essere intorpidita oltre il lecito.
Fortunatamente non avevo freddo, il sole entrava dalle vetrate riscaldando l’ambiente e creando giochi d’ombre e di fasci luminosi.
Andrè abbandonò la tela, si diresse verso un tavolino per temperare la matita con cui stava disegnando il bozzetto e ne approfittai per alzarmi.
Mi stiracchiai emettendo un piccolo lamento soddisfatto.
Il pittore si voltò di scatto e notai il suo disappunto nel vedermi in piedi.
“ Avevo bisogno di muovermi.
La posa non sarà poi così difficile da replicare, avete il bozzetto.” Anticipai le sue proteste.
Mi stiracchiai ancora.
Ruotai il capo, cercando di sciogliere il collo e le spalle.
Andrè mi si avvicinò e massaggiò alcuni punti sulle spalle, facendo passare il dolore, poi mi offrì qualche frutto.
Mentre mi passava la coppa con qualche acino d’uva bloccai la sua mano, presi la coppa e la poggiai sul tavolo accanto, e iniziai a massaggiare il palmo ampio e ruvido.
Mossi le dita con movimenti ampi e dolci, sentendo lo sforzo causato dall’impegno di quelle ore.
“Ho pensato che anche voi vi sentiste indolenzito.”
Mi scostai e piluccai qualche acino succoso, mordendone metà prima d’introdurlo in bocca.
Con la coda dell’occhio notai che i miei gesti avevano un certo effetto su Andrè.
Allora non era solo un’esteta contemplativo, non ammirava il mio corpo come fosse una statua, non ne era immune…
Avevo ormai stabilito che star in posa m’annoiava e desideravo far qualcosa in quella parentesi inusuale rubata ai vari appuntamenti.
Il mio carnet d’amanti era sufficientemente nutrito, con nomi illustri di ricchi e facoltosi personaggi che pensavano alle mie spese ma mai qualcuno come Andrè vi era comparso.
Tutto si poteva dire degli artisti come lui ma non che fossero ricchi e la ricchezza era la prima cosa che guardavo in un nuovo, possibile amante.
Il ragionamento vi parrà brutale e che vi riempirà d’indignazione ma è la realtà in cui vivevo.
Ero una cortigiana, il mio tempo ha un valore e quel valore era ciò che mi divideva da un’esistenza di miserie e stenti, è dunque naturale che necessariamente debba esaminare attentamente ciò che un uomo ha da offrirmi, non potendo permettermi di sprecare tempo e compromettermi con chi potrà coprire i miei costi e le mie spese per poco tempo allontanando – magari – un amante ben più ricco che difficilmente accetta una cortigiana con molti amanti alle spalle.
Andrè era qualcosa di insolito, non desiderava sfoggiarmi come un ornamento prezioso ed esibirmi, voleva solo disegnarmi e rendermi eterna.
Ed era bello, con i capelli castani e folti, il corpo giovane e il suo modo di vedere il bello ovunque grazie all’animo mutevole e curioso.
Ne ero attratta e negarlo era inutile; m’attraeva la sfida d’indurlo ad abbandonare le tele in virtù di passatempi meno virtuosi e più carnali.
Volevo confermarmi fino a che punto la mia seduzione era in grado d’arrivare.
Avevo visto che Andrè non era indifferente al mio corpo, dovevo dunque pensare a cosa fare.
“ Se volete che il quadro sia pronto in larga parte entro oggi sarebbe meglio riprendere.”
Mi sdraiai di nuovo, in una posizione volutamente sbagliata.
“Temo d’aver dimenticato le posizioni esatte, dovrete aiutarmi.”
Paziente, Andrè portò il mio corpo nella giusta posa con attenti movimenti e delicati tocchi e quando s’allontanò aveva il respiro accelerato e un insolito gonfiore nei pantaloni.
Riprese il grattare della matita sulla tela, riprese la concentrazione, ripresero nuove occhiate sempre più intense e ravvicinate.
Era il mio corpo riflesso ad incantarmi, a farmi immaginare quello di Andrè avvinto al mio, a farmi desiderare il piacere.
Decisi di osare, dopo aver visto più volte lo sguardo di Andrè posarsi sempre più a lungo su di me.
“ Penso d’aver sbagliato ad alzarmi” mi lamentai.
Presi uno dei cuscini sparsi sull’ottomana e lo misi fra le gambe.
“ Perdonatemi, Andrè, ma è così scomodo star così, i reni mi fanno davvero male.”
“ Lungi da me farvi soffrire, Mimòse, non è mia intenzione”
La situazione, la trappola, l’inconsapevole Andrè, la sensazione del velluto sulla pelle nuda fecero germogliare un’eccitazione bollente e sotterranea.
Iniziai a muovermi piano contro il cuscino, un filo di umori colò a bagnare il velluto.
“ Dovete stare ferma il più possibile.” Mi riprese Andrè.
Sorrisi, un sorriso appena accennato.
Il tessuto si bagnava sempre più, pungendo di mille brividi piacevoli la pelle umida del mio sesso che s’apriva poco a poco.
Mi osservavo nello specchio, il tessuto scarlatto stretto dalle mie cosce tornite e candide, l’ipnotico dondolio dei fianchi che si muovevano avanti e indietro, ondeggiando un poco verso l’altro.
Ormai Andrè non faceva più nulla per nascondere occhiate ed eccitazione.
S’avvicinò fin dove il bordo della panca lo permetteva.
“ Siete la modella più bella che ho avuto, siete anche la peggiore.”
“Lo so, d’esser la peggiore”
Spostai la mano dal fianco fino a sfiorare la sagoma turgida del suo membro.
“Lo sento.” Mormorai mentre l’accarezzavo.
Andrè gemette.
“Voi… Voi siete Lilith, uscita dall’inferno per corrompere gli uomini e intrappolarli con la vostra bellezza, facendo l’amore con loro.” Ansimò.
“Cosi mi paragonate ad un demone…”
“ Voi siete Lilith e Afrodite, ecco la verità.”
“ Afrodite e Ares hanno generato Eros, dalla loro unione… Mi volete e io voglio voi, perché negare l’evidenza…”
Mi alzai quel poco che serviva per posare più voltre le labbra sul ventre, sentendo il calore e i muscoli compatti al di sotto della stoffa.
“Mimòse…” pronunciò Andrè con voce rotta.
S’inginocchiò piano, iniziando a baciarmi il collo e i seni.
La sua bocca, la sua lingua, il suo impeto erano estranei ad ogni amante avuto finora.
Il suo desiderio non nasceva dai soldi spesi per avermi ma dalla pura passione.
“Sono qui. Dovete solo prendermi…”
A fatica si allontanò da me, dalle mie mani che avevano superato l’ostacolo di stoffa.
“Aspettate un poco… il disegno è quasi terminato… ancora un poco e poi…” cercò di persuadere entrambi con voce rotta.
Gli regalai un giocoso morso sul lobo.
“ Penso di dovervi una ricompensa per la dedizione al lavoro… continuate pure…”
Andrè torno alla tela ma subito compresi che il gioco,ora, si giocava in due.
Mentre io provocavo lui giocando col cuscino ormai zuppo, lui mi provocava con caldi sguardi e massaggi alla sua virilità ancora imprigionata nei pantaloni.
Ero quasi all’apice quando,finalmente, Andrè lasciò cadere la matita a terra e mi raggiunse.
Delicatamente poggiò le mani macchiate di nero sui miei fianchi e sui glutei, accompagnando i miei movimenti finché non raggiunsi l’orgasmo.
Non mancò poi di regalarmi un bacio caldo e dolcissimo che ricambiai con tutta me stessa.
Baciò tutto il mio corpo, regalandomi brividi e gemiti, lo venerò con le mani.
Mi accarezzò a lungo le cosce, insinuando poi una mano fra di esse per dischiuderle piano, osservando con sguardo di brace il mio sesso aperto e umido, i sottili fili dei miei umori che si legavano al velluto scuro mentre scostava il cuscino per poter posare le labbra sulla pelle bagnata…
§ Ringrazio chi ha aperto il mio racconto, chi ne ha letto una parte e chi è arrivato alla fine.
So bene che non è la tipica storia che si può trovare in questo forum, non è la storia che va dritta all’amplesso ma che è un testo lungo e dettagliato, più simile ad un normale racconto e che le scene hot – provano ad esserlo – non sono ricche di dettagli o altro.
Spero che il mio scritto vi sia piaciuto, se vorrete pubblicherò anche la seconda parte.
Accetto commenti, critiche e consigli.
Baci,
Sinfonia.§
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