“Mi cavalcava e si menava l’uccello che gli ballonzolava davanti alla pancia…”
Per quanto mi ricordi credo di essere stato un “travestito” da sempre,
perlomeno da quando avevo più o meno 13/14 anni e frequentavo la terza media. Ricordo perfettamente che mi piaceva guardare le gambe delle ragazze e delle donne e che ero attratto soprattutto dalle calze di nylon e dai collant velatissimi di mia sorella di 23 anni. Spessissimo li rubavo dal cesto della biancheria, appena smessi ed impregnati di sudore (allora mia sorella portava quasi sempre gli stivali) quindi davvero puzzolenti. Mi eccitavo al tatto di quell’indumento di nylon, della sua trasparenza e leggerezza, ed in preda all’erezione la sera mi portavo furtivamente i collant a letto dove per tutta la notte li annusavo. L’odore che emanavano mi faceva letteralmente impazzire. Mi masturbavo infilando le mani nelle gambe del collant. Con una mi segavo l’uccello e con l’altra annusavo la punta odorossissima di sudore facendo crescere la durezza del mio cazzo e la mia eccitazione fino ad avere delle sborrate copiose che puntualmente inondavano mutandine, pigiama, collant e, quasi sempre, lenzuola. Coltivando quello che consideravo “il mio piccolo segreto perverso” sentivo il bisogno di spingermi sempre più oltre alla ricerca del piacere che il nylon mi donava. Quando, ad esempio, con i miei genitori si andava a casa di loro amici, non perdevo occasione di chiudermi nel bagno alla ricerca di collant, calze (le mie preferite erano le calze da reggicalze, velatissime e di colori tenui –beige, grigio chiaro, bianche o nere – ma negli anni ’70 erano un po’ in disuso) e anche gambaletti usati e puzzolenti, facendone ambitissimi trofei che collezionavo gelosamente.
1. Francesca la morbosa
Mi ricordo in particolare un giorno a casa di amici di mio padre, la cui figlia Francesca – una ragazzina un po’ cicciottella più grande di me di 1 anno – era particolarmente attratta da me in maniera un po’ morbosetta per l’età. Ogni volta che ero a casa sua mi portava nella sua stanzetta e in un modo o nell’altro trovava il modo di giocare alla “lotta”. Così ci toglievamo le scarpe rimanendo con le calze e ci buttavamo sul suo letto rotolandoci e “lottando” fino allo sfinimento . Chissà come però, stranamente ci ritrovavamo sempre con le rispettive teste tra le gambe dell’altro come in un 69!!! Francesca indossava sempre dei gambaletti velatissimi bianchi di filanca umidicci di sudore, leggermente tinti di blu (per l’eccessiva sudorazione) sulla punta e sul tallone che, ricordo,… puzzavano in maniera incredibile ma mi arrapavano da matti. Nello strusciare le sue gambe attorno alla testa riusciva sempre a mettermi i piedi in faccia e nella concitazione della lotta io me li mettevo in bocca e, facendo finta di morderli, li leccavo annusandone l’intensissimo odore acre. Durante questi corpo-a-corpo l’ uccello in erezione si strusciava sulla sua pancia e sulle sue tettine abbondanti e la morbosetta godeva, e si vedeva, al contatto di quel gonfiore dimenandosi a sua volta. Ad un certo punto, al culmine di una dolorossissima erezione, non ne potetti più e sborrai copiosamente nelle mutandine. Mi rialzai un po’ ansimante ed anche vergognoso del gonfiore evidente e chiesi di andare in bagno dove sfogai l’eccitazione strofinandomi il cazzo fradicio su un altro paio di suoi puzzolentissimi gambaletti celesti che riempìì di sperma. Quando rientrai nella cameretta rosso in volto per l’eccitazione non ancora sopita, Francesca si difese alla mia intenzione di proseguire nella “colluttazione” piegando le gambe ed allungando entrambi i piedi sul mio uccello ancora gonfio. Con una faccia strana di sfida mista a soddisfazione incominciò a muovere le dita come a palpare la consistenza del mio cazzo che si induriva sempre più. Lei continuava a massaggiarmelo sempre più velocemente quando, presissima da quella eccitante situazione, mi disse di fargli vedere cosa avessi. Io, imbarazzatissimo ma eccitatissimo aprì la patta dei pantaloni e scoprì le mutandine che sembravano scoppiare. Francesca vi poggiò sopra il piede e tirandole giù mi scoprì il cazzo duro e lucido. Il contatto di quel piede ricoperto di nylon sul mio uccello mi mandò in estasi. Cinse il diametro con l’alluce ed il secondo dito e cominciò a segarmelo lentamente tenendolo stretto con la pianta dell’altro piede. Il nylon umido di sudore e di preeiaculazione scivolava sempre più fino ed il ritmo della sega cresceva con l’avvicinarsi del mio orgasmo. Ora Francesca, paonazza in faccia e con la punta della lingua che faceva capolino all’angolo della sua sua bocca chiusa, sembrava non aspettare altro che il momento in cui sentì distinti due/tre forti contrazioni sotto i testicoli ed esplosi con 4 fiotti di sborra densa e calda che le bagnarono entrambi i piedi ed i gambaletti. Con un’aria di complicità a turno andammo a lavarci stando attenti a non destare sospetti (eravamo pur sempre due adolescenti di sesso opposto…) per l’insolito andirivieni dal bagno. Quello con Francesca fu in assoluto il mio battesimo di feticista delle calze ed anche il mio primo orgasmo completo.
2. L’autoerotismo
Da quel giorno nulla fu come prima. Desideravo sempre più il contatto del nylon sul mio cazzo ed incominciai ad indossare i collant di mia sorella senza mutandine, a pelle, inizialmente sotto il pigiama e le mie calze di filo di scozia blu, per andare a letto la sera. Successivamente cominciai ad indossare i collant ogni giorno per andare a scuola. Degli splendidi collant ARWA velatissimi color paglierino che sotto i jeans ed i calzettoni mi provocavano un’erezione perenne: 4 ore di lezione, 4 ore di eccitazione. Ogni giorno non vedevo l’ora di correre a casa, chiudermi nella mia stanzetta per studiare ed invece spogliarmi di tutto ciò che era maschile, avvicinarmi i piedi alla bocca leccandoli annusandone l’aroma di nylon sudato e masturbarmi il cazzo sopra il corpino velato fino a farlo sborrare.
Il travestimento faceva ormai parte di me e la parte più troia e femminile della mia personalità stava prendendo il predominio su quella maschile. Non desideravo altro che indossare calze e collant di nylon per procurarmi godimento, in qualsiasi modo e con qualsiasi mezzo. Incominciai così a cercare di praticare forme di autoerotismo molto estreme. Appena solo nella mia stanza mi sdraiavo, con solo i collant addosso, poggiando il culetto sul cuscino a contrasto con la testiera del letto e piegavo le gambe al massimo sul mio torace portandole indietro ai lati della testa. Dapprima con una certa difficoltà, poi – grazie alla flessibilità della mia spina dorsale di adolescente – sempre più agevolmente. Sudato ma arrapatissimo, con la cappella umida a qualche centimetro dalla mia bocca aperta, mi spingevo ancora di più verso la spalliera e mi accarezzandomi le cosce ed abbracciandomi dietro le chiappe. Ora leccavo agevolmente la cappella ricoperta dal nylon e, a poco a poco che la posizione diventava più rilassata, il mio cazzo durissimo entrò tutto nella mia bocca. Le mie labbra lo stringevano mentre scivolava dentro e fuori e la mia lingua lo lavorava leccandolo a destra e sinistra irrorandolo con abbondante saliva che mi fuoriusciva ai lati delle labbra rigandomi le guance. Quest’ultime si gonfiavano e sgonfiavano nell’atto di pompare e risucchiare quell’asta turgida ed io, mentre gustavo il “sapore di maschio” che avevo nella bocca, sentivo che stavo avvicinandomi all’orgasmo. Accelerai il ritmo cominciando ad accarezzarmi i testicoli ed il penetrandomi il culo prima con in dito, poi con due e poi con tre dita. Spompinavo come un forsennato in preda ad una sorta di “trance” erotica quando all’improvviso sentì le contrazioni fortissime e eiaculai con 4/5 violentissimi fiotti di sborra che gonfiarono il nylon e mi riempirono letteralmente la bocca. Era densa, calda e con un gusto amarognolo che mi fece impazzire. Mi sentivo una troia in calore e in quel momento avrei voluto un altro cazzone che mi allargasse il culo. Tenni serrate le labbra continuando a succhiare il cazzo nella mia bocca fino all’ultima goccia di sperma. Spremetti con la lingua il nylon attorno alla cappella strizzandolo bene e lasciai finalmente libero il mio uccello stando attento a tenere tutta la sborra in bocca. Ora lo assaggiavo gustandone la consistenza deglutendone poco per volta per godermi a lungo quella sensazione unica. Lentamente mi ridistesi sul letto completamente “svuotato” da quella esperienza e guardavo il mio uccello ancora eretto con quella specie di profilattico di nylon completamente fradicio di sperma e saliva. Mi sentivo ormai una pompinara e cominciavo a desiderare un uomo e soprattutto il suo cazzone con cui farmi scopare: Giancarlo.
3. Giancarlo
Giancarlo era un mio compagno di classe in terza media. Eravamo seduti insieme nel penultimo banco vicino al muro. Rassomigliava a Pippi Calzelunghe in versione maschile e siccome era molto educato ed aveva degli atteggiamenti un pò effeminati veniva preso in giro e guardato in maniera un pò strana da tutta la classe. Del resto anche lui ci metteva molto del suo, ridendo e sedendosi spesso sulle nostre gambe provocando delle imbarazzanti erezioni che lui non poteva non “sentire”. Vestiva sempre con dei pantaloni attillati, un maglioncino e delle scarpine tipo “college” con dei calzini in filo di scozia bianchi o blu. In primo liceo, conoscendoci dalle medie, era ormai diventato quasi un gioco: quando indossava i pantaloni della tuta in tessuto elasticizzato, lo chiamavamo e gli chiedevamo di spiegarci un brano su un libro. Giancarlo si sedeva in grembo col libro davanti a se e cominciava a leggere e, nel girarsi per chiedere se lo stavi seguendo, muoveva in continuazione il suo sedere proprio sul tuo uccello che alla fine diventava duro come il marmo. Lui incurante arrossiva in volto e continuava a dimenarsi felice di rendersi utile e soprattutto di sentirsi tra le chiappe il cazzo duro di turno.
Quella mattina ero deciso a “combinare qualcosa” con Giancarlo, avevo messo un collant velatissimo celeste polvere (un trofeo di una visita in casa di amici dei miei) senza mutandine ed ero eccitatissimo. In classe più volte, passandogli vicino o muovendomi sul banco accanto a lui, durante la lezione avevo strusciato il mio cazzo sul suo braccio e la sua coscia. Giancarlo non protestava anzi spesso avvertivo che, al contatto, la sua coscia premeva sul gonfiore della mia eccitazione. Non ne potevo più e allungai la mia mano sul suo uccello tastandolo. Lui arrossì e mi chiese con voce bassa tremante cosa facessi. Gli chiesi se non gli piacesse e lui per tutta risposta aprì le gambe autorizzandomi al “massaggio” e mi mise la sua mano sul cazzo. Sentivo il suo gonfiore e una sensazione di calore s’impadroniva di me spingendomi ad essere più esplicita e troia. Da come lui mi palpava sentivo che le voci sulla sua omosessualità diventavano certezze e che in quel momento mi avrebbe volentieri tirato giù i pantaloni per imboccarselo tutto tra le labbra. Palpava e silenziosamente ansimava. Mi sbottonai la patta con nonchalance e la sua mano sgattaiolò dentro. All’improvviso mi guardò fisso negli occhi con un’aria eccitata e mi chiese come mai indossassi i collant da donna e gli rivelai che mi eccitava travestirmi e che li portavo già da un paio d’anni. Il suo massaggio diventò allora una vera e propria sega, e per la crescente eccitazione, rossi in volto ed accaldati, rischiammo di essere scoperti dal professore a causa dei nostri continui movimenti.
Anch’io gli tastavo il cazzo ed avrei voluto tirarlo fuori e succhiarlo per tutta la sua discreta lunghezza quando la campanella suonò la fine delle lezioni. Rimanemmo a guardarci delusi perché stavamo per godere entrambi. Giancarlo eccitato, con un’espressione ammicante che mi faceva intendere “tutto”, mi invitò a studiare a casa sua nel pomeriggio ed io accettai con piacere. Tornando a casa pregustavo le porcate che avremmo combinato di lì a poco pensando per la prima volta a Giancarlo come ad una possibile altra “troietta perversa”.
4. Eccitante scoperta
Arrivato a casa sua venne ad aprirmi Marida, la sorella di 16 anni che mi fece accomodare nella stanzetta di Giancarlo. Lui entrò dopo pochi minuti indossando una tuta in felpa grigia con le pantofole e dei calzini leggeri blu ai piedi. Fu felicissimo di vedermi e mi abbracciò inaspettatamente. Il nostro abbraccio fu molto prolungato tanto che cominciammo a strusciarci i nostri uccelli che iniziavano ad indurirsi. Entrambi ci tastavamo e palpavamo il culo e in quel momento sotto le dita avvertì la sensazione che Giancarlo indossasse un reggicalze. Emozionantissimo lo baciai in bocca e le lingue cominciarono a mulinare vorticosamente. Lui gemeva e mi spingeva il bacino contro le sue gambe leggermente divaricate, Improvvisamente gli abbassai i pantaloni della tuta e mi apparve arrapantissimo con un reggicalze in pizzo bianco che gli incorniciava un bell’uccello duro e glabro e delle calze bianche che gli velavano le gambe affusolate e senza un pelo. Gli dissi che era bellissimo e lui, molto eccitato mi rivelò che le aveva rubate dall’intimo della madre ed indossate proprio per piacermi. Cominciammo a spogliarci di tutto e rimanemmo solo in collant velati, che indossavo dalla mattina, ed in reggicalze e calze. Ci sdraiammo sul letto ed iniziammo a toccarci i cazzi a vicenda. Giancarlo si chinò e lo leccò per tutta la lunghezza continuando a segarlo delicatamente con le mani poi lo prese tutto in bocca e cominciò a succhiarlo e a pomparlo mentre io, mettendomi a 69 cominciai a ciucciare il suo. Mentre ci spompinavamo a vicenda contorcendoci e mugolando, infilavo il mio dito medio nel suo culetto stranamente caldo ed accogliente fino a farlo entrare tutto. Giancarlo muoveva le dita dei piedi inguainati in quelle splendide calze in preda all’eccitazione provocata dal mio cazzo che lo pompava in bocca ed il mio dito che gli stantuffava il culetto. Io approfittai della situazione per buttarmi a capofitto sui suoi piedi leccandone la punta di nylon rinforzata ed annusandone l’aroma mentre continuavo a masturbargli l’uccello. All’improvviso Giancarlo si alzò e, sdraiandosi supino con le gambe aperte e piegate sulla pancia, mi supplicò di infilargli il cazzo nel suo culetto già abbastanza lubrificato dalla mia saliva. Non aspettavo altro e prendendolo per le cosce avvicinai le sue chiappe e glielo infilai dentro. Dapprima era un pò stretto ma dopo un pò che lo inculavo sempre più forte il buchetto cedeva sempre più ed avvolgeva in una caldissima guaina il mio cazzo, ad ogni colpo più duro. Giancarlo gemeva ripetendo che era la mia puttanella in calore, si allargava le chiappe con le mani e si segava il suo cazzo duro supplicandomi di incularlo più forte e di spingere il mio uccello più in fondo. Io gli accarezzavo le gambe coperte di nylon e gli leccavo i piedi odorosi mentre gli sfondavo il culo. Che porca!!! Cambiammo posizione e sdraiandomi sotto di lui, si mise a cavalcioni infilandosi fino in fondo l’uccello nel culo ormai largo, dicendomi che si sentiva trapanato da quel palo di carne e che lo stavo facendo impazzire. Mi cavalcava e si menava l’uccello che gli ballonzolava davanti alla pancia. Io ero al settimo cielo e gli accarezzavo le gambe ed i piedi guidandolo per i fianchi il ritmo di quel saliscendi sul cazzo duro. Sentivo l’orgasmo avvicinarsi sempre più ed all’improvviso irrigidì le mie chiappe spingendoglielo tutto dentro ed esplosi in una sborrata che riempì le sue viscere di caldo sperma. Giancarlo godette serrando e dimenando le sue chiappe sul mio uccello con movimenti rotatori. Dopo un po’ si alzò e si sdraiò sul letto esausto e soddisfatto ed io, che ero ancora arrapatissimo, decisi di palpargli il cazzo con i miei piedi. Il contatto del nylon su quell’asta durissima e calda fù per me una sensazione nuova ed eccitantissima tanto che, stringendo i diti ad avvolgerlo in tutto il suo diametro, cominciai a fargli una lenta sega. Giancarlo chiuse gli occhi, prese le mie caviglie e guidò il movimento accelerandolo e rallentandolo. Sentivo sotto i polpastrelli, attraverso il nylon del mio collant umido, il suo uccello indurirsi e fremere quindi misi la punta del piede a coprirgli la cappella e con l’alluce ed il 2° dito dell’altro piede continuavo a segarlo. Giancarlo mi disse di non fermarmi perchè stava venendo ed io, paonazzo per l’eccitazione, accelerai il ritmo fino a che venne con 4 potenti fiotti di sborra calda che mi inzupparono letteralmente i piedi ed i collant fin quasi ai polpacci. Subito mi portai i piedi in faccia e me li leccai succhiando ed ingoiando tutta lo sperma. Giancarlo mi guardò intensamente ed eccitato mi disse che ero una maialona e che avrebbe voluto mettermelo in bocca. Non esitai neppure un istante e accolsi il suo uccello umido di sperma e semi-moscio nella mia bocca. Cominciai a lavorarlo con la mia lingua roteandola sulla cappella cingendolo con le mie labbra e cominciando a pomparlo con le mani in fondo alla mia bocca. Man mano che scorreva nella mia bocca lo insalivavo e sentivo sapore intensissimo e amarognolo dello sperma. Giancarlo si girò di fianco e messosi a 69 si impadronì del mio uccello ormai eccitato masturbandolo e leccandolo per tutta la lunghezza. Ci sentivamo due troie depravate e godevamo a spompinarci il cazzo a vicenda vogliose di riempirci la bocca di sborra densa e cremosa. Ci contorcevamo e ci spingevamo il cazzo in bocca ansimando e ripetendoci che saremmo stati per sempre amanti e non ci saremmo mai lasciati. Eravamo ormai attratti l’un l’altro dalla nostra condizione di sorelline travestite e questo ci eccitava maggiormente al punto che, quasi insieme, scoppiammo in una sborrata sconvolgente che ci gonfiò le guance di sperma denso, che a malapena riuscimmo a trattenere in bocca. Esausti ci accasciammo sul letto, uno accanto all’altro, e ci baciammo in bocca mischiando con le lingue la sborra di entrambi in un unico saporitissimo succo che bevemmo fino all’ultima goccia. …Ebbene, quello fu il pomeriggio più appagante ed eccitante di entrambe le nostre giovani carriere di troiette travestite.
Moni
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