“Con un gesto innocente lasciai scivolare a terra l’accappatoio…”
Ero sconvolta per il fatto avvenuto al centro commerciale. Vissi i giorni
seguenti in uno strano stato di perenne eccitazione mista a vergogna. Continuavo a chiedermi cosa sarebbe successo se qualcuno avesse aperto la tenda di quel camerino, dove io ero inginocchiata con l’uccello di uno sconosciuto in bocca. Ero terrorizzata dalla paura di aver contratto qualche malattia, visto che non avevo preso alcuna precauzione. Cristo Santo!…Come potevo essere stata così incosciente? Sono sposata con un uomo meraviglioso, ma soprattutto sono madre di due bambini. Più mi arrovellavo su quei ricordi e più mi sentivo sporca e traditrice, ma allo stesso momento, quelle immagini impresse a fuoco nella mia memoria, mi eccitavano da morire. Quel pompino fatto di nascosto, quel membro giovane e duro dentro il mio culo, quel primo ingoio della mia vita, mi facevano vivere per tutto il giorno in una malsana condizione di arrapamento totale. Tanto da girare per casa con le mutandine sempre bagnate e saltare addosso a mio marito almeno un paio di volte al giorno e sconvolgerlo con il mio misterioso e rinnovato appetito sessuale.
Mentendogli spudoratamente, imputai tali voglie al fatto di essere in ferie e totalmente rilassata. Lui, ignaro di cosa mi frullasse nella mente, mentre mi sodomizzava in bagno o durante un mio “golino” con ingoio, godeva di questa situazione pensando di essere un vero stallone. Effettivamente le prestazioni di Carlo, mio marito, sono sempre state eccezionali e soddisfacenti, ma per me, questo non era più sufficiente. Lo costringevo a soddisfarmi per impedirmi di uscire di casa e cercare qualche altro sconosciuto da circuire. Questo purtroppo aveva sortito l’effetto contrario. Più scopavo con Carlo, più le mie fantasie aumentavano. Mi promisi di chiudermi in casa per il resto delle vacanze, per non cedere a quella immorale tentazione, ma il demone che era dentro di me riuscì ad escogitare un piano in grado di demolire tutti i miei propositi.
Il ventotto di dicembre, nel primo pomeriggio, Carlo mi ricordò che avevamo promesso ai bambini di portarli a pattinare. In un lampo io mi immaginai con i pattini ai piedi, nascosta dentro ad un bagno, con i pantacollant abbassati ed intenta a spompinare il gestore della pista.
” Ho mal di testa!” Esclamai senza pensarci. “Vai tu con loro, io vi aspetto a casa.”
Non ascoltai le lamentele della mia famiglia e in meno di un quarto d’ora l’avevo spedita fuori.
Mi aggiravo per l’appartamento come un cane in gabbia, finché decisi di farmi un bel bagno caldo. Mentre aspettavo che la vasca si riempisse, mi spogliai completamente ed indossai l’accappatoio lasciandolo aperto sul davanti. Come facevo sempre prima di denudarmi ed infilarmi in vasca, mi avvicinai alla porta-finestra per abbassare la tapparella. Abitiamo in un grande palazzo di una grossa città e come potete bene immaginare, le nostre finestre si affacciano su un medesimo condominio, posizionato dall’altra parte della strada. Se si vuole avere una decente intimità, si devono chiudere le tapparelle per evitare di esibirsi in performance imbarazzanti. Fu quel particolare a risvegliare lo spirito maligno dentro di me. Spostai la tenda per afferrare la cinghia della tapparella e con la coda dell’occhio vidi un movimento furtivo dietro ai vetri di un appartamento di fronte al mio. Nella mia nuova veste di esibizionista, provai un brivido nel rendermi conto che qualcuno mi stava spiando. Indugiai sulla tapparella e nello stesso istante, con un movimento apparentemente distratto, aprii completamente l’accappattoio. Feci l’indifferente e rimasi ferma a scrutare l’infinito, mentre là sotto cominciavo a bagnarmi ed aprirmi. Sono convinta che le mie tettone, sode e grosse, siano uno spettacolo da guardare. Il loro ingombro talvolta è fastidioso, ma è l’unico difetto che posso imputare al mio seno rifatto. Ho due capezzoli dalla grande aureola e quando mi eccito si allungano di un bel po’ e diventano un bersaglio facile per una lingua scivolosa o qualche dentino impertinente. Mi stavo eccitando da morire. Qualcuno mi stava spiando e quasi sicuramente si stava toccando il pacco che premeva dolorosamente sotto i pantaloni. Abbandonai tutti le mie paranoie e decisi di far felici i miei spettatori con uno spettacolo da gran troia. Spostai interamente la tenda dalla porta ed accesi tutte le luci del bagno. Mi obbligai a non guardare al di là dei vetri, per lasciare al mio guardone la convinzione di essere totalmente ignara nell’espormi al suo sguardo. Con un gesto innocente lasciai scivolare a terra l’accappatoio. Completamente nuda mi dedicai alla pulizia del viso davanti allo specchio del lavandino. In questa posizione, chi mi spiava, poteva vedere il mio di dietro completamente scoperto. Persi molto tempo in quell’operazione. Ad intervalli regolari facevo cadere a terra qualche oggetto come una pinzetta, una spazzola o una scivolosa saponetta. Ogni volta ero costretta a piegarmi e mostrare così i miei due nidi fradici. Ero talmente infoiata che, pur di masturbarmi senza farlo notare, appoggiai il monte di venere all’orlo del lavandino e premendo con forza strofinai ritmicamente il grilletto sulla ceramica bianca. In meno di un minuto avevo sbrodolato su quel bordo e l’interno delle mie cosce si era riempito di liquido trasparente ed appiccicoso fin quasi alle ginocchia. Cavalcando un orgasmo di dimensioni epiche, mi immaginavo cappelle viola schizzare sborra su tende e termosifoni. Vedevo macchine fotografiche e cannocchiali puntati sul mio culo alla disperata ricerca di quella fessura che, ogni tanto, mettevo in mostra piegandomi sapientemente. Venni in modo convulso, cercando di trattenere i miei fremiti. Ripresi fiato e decisi che lo spettacolo era appena cominciato. Finii di riempire la vasca e mi immersi con le tette rivolte verso la porta-finestra. Non resistetti e con una veloce occhiata guardai fuori. Era ormai l’imbrunire e il riflesso dei potenti faretti del bagno mi impediva di oltrepassare la barriera trasparente. Questa cosa mi eccitò ulteriormente.
” Meglio così!..” Pensai.
” Lavorerò di fantasia.”
Inginocchiata nell’acqua, che mi copriva a malapena la passera, cominciai a lavarmi dolcemente. Partii dalle braccia cercando di far ballonzolare il più possibile le mie enormi tette, che sembravano ancora più grosse grazie all’effetto bagnato della saponata. Mi dedicai a loro come se non fossero mie e le toccavo come farebbe un maschio allupato. Finalmente arrivai alla fica. Pur avendola rasata completamente da pochi giorni, decisi che quell’operazione fosse indispensabile. Presi il piccolo sgabello che uso per queste delicate operazioni e lo portai dentro la vasca. Mi sedetti sopra constatando, felicemente, di avere il bacino ben oltre il bordo della tinozza. Perfetto! I miei guardoni potevano scrutarmi nell’intimo senza impedimenti. Sadicamente attesi un attimo poi, controllata l’efficienza del rasoio, presi la saponetta e spalancai oscenamente le gambe. Pur di essere sicura di offrire uno spettacolo degno di nota, una delle due gambe la feci uscire dalla vasca, costringendo cosi le mie grandi labbra ad aprirsi completamente. Guardai il mio splendido fiore esposto agli sguardi dei miei spettatori. Il clitoride era completamente uscito dal cappuccio e dal mio buco colava tutta la mia voglia. Voglia di essere guardata in quei posti che, fin da piccola, tutti ti obbligavano a tenere nascosti. Voglia di far vedere quelle cose sporche, ma allo stesso tempo eccitanti.
“Non toccatevi li!” Diceva il prete che mi faceva catechismo. ” Se lo fate diventerete ciechi!”
Ma poi, quando tutti gli altri se ne erano andati, lo stesso prete ti chiedeva di fargliela vedere per controllare se eri stata di parola e tu ubbidivi confusa, mentre vedevi la sua tunica ingrossarsi dove c’era il pisello. Ti portava nel confessionale e ti ordinava di toglierti le mutandine, mentre, dall’altra parte della grata, lo sentivi mugolare e intanto ti costringeva a pentirti. Tornavi a casa sconvolta e senza dire niente ai tuoi ti chiedevi perché dovevi tenere quella cosa sporca nascosta, ma allo stesso tempo farla vedere, e allora ti toccavi quando eri sola, provando quelle sensazioni meravigliose a cui non riuscivi a dare un nome, ma che ti facevano sentire bene e che continuavi a cercare ogni volta che si presentava l’occasione giusta.
Orgasmo! Questo era il nome di quella “cosa” che, adesso, con la passera spalancata e fradicia, provavo su quello sgabello di plastica. Mi depilai lentamente passando con dolcezza le pericolose lame sulla mia pelle delicata. Aprivo le mie labbra per agevolare l’operazione ed intanto mostravo il mio buco spalancato. Mi immaginavo che qualcuno avesse chiamato un amico per fargli vedere quello che stava accadendo in quel bagno. Sognavo tanti maschi allupati che si segavano nascosti dietro alle tende, mentre le loro compagne erano annoiate davanti alla televisione. Fantasticavo su sborrate incredibili che, dal palazzo di fronte, mi raggiungevano imbrattandomi la faccia e le tette coprendomi di schizzi biancastri. Decisi che quegli spettatori avevano meritato un ulteriore premio. Mi alzai e dal mobiletto presi una bomboletta di deodorante. Non avevo mai avuto un fallo finto e decisi che quel contenitore era ciò che più gli assomigliava. Mentre lo leccavo voluttuosamente tornai allo sgabello. Lo posizionai in piedi e mentre emettevo un urlo di godimento, mi sedetti su quel missile di latta. Me lo infilai nella spacca in un colpo solo. Sinceramente quello pseudo-cazzone non mi procurava sensazioni paradisiache. Era freddo e non si muoveva autonomamente, ma era la situazione che mi sconvolgeva e che mi portò a cavalcarlo come fosse il più dotato degli amanti. Con una mano lo tenevo appoggiato allo sgabello, mentre ci saltavo sopra con tutto il peso. Lo sentivo entrarmi fino in fondo all’utero ed allargarmi la passera come non era mai successo. Le mie tette si muovevano come se stessi correndo una gara senza aver indossato il reggiseno e la mia pelle si era ricoperta di grosse gocce di sudore. Sognai di vedere la porta del bagno spalancarsi di colpo e tre uomini, con il loro uccello duro fuori dai pantaloni, entrare senza chiedere il permesso. Mi immaginai a smorzacandela su uno di loro, mentre un altro mi avrebbe violato il culo. Stretta in mezzo a quel sandwich, avrei avuto ancora la forza di fare un bel pompino al terzo. Fantasticai su tanta sborra sulla mia schiena, dentro la mia fica e in bocca. Quella l’avrei fatta scivolare, in lunghi fili biancastri, dalle labbra fino alle tette. Poi me la sarei spalmata sui capezzoli come la più preziosa delle creme. In quel momento di estremo godimento raggiunsi la convinzione che, un giorno o l’altro, mi sarei fatta possedere da più uomini in una volta sola. Ebbi un orgasmo violentissimo. Mi permisi perfino di urlare come non avevo mai fatto prima. Finii di godere in mezzo a degli spasmi brutali poi, il mio demone, soddisfatto, se ne tornò da dove era venuto ed io, sentendomi improvvisamente sporca, mi vergognai e spensi le luci.
Cercai di tornare in fretta alla normalità, riuscendoci poco prima del ritorno dei miei familiari.
Quella notte dormii poco e continuavo a guardare la tapparella abbassata della mia camera.
Il mattino dopo mi svegliai presto e mi vestii per uscire a fare un po’ di spesa. Non ero ancora riuscita ad elaborare l’accaduto quando, avvicinandomi alla mia vecchia punto, parcheggiata sotto casa, notai qualcosa di strano sul lunotto posteriore. Qualcuno, con un dito, aveva inciso una scritta sul vetro impolverato. Mi avvicinai e trasalii nel leggere quella frase. – Grazie per lo spettacolo !-
Sotto a questo c’era un indirizzo di posta elettronica. Rimasi di sasso, ma….
Volete sapere cosa ho fatto dopo?
Votatemi e lo scoprirete.
ASIA.
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