“Marina era di fronte a lui, che le porgeva una scatola, lei la prese e sorrise…”
E’ lunedì uno squillo del mio cellulare, disturba la noiosa quiete che
regnava nel mio ufficio, E’ Marina. “Ciao amore” dice “ho una splendida notizia” incalza, “sono stata promossa, compra 1 bottiglia che questa sera festeggiamo”. Non avevo voglia di festeggiare tanto, comunque comprai il vino che beviamo di solito e alle 19.00 ritornai puntuale a casa. La tavola era già pronta, candele e tovaglioli delle feste, i bambini a casa della suocera ed una serata “per noi due” disse lei “ti ho un pò trascurato” aggiunse “ma ne valeva la pena” “se lo dici tu” risposi io con un sorriso da scemo. La cena andò di lusso mi riempi di chiacchiere la testa mi racconto di quanto era stata apprezzata dai suoi superiori e specialmente dal Sig. Sergio, (il nome del vecchio con la macchina grande), su proposta dei suoi figli, il Sig. Paolo ed Albertino che è il più piccolo. Adesso sapevo i nomi di tutti quelli che si erano fottuti mia moglie. Continuai con la faccia da scemo, per poi passare a quella da deficiente, sino a quando, Marina non decise che era tempo di scopare. Mi prese la mano e mi tirò verso di lei, poi la segui sul divano, il suo profumo era irresistibile, portava una gonna rossa di raso la tirò su e sotto indossava un mini perizoma rosso, il reggicalze e calze. Appoggiai la mano sulla sua patatina senza spostare il perizoma lei era già carica, si inarcò e poggiò i piedi sul divano per sollevarsi e portare il suo sesso a livello della mia bocca. Lo fece, spostai la mutandina fradicia di umori lei socchiuse gli occhi ed affondai la lingua tra le sue labbra carnose. Mentre leccavo la sentivo gemere, la feci abbassare, la presi per le caviglie e le allargai con forza le gambe, non si oppose, spostai di nuovo la mutandina che erano finite tra le labbra bagnate e riaffondai la lingua. Godeva senza riposo, quando capii che era giunto il momento di scoparla mi scostai, e presi a spogliarmi, il cazzo era diventato duro a puntino, lei si era sfilata le mutandine ed aveva allargato le gambe, mi sorrideva ed io mi avventai senza avvertimenti sulla preda, il cazzo penetrò senza fatica lei richiuse le gambe poggiando i polpacci sul mio sedere, mi stringeva forte, entravo, uscivo e lei gemeva fino a che ormai stanco non le venni sulla pancia con schizzi violenti che la raggiunsero sul mento e sul collo. Ci addormentammo e ci svegliammo l’indomani mattina. Era martedì. Io odio il martedì. Era già tardi quando uscì di casa, chiusi il cancello e mi infilai dentro la macchina, erano le 8,25 notai il macchinone del sig. Sergio. Svoltai l’angolo parcheggiai e tornai a piedi di corsa. Arrivai proprio mentre il cancellone si stava richiudendo. Mi avvicinai e sbirciai attraverso le inferiate, vidi la sagoma di Sergio che si infilava dalla porta della cucina. Gli andai dietro e guardai attraverso il vetro. Marina era di fronte a lui, che le porgeva una scatola, lei la prese e sorrise. Indossava solo la parte superiore del pigiama ed un paio di slip normali, scalza si avvicinò al tavolo appoggiò il pacchetto e come una bambina lo scarto sorridendo. Lo aprì e rimase con gli occhi sbarrati, lo prese con le mani a pinza e tirò fuori un vestito da sera (probabilmente firmato) color nero. Devo dire di buon gusto. Non sentivo cosa dicevano, ma lessi sulle sue labbra “grazie” mentre lo abbracciava e lo baciava sulla guancia. Si stacco da lui fece due passi indietro, riguardò il vestito, si rigirò verso di lui le salto addosso cingendolo con le gambe e lo bacio sulla bocca. Che troia. Lui rispose al bacio che durò qualche secondo. Si staccarono, lui si diresse verso la sala mentre lei elettrizzata serviva il caffè in due tazzine. Si sedette sul mio divano, lei le porse la tazzina, lui la prese e sorseggio il caffè. Così vestita di fronte a lui sembrava una bambina lo guardava estasiata mentre beveva il caffè. Quando ebbe finito, lei prese la tazzina e fece per girare ed andarsene, ma lui la prese e la tirò a se. Con le due tazzine vuote in mano, lei le cinse il collo e ripresero a baciarsi come due amanti. Pensavo che alla fine, tutto doveva risolversi con delle scopate, ma tutti quei baci mi indisponevano, erano troppo intimi. Adesso non vedevo più nulla, lui l’aveva allungata sul divano e gli era sopra, scorgevo i piedi di Marina alzati sulla spalliera del divano. Mi feci coraggio dovevo entrare in casa. Infilai la chiave nella toppa della porta finestra blindata, piano la girai, entrai e mi rifugiai dietro l’enorme armadio nel corridoio. Da li potevo vedere e se si fossero alzati sarei sparito nel sottoscala. Come predetto dopo una piccola limonata fatta di baci strizzate e carezze si alzarono, lei lo teneva per mano, come una bambina tiene per mano un orco. Si diressero verso la camera, il bruto già si stava spogliando, si levò la cravatta e la fece cadere in terra. Arrivarono in camera e Marina saltò sul lettone, mio dio il nostro lettone. Lui si sedette sul bordo e si tolse le scarpe, si voltò di scatto afferrandola per le caviglie, la trascino sotto di se. Lei sorrideva. Lui era in ginocchio sul letto, lei era sotto di lui, si tirò in piedi tendendola sempre per le caviglie, lascio un piede e con la mano libera sbottonò il pantalone lo fece cadere e con i piedi lo arrotolò in terra, era rimasto con i pedalini infilati, a questo punto, sempre con una mano sola, si abbasso lo slip, il formidabile sesso di cui era dotato cadde ancora mollo tra le gambe era enorme, alla luce era ancora più esagerato. Si rimise in ginocchio sul letto, porto le gambe di Marina al petto. Ero dietro la porta, accovacciato avevo davanti ai mie occhi il grosso culo di Sergio che inginocchiato con le gambe larghe, maneggiava con il suo pisello, vedevo la figa di Marina, rossa, aperta, una mano di lei indugiò sulle labbra, Sergio continuava a maneggiare il tronco che cominciava a crescere fino a che lo prese con la mano destra e puntandolo verso la figa di Marina la penetrò. Un sussulto scosse tutto il corpo di mia moglie, il cazzo non era entrato tutto, solo il glande aveva aperto la breccia tra le sue gambe. Vedevo adesso i suoi piedi puntare le dita poi rilassarsi ed ad ogni colpo ripuntare. Evidentemente la figa non era completamente bagnata perché l’orco tirò fuori il cannone, scese dal letto si mise in ginocchio allargò le gambe di Marina ed affondò la lingua vorace tra le labbra. I piedi di Marina svettavano in alto, lui la teneva per le cosce e la leccava conficcandogli la lingua per tutta la lunghezza. Marina si dimenava, puntava le dita dei piedi e con le mani costringeva la bocca del suo amante tra le cosce. Pareva stesse per avere un orgasmo. Si convinse che la figa era oramai pronta per essere conquistata, si stacco, spinse in su le gambe sino a farle quasi toccare il letto, dietro la testa con la punta dei piedi, lei prese le proprie caviglie, lui con due dita sapienti le allargo le labbra mentre con l’altra mano accompagnava l’uccello dentro. Lo spinse con forza, Marina urlò e continuò ad urlare di piacere e di dolore per ogni colpo che prendeva dopo una decina di colpi, le palle pelose di Sergio sbattevano sulla figa di Marina, segno che il tronco era tutto dentro. Marina era senza fiato, non riusciva neanche ad urlare, teneva con forza le caviglie, poi finalmente i colpi si affievolirono, lei lascio andare le gambe che si abbatterono sulle reni del bestione, lei strinse le gambe e con le mani adesso stringeva il lenzuolo. I colpi era più radi ma sempre profondi, non un millimetro di cazzo rimaneva fuori, altri secondi eterni, minuti, poi Sergio si calmò non aveva nessuna intenzione di levare il proprio membro da li si fermava per riprendere fiato poi continuava a martellarla. Finalmente venne, con gioia mia e penso anche di Marina, venne dentro di lei che lo teneva arpionato al proprio corpo. Rimasero immobili, per un pò, quindi si alzo, tirò fuori il bestione dalla figa ed una colata di sperma misto a sangue ed umori comincio una lenta discesa tra le cosce di Marina, esanime. L’omone si alzo per poi crollare sul lato del letto, si addormentarono. Squillò il telefono, Marina si alzò quasi di scatto, io feci appena in tempo a sparire. Si alzo e corse nuda verso il telefono, rispose era la madre, lei disse che si era assopita e trasalì quando seppe l’orario, il liquido che stava colando tra le cosce era arrivato sino ai piedi si precipitò a svegliare l’orso che dormiva e corse in bagno a docciarsi. Quando tornai quaranta minuti dopo a casa il bestione era andato via e mia moglie in tenuta ginnica, stava cucinando per il suo maritino.
Alla prossima.
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