“Quel suo sguardo tanto cattivo quanto eccitante…”
L’idea di esser una strafottente rizzacazzi mi piaceva, e tanto. In quel
periodo girava così e l’interesse per un solo ragazzo non era nella mia mente. Ma quell’incontro casuale in facoltà, quella scopata desiderata da tempo in un posto inconsueto, il suo sapore di uomo, mi avevano letteralmente rapita.
Quel tiepido giovedi primaverile le ragazze erano a far le fidanzatine dei calciatori del torneo di calcetto e, di star li a parlare di vestiti facendo finta di essere un’esperta di calcio, non mi andava.
Fu un caso, quindi, andare a vedere quel film di Miyazaki come incrociare lo sguardo con quegli occhi magnetici. Fu un primo orgasmo mentale. Il bacio passionale letteralmente attaccata al muro. Scopare con quel vecchio accanto che chissà da quanto aspettava di farsi una sega su una giovane disinibita. Il sapore della sua sborra sul mio volto. Il parcheggio. Le sue mani che si stringevano al mio collo e la linea sottile tra il gioco di potere e il rischio di perdere il fiato da un momento all’altro. Quel suo sguardo tanto cattivo quanto eccitante…Mi aveva stregata. Andar via col mio fare distaccato non fu semplice quella sera.
Gli avevo fatto credere di chiamarmi Giada, puro nome di fantasia detto li per li. Io di lui, non sapevo niente. Arrivata a casa nemmeno mi lavai, volevo che il suo odore rimanesse a lungo sulla mia pelle come se lavandomi lo avrei perso per sempre.
Nei giorni successivi, quando volevo dedicarmi un minuto solo per me, andavo in automatico: pc, porno, categoria “all’aperto” o “pubblic”, play, mano nelle mutandine già umide e inizia la stimolazione del clitoride. La masturbazione mi piace. Perdermi in quei brividi che ti percorrono la schiena, immedesimarsi in quelle puttanelle che si fanno scopare da un apparente sconosciuto. Già, lo sconosciuto. Le immagini si ripetono nella mente, la mano massaggia sapientemente la fica grondante di umori, la schiena si inarca ed ecco il suo sguardo. CAZZO! Che goduta! Sono un lago. Guardo l’orologio e son già le 18.00, alle 18.30 inizio il turno al bar. Una doccia al volo, uno pantaloncino che mette in evidenza le rotondità del culo, una t shirt dei super eroi per continuare con l’immagine della studentessa dedita ai suoi studi e non famelica di cazzi, le mie fedeli Converse.
Giunta al bar, Lorenzo mentre esce mi palpeggia il culo, sussurrandomi che prima o poi me lo farà. Io sorrido e glielo lascio credere. Una volta arrivata dietro al bancone, Agata mi dice che è passato a cercarmi un biondino, forse un po’ più grande, occhi chiari. É lui. Le gambe tremano e un torpore invade il mio corpo, specialmente nella zona della passera. Al solo pensiero vorrei andare in bagno e sfondarmi la fica con un ditalino pensando che presto avrò di nuovo il suo odore addosso, le sue mani su tutto il mio corpo. Cerco di tornare alla realtà. Come ha fatto a sapere dove lavoro? E poi, Giada, era il primo nome che mi era passato per la testa. La cosa un po’ mi spaventa, ma l’eccitazione prevaleva.
Passò in tarda serata. Affascinante, col suo fare deciso. Lo osservai a lungo. Spalle larghe, lineamenti fini, la barba ben curata. Solitamente i tipi dai colori chiari non mi attraggono. Fin’ora le mie scopate erano state con riccioluti ragazzi mori, fisico nella norma, non troppo alti, disinteressanti quanto me a cosa sarebbe successo dopo. Quando volevo scopare mi bastava fare la troietta maliziosa e avrei ottenuto ciò che volevo, ossia di esser sbattuta in una camera di un appartamento condiviso con altri studenti o in macchina in qualche zona industriale. Ormai era diventato facile. Ma lui, lui era tutt’altra storia.
Mi avvicinai con fare professionale “ecco il menù”. Lo guardai per mezzo secondo negli occhi e tutto intorno si annebbiò. Mi sarei fatta baciare con passione, subito. Ma mi allontanai prima di mettere a rischio il mio lavoretto che mi permetteva di comprarmi i giusti vestiti per i miei incontri di sesso occasionale o per quelli da rizzacazzi giornaliera. Ordinò una birra al farro, gusto particolare pensai. “ A che ora stacchi? Ho voglia di te”. Mi mancò il respiro e a malapena riuscii a dire “le una”.
Salutai gli altri ragazzi e lo vidi fuori dal bar mentre fumava una sigaretta. Lo avrei voluto abbracciare. Strano per me, pensai.
“Puoi fare due passi o domani mattina devi andar presto a stuzzicare qualche ragazzetto in facoltà?” e mi fece l’occhiolino. Giuro che me lo sarei fatto in quell’istante, dimenticando i compagni di corso o i tipi conosciuti online, ma sorrisi e annui e ci spostammo verso la passeggiata lungo le mura della città.
Parlammo fino a quando non resisti più e mi buttai su di lui. Lo baciai a lungo mentre come una cagnetta in calore, iniziai a strusciarmi alle sue gambe e con piacerei sentii il suo cazzo gonfio dentro al jeans.
“Quando mi masturbo penso al tuo cazzo, al nostro amplesso. I porno son solo uno sfondo ormai. Vorrei essere la tua troietta”. Mi mise una mano sopra al pantaloncino “Sei proprio una bella cagnetta, lo sai? Senti che passerina umida, bagni persino i jeans. Vieni con me, conosco un posto dove possiamo andare”. Salii in macchina sua, tirò fuori il cazzo in tiro e, dopo una bella leccata di mano, iniziai a segarlo. Arrivati al parcheggio, uscii dalla macchina e mi misi a pecora appoggiata con le mani al cofano a pantaloncini calati. “Che troietta” mi sussurrò all’orecchio mentre mi appoggiava il cazzo sul culo, con una mano mi toccava il seno e con l’altra la passera. Mi invitò a entrare in macchina e li mi distese sui sedili posteriori, mi tirò a se a gambe larghe e mi prese. Adoravo guardarlo mentre mi scopava. Quando stavo per venire, lo strinsi forte a me e, mordendogli una spalla, venni. La fica pulsava e grondava di umori. Lo baciai intensamente. Una strana nuova sensazione scorreva lungo il mio corpo e, soprattutto, nella mia mente. “Vienimi in faccia, ti prego!” gli dissi mentre tenevo il suo volto tra le mani e lo guardavo incantata. Mi fece vestire e uscimmo dalla macchina. Mi abbracciò e io avrei voluto di nuovo il cazzo dentro, invece lui, sapientemente, me lo strusciava sul clitoride caldo “leccami le palle, ora” disse. Lo guardai vogliosa e felice che me l’avesse chiesto. Mi abbassai e iniziai a slinguazzargli le palle. Avevo anche un altro desiderio da tempo, quindi lo feci girare e piegare un po’ a 90° e, da dietro allargandogli le chiappe, iniziai a spennellargli il buco del culo. Il rimming era un’altra categoria dei porno che spesso compariva nella mia cronologia di ricerca. Quando fu sull’orlo di venire, si girò e, puntando il cazzo sulle tette, disse “tirale fuori, voglio sborrarti sulle tettine”. E la sua calda sborra mi riempì, arrivando anche sui miei capelli. Ero in estasi. Ci ricomponemmo. Mi abbracciò e ci baciammo. Sorridevo compiaciuta e mi persi tra le sue braccia. Qualcosa stava cambiando….
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