“Quel che successe nei minuti successivi fu una tempesta dei sensi, uno scatenamento di passioni sconosciute…”
2.
Tre giorni erano passati, ma sembravano tre anni. Ormai Francesco e
la madre Giovanna avevano imboccato la strada della vita nuova. La notte era passata tra assalti furiosi e godimenti lussuriosi. Lui aveva sborrato quattro volte: nella fica, in faccia, in culo e, di nuovo, nella fica della madre. Lei era venuta tre volte e, per sbloccarsi da una inerzia uterina prolungata, aveva chiesto a Francesco di tirargliela con la bocca. Ed era stata una esplosione di sensi violenta, che l’aveva fatta urlare di godimento e le aveva allagato la fica e le cosce.
Avevano dormito pochissimo e, al mattino, avevano gli occhi scavati e le facce tirate. Dopo colazione lui l’aveva subito spronata a dar fondo alla sua femminilità.
“Su dài, oggi comincia la nostra nuova vita. Mamma ti voglio bella, più bella che mai. Truccati, aggiùstati, ti voglio sexy. Devi far arrapare tutti, e nessuno si deve permettere di farti il minimo sgarbo. Voglio che usciamo a passeggio e che diciamo al mondo intero che stiamo insieme e nessuno ci potrà separare”.
Giovanna sorrideva contenta. Il suo Francesco era proprio il secondo uomo della sua vita. E, per colmare un poco la distanza degli anni, aveva subito pensato di darsi uno stile nuovo, più disinvolto ed aggressivo.
Si infilò i jeans più attillati che aveva, mise una camicetta abbottonata sino alle coppe del seno, sciolse i capelli neri e lunghi che aveva, dipinse le labbra con un rossetto fiammante, degno della puttana più seducente, e, preso sotto braccio il giovane partner, uscì con lui a spasso.
La gente che li vedeva restava alquanto interdetta. Dopotutto il funerale del marito era avvenuto solo quattro giorni prima. Ma i due imperterriti sfidavano giudizi e pregiudizi. Anzi erano quasi contenti di destare scandalo.
La mattinata se ne andò tra faccende domestiche e shopping. A pranzo lei gli preparò i piatti più gustosi ed inebrianti di cui era capace. E poi bevvero tanto, bevvero vino e brindarono alla vita nuova, prima di rituffarsi avidamente nel lettone.
Non fu il replay del giorno prima. Rifecero, è vero, le stesse cose: il blowjob, la fellatio, la bolognese, la pecorina. Lui gliela leccò di nuovo e la fece sbrodolare ancora di più; lei ingoiò tutto il seme del figlio. Ma il clima fu ancora più acceso e cominciarono a scambiarsi le espressioni più oscene:
“Madonna che bestione che hai tra le gambe! Stai attento che mi sfondi tutta”.
“Basta con le coccole, puttana! Allarga le chiappe che ti spacco in due!”.
“Sì dài così… versami tutto questa crema sulla faccia, sul seno, sulla pancia, che mi faccio il lifting”.
“Con te mamma non voglio avere nessuna vergogna. Andiamo nella vasca da bagno che voglio pisciarti addosso”.
“Come vuoi tu tesoro mio. Pisciami addosso, se vuoi puoi anche cagarmi addosso poi ti pulisco con la mia lingua”.
La passione che li travolgeva aveva abbattuto tutti i confini del pudore. Erano esausti di sesso e immensamente felici. Non avevano bisogno di nessuno, bastavano a se stessi.
Il tempo, il futuro era comunque, per Giovanna, una piccola angoscia silenziosa. Sarebbe durata? E sino a quando? Francesco era pazzo di lei e le diceva che voleva invecchiare con lei. Ma Giovanna non ne era sicura: troppa la distanza di età, troppe le tentazioni che potevano venire da ragazze e donne più giovani e seducenti.
Aveva perciò cominciato a fantasticare su nuovi scenari. Aveva cominciato a pensare che, se non voleva perdere il suo nuovo uomo, doveva esorcizzare i rischi del tempo. Nella sua mente ormai prendevano forma le immagini più inaudite e le sembrava utile cominciare a prefigurare possibili ménages à trois. Non bisognava lasciar le cose al caso, bisognava combinarle per il meglio: adocchiare per tempo una fidanzata, una moglie per il suo Francesco, farsela complice, attrarla nel vortice delle loro relazioni incestuose.
L’ossessione del triangolo cominciò a fare capolino nei sogni di Giovanna. Era la bramosia per il figlio-amante, era una gelosia acuta, era la disperazione di vedere la sua vita sfiorita per sempre. E perciò aveva cominciato a stimolare Francesco sul tema delle altre donne, sulla necessità di pensare per tempo ad una moglie che desse a lui i figli ed a lei i nipotini. Il ragazzo reagiva polemicamente e non capiva i ragionamenti della madre:
“Mamma, stiamo così bene io e te. Non sento il bisogno di nessuna. E poi, chi potrebbe essere per me più bella e più cara di te! Ho tutto quello che si può desiderare: una confidente affidabile, una mamma premurosa, un’amante appassionata, una puttana di lusso. Perché devo complicarmi la vita? Perché portarmi in casa un’estranea?”.
Ma Giovanna insisteva. Sapeva che prima o poi sarebbe accaduto e che era sicuramente meglio pianificare le cose e anticipare ogni rottura traumatica. E voleva pensarci lei, perché era importante che l’intrusa avesse le caratteristiche giuste per accettare di dividere suo figlio con lei.
Il ménage familiare andava a gonfie vele. Giovanna e Francesco conducevano una vita “more uxorio”. Non aveva mai chiavato tanto Giovanna. Il povero Carlo, come chiavatore, non era un granchè, anche se aveva i suoi vizi sessuali. Francesco era un puledro prestante che la montava tutti i giorni e la faceva mugolare dal piacere. E le piaceva ancor più quando faceva il macho, quando assumeva pose di dominatore e diventava sessualmente violento. Soprattutto quando la inculava, lei sentiva tutto il piacere masochistico della sottomissione e l’orgoglio di avere un figlio-amante così determinato.
Le faceva bene la nuova vita sentimentale e sessuale incestuosa. Giovanna si era fatta più bella e procace, gli occhi di zucchero, le gote addolcite, le labbra voraci, e il culo ancora più invitante. Ma non prestava alcuna attenzione agli altri uomini, ai colleghi infoiati che sicuramente si masturbavano su di lei. Ormai guardava solo le donne, anzi le giovani donne, per indovinare la nuora ideale, quella che doveva piacere innanzitutto a lei.
E, alla fine, pensò di averla trovata. Era una sua giovane collega d’ufficio, si chiamava Mariangela, aveva 31 anni (qualcuno in più del suo Francesco), ed era da qualche tempo libera da legami affettivi, avendo rotto definitivamente con il vecchio fidanzato. L’aveva adocchiata e la seguiva con interesse per capire se fosse la persona giusta. Le sembrava sicura del fatto suo, sufficientemente matura e disinvolta. Aveva notato come si destreggiava bene tra i colleghi che le facevano la corte. E poi le piaceva come donna, le piaceva il suo sguardo intenso e ammiccante, il profilo nervoso delle sue gambe, il seno ben tornito, il culo ben assestato: una bella gnocca, che le sollecitava sotterranee propensioni lesbiche.
Perciò aveva preso a frequentarla con discrezione, a scambiare con lei qualche parola amichevole al bar, a toccarle le mani e le braccia. E Mariangela si era mostrata molto lieta della sua attenzione, sia perché era una bella signora, sia perché era una sua superiore.
Un giorno Giovanna decise che era venuto il tempo di togliere gli indugi e, incontrata Mariangela al bar, le aveva sorriso con particolare enfasi, anzi l’aveva invitata a fare due passi fuori al sole. Mariangela non era una ragazza timida e dunque entrò subito in confidenza con Giovanna. Parlarono un poco, risero di gusto, alla fine si congedarono con un bacio. Giovanna le disse che l’avrebbe invitata a casa per un the.
Quella bella ragazza le piaceva, le piaceva per lei stessa, prima che per il figlio. Anzi si convinse che, per portarla a Francesco, avrebbe dovuto conquistarsela per se stessa. E, difatti, se la portò a casa un pomeriggio che Francesco non c’era. E, non appena le circostanze le apparvero propizie, cominciò a vezzeggiarla e accarezzarla in maniera sempre più indiscreta. La guardava profondo negli occhi, le passava le mani tra i capelli e le sussurrava parole di grande ammirazione. Mariangela, dopo un primo momento di sorpresa, avvertì distintamente le intenzioni più intime di Giovanna e ne provò piacere. Si rilassò sullo schienale del divano e si concesse languidamente alle avances sempre più sfacciate della padrona di casa. Giovanna le sussurrava parole dolci vicino all’orecchio e, intanto, allungava le mani nella scollatura della camicia sino a lambire i capezzoli. Mariangela sospirò profondamente e chiuse gli occhi, come autorizzandola a continuare.
Il linguaggio dei gesti è più eloquente di quello delle parole. Giovanna capì benissimo che poteva proseguire nella sua azione seduttrice e cominciò a baciarle il collo e a palparle le mammelle, sino a quando Mariangela non cominciò a reagire eccitata. Fu un attimo. Si guardarono dritto negli occhi e si ritrovarono subito ad abbracciarsi con foga, intrecciando le lingue e succhiandosi a vicenda la saliva. Ormai non si controllavano più. Si erano in un lampo liberate delle camicette e dei reggiseni e si strusciavano senza ritegno le mammelle. Nel frattempo si adoperavano reciprocamente per togliersi pantaloni e slip e, abbracciate, leccandosi il collo e il petto, si erano portate verso la camera da letto.
Quel che successe nei minuti successivi fu una tempesta dei sensi, uno scatenamento di passioni sconosciute. In breve le due donne si ritrovarono l’una sull’altra impegnate in un forsennato 69, a leccarsi reciprocamente la fica e a suggerne gli umori. Vennero insieme all’unisono gridando di gioia.
Il destino volle che, proprio in quel momento, Francesco rincasava. Le urla strozzate provenienti dalla camera da letto lo sorpresero e lo allarmarono. Ma restò fulminato quando, affacciandosi alla camera da letto, vide quei due magnifici corpi di donna infuocati e intrecciati: sua madre con la bocca piena della sborra di una sconosciuta e quest’ultima con il volto affondato nelle cosce della madre. La sorpresa gli tolse le parole dalla bocca, intimidito fece qualche passo all’indietro, incapace di tenere a freno i sentimenti in subbuglio. Ma chi era quella giovane donna che fotteva con la sua adorata mamma? E com’era possibile che Giovanna lo aveva tenuto all’oscuro di una relazione lesbica?
In pochi istanti tutto gli apparve nebuloso e menzognero. Avrebbe voluto scagliarsi contro quelle due puttane e prendere a schiaffi sua madre. Ma la scena che si apriva dinanzi ai suoi occhi lo aveva eccitato all’inverosimile. Non sapendo che fare arretrò di qualche metro e urtò appositamente una sedia facendo rumore, per avvertire le due che lui era rientrato. E, in effetti, subito dopo avvertì un confuso tramestìo in camera da letto e un vociare concitato: le due donne cercavano di rimettersi in sesto per occultare alla meglio l’avvenimento.
“Mà, sono rientrato, dove sei?”.
“Tesoro sono qui, sono in camera da letto che faccio vedere i miei vestiti ad una mia cara amica. Vieni…”.
Francesco avanzò lentamente, anche per dare più tempo alle due di rivestirsi. Quando finalmente entrò nella stanza non riuscì a dissimulare il suo disagio, non trovò la forza di guardare la madre negli occhi e non ce la fece a mostrare gentilezza versa l’altra donna.
“Francesco, questa è Mariangela, una mia amica, la più bella delle mie colleghe. Ha la tua stessa età, ma vedi che fiore che è. Mi ha chiesto di dare un’occhiata al mio guardaroba prima di fare gli acquisti per la nuova stagione. Come la trovi?”.
Francesco farfugliò qualcosa di indecifrabile, a stento diede la mano a Mariangela, ma uscì quasi subito dalla stanza e si chiuse in bagno.
Quando ne uscì Mariangela se n’era già andata. Giovanna, rossa in volto e palesemente imbarazzata, gli si avvicinò e tentò di baciarlo come sempre. Ma con un gesto brusco Francesco l’allontanò da sé e le sibilò:
“Puttana! Puttana! Lo dovevo sapere che eri una puttana! Ti sei presa gioco di me, mi hai nascosto la tua vera natura, te la sei portata in casa quell’altra troia! Che vergogna! Chissà quante corna gli hai fatto a mio padre!”.
Dicendo queste parole Francesco scoppiò in un pianto inconsolabile, si accasciò sulla poltrona e si mise la mano sugli occhi. Ma doveva stare davvero male, perché ebbe subito conati di vomito e corse in cucina a svuotare lo stomaco.
Giovanna gli corse dietro, piagnucolando anche lei.
“Tesoro ma che dici! Io vivo soltanto per te. Mi dispiace averti provocato questo smarrimento. E’ vero, mi sono lasciata andare con Mariangela. Lei è tanto bella e seducente. Ma ti assicuro, è la prima volta che ho rapporti con un’altra donna. Se ti calmi ti spiego tutto…”
Poi, vedendo che il figlio rimetteva le budella in cucina, si era ancora più impressionata e, piangendo ancora più forte, era corsa a tenergli la fronte e, subito dopo, ad accompagnarlo sul letto.
Ma Francesco era nero, irremovibile, e le chiese con tono minaccioso di lasciarlo solo. Giovanna si disperava, sentiva di aver prodotto tra sé ed il figlio una frattura profonda, non trovava ancora la maniera di spiegarsi. Né Francesco dava segni di ripresa dalla situazione di prostrazione nella quale era piombato.
Un silenzio spettrale era calato nella casa da più di un’ora, quando giunse una telefonata. Giovanna corse al telefono, era Mariangela che si diceva mortificata per quanto era successo e che chiedeva notizie delle reazioni di Francesco. Giovanna si mise a piangere e le disse che il ragazzo si era accorto di tutto e si era chiuso in un mutismo impenetrabile. Mariangela, che dimostrò subito di avere doti di temperamento non comuni, chiese a Giovanna di passarglielo, perché voleva parlare con lui.
Giovanna si avvicinò alla camera da letto, si chinò sul figlio e gli passò il telefono:
“E’ per te!”
Francesco si mosse appena e afferrò il telefono con rabbia, ma pensando che fosse un suo amico assunse un tono il più possibile normale.
“Ciao Francesco, sono Mariangela, ci siamo visti poco fa a casa tua ma non ho avuto la possibilità di salutarti”.
La voce di Mariangela era cordiale e sicura, difficile riconoscere in lei la porca assatanata che aveva visto all’opera con sua madre. Francesco restò basito e non riuscì a spiccicare parola, disarmato dalla naturalezza con cui la ragazza gli si rivolgeva.
“Sai Francesco, ti conosco per le cose che dice di te Giovanna tua madre. Devi essere un gran fico e credo che tua madre sia innamorata di te. Ma anche tu devi essere contento di avere una madre così bella. Oggi pomeriggio siamo state così bene insieme che abbiamo deciso di vederci più spesso e a me piacerebbe tanto stare un po’ anche con te. Se non ti dispiace, domani torno a trovarvi, ma ci terrei che ci fosse anche tu. Ci conto. Un bacio”.
Aveva parlato solo lei e l’aveva sollevato anche dall’imbarazzo di dover abborracciare qualche risposta di circostanza. Certo, ci vuole una faccia tosta a parlare così, pensò tra sé e sè Francesco: solo una puttana matricolata poteva saper recitare così bene. Ma il tono diretto e confidenziale di Mariangela l’aveva colpito. E l’incontro preannunciato per l’indomani gli faceva crescere un’attesa quasi trepidante.
“Cosa ti ha detto?”, chiese implorante la madre.
“Nulla” rispose brusco il figlio “non la conosco, so solo che è una puttana!”
Madre e figlio non si rivolsero la parola fino a quando andarono a dormire. Giovanna era disperata ma non osava provocare l’ira del figlio. Riuscì solo ad augurargli con un fil di voce la buonanotte, senza ricevere risposta. Lei non chiuse occhio, era la prima notte che trascorrevano la notte in un clima di rottura e che non si sfregavano i corpi vogliosi. Lui dormiva agitato, si capiva bene che aveva un macigno nella testa e nello stomaco. Il cazzo sembrava preso da un blocco di erezione, restava pendulo e inerte in mezzo alle gambe. Era la prima volta da quando divideva la notte con la madre.
Mariangela arrivò puntualissima. Giovanna l’accolse con grande affettuosità, non senza qualche morbosità, memore dello sfrenato abbandono del giorno prima. Le due donne si intesero con una semplice, fugacissima occhiata e simularono insieme una grande disinvoltura nei riguardi di Francesco che compì un grande sforzo di autocontrollo per rispondere cordialmente al saluto di Mariangela. Era stato combattuto per tutta la mattinata se farsi trovare in casa, né Giovanna, vista la situazione di gelo, si era permessa di chiederglielo.
Fu lei a prendere subito l’iniziativa ed a rompere il clima di imbarazzo che si tagliava a fette. Si avvicinò a Francesco e, con la spavalda naturalezza di amici che si conoscono da sempre, gli passò le mani tra i capelli e lo baciò languidamente sulla guancia.
“Me ne avevi parlato”, disse rivolgendosi ironicamente a Giovanna, “ma non sapevo che tenevi nascosto in casa un giovanotto così attraente. Comprendo la ragione per la quale te lo tieni stretto. E dove lo trovi un altro uomo così?”
Lanciava occhiate oblique a Giovanna, ma nel frattempo accarezzava Francesco anche sul collo e, visto che il ragazzo restava ancora in silenzio e con gli occhi bassi, gli sollevò il viso prendendolo per il mento e, con la semplicità più maliziosa che si potesse immaginare, gli disse:
“Senti, bello! Sono tornata perché ieri pomeriggio io e tua madre abbiamo interrotto frettolosamente un bel discorso tra di noi. Vorremmo riprenderlo, ma tu non ti devi sentire escluso. Noi andiamo di là, tu fai come credi…”.
Detto questo prese per la mano Giovanna e si avviarono verso la camera da letto. La situazione era surreale. Giovanna la seguiva quasi macchinalmente, senza la forza di dire alcunché; Francesco avvertì tutta la straordinaria forza della personalità di Mariangela e tutta la sua impotenza di frapporsi allo svolgersi degli eventi. Restò seduto alla tavola del soggiorno con il cervello in tilt, immobile, incapace di muoversi e di scappare via. Non riusciva a capacitarsi del fatto che una ragazza, sbucata dal nulla, si fosse introdotta con tanta decisione nella loro vita familiare e avesse cominciato a ridettarne le regole.
Dalla camera da letto giungevano i suoni inconfondibili di due animali in calore, un crescendo di sospiri affannosi, di voci lamentose e rantolanti, di parole oscene bofonchiate.
Non ce la fece a restare impassibile e, in punta di piedi per non farsi sentire, si avvicinò alla stanza dove le due donne si sdilinguavano senza ritegno. Riuscì a restare al coperto, ma non a resistere allo spettacolo dei corpi intrecciati, delle lingue voraci, delle dita infilate nei più segreti recessi. Il cazzo si era imbizzarrito nei pantaloni e minacciava di scoppiare. Lo tirò e cominciò a tirarselo. Venne in pochi minuti, ma ebbe la precauzione di sborrare in un fazzoletto nel quale aveva avvolto il suo arnese. Si ridestò, si pulì alla meglio ed uscì di casa.
Le due donne, assorbite in un lecca-lecca travolgente, non si accorsero di nulla. Quando anch’esse si furono saziate ed uscirono dalla stanza lo chiamarono invano.
“Lo sapevo. Forse abbiamo sbagliato a forzare in questo modo la situazione. Me lo sono perso il mio ragazzo”.
“Ma no. Vedrai Giovanna. Ha reagito come un bambino geloso. Ma questo è il passaggio verso la maturità. Vedrai che tornerà presto tra le tue braccia, più voglioso di prima, e che gli piacerà anche il triangolo con noi due”.
Mariangela era una rivelazione. Giovanna non pensava che quella ragazza, spigliata sì, ma tanto giudiziosa, avesse tutta quella personalità. Le piaceva davvero come compagna di giochi amorosi, la faceva godere come una maiala; ma le piaceva anche come nuora, come compagna per suo figlio. Mariangela andò via, lasciando Giovanna sola con i suoi tormenti. Contò i minuti in attesa del rientro del figlio e la sua angoscia andò crescendo perché era fuori da più di tre ore. Quando sentì che apriva la porta di casa non si contenne e gli corse incontro ad abbracciarlo.
“Tesoro, perdonami. Ma io non posso stare in lite con te. Sono stata una pazza a farmi prendere la mano da Mariangela. E’ bella, solare, mi piace. Mi piacerebbe avere una nuora così. Ma io voglio te, voglio fare tutto quello che vuoi tu. Lei viene dopo”.
Francesco non allontanò l’abbraccio della madre che intanto lo baciava freneticamente. La lasciava fare senza rispondere. Poi, ad un tratto, guardandola negli occhi quasi con disprezzo, le sibilò:
“Sì, viene dopo. Dopo che te la sei scopata un’altra volta, dopo che le hai dato il tuo corpo, dopo che ve la siete goduta alle mie spalle…”
Giovanna capì che era il momento di riannodare i fili spezzati con il figlio.
“Ma che dici, che dici? Alle tue spalle? Pensa che abbiamo fatto l’amore facendo finta di averti in mezzo a noi, invocando il tuo nome …”
Queste parole della madre si insinuarono nella sua mente producendo un effetto imprevisto. L’idea di essere l’oggetto del desiderio di due belle sorche lo inorgoglì e sospinse la sua mente a fantasticare in lascivie inimmaginabili. Non vedeva Mariangela nei panni di una sua fidanzata; ma già rifletteva sul piacere di distribuire il suo cazzo tra la madre e lei.
Per qualche minuto non parlò, ma lasciò che la madre continuasse a baciarlo, a massaggiargli il pacco, ad aprirgli la cerniera dei pantaloni, a tirarglielo fuori e a metterselo in bocca. E mentre lei glielo succhiava avidamente, provò a distrarsi pensando ad una scopata a tre e, interrompendo all’improvviso la madre, le disse:
“Su, fermati. Non mi spompinare ancora. Ho poca sborra nei coglioni, sono venuto qualche ora fa mentre vi guardavo scopare come due cagne. Riprendiamo dopo cena”.
Il viso di Giovanna si illuminò. Suo figlio non era più incazzato con lei e, se si era masturbato a guardarla con Mariangela, significava che era pronto ad aprire un nuovo capitolo della sua vita.
A Giovanna le cose apparivano come in un sogno. Erano passati soltanto sei mesi dalla morte di suo marito e la sua vita era stata completamente rivoluzionata. Il suo amato figlio era diventato da subito l’uomo di casa e di letto, il suo compagno ed il suo amante. Ora il quadro si completava con l’ingresso di Mariangela, la donna che lei aveva voluto per suo figlio, ma che intanto aveva conquistato innanzitutto per se stessa. Aveva conquistato o si era fatta conquistare?
Certo la situazione non era esattamente come l’aveva immaginata. Non avrebbe mai pensato che Francesco avrebbe accettato così immediatamente l’inserimento di Mariangela tra loro due. Pensava che sarebbe stata lei a persuaderlo gradualmente. L’intraprendenza di Mariangela l’aveva spiazzata. E, con l’intuito che solo una donna ed una madre possono avere, lei cominciava a rendersi conto che, contro ogni previsione, Mariangela le contendeva il ruolo di centro del triangolo che si stava profilando. Questa riflessione la inquietava un po’, ma pensò che la partita era tutta da giocare.
Mariangela cominciò a frequentare quotidianamente la casa. E sin dal primo giorno si dimostrò abilissima a destreggiarsi tra madre e figlio, solleticando la prima sul piano della lascivia (aveva capito benissimo che Giovanna era una porca scatenata) e ammaliando il secondo senza concedersi a lui mai del tutto. Era entrata in casa da dieci minuti ed aveva baciato languidamente prima Giovanna poi Francesco, ma non avevano resistito ed erano finiti a letto. E la competizione tra le due donne non aveva atteso a manifestarsi.
Avevano messo Francesco in mezzo ed avevano cominciato ad accarezzarlo e baciarlo dai due lati. Lui disteso le lasciava fare, concedendo la sua bocca a turno, assaggiando due salive diverse. La madre gli vellicava il petto e gli succhiava i capezzoli. Mariangela gli mordeva l’orecchio ed armeggiava con il suo cazzo. Lui le abbracciava entrambe e faceva spaziare le sue mani sulle loro spalle, allungandole sino al loro culo. Poteva apprezzare anche la diversa bellezza delle due donne, la procacità morbosa di sua madre e l’avvenenza sfacciata di Mariangela, il corpo grande ed accogliente della prima, la flessuosità nervosa della figura della seconda.
Seguirono due ore di follia dei sensi dalla quale Francesco uscì sommerso e stravolto, oggetto inerme del dominio del femminino, schiavizzato, anche se schiavo beato.
Mariangela si trasferì in pianta stabile nella loro casa dopo appena una settimana ed il clima generale della convivenza cambiò radicalmente. La passione crebbe a mille, la perversione sessuale esplose senza freni, il confine dei sessi fu del tutto eliminato.
Erano tutti e tre molto attratti da questa nuova geometria dell’amore, ma restavano tutti appesi ad un equilibrio da costruire e consolidare ogni giorno.
Quanto sarebbe durato un rapporto così esigente per tutti, così fortemente competitivo?
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