“Una sera, dopo essermi lavato ed essermi coricato, non riuscivo a prendere sonno e guardavo le zanzare e le falene che giravano attorno al lampione del…”
Ogni anno, fin dalle elementari, finite le scuole andavo per qualche settimana
dalla zia Carlina che abitava in campagna. Erano giorni che aspettavo per tutto l’anno perché nella cascina avevo molti amici e ci divertivamo tantissimo andando in giro per i prati e fare il bagno nei fossi. Inoltre con la zia, contrariamente che a casa, mangiavo “a la carte” cioè andavo insieme, al mattino, a fare la spesa in paese e sceglievo quello che volevo per pranzo e per cena.
La vita con la zia aveva delle regole precise. Sveglia alle nove, colazione e andavamo a fare la spesa. Pranzo e via per i prati fino a sera, al ritorno mi lavava nel mastello e cenavamo. Poi in cortile a giocare fino alle dieci, quando la zia suonava la ritirata. Lavata di faccia, denti e sedere, come diceva lei, e poi a nanna nel grande lettone.
“Cerca di dormire subito almeno non senti le zanzare.”
Avevo circa tredici o quattordici anni. Una sera, dopo essermi lavato ed essermi coricato, non riuscivo a prendere sonno e guardavo le zanzare e le falene che giravano attorno al lampione del cortile. Quando la sentii salire, per non farmi sgridare, finsi di dormire e con gli occhi socchiusi spiavo che non se ne accorgesse. La vidi entrare nel piccolo bagno ricavato nel grande stanzone e quando uscì, pur se a luci spente, illuminata dalla luce fioca del lampione vidi la zia tutta nuda. Penso sia stata la prima volta che vedevo dal vivo una donna adulta nuda. Aveva due grosse tette con grosse areole scure (la zia era piuttosto cicciotta, e un folto triangolo scuro tra le gambe. Mentre la guardavo infilarsi la corta camicia da notte sentii il cazzo che mi diventava duro e quando si coricò sul fianco dandomi le spalle, la vista del suo culone, pur se coperto dalle camicia, mi fece passare del tutto il sonno.
Avrei voluto toccarlo ma sapevo che mi sarei preso una sberla e intanto il cazzo era troppo duro e avrei avuto voglia di farmi una sega ma temevo mi sentisse.
Sentii il suo respiro farsi più pesante e poi russare leggermente. Dormiva. Mi spostai leggermente e fingendo di dormire anch’io mi girai verso di lei abbracciandola e appoggiandomi con il cazzo al suo culone, nel caso se ne fosse accorta avrei finto di essere incosciente. La mia mano era finita sul suo grosso ventre morbido e il cazzo sentiva tutto il calore del suo corpo. Spinsi un po’ e visto che non aveva nessuna reazione ripetei le spinte fino a venire con le poche gocce di sperma che mi uscivano sulla sua camicia. Mi accorsi che avevo il fiatone ma cercai di controllarlo e dopo un po’ mi addormentai.
La sera seguente l’aspettai intenzionalmente e quando la sentii russare ripetei l’operazione curando di andare con la mano un po’ più su, sulle tette. A mano piena sentivo i suoi grossi capezzoli e con leggeri movimenti del bacino ero riuscito a infilare il cazzo sotto la corta camicia da notte. Il contatto con la pelle mi fece venire subito ma rimasi in posizione. Forse mi addormentai brevemente e quando ripresi coscienza ero ancora li con il cazzo in tiro. Accennai dei leggeri movimenti avanti e indietro fino a venire mentre con la mano ero saldamente aggrappato alla tetta.
Al mattino a colazione la zia era come tutti i giorni e pensai che avesse il sonno pesante e non si fosse accorta di niente e non avesse fatto caso alle poche gocce di sborra che avevo versato tra le chiappe.
La cosa continuò per altre sere senza che se ne accorgesse, così pensavo.
L’ultima sera prima del ritorno a casa volli esagerare e, dopo aver sollevato con cautela la camicia da notte, infilai piano piano il cazzo proprio in mezzo alle cosce fino a sentirlo stretto tra due pareti calde, mi illusi che glie lo avessi messo dentro e, prima piano piano e poi, persa ogni precauzione, sempre più a fondo cominciai a muovermi avanti e indietro mentre con la mano le stavo proprio palpando per bene la tetta. Venni un paio di volte e finii la notte abbracciato a lei come fosse il mio grande amore. Era il mio grande amore.
Al mattino arrivarono i miei a prendermi e la zia disse che avevo fatto il bravo e mi ero comportato come un ometto. Tutto felice, nel salutarla, le dissi che sarei tornato l’anno seguente ma la zia mi gelò il sangue sussurrandomi all’orecchio che era ora che mi cercassi una ragazzina perché lei era troppo vecchia per me e che certe cose non si devono fare.
“Vai a confessarti.”
Di quelle settimane, oltre ai giochi nei prati e alle zanzare di notte, quelle notti con la zia, che per non umiliarmi fingeva di dormire, è uno dei ricordi più emozionanti che non dimenticherò mai.
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