“- grazie signora – era Vittorio, compitissimo – grazie davvero…”
Eh sì, io sono la mamma; nell’album del mio autore, nella foto
piccolina, mi si vede di schiena, se proprio la volete chiamare schiena, mentre mi esibisco in una seduta da equilibrista, ma quelli più volgari di voi la chiamano “spegnimoccolo”..
Ora ho 55 anni e li porto ancora bene, quella foto è dell’inverno scorso, ma dieci anni fa ero ancora più bella, più strafika che mai.
L’episodio che vi voglio raccontare risale proprio a dieci anni fa.
Eravamo al mare, sull’Adriatico, ormai era già finito agosto, e quella domenica Margherita, mia figlia, che all’epoca aveva appena 15 anni, non stava bene, aveva le sue cose (meno male, pensavo io, facevo finta di non sapere che aveva fatto sesso, ma se l’aveva fatto, tutto era andato bene); insomma, mi aveva detto di avvertire i suoi due amichetti, Ciccio e Vittorio, vicini di ombrellone, che quel mattino non sarebbe scesa in spiaggia; sarebbe venuta al pomeriggio.
Da una decina di giorni Margherita si era trasformata, era cambiata molto, da quella ragazza delusa e incavolata nera che era prima, per via di quel fetente del suo ex ragazzo, molto più grande di lei.
Lui se l’era spupazzata e forse anche goduta per qualche giorno a fine luglio, per poi sparire dalla circolazione, dalla sera alla mattina; e lei c’era rimasta male, male davvero; poi, dopo aver cominciato a frequentare i due ragazzini, Vittorio di qualche mese più grande di lei, e Ciccio, che forse aveva appena compiuto 13 anni, lei, da quella ragazza imbronciata, che masticava amaro, taciturna, sola, sempre sotto l’ombrellone, si era trasformata in un fiore: allegra, canterina, veniva presto in spiaggia, li cercava, e poi se ne andavano in giro, tutte le mattine, lei, Ciccio e Vittorio.
Al pomeriggio usciva con loro, la sera, qualche volta, la lasciavo andare al bar, sempre con loro: un trio fisso. Forse aveva un debole per Vittorio, il più grande dei due, un bel ragazzo, devo dire, ma in realtà, in quei pochi momenti che li vedevo da vicino, sotto l’ombrellone, era Ciccio quello che trainava il gruppo, con il suo buonumore, con i suoi scherzi, le sue smorfie, le sue battute.
Quel mattino c’era anche Massimo, un bel ragazzo alto, col viso dolce, i capelli lisci, castani, morbidi anche sulla nuca, un bel ragazzo.
Fu Ciccio, sempre disinvolto, a salutarmi e a chiedere:
– buongiorno signora, Margherita non c’è?
– no, Ciccio, stamattina Margherita aveva mal di pancia, sai le donne .. ogni tanto; mi ha detto di dirvi che viene in spiaggia nel pomeriggio, sul tardi.
– grazie signora – era Vittorio, compitissimo – grazie davvero. Lui è Massimo, forse l’aveva già visto qualche volta, a luglio; è venuto a trovarci, ma stasera ritorna a casa, a Bologna.
– molto lieto, signora – Massimo aveva una voce dolce e profonda.
Mi piaceva, quel ragazzino, ma tutti e tre erano davvero tre ragazzi per bene, educati, simpatici e pieni di allegria: mi facevano star bene, solo a vederli.
– certo che ti conosco, Massimo, ti ho già visto, il mese scorso; e adesso, cari, cosa farete senza la vostra anima gemella? vi ho visto, sai Vittorio, state proprio bene tutti insieme; Margherita è rinata, con voi. E adesso come farete, senza di lei?
– ah, faremo un giro – rispose pronto Ciccio – andremo a fare il bagno laggiù – e indicò la spiaggia libera.
– ma quella è la spiaggia dei nudisti! E voi andate sempre lì?
– qualche volta, sì, signora, ma non guardiamo – rispose ancora Ciccio, che sfacciato! – anzi, se vuole venire con noi, ci fa piacere; andiamo fin lì, facciamo un bel bagno, il mare è più pulito, lì non ci sono tutti questi bambinetti che ci sono qua, prendiamo il sole, ci asciughiamo e poi torniamo all’ombrellone.
– ma dai, una signora anzianotta come me, insieme a tre bei ragazzi come voi? Ma cosa dici, Ciccio?
– certo, signora, noi siamo tre ragazzi, ma lei è giovanissima, non è per niente anziana, sembra una star di Hollywood.
– che esagerato che sei, Ciccio, sono una tardona.
– no, signora – intervenne Vittorio – lei è la più bella signora dello stabilimento; se venisse, sarebbe per noi un grandissimo onore.
Anche Massimo annuiva; io non avevo niente da fare, se non leggere qualche rivista e fare due pettegolezzi con le altre mamme degli ombrelloni vicini; no, pensai, molto meglio fare due passi con questi ragazzi: un bel bagno di gioventù. Insomma, mi feci convincere.
– D’accordo, stamattina prendo io il posto di Margherita – e mentre lo dicevo, vidi che stavano diventando rossi, cominciavo a capire, adesso, che forse con mia figlia facevano anche qualche giochino osee – allora facciamo finta che io sia Margherita, e quindi vengo io con voi, è il solito gruppetto di tutte le mattine, con Massimo e me in aggiunta, e senza la mia bambina; vengo con voi, ma a un patto: dovete chiamarmi Anna, e non signora, e dovete darmi del tu, se no che gruppetto di amici è? Siete d’accordo?
– certo, Anna – mi rispose subito Ciccio, davvero il più sveglio del gruppo.
Mentre andavamo verso la spiaggia dei nudisti, Ciccio faceva qualche giochino, mi schizzava, si scusava, chiedeva il permesso di asciugarmi le caviglie, mi accarezzava le gambe e mi guardava fisso le tette.
Lo so, le mie sono ancora belle, stanno su da sole anche adesso, figuriamoci dieci anni fa.
Non sono grandi, porto la terza, e sono alta 1,72; però stanno su bene e piacciono molto.
Arrivati nella zona nudisti, quello sfacciatello di Ciccio, mi propose subito di liberarmi del reggiseno.
– qui, signora, cioè scusi, anzi scusa, Anna, qui se vuoi, puoi toglierti il pezzo di sopra, così ti abbronzi meglio il seno.
– no, non ho la crema, se prendo il sole lì, mi scotto.
– ah, peccato – aggiunse Ciccio.
– Ma come ti permetti – lo sgridò Vittorio – ma che confidenze ti prendi?
– Oh, non ti preoccupare, Vittorio, lo so che ai ragazzi piace guardare le tette. E voi, cosa fate, quando venite qui con Margherita, vi spogliate?
– No, signora Anna – Vittorio proprio non riusciva a prendere confidenza con me – no, signora, solo quando ci buttiamo in mare ci togliamo gli slip. Ma se le dà fastidio, ora li teniamo.
– Oh, non vi preoccupate, non è un problema per me, anzi mi sembra giusto togliersi le mutandine nella spiaggia dei nudisti, specie se facciamo un bagno, anche se io le tengo su; magari, quando ci tuffiamo, tolgo il reggiseno.
E così facemmo; sembrava una mattinata innocente, quei tre ragazzini in mare, con i piselli al vento; io con le tette fuori, che ballavano, mentre saltavo sulle onde. Ma non era tanto innocente, quel giochino. Ciccio si era visibilmente eccitato, solo guardando le mie tette; non potei fare a meno di guardare il suo coso, già grande, data l’età, che si drizzava. E lui, lo scostumato, non faceva nulla per nasconderlo.
Vittorio invece si vergognava, e metteva le mani davanti al basso ventre, per nascondere le sue parti intime; ma di fianco lo intravedevo, mentre saltava tra un’onda e l’altra, era proprio un bel cazzo (in italiano, nel testo); per non parlare di Massimo; il suo era grosso, ancora pendeva, ma sembrava il più dotato dei tre, e non faceva nulla per nasconderlo; accipicchia, pensai tra me e me, ma guarda che affari che hanno tra le gambe ‘sti ragazzini.
– Ciccio, smettila di schizzarmi, dai, ti prego – dicevo scherzando al ragazzino, che mi stava bagnando le tette.
– Oh, scusami, Anna, non l’ho fatto apposta, chiedo scusa – e mi sembrava pentito e umiliato, allora, per fargli capire che scherzavo, mi avvicinai a lui, e lo schizzai io sul pisello; lui rispondeva e allora gli andai addosso, per farlo smettere; non l’avessi mai fatto, mentre si liberava, con la mano, e con molta disinvoltura, mi sfiorò una tetta, mentre me lo appoggiava con altrettanta disinvoltura sul mio braccio.
– ops, scusami Anna, non volevo.
Lo abbracciai, ridendo: ma come ti permetti, piccolo sporcaccione, ma non sai che potrei essere la tua mamma?
– magari – rispose lui – così mi potresti allattare ancora.
Scoppiammo a ridere tutti e quattro.
Poi tornammo al sole, per asciugarci, e chiesi a Vittorio:
– e quando siete qui, cosa fate, con la mia bambina?
E lui, sempre dandomi del lei, mi rispose: sa, non restiamo molto tempo qui, ci sono quegli schifosoni che vengono apposta qui per esibirsi e per fare sesso tra le dune, non è bello starsene qui; preferiamo andare al mio capanno, anzi è il capanno di mio nonno, stiamo lì, all’ombra, è più fresco, beviamo una coca, sentiamo una musica, e parliamo.
– Ma allora dovete portare anche me, al vostro capanno, vero Ciccio?
– Certo, Anna, con piacere, così vedi tutti i posti dove andiamo con tua figlia.
Mentre andavamo al capanno, loro tre si erano rimessi lo slip, io avevo in mano il reggiseno, ancora Ciccio mi stava vicino, mi guardava, e a me piacevano quei tre, sentivo che erano ragazzi certamente vivaci e intraprendenti, ma sentivo anche che mi potevo fidare di loro.
E poi, diciamo la verità, mi ritornava l’immagine dei loro sessi, rosso e turgido, quello di Vittorio, veramente una gioia, da vedere, e a quello di Massimo, ancora non eretto, ma doveva essere una gioia, non solo da vedere, ma anche da toccare, così pensavo io: mio marito è in giro, per lavoro, dice lui, ma chissà dove e con quale puttanella se ne sta in questo momento; se c’era l’occasione di fargli qualche corno, di sicuro non volevo farmela scappare, prima di tornare a Udine.
Ci ritrovammo nel capanno, pulito, in ordine, con un materasso ricoperto da un telo di spugna; Ciccio accese una radio-cd, mi chiese pomposamente se avevo preferenze musicali, poi scelse lui un cd del buena vista music club.
– Ma qui ballate anche? – chiesi a Vittorio.
– Sì, signora, qualche volta balliamo, altrimenti parliamo e ascoltiamo la musica.
– insomma, ancora mi chiami signora? Ma cosa devo fare per farmi chiamare Anna?
E si intromise Ciccio: forse se balliamo insieme, anche Vittorio ti darà del tu.
– Con tutti e tre? E come si fa a ballare in quattro? No, meglio ballare in due, dai Vittorio, fammi ballare.
– Va bene, disse Ciccio, ma mi prenoto per il prossimo.
– No, andiamo per età, dopo voglio ballare con Massimo, sei d’accordo? – gli chiesi.
E lui, con i suoi occhi dolci, il suo sguardo da cucciolo, annuì.
Vittorio non ci pensò due volte; si inchinò e mi chiese di ballare come se fosse un damerino, ma quando mi strinse tra le braccia, si comportò come un maschio in piena regola. Io avevo ancora le tette fuori, e lui apprezzò il contatto: gli finivano praticamente in faccia, e lui me le baciava delicatamente, ma intanto mi appoggiava con forza il ventre contro il mio e così sentivo perfettamente la sua eccitazione.
Ciccio intanto mi accarezzava lievemente le spalle, le braccia, la schiena, era un turbinio di sensazioni che mi avvolgevano, come le quattro mani che mi toccavano accarezzavano stringevano e due cosi che si appoggiavano ai miei fianchi e al mio ventre.
– Massimo, aiutami tu, mi hanno accerchiata, non riesco a muovermi.
– Eccomi, signora Anna, adesso può ballare con me e loro stanno buoni.
– Anna, niente signora, ora io sono la tua partner, in questo giro di ballo.
Mi abbracciò, iniziammo a ballare guancia a guancia, sentivo il suo fiato profumato sulla mia pelle, il suo corpo contro il mio, stringeva forte le mie spalle e a me piaceva quell’abbraccio forte, che mi premeva sul seno.
Fui io ad avvicinare il ventre contro il suo e mi accorsi che ora Massimo era eccitato, ma .. , ma ..
– Ma, Massimo, sei nudo? Ti sei tolto gli slip? – gli chiesi.
– Sì, scusami, ma mi stringevano troppo le mutandine.
Lo capivo, in effetti, il suo coso ora era gonfio e grosso, troppo grosso per restare nelle mutande da bagno, e mi premeva sulla pancia; era bello sentirselo contro.
E ora cosa faccio, mi chiedevo, gli dico di rivestirsi? Me ne vado? E se resto, cosa penseranno di me, che sono una puttana? E invece, pensavo, se me ne vado, perdo questo ben di dio?
Intanto Massimo mi stava baciando un angolo della bocca, e mi piaceva tutto, di quel momento.
La musica. Ciccio, che mi accarezzava la schiena e il sedere, e stava infilando una mano al limite delle mutandine. Vittorio che mi guardava e vedevo l’eccitazione che gonfiava il suo costume. Massimo che mi stava baciando, con un braccio mi stringeva forte le spalle, con l’altra mano mi accarezzava il seno, e con il suo membro grosso e duro si appoggiava alla mia pancia. Era davvero troppo.
Girai la bocca e accettai il bacio di Massimo, lungo, caldo, sensuale, molto erotico. Ora mi stavo eccitando davvero. Mentre ci baciavamo, la mia mano destra, penzoloni lungo il corpo, incontrò qualcosa che dalla forma e dalle dimensioni riconobbi subito: era il cazzo di Ciccio, e Ciccio me lo stava mettendo in mano.
– Oh – non potei fare meno di sospirare, ma intanto glielo avevo preso e lo stringevo.
Massimo intanto mi baciava, poi si staccò un attimo e mi chiese: – non sei stanca, non vuoi sederti che stiamo più comodi?
– Sì, davvero – gli risposi io – più che altro mi gira la testa, quasi mi vengono le vertigini, come se mi aveste drogato; e invece no, mi avete incantato con le vostre attenzioni, i vostri complementi e .. – ma non lo aggiunsi, lo pensai soltanto, con i vostri cazzi.
Ora li vedevo, nella penombra del capanno, mentre mi adagiavo sul materassino; ora li vedevo, tutti e tre dritti in piedi; quello di Ciccio, l’avevo ancora in mano, e mi piaceva tenerlo lì; quelli di Massimo e Vittorio, anche lui si era tolto lo slip, erano uno più bello dell’altro.
Insomma, poteva capitarmi di peggio; mentre accarezzavo il coso di Ciccio, Massimo mi stava aiutando a togliermi le mutandine, Vittorio aveva preso il suo posto e mi stava baciando sulla bocca, e non so quante mani e di chi mi stavano accarezzando le tette e pizzicando i capezzoli.
Massimo cercò la mia mano libera e me lo schiaffò dentro; ora lo stringevo, quel bel cazzo, duro ma morbido; duro dentro, perché era bello eretto, rigido; ma il glande e tutto il membro erano morbidi, al tatto: insomma, per dirla con una volgarità di troppo, un cazzo di ferro, dentro una cappella di velluto.
Ora lo desideravo, lo desideravo davvero quel cazzo, lo volevo dentro, ma avevo paura che mi facesse male.
– scusami, Massimo, ma ho paura di non essere pronta abbastanza ..
Ciccio aveva capito tutto: aspetta, mi disse.
Si liberò della mia mano, si inginocchiò tra le mie gambe e cominciò a carezzarmi prima la pancia, poi il ventre, poi il basso ventre, e a leccarmi, a leccarmi proprio lì.
Sentivo la sua linguetta che faceva un giro largo, tutto intorno, poi capitava tra le grandi labbra, s’intrufolava un attimo, tornava fuori, poi con un ditino allargava le labbra, entrava di più con la lingua e prima che potessi protestare era davvero fuori e ancora tutto dentro; un piacere immenso, mi prese, ed anche la voglia che quella lingua non scappasse via, che non se ne andasse più, che non smettesse.
Ma lui continuava, da chi aveva imparato a leccare così?
Insomma io stavo godendo come una porca; ora lui entrava e usciva dalle piccole labbra, poi risaliva verso il clitoride, poi scendeva ancora e dentro .. non ce la facevo più; gli afferrai la testa con la mano, e gliela tenni ferma mentre la sua lingua era dentro, e mi prese un orgasmo da urlo.
– Ti ho fatto male? – mi chiese Ciccio
– No, Ciccio, mi hai fatto bene, è stato un orgasmo da favola, sei proprio bravo, gli risposi.
– Sì, me ne sono accorto, mi disse lui, e mi porse la sua bocca per un bacio ancora bagnato dei miei sapori.
– Ora puoi andare, è bella bagnata – disse Ciccio a Massimo.
Lui si accomodò fra le mie gambe, io mi sdraiai completamente e lui mi venne sopra, guidando e appoggiando la cappella morbida, come per fare conoscenza con la parte; e poi cominciò a entrare, prima piano piano, e dopo con forza.
– Oh – questa volta il grido non era di sorpresa, ma di dolore.
Era davvero grosso, quel coso, ma passato il primo momento di dolore, non mi faceva più male, anzi. Era grande, duro ma morbido, si adattava perfettamente alle pareti della mia vagina, lo sentivo sulla parte destra, che aderiva perfettamente di là; allora spostavo appena appena il bacino, stringevo di più le cosce, gli appoggiavo contro la mia parte sinistra, e aderiva completamente di là.
Non c’era bisogno di spingere, né io, né lui spingevamo, ci gustavamo la posizione e l’adesione alle pareti della vagina, con piccolissimi movimenti qua e là.
Stringevo i muscoli, e lui sentiva la stretta e mugolava per il godimento.
Poi rilasciavo, ricominciavo la mia ginnastica vaginale, per sentirlo meglio di qua e di là, e quello andava ad occupare ogni spazio, ogni millimetro di parete, ogni interstizio, sempre contro, sempre dentro, sempre duro, sempre morbido.
Intanto Vittorio si era avvicinato alla mia faccia e capii che voleva un servizietto orale: era la mia specialità, ai tempi dell’Università, ero diventata davvero brava, ma da oltre vent’anni ormai non praticavo più quell’arte sovrana.
Avevo sempre in mano il coso di Ciccio e quello di Vittorio che si avvicinava alla mia bocca, ma la mia attenzione era tutta per il cazzo di Massimo.
Feci un paio di strette con il bacino, lo sentii eccitarsi di più e capii che finalmente stava venendo.
– puoi restare dentro, se ti fa piacere gli dissi sottovoce, baciandolo.
E Massimo se ne venne, con un rantolo e un getto potente.
Meno male che usavo la pillola, se no diventavo mamma di due o tre gemelli, con quella tonnellata di sperma che mi inondava.
– Bravo, davvero, sei stato bravo, gli dicevo, mi sei piaciuto moltissimo.
E davvero non era un complimento, il mio. Mentre Massimo si alzava, per pulirsi, si avvicinò Ciccio, con dei fazzoletti di carta umida e mi pulì delicatamente e accuratamente; intanto Vittorio mi aveva spinto il suo cazzo duro in bocca; un’altra cosa, rispetto a quello di Massimo: tanto quello era dolce, morbido, delicato, adattabile, tanto era duro, prepotente, sfacciato nella sua erezione, quello di Vittorio.
– Scusa – gli dissi – ma non preferisci metterlo al posto giusto?
Ciccio mi aveva capita: aspetta – disse a Vittorio – sdraiati tu sotto e Anna ti viene sopra.
– Ah – allora vuoi farmi lavorare? – gli chiesi io.
– No, Anna – mi rispose Vittorio, ci penso io, a lavorare, vieni qui sopra.
Mi adagiai su Vittorio, lo indirizzai bene, presi bene la mira e mi infilai sopra di lui.
– è meglio così – mi diceva Ciccio – altrimenti lui ti fa male.
Invece era diverso il motivo. Sopra di lui, avevo lasciato libero all’aria il mio lato B e, a quanto pareva, la cosa interessava molto Ciccio.
Cominciò ad accarezzarmi le natiche, a stringere strizzare, baciare, poi si occupava del mio buchino, lo sfiorava con la lingua, ci infilava un dito bagnato, forse di saliva, ed ancora baci e carezze e morsini.
Insomma, per farla breve, dopo una decina di minuti, mi ritrovai con il cazzo duro di Vittorio, che spingeva e spingeva dentro: meno male che ero sopra di lui, come mi aveva detto Ciccio, almeno potevo tirarmi indietro quando la botta diventava troppo forte.
Ciccio mi stava scopando il sedere, senza farmi male, perché l’aveva bagnato e insalivato tutto, entrava e usciva che era un piacere, e intanto Massimo, si era accostato con il suo cazzo meraviglioso e morbido e duro, e io, per riconoscenza per la bellissima scopa che avevamo fatto, glielo ciucciavo con gioia.
Non so quanti orgasmi ho avuto io, quella mattina, e non so nemmeno quanti, in totale, ne hanno avuto loro tre. E quanti ne potevamo fare ancora, se non fosse che …
Ad un tratto guardai di sfuggita l’ora, erano quasi le due, da più di due ore stavamo facendo sesso, e che bel sesso stavamo facendo, fregandocene dell’ora, della domenica, delle famiglie, del pudore, delle corna di mio marito, di tutto.
Li avevo succhiati tutti e tre, mi avevano scopato tutti e tre, e mi avevano preso il culo tutti e tre, insomma ero piena e soddisfatta come meglio non avrei potuto desiderare.
Tra me e me pensavo, in una sola mattinata ho fatto il pieno di tanto cazzo da soddisfarmi per tutta l’estate.
– Siete degli angeli – gli dissi, interrompendo Vittorio che mi stava massacrando il culo e staccando Massimo dall’ennesimo pompino, mentre Ciccio si stava ripulendo dal seme dell’ultima scopa.
– Siete degli angeli – siete bravissimi a fare sesso, ma adesso dobbiamo andare, è tardi, vi stanno aspettando.
– No, Anna, se devi andare tu, torniamo tutti e ti accompagniamo, ma noi siamo liberi fino a stasera e, se ce lo chiedi, anche fino a domattina – rispose lesto Ciccio.
Lo baciai a lungo, sulla bocca, e così baciai gli altri due.
– Sei meravigliosa, sono innamorato pazzo di te – mi disse Massimo.
Mentre ci ripulivamo di tutto quello che avevamo seminato, gli chiesi guardandoli in faccia, negli occhi, prima uno, poi l’altro, poi il terzo.
– Mi promettete che non direte nulla a nessuno?
– Giuro – disse Massimo e ripeterono gli altri due.
– Che mi possa cadere all’istante, se lo dico a qualcuno – aggiunse Ciccio.
Mi sembravano sinceri. E intanto due domande mi tormentavano la testa, mentre tornavamo all’ombrellone.
Ma anche a Margherita facevano lo stesso servizio che hanno fatto a me? Tutti i giorni? Accipicchia, adesso capisco perché è così bella, allegra, tranquilla, di buon umore, da quando sta con loro. Ci credo!. Questi ti resuscitano, altro che depressione, con questi fior di cazzi che ti entrano ed escono da tutte le parti. D’accordo, è una ragazzina, ma mille volte meglio questi qui, che quel porco che si è approfittato di lei, e basta.
E poi l’altro pensiero, ancora più molesto.
Ma sono io che li ho iniziato alle cose di sesso, sono io la loro nave scuola, oppure sono loro che mi hanno insegnato a fare sesso in questa maniera? Per caso, sono loro che hanno iniziato me?
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