“Entrambi mi toccarono, ebbi le loro mani ovunque…”
Cristina , una mia affezionata lettrice, già protagonista di due precedenti racconti,
mi ha raccontato una sua avventura giovanile e credo di farle cosa gradita pubblicandola.
Caro Gladius,la vicenda che sto per raccontarti è avvenuta all’incirca a Pasqua del 1995.
non ricordo con precisione le date, ma dovevo avere ancora 15 anni, o forse 16 appena compiuti.
Per quella vacanza decido di organizzare con due mie amiche, Elena e Sara, di andare al mare a casa nostra, in realtà, come spesso capita, il piano “vero” non era di essere noi tre amiche, ma di portarci dietro anche tre ragazzi: Fancesco, che stava con Elena, più due amici suoi, Luca e Matteo, che non stavano con noi altre ma li conoscevamo un pochino ed erano simpatici .
I ragazzi non so quanti anni avessero, ma credo 18/19 (non di meno, in ogni caso, visto che avevano l’auto);all’ultimo sorse un problema: Sara non potè venire, così ci trovammo ad essere solo in cinque.
Questo ci permise di andare in macchina, se non altro, e non in treno come invece avremmo dovuto fare fossimo stati in sei.
La prima notte la trascorremmo in maniera irreprensibile: a parte Elena che , logicamente, passò la notte con Francesco; i due ragazzi si misero in una stanza e io occupai quella dei miei (questo su espressa richiesta di mia madre che non voleva che estranei dormissero nel suo letto).
Il giorno successivo, che mi pare fosse il venerdì, mentre eravamo a prendere un caffè in paese,Matteo tirò fuori l’argomento “giochi piccanti”.
Vennero fuori le solite cose: il gioco della bottiglia, quello della coperta, lo strip poker,
ovviamente se ne parlava solo: chi aveva fatto cosa, cosa ne pensavamo.
Elena ammise di non aver mai fatto nulla del genere, Luca disse di aver già fatto il gioco della bottiglia e Matteo di aver giocato (vincendo, stando alla sua versione) a strip poker.
Quando fu il mio turno non volevo fare la figura della novellina (ora il problema non si pone, ma a 15 anni la voglia di essere accettati dagli altri è una forza potentissima), così raccontai del gioco del solletico.
Oviamente non raccontai i fatti per come erano andati realmente: non dissi che l’avevo fatto con mia cugina, lasciai intendere che fosse avvenuto in compagnia di più persone e con dei ragazzi e che qualcuno – non io, ma una mia amica – era arrivato anche a spogliarsi completamente.
L’argomento lì per lì non ebbe approfondimenti, fino a quella sera.
Elena e Franz erano già in stanza (per ovvi motivi, non appena avevano la possibilità si appartavano), io ero con i due ragazzi a guardare la televisione.
In maniera apparentemente casuale mi tolsi i calzini e appoggiai i piedi nudi sulle gambe di Matteo,sapevo che quel pomeriggio avevo destato la loro attenzione con il resoconto inventato sul gioco del solletico; si trattava solo di fare sembrare la cosa come una loro idea,perchè, non lo nascondo, da quando ne avevo parlato si erano risvegliati in me da una parte i ricordi, dall’altra il senso di incompiutezza che quell’episodio aveva provocato.
L’essere nello stesso posto, poi, mi sembrava particolarmente evocativo,da una parte, non ero del tutto sicura che avrei avuto il coraggio di portare a termine il gioco.
Mentre pensavo a tutto questo, Matteo, come per scherzare, mi passò un dito sotto alla pianta del piede,ridacchiai e lo ritrassi, poi lo rimisi al suo posto,dopo un attimo, Matteo mi fece nuovamente il solletico.
“dai!”, dissi, come se mi desse fastidio.
“Non possiamo farti un po’ di solletico, come alla tua amica?”.
“Vi è rimasto impresso, vedo”, dissi scherzando, come se per me fosse stato solo un episodio divertente da raccontare e che ci volesse ben altro per attirare la mia attenzione.
“Deve essere divertente. vogliamo provare?”.
In quel momento avrei potuto ancora tirarmi indietro e dentro di me sentivo forte il conflitto tra quello che avrei voluto fare e quello che invece la mia intelligenza mi suggeriva di evitare,non vinse l’intelligenza, però.
“Se decido di farlo, giurate su vostra madre che non lo raccontate a nessuno? A nessuno, mi raccomando!”.
Ovviamente, giurarono,ci trasferimmo nella stanza dei miei, allora.
Io ero eccitata e spaventata allo stesso tempo,ripassammo assieme le regole: per mezz’ora avrei potuto interrompere i loro tocchi togliendomi un indumento, fino a quando ne avessi avuti addosso, poi non più.
Mi sdraiai sul letto e chiusi gli occhi,mi fecero entrambi il solletico sotto ai piedi e invocai pietà piuttosto in fretta,questo mi costò la perdita della camicetta,mi fecero mettere le mani sotto alla nuca, in modo da scoprire le ascelle, e poi proprio lì mi fecero il solletico,resistetti veramente poco e scelsi di togliermi la canottiera.
Ricordo perfettamente quale intimo portavo: avevo un reggiseno di pizzo bianco.
anche le mutandine erano coordinate, ma in quel momento non erano ancora esposte.
Mi sdraiai nuovamente e lasciai che le loro dita corressero sulla mia pancia,non era solletico forte, erano carezze, e io già mi stavo eccitando,forse non se ne accorsero, ma dopo un attimo le carezze divennero solletico e non potei non scoppiare a ridere.
Non potevo che togliermi i jeans e così feci,ero solo più in biancheria intima e qualunque mossa successiva avrebbe mostrato qualcosa di me.
Mi coricai nuovamente, chiudendo gli occhi e sentendo i loro tocchi lungo le mie gambe.
qualcuno, forse Matteo, dopo avermi accarezzata lungo tutta la gamba arrivò alla pianta del piede e mi fece il solletico lì sotto,cercai di resistere, non ero del tutto certa che mi sarebbe piaciuto togliermi il reggiseno davanti a loro e volevo comunque vendere cara la pelle.
Fu un tentativo di scarso successo, credo che resistetti un minuto, non di più,mi misi a sedere, con loro che mi guardavano come i leoni guardano una gazzella.
“Non se ne parla con nessuno, siamo intesi?”, chiesi ancora,mi giurarono che sarebbero morti con il segreto.
Mi tolsi il reggiseno e mi coricai subito, per non guardarli in faccia,chiusi gli occhi,
dopo un secondo avevo già le mani di loro addosso, ovviamente subito sulle tette.
Credo che mi palparono per diversi minuti, un seno a testa, mentre io ero eccitata sempre di più,i primi tocchi furono gentili, quasi timorosi, poi divennero sempre più pesanti e sempre più hot per me: mi strinsero i seni, mi strizzarono i capezzoli.
Ad un certo punto Luca si rese conto che stavamo facendo il gioco del solletico, così attaccò le mie ascelle, in questo caso più di prima cercai di opporre resistenza, ma ero troppo sensibile e dovetti chiedere pietà.
Senza dire una parola, mi tolsi anche gli slip e tornai a sdraiarmi,con una mano mi proteggevo l’inguine, pur sapendo che avrei dovuto toglierla presto.
“E adesso?”, chiese Matteo.
“Adesso potete toccarmi ovunque”, dissi. ricordo che usai volutamente il verbo “toccare” e non quello “solleticare”.
Chiusi gli occhi e misi le mani dietro alla nuca, scoprendomi il pube,non ero rasata, mi vergognavo tantissimo e non sapevo cosa sarebbe successo ora,facendo finta di voler ancora giocare un gioco, mancavano forse venti minuti alla fine del tempo.
Subito le loro mani tornarono sopra di me, prima sulle tette, come se fossero timorosi di toccarmi la figa, poi Matteo azzardò una carezza.
Ero bagnata e lo sapevo, lui si preoccupò di dirlo a Luca,subito allora un’altra mano, quella di Luca.
Ero una puttana?, mi chiesi,però ero eccitata e ogni tocco mi impediva di ragionare.
entrambi mi toccarono, ebbi le loro mani ovunque.
Li sentii sul seno, poi tra le labbra; un paio di volte dovetti respingere qualcuno che provava ad infilare un dito dentro (ero vergine e avevo paura di subire dei danni), lo stesso dito che ad un certo punto mi finì nel sedere, anche se poco,ad ogni carezza mi infiammavo di più, fino a quando venni.
I ragazzi se ne accorsero, perchè si fermarono,io mi sentivo sporca da morire, mi sembrava di essere veramente una gatta in calore che si struscia ovunque.
Diedi un bacio sulle labbra di ognuno, non sapevo cosa fare.
“E noi?”, chiese Matteo,era chiaro a cosa alludeva.
Io non risposi,eravamo tutti e tre sdraiati sul letto.
“Tienile le mani”, disse Luca a Matteo;per un attimo pensai che avessero intenzione di violentarmi.
Matteo mi immobilizzò le mani sopra alla testa, Luca si mise a cavalcioni delle mie gambe, all’altezza delle ginocchia.
In quella maniera avevo il corpo completamente esposto davanti a lui (e ovviamente non avrebbe potuto stuprarmi, visto che avevo le gambe serrate e lui ci era seduto sopra).
“ora ti faccio il solletico, vediamo quanto resisti. poi trattiamo…”.
Mi posò le mani sul corpo,questa volta non aveva intenzione di accarezzarmi e i miei fianchi e le mie ascelle vennero stimolati da un solletico fortissimo.
Credo resistetti tre/ quattro minuti, poi non ce la facevo veramente più.
“Basta, ti prego, basta! cosa devo fare?”.
Lui mi guardò con un sorriso furbo, senza alzarsi da me.
“Se volete scopare, scordatevelo”, dissi perentoria.
“Va bene. che ne dici di un pompino?”.
“No, non esiste”.
Rriprese a farmi il solletico, ancora più violento di prima,resistetti poco, e dopo qualche minuto gli chiesi di fermarsi.
“Va bene, va bene, basta che ti fermi!”.
Smise di toccarmi e si alzò da me, anche Matteo si alzò.
“Io vado di là”, disse.
Luca si sedette accanto a me e mi fece una carezza.
“E’ solo un gioco, se non ti va va bene lo stesso”.
“No, va bene. lo faccio volentieri”,era vero.
Si abbassò i pantaloni e scoprì il cazzo,era molto eccitato anche lui e la sua (presumo) poca dimestichezza con la situazione sopperì la mia totale imperizia.
Era le prima volta, per me,lo presi in bocca e cercai di imitare i movimenti che qualche mia amica mi aveva descritto (non avevo mai visto neppure un film porno, per dire).
sicuramente non fui impeccabile, ma come ti ho detto prima lui era molto eccitato e venne molto presto.
Ingoiai, non sapendo cosa altro fare.
Rientrò Matteo e, nonostante tutti sapessimo come sarebbe finita, ripetemmo la pantomima del solletico, ovviamente a parti invertite: Luca mi teneva, Matteo mi faceva il solletico,non ero entusiasta di ripetere la cosa con Matteo, ma non riuscii a resistere al solletico per più di un paio di minuti.
Matteo fece un blando tentativo di portarmi a scopare, ma fui irremovibile.
Feci il secondo pompino della mia vita a distanza di pochi minuti dal primo,una volta soddisfatti tutti, ci rivestimmo e andammo a dormire, ovviamente in stanze separate.
ebbi molto da pensare nei giorni successivi.
Mi ero persuasa di essere una baldracca e che questo episodio mi avrebbe segnata per la vita,cosa sarebbe successo se i ragazzi mi avessero minacciata di raccontare la cosa in giro?
Avrei dovuto diventare la loro puttana?
In realtà non capitò nulla di tutto questo: Luca e Matteo furono mutissimi e non ebbi nessuna conseguenza.
Anche Elena, che in teoria avrebbe potuto accorgersi di qualcosa, non diede mai segno di aver capito qualcosa,il mattino dopo disse solo che mi aveva sentita ridere e io dissi che avevo bevuto troppo e mi era venuta la ridarola.
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