“Sobbalzai dalla sorpresa e provai un senso di desiderio sconosciuto…”
(Seguito della prima parte)
Capitolo 4°
La
mattina alle nove in punto io e la coppia di Francesi eravamo davanti a una specie di ufficio giudiziario Croato, il cui nome francamente non ero in grado neanche di pronunciare anche se insegno lingue straniere.
Contrariamente all’Italia, il processo cominciò puntuale.
Ci presentammo e ci fecero sedere non appena entrò il giudice. Il quale lesse gli atti e poi domandò al poliziotto alcune cose, che non compresi ma che probabilmente consistevano in chiarimenti.
Il giudice disse all’interprete italiana di leggermi il verbale e di chiederci se volevamo aggiungere qualcosa al verbale. Io, senza tradurre ai due, risposi affermativamente.
– L’altra sera – cominciai in italiano, – io, attualmente interprete degli imputati, ero uscito in barca a vela, la cui presenza è regolarmente denunciata in capitaneria. Il vento era scomparso, feci tardi e mi trovai a dover cercare il porticciolo del campeggio al buio. Allora telefonai agli amici per chiedere di sparare in aria un razzo bianco per mostrarmi la direzione.
Diedi tempo all’interprete di tradurre dall’italiano al croato.
– Sa, – dissi poi al giudice, – i turisti sparano razzi colorati in tutta la costa e il bianco l’avrei visto subito.
– E loro l’ hanno fatto, vero? – Commentò il giudice.
– Infatti. – Risposi. – Ho visto il primo e poi ho chiesto conferma col secondo. E sono rientrato subito.
Seguì un breve silenzio, mentre tutti guardavamo il giudice.
– Erano razzi bianchi, signor giudice, – precisai. – Privi di segnalazione.
– Beh, se non è vera è ben inventata. – Commentò in italiano prima di pronunciare la sentenza.
Aveva usato il croato come lingua ufficiale ma conosceva la nostra lingua.
– Do una multa di 10 euro. Può sentire i suoi amici se sono disposti a pagarla subito?
– Sto per chiudere, – dissi in francese alla coppia di imputati. – Posso porre una condizione se risolvo tutto con una multa di 10 euro?
– Ma certo!
– Se ce la caviamo con 10 euro, tua moglie – la indicati e feci in modo che mi sentisse, – è disposta a mostrarmi il culo?
– Che domande fai? – Rispose, anche se in francese la battuta non era proprio così. – Viviamo in un campeggio per nudisti…!
– Perfetto. – Commentai.
Poi mi rivolsi al giudice.
– Accettiamo, vostro onore.
– Non si dice vostro onore…! – Disse l’interprete.
– Accettiamo, signor giudice!
– Ecco, così va meglio. – Concluse il giudice, che comprendeva bene l’italiano.
Si alzò per pronunciare le sentenza. Mi alzai e feci cenno agli amici di alzarsi anche loro.
Il giudice pronunciò la sentenza in croato, in slavo o quello che era.
Poi se ne andò.
– Qu’est que c’est? – Domandò il francese alzandosi.
– Qu’est qu’il passe? – Chiese la moglie.
– Ssst. Risposi loro.
Dieci minuti dopo eravamo fuori con la ricevuta della multa pagata e i passaporti restituiti mentre i due continuavano a chiedermi che cosa fosse successo. Io preferii dirglielo solo quando eravamo ben lontani dall’ufficio giudiziario.
– Mon Dieu! – Esclamò lui quando glielo dissi. – Sei stato un genio! L’abbiamo scampata bella… E se avessero voluto controllare i tabulati telefonici?
– Per una cosa così da poco? Quasi impossibile.
– Ma come ti è venuta in mente?
– Beh, mi è venuta lì’ per lì e…
Lei mi abbracciò. – Cosa dobbiamo fare adesso?
– Comunque – dissi, mentre lei mi faceva sentire le tette sul petto e le labbra all’orecchio, – cominciamo con lo scambiarci i numeri dei cellulari, valà, prima che a qualcuno venga in mente di verificare se ci siamo telefonati davvero…
Ce li scambiammo e ci chiamammo senza rispondere.
– Poi, ti ricordo che devi mostrarmi il culo… Ha ha!
Risero anche loro.
Vollero passare a fare la spesa, così la sera avrebbero preparato da mangiare per tutti. Pesce e altre cose sfiziose alla francese.
Tornammo al campeggio, sperando di non usare più l’automobile per tutta la vacanza.
Per mezzogiorno mia moglie aveva preparato fichi, melone e prosciutto cotto e crudo. Io aprii il vino bianco che tenevo nel frigo.
Riposammo stando all’ombra, godendomi il frinire delle cicale della pineta e lo sciabordio delle onde sul davanti. Questa era vacanza.
Alle 16.30 arrivò il dottore.
– Come stanno gli appestati? – domandò con l’ironia del cazzo.
– Eh no. – Risposi. – Siamo noi a chiederlo a lei.
– Giusto. – Ammise.
I due erano già girati pancia sotto, culo all’aria, così il medico poté prima guardargli le natiche e poi togliere le fasciature. Raschiò con forza le ferite e i due sobbalzarono gridando.
– Bene. – Osservò, mostrandomi l’effetto delle unghie. – L’ittiolo ha fatto il suo lavoro.
Grattando, le punte dei ricci uscivano.
– Fa un po’ male, ma se domani li portate in mare e li lasciate a mollo il più possibile, dopo potete grattarli con più facilità.
– Grattarli?
– Sì, come ho fatto io adesso. Domani sentiranno solo prurito e sarà più facile. Comunque niente più fasciature, solo acqua di mare.
– Potranno camminare?
– Li faccia provare dopodomani, ma non credo.
Tradussi tutto ai due, i quali ringraziarono me e non il medico.
– Bene allora. – Disse lui, mettendo via la roba. – Altro?
– No. Rispondemmo.
– Ah, una cosa. – Intervenne mia moglie. Ci girammo ad ascoltarla. – Non vanno di corpo da quando sono arrivati.
– Cioè non cagano? – Chiese lui con le parole di italiano che conosceva meglio. – O anche non pisciano?
– Pisciano benissimo. – Sbottò. – Non… evacuano. Ecco.
– Fategli un clistere. – Rispose pragmatico dando uno sguardo di sufficienza ai due culi.
– Non è meglio una purghetta?
– No, sono troppo deboli. Clisteri.
E se ne andò.
Tradussi loro le parole del medico e chiesi cosa volevano fare.
– Ce li potete fare voi?
– Cosa?
– I clisteri.
Arrossii come pochi.
– Io… Io… Non posso farvelo.
– Ma a me fa impressione. – Aggiunse mia moglie. – Devi farglieli tu.
– Non posso. Mi eccita troppo fare i clisteri, lo sai, e non trovo giusto…
– E allora prova a dirglielo tu che non vuoi farli tu perché… ci trovi gusto… Ha ha!
Spiegai tutto ai due giovani.
– Scusa un po’. – Rispose Carola in tedesco, seriamente, per tutti due. – Se ho capito bene dovremmo non farcelo fare da te perché ti piace e dovremmo farlo fare da lei cui fa schifo?
– No, può farvelo qualcun altro…
– Cioè vorresti che se la godesse uno sconosciuto? Perché a chi fa schifo non accetta…
– No, non era questo che intendevo. Io…
– E allora, penso proprio che dovrai farci un paio di clisteri. E se proprio ti diverti, tanto meglio per tutti.
Mi sentii eccitare, cosa che in un campeggio nudisti non accade quasi mai.
– C’è un problema tecnico. – Intervenne mia moglie, che aveva già capito che glieli avrei fatti io. – Dove troviamo i clisteri? E come facciamo a farli con i bagni non proprio vicini?
Insomma, per farla in breve, dovetti tornare in città con l’auto. Ma provando una insana sensazione di eccitazione erotica. E trovai la soluzione logistica.
La sera andammo a cena da Brigitte e Pierre portando del vino bianco ghiacciato e spingendo i due tedeschi sulle seggiole a rotelle. Nudi eravamo tutti dei bei ragazzi, ma l’avvenenza di Brigitte esplose in tutta la sua grandezza quando si mostrò con il grembiulino bianco.
– Va bene così? – Chiese con le mani ai fianchi, senza attendere risposta. – Ci presenti ai tuoi amici?
Facemmo le presentazioni, poi versai da bere vino bianco per tutti e mi misi a sedere guardando gli amici che preparavano la cena.
– Cosa cucinate? – domandai.
– La bouillabaisse. – Rispose Brigitte, mostrando un culo leggiadro arricchito dal fiocco del grembiulino.
– Cosa ha detto che sta preparando? – chiese Helmut in tedesco.
– Non so come si dice in tedesco – gli risposi, – ma si tratta di una zuppa di pesce.
– Ach, ganz gut!
– Ragazzi uscite dalla roulotte, mangiamo fuori.
Mentre la zuppa finiva di cuocere consumandosi lentamente, facemmo conoscenza. I due Tedeschi erano due impiegati di una importante azienda di computer, sposati da tre anni. Avevano due settimane di vacanza, ma avrebbero telefonato per dire che si erano fatti male e che probabilmente sarebbero rimasti più a lungo.
I due Francesi erano titolari di un ristorante a Parigi, che d’estate abbandonano molto volentieri per un mese, lasciando che si arrangiasse il fratello di lui, che invece preferiva andare in vacanza d’inverno ai Caraibi.
Quando la zuppa fu pronta ci avventammo sui piatti come dei lupi.
Restammo zitti finché i piatti furono vuoti, poi rabboccai i bicchieri di vino bianco. Li svuotammo in fretta e riprendemmo a chiacchierare.
– A quanto pare, ti siamo debitori entrambi di qualcosa. – Osservò Pierre ad un certo punto.
Sorrisi.
– Non mi dovete proprio niente. È bello stare con voi.
– Ad ogni modo noi paghiamo subito il debito, – continuò Pierre.
– Di cosa parli? Quale debito?
– Aspetta e guarda.
Brigitte era entrata in roulotte per uscire indossando una lunga T-shirt bianca o forse un corto vestitino di cotone, con una scritta in francese e un cuore rosso.
– Vieni, mettiti qui. – Disse Pierre.
Mi fece sedere in una comoda sedia da campeggio. Rimasi ad attendere. Pierre si allontanò e mi si avvicinò Brigitte, stranamente vestita in una calda serata d’estate in un campeggio nudisti. Della musica usciva dalla roulotte. Fece qualche mossa a tempo di musica, poi con un rituale attentamente studiato si girò di schiena. Mosse il bacino un paio di volte, poi piano sollevò il vestitino a destra, poi a sinistra. Poi lo lasciò cadere di nuovo. Infine lo sollevò del tutto e restò nuda di schiena davanti a me.
Fece ancora qualche mossa languida, quindi allargò le gambe con eleganza, girò il viso mostrandomi un luminoso sorriso e si chinò in avanti fino ad andare a prendersi le caviglie con le mani.
Mi stava mostrando la fessura del culo.
Io ero senza fiato e senza parole. In tribunale le avevo chiesto di mostrarmi il culo per chiederle qualcosa di superfluo, di scontato in un campeggio nudisti. Ma adesso aveva voluto stupirmi assecondandomi.
Il suo culo era stupendo. Fantastico. Ovale come piace a me, curve perfette, femminilità all’ennesima potenza. In mezzo alle natiche il buco del culo praticamente invisibile e, sotto, la vulva. Pregna e fiera di essere guardata da me.
– Puoi accarezzarlo. – Disse Pierre, soddisfatto della mia reazione.
Io le accarezzai l’esterno del culo con le mani che quasi tremavano. Soffocai il desiderio di morderlo e mi immaginai la gioia che il cazzo avrebbe provato a inserirsi in quel superbo alloggiamento.
Restai così imbambolato anche quando Brigitte si ricoprì col vestito e tornò in roulotte per uscire nuovamente nuda, ma senza malizia.
– Ci sei? – Mi domandò mia moglie, fingendosi severa. – Tutto bene?
– Eh? Come? – Risposi, farfugliando. Mi accorsi di avere avuto un’erezione. Cercai di distrarmi e di distrarre i presenti, che peraltro sembravano più eccitati di me.
– Domani andiamo tutti a fare un giro in barca? – Chiesi per riprendere contegno.
– Ci stiamo tutti? – Domandò Pierre.
– Non conosci la barca che hai aiutato a tornare in porto sparando un razzo bianco? – Rincalzai ironico.
L’erezione stava rientrando.
– No…
– Certo. È omologata per 10 persone, anche se al massimo ce ne stanno otto. – Aggiunsi poi. – Anzi, voi ci sareste di aiuto a trasportare i due invalidi…
– Come no? – Esclamò il Francese. – Io porto Carola e…
– Un paio di palle! – Risposi ridendo. – Carola la porto io!
– E perché?
– Perché pesa di meno… ha ha!
– Allora – fece mia moglie – voi due portate Carola, mentre io e Brigitte carichiamo Helmut…
Verso mezzanotte, dopo averli aiutati a spreparare, ci congedammo.
– Vuoi che vi aiutiamo a mettere nel camper i due amici? – Domandò Pierre.
– No, grazie. – Risposi. – Dobbiamo fare ancora un paio di cose.
– Nulla per cui possa aiutarvi?
– No, grazie. Ci vediamo domani alle 9 al molo.
Capitolo 5°
Appena arrivati alla nostra tenda, spiegai ai due “pazienti” e a mia moglie come intendevo praticare i clisteri.
– È una questione di organizzazione, – dissi in premessa. – Farò prima un clistere a Helmut e poi lo porterò con la sedia a rotelle al bagno per gli handicappati. Tu, Luisa, ti piazzi lì in anticipo per tenere libero il bagno, poi resterai ad assisterlo fuori dalla porta della toilette, mentre io torno a fare il clistere a Carola. Credo che i tempi siano giusti.
– Cosa adoperi per farli?
– Ho comperato due clisteri in farmacia, anche se li hanno presi dal reparto «sex toys». Sembra che ormai vengano acquistati solo per fare sesso… Ho preso anche un paio di soluzioni adatte, che intendo diluire in tanta acqua.
Presi i clisteri e li feci vedere. Il colore azzurro era piuttosto insolito e le due cannule certamente più invadenti di quelle che si usano normalmente.
– Li ho disinfettati e lavati. – Spiegai in tedesco ai tedeschi. – Ne ho presi due per motivi di igiene, uno a testa. Hanno la cannula un po’ grossa, ma non avevano altro.
– Non c’è problema. – Rispose Carola per entrambi. – Vi stiamo recando un sacco di problemi…
– Vi farò il clisma qui nella parte libera della mia tenda, così sarà più facile mettervi poi sulla seggiola a rotelle.
Luisa si portò al bagno degli andicappati per tenerlo libero. Io feci sdraiare i due sul materassino di gommapiuma.
– Helmut, tirati su e siediti sulle caviglie, poi piegati in avanti.
Lui obbedì e io gli guardai il buco del culo non più protetto dalle natiche. Gli poggiai le dita all’esterno e i pollici all’interno, come se lo stessi studiando.
– Hai un bel culo. – Gli dissi. Ero sincero. Vidi che il suo uccello si stava muovendo, come sospinto dal mio sguardo.
– Senti, Marco… – disse lui restando in quella posizione. – Io e Carola ne abbiamo parlato e abbiamo deciso di autorizzarti a… divertirti.
– In che senso?
– Fallo come ti piace farlo. Toccaci, sbattici, riempici. Insomma approfittane. Almeno ti serviamo a qualcosa…
Non risposi. Presi il primo clistere e appoggiai la cannula alla fessura del culo di Helmut. Poi la abbassai fino a giungere al buco del culo, in modo che pregustasse la scena. Quindi con calma misi la peretta orizzontale e introdussi la cannula appena appena. Quando mi accorsi che l’ano si era abituato alla sua presenza, mi tenni per i coglioni alla base di un cazzo in piena erezione e spinsi dentro l’intera cannula. Mi parve di sentire il fruscio della penetrazione,
Lui gemette e quando andai a sbattere a fine corsa sollevò la testa. Stava godendo come un adolescente. Lasciai la presa dei coglioni per premere all’interno il liquido. La mia gioia di riempirlo era almeno quanto la sua di ricevere il liquido. Impiegai molto a svuotare il clistere, ma non sembrava che a lui spiacesse.
Una volta svuotata la pera, tuttavia, dovetti sfilarla. Mi piacque vedere le sue natiche che provavano involontariamente a trattenere la cannula, stringendosi attorno. Uscita del tutto, lo asciugai con della carta da cucina.
Poi lo aiutai a salire sulla seggiola a rotelle, sulla quale avevo messo una salvietta. Gli misi un asciugamanino sul cazzo eretto, quindi lo portai al bagno. Io e mia moglie lo caricammo sulla tazza e chiudemmo la porta.
Tornai in tenda da Carola. Era sdraiata, pancia sotto. Le accarezzai il culo, inserendo la mano nella fessura. Provai un principio di erezione. Forte della loro autorizzazione non mi vergognai.
– Come mi devo mettere?
– Alla pecorina. – Le risposi, usando un termine tedesco che avevo imparato all’Università di Ulm.
Si mise subito alla pecorina, con le gambe ben allargate come se avessi dovuto montarla. E giuro che l’avrei montata davvero.
– Poggia la testa sul materassino. – Le ordinai.
Poi presi la peretta e ripetei l’operazione che avevo già fatto con Helmut. Stavolta mi tenni alla figa. Il pollice appoggiato per tenerla ferma. Anche lei era super eccitata perché era bagnata come una spugna. Mi divertii un bel po’, spingendo dentro piano la cannula, studiando le piccole mosse che faceva. Cosa volete che vi dica, mi piace vedere il buco del culo che si allarga per far posto l’oggetto che vi faccio scivolare dentro…
Giunto a fine corsa spinsi con forza alcune volte, facendola gemere come se la stessi montando. Premetti la pera cercando di sentire il liquido che vi spingevo dentro. A clistere svuotato, mugugnava senza ritegno. Tanto, eravamo soli. Le strinsi un’ultima volta la vulva sfilando la cannula, fine.
Portai anche lei al bagno, già liberato da Helmut.
Una mezzora dopo i due pazienti tedeschi erano a letto, addormentati come ghiri.
Entrati in tenda, mia moglie sospirò
– Che giornata!
– Dai, che domani usciamo in barca.
– Già, in sei… – aggiunse.
– È omologata per dieci. – Commentai, ma si riferiva alla comodità.
Poi cambiò discorso.
– Mi è sembrato che oggi il tuo cazzo si fosse mosso. Poco, ma senza vergogna…
Me lo prese in mano. La baciai.
– Queste performance ti stanno caricando da dio, – osservò. – Io ne approfitto.
Mi girò pancia sotto e mi misi in modo che potesse leccarmi il buco del culo. Lo fece a lungo e con passione. Ma quando provò a girarmi per prenderlo, si accorse che mi ero addormentato.
Sì, era stata una giornata faticosa…
Fine della prima parte.
Capitolo 6°
La mattina dopo facemmo una rapida colazione, passammo dallo spaccio per fare rifornimento, quindi andammo alla barca.
Alle 9 gli amici francesi erano già sul posto, mentre noi stavamo arrivando con la coppia di tedeschi sulle seggiole a rotelle.
Io salii in barca e Pierre prese in braccio prima Helmut e me lo passò, poi fece lo stesso con Carola. Andò a portare le seggiole a rotelle alla tenda, mentre le nostre mogli salivano a bordo e sistemavano le cose.
Dieci minuti dopo uscivo con il motorino di servizio e un quarto d’ora dopo lo spensi per veleggiare verso il largo. Io e Pierre sedevamo a poppa, le, nostre mogli a prua. Sul pagliolato, a destra e a sinistra dell’albero, stavano i due tedeschi, sdraiai pancia sotto, soddisfatti. Io e Pierre guardammo i due culi di Helmut e Carola.
– Non male, – disse lui in francese. – Li inculeresti?
– Tutti due? – Domandai.
– In questo momento me li farei entrambi… – Disse dopo averci pensato.
– Non hai erezioni, – osservai ironicamente.
– In un campeggio nudisti è difficile, – rispose. – Ieri, sia io che te abbiamo avuto un cenno di erezione, quando mia moglie ti ha mostrato il culo…
– A proposito, grazie davvero. Ma la mia, in tribunale, era stata solo una battuta… Comunque tua moglie ha un culo superbo. Meriterebbe… Scusa.
– Ecco, vedi? – Commentò. – In città, quello che è successo ieri si sarebbe concluso a letto. Qui invece…
– Vero… – Ammisi. – Ma, davvero ti sei eccitato a vedere tua moglie che mi mostrava i culo?
– Sì, mi sono sorpreso a godere… In città sarei stato geloso, che ne so. Qui mi sarebbe piaciuto vederti desiderarla.
– Solo desiderarla?
Non rispose. Tornammo a guardare i culi ben fatti e invitanti di Helmut e Carola.
Poi virai verso nord, alla ricerca di una baietta poco frequentata. Il che era impossibile, ma qualcosa trovammo lo stesso poco prima del fiordo di Lehm.
Gettai l’ancora, avvolsi il fiocco sullo strallo di prua, ammainai la randa, fissai il boma al drasto e cercai un po’ di relax tornando a sedermi a poppa.
– Cosa vuoi che facciamo? – Chiese mia moglie.
– Il medico ha prescritto loro di stare in acqua il più a lungo possibile, così si ammorbidisce la pelle dei piedi. Saltate tutti in acqua, no?
– E tu?
– Uno a bordo deve restarci sempre.
– OK, dopo ti diamo il cambio.
Si divertirono parecchio. I due tedeschi, in acqua, sembravano perfettamente sani. Ripensai ai due clisteri e provai un certo piacere perverso. Sì, pensai, me li inculerei anch’io…
Riuscii saltare in acqua verso mezzogiorno, con gli altri tutti a bordo. Presi la maschera e una fiocina. Catturai qualche granséola e la misi nella retina. Non hanno molta polpa nelle celle, ma così, crude, sono davvero prelibate.
Una volta a bordo mi divertii anche col prosciutto e il melone. E del vino bianco, ancora abbastanza fresco.
Poi mi misi al lavoro con i piedi dei due infermi.
Come aveva detto il medico, grattando le piante dei piedi, gli aculei dei ricci adesso sarebbero usciti. Presi la spazzola e cominciai a passarli. Non sentivano male, solo un forte senso di fastidio. Comunque lavorai facendo attenzione. Quando finii, li feci tornare in acqua. Poi, una volta risaliti, recuperai l’ancora e presi la via del ritorno. Oltrepassai il campeggio, puntando a Rovigno per fare la spesa. Si offrirono di preparare la cena ancora i francesi. I tedeschi vollero mettere i soldi.
Tornati al campeggio, decisi di portare i due con la seggiola a rotelle per poi provare a farli camminare con i piedi sull’erba. I primi tentativi furono goffi, ma pian piano i due iniziarono a fidarsi dei propri piedi. Alla fine decisi di medicarli e di fargli calzare le scarpette di plastica.
– Sembrate come nuovi… Sorrisi.
Si portarono a me e si misero in ginocchio.
– Sei stato davvero un grande amico. – Disse Carola. – Ti faremo un regalo.
Helmut annuì.
I due francesi prepararono una nuova cena superba e, dopo aver spreparato la tavola e pulito la cucina, andammo sull’erba davanti alla mia tenda per goderci il panorama notturno del mare con un bicchiere in mano.
Eravamo sulle sdraio facendo onore al whisky, quando mia moglie si alzò e annunciò che le tre donne avevano preparato una sorpresa.
Mi feci attendo e l’ascoltai.
– Noi tre, io Brigitte e Carola, abbiamo deciso di mettervi alla prova. – Disse in italiano. – Faremo a turno uno spogliarello a testa per vedere se riusciamo a eccitarvi. E a chi si eccita prima o di più, facciamo un… regalino in più. Che ne dite?
Ero davvero sorpreso, e chiesi conferma a mia moglie.
– Sei sicuro che loro siano d’accordo? – Come poteva averne parlato, visto che non conosceva né tedesco né francese?
– Certo. – Rispose soddisfatta. – Ne abbiamo parlato in inglese. Stentato forse, ma ci siamo capite.
Le due annuirono compiacenti.
A vedere le espressioni, Helmut ne era al corrente. Pierre no, ma sembrava proprio interessato.
– E come pensate di fare?
– Tra un po’ comincia la musica della balera del campeggio. Faremo ognuna lo spettacolo per la durata di un brano musicale. Poi vediamo i risultati e…
Aveva indicato il mio pene, che io coprii d’istinto con la mano.
– Ottimo, – dissi. – Come ci mettiamo?
– Lo spogliarello lo facciamo a ridosso della nostra tenda. – Rispose mia moglie. – Voi vi sedete lì e ci guardate.
Eravamo davvero ansiosi di vedere cosa si fossero messe d’accordo di fare. E quando cominciò la musica dalla balera, mia moglie si portò per prima sul teatrino improvvisato. Si era vestita di tutto punto. Con i blue jeans, scarpe, maglietta, berrettino. Ero fiero che fosse mia moglie. Potenza dei vestiti…
Iniziò a muoversi sinuosamente, facendo gesti con le dita sulla bocca.
Io sapevo che a lei piaceva leccare uccello e buco del culo e mi domandai se gli altri lo avessero capito. Poi si girò di schiena e cominciò a muovere il culo in su e in giù. Quando si abbassò i jeans solo fin sotto le ginocchia, tutti provammo un immediato desiderio di vederla nuda. Aveva un tanghino nero che non mi ricordavo proprio. Ma preferì non sfilarsi del tutto i jeans e abbassò invece pian piano il perizoma. Prima solo fino a metà culo, poi fino ai jeans…
Infine, con mosse ginniche si tolse tutto e riprese a muoversi, passando con le mani sulle natiche e, quando era piegata, sfiorando il buco del culo con le dita. Che poi portava alle labbra. Era un invito? Così sembrava…
Fece la stessa cosa girandosi di faccia, accarezzandosi la passera con le dita come aveva fatto per il culo. Aveva un filo di pelo verticale che le donava tantissimo. Potenza del pelo…
Improvvisamente la musica cambiò e mia moglie smise di ballare.
Le tre donne si misero a guardarci e decisamente Pierre aveva l’erezione giusta, completa e più vistosa. La mia era titubante, quella di Helmut timida.
Le tre donne andarono da Pierre. Due si misero di lato e la terza, mia moglie, gli abbassò il prepuzio e baciò il glande. Sobbalzai dalla sorpresa e provai un senso di desiderio sconosciuto. Cos’è che mi aveva eccitato? Lei che baciava il cazzo di un altro? O lui che accarezzava il culo di sua moglie e di Carola per godersi meglio le labbra di mia moglie…
Non gli aveva fatto un pompino, ma ci era andata vicino…
Quando riprese il pezzo successivo, fu la volta di Brigitte. Il suo spogliarello avvenne con la gonna. Anche lei usò le mani e il culo per eccitarci. Rispetto a mia moglie, rimase completamente nuda subito, coprendosi solo con due grandi ventagli che si era portata. Lasciava vedere e non vedere con acuta complicità dei ventagli. Insomma, il desiderio di vederla davvero nuda, nonostante fossimo in un campeggio nudisti e l’avessi vista in tutti i modi, provai il desiderio di montarla. Se ne accorse e, quando finì la musica, venne da me. Mia moglie e Carola si misero di fianco, io portai le mani sui loro culi e Brigitte si avvicinò a quattro zampe. Me lo prese in bocca e se lo introdusse più volte fino a oltre la gola. Poi si sfilò, Mai provata una cosa del genere. Sarei venuto come un soffione boracifero…
Riprese la musica e andò in scena Carola.
La quale si era vestita come l’Angelo Azzurro, con calze autoreggenti. Così poteva stare seduta o sdraiata; i piedi non erano ancora pronti al ballo. Anche lei alla fine si spogliò del tutto e fece… una spaccata. Prima mostrandoci la figa, poi girandosi per mostrarci il culo.
Infine, mentre la musica stava finendo, la sorpresa. Tirò fuori il clistere blu e la baciò guardandomi.
Stavolta l’erezione l’avevamo tutti tre e dovette venire a baciare il cazzo a tutti con la complicità di mia moglie e di Brigitte. Per non muoversi barcollante sui piedi malfermi, si era portata anche lei a quattro zampe, il che aumentò il desiderio mio e di Pierre. I suoi baci furono davvero maliziosi.
– Poi mi spieghi la storia del clistère… – Mi bisbigliò nell’orecchio Pierre quando Carola finì di premiarci. – Era questo l’impegno che avevi ieri sera?
Io sorrisi malizioso.
Applaudimmo tutti e poi Pierre si alzò in piedi, ancora con una certa erezione in corso, e si rivolse a me.
– Marco, abbiamo un’altra sorpresa. – Disse in francese con un certo cerimoniale. – Abbiamo deciso di farti un regalo. Brigitte e Carola vengono a letto con te. Adesso. Subito.
– Come? – Dissi fortemente imbarazzato. Guardai mia moglie, che aveva capito anche se si era espresso in francese.
– Vai! – Mi disse. – Te lo sei meritato. Montale, divertiti. Insomma, fai quello che vuoi, siamo tutti d’accordo.
Sentii l’erezione tornare in primo piano, ma non tentai di coprirla come avrei fatto qualche minuto prima.
– Ma… E tu cosa fai mentre io… – Mi girai anche da Pierre e Helmut. – Voi cosa fate mentre noi…?
– Tu porti le due signore nella tua tenda. – Rispose Pierre. – Io, Helmut e tua moglie andiamo nella mia roulotte. Vi aspettiamo lì.
– Ma dico, siete impazziti?
– Mai stati così sani, – rispose mia moglie, dato che avevo parlato in italiano. – Cogliamo l’occasione al volo, dai! Tu vai matto per le due donne, io posso… sacrificarmi. E Insomma, te lo meriti.
– Tu ti sacrifichi?
– Beh, tu non preoccuparti, giocheremo a terziglio… he he
I tre se ne andarono, lasciandomi solo con Carola e Brigitte.
– Ragazze, – dissi in inglese. – Forza! Venite in tenda.
Poco dopo eravamo nudi sul materassino matrimoniale. Stavamo in ginocchio, perché una tenda è pur sempre una tenda, ma le due si trovavano benissimo a loro agio. Una mi si mise dietro, l’altra davanti. Entrambe con il ginocchio ben insinuato tra le mie cosce.
D’istinto misi le mani sui loro culi e a quel punto l’uccello si mise in moto. Ci stringemmo, poi una passò a mordermi e a leccarmi il culo, l’altra si dedicò all’uccello.
Quindi, come si fossero messe d’accordo, mi sdraiarono. Carola si sedette sull’uccello e se li infilò senza trattenere i gemiti. Brigitte sui sedette sul mio viso e si accomodò in modo che potessi leccarla bene. Mi stava dando il culo nel più visibile dei modi. Sentii che le due si palpavano, dimostrando che il triangolo funzionava. Poi cambiarono il gioco. Brigitte si mise sdraiata pancia sotto e Carola mi prese il cazzo in mano, lo succhiò e lo portò al culo dell’amica. Penetrai da dietro Brigitte, godendomi il culo che si dimenava sul mio basso ventre, vogliosa come se non avesse desiderato altro. Carola mi leccava i coglioni come una cagna, in modo che il mio lavoro riuscisse meglio. Poi Carola venne a sedersi sul collo di Brigitte, mi fece sfilare il cazzo, lo succhiò e poi lo guidò al buco del culo della francese. Mi scoprì il glande, mi aiutò a entrare il primo centimetro, poi mi diede un buffetto al culo.
– Go! Gehe! Vai!
Inculai Brigitte, rendendomi conto che era la cosa che avevo più desiderato da quando l’avevo conosciuta. Scivolai dentro e fuori come un coltello caldo nel burro. Io non ero stato il primo, ma avrei voluto essere io anche il prossimo. Carola tornò a leccarmi di traverso le palle tenendosi per una coscia. E così venni copiosamente e agitatamente, come se le facessi un clistere di sperma.
Brigitte venne di culo. Un orgasmo anale. Fantastico! Mia moglie non lo aveva mai avuto, visto che riteneva troppo grosso il mio cazzo.
Una volta sfilato, Carola me lo prese in bocca delicatamente, come se volesse rimetterlo in funzione. In breve in effetti si rizzò nuovamente e infine venni anche in bocca a lei.
Poi mi lasciai andare spossato. Era stata un’altra giornata pesante e a quel punto il cazzo gettò la spugna. Game over.
Capitolo 7°
Quando uscimmo dalla tenda, gli altri tre erano già fuori, seduti a bere qualcosa. Bevvi un ultimo sorso anch’io, poi ci salutammo calorosamente e andammo a dormire.
Una volta in tenda, decisi che era meglio parlarne subito con mia moglie.
– Come è andata? – Le domandai.
– Bene, rispose. – Ma se vuoi sapere di più, è meglio che cominci tu. Il premio era per te…
– Vuoi dire che l’idea è stata tua?
– Ha ha, no! L’idea è stata di Brigitte, subito condivisa da Carola… Però devo dire che quando me l’ha proposto, ho pensato che fosse la cosa giusta.
– Valà?
– Beh, non chiedermi di più. Sono andata d’istinto. E adesso raccontami come è andata.
Le dissi per filo e per segno (beh, insomma, quasi) quello che ho fatto, domandandomi se facevo bene a parlare o meno. Ma una scopata va sempre raccontata… he he… E quando altro mai ti capita di confidarti con la moglie, che a tutti gli effetti è l’amica più intima che hai?
– Insomma, hai inculato Brigitte… – Disse alla fine.
Non risposi, attendendo una brutta reazione.
– Beh, era quello che sperava… Che speravamo.
– Avete parlato di questo? – Chiesi basito.
– Anche di questo.
– E tu hai accondisceso?
– Ha ha! Meglio lei di me!
– Davvero non sei gelosa? – Le dissi abbracciandola.
– Senti senti… – Mi disse sorniona. – Ti sta tornando l’erezione… Sei senza fondo?
– Ho voglia di te. Sei una gran donna e ti amo.
Mi guardò negli occhi.
– Prima ti lecco il buco del culo. OK?
Fantastico…
Quando fu il momento, mi girai pancia in su e lei si sedette sul cazzo, infilandoselo. Mi domandai se anche gli altri quattro stavano scopando come noi. Una serata così era irripetibile. Forse.
– Vuoi sapere cosa ho fatto? – Mi chiese infilandomi la lingua nell’orecchio e gustandosi il pene in corpo.
Non attese risposta.
– Ho leccato il culo a entrambi.
Sentii un brivido correre giù per il corpo fino a provare un caldo di natura sconosciuta all’inguine. La cosa mi stava eccitando da morire e non ero sicuro che fosse un bene.
– E il culo di Pierre è fantastico. Dopo ti faccio vedere come se lo è fatto leccare. C’è sempre qualcosa da imparare…
– E… Helmut? – Domandai per cambiare discorso timidamente.
– Ecco, volendo, lui potrebbe mettermelo nel culo, perché non è grosso come il vostro.
– Vuoi dire che il mio è come quello di Pierre?
Continuò a leccarmi l’orecchio e l’uccello stava reclamando l’eiaculazione.
– E come sono… venuti?
– Pierre mi è venuto in bocca.
Rimasi senza parole.
– Ho pensato che avresti preferito così. Helmut non è venuto, ma gli stava bene così.
A quel punto venni come una ciminiera, facendo fatica a non gridare. Ma il bello era che anche mia moglie venne vistosamente appena sentì il mio sperma uscire. E lei non si trattenne dal gridare.
Tanto, fuori c’era solo il mare, con le onde che pian piano si smorzavano, stanche anche loro di una lunga giornata di lavoro.
Capitolo 8°
La mattina dopo, tutti stavamo meglio. Il mare aveva ripreso ad accarezzare dolcemente i piedi della nostra scogliera, le cicale applaudivano alla vita nella pineta, il cielo mandava una leggera brezza per farci godere quel magico momento.
Per concludere il quadro, andai a prendere i cornetti caldi allo spaccio e preparai la colazione per quattro.
Mangiammo come lucci e poi ci rilassammo in quella pacifica orgia di macchia verde, mare blu, cielo azzurro e umana serenità.
Alle 10 fece capolino Pierre.
– Ehilà, ragazzi! Siete ancora vivi?
– Pierre! Credevo che non ti saresti svegliato più. Cosa facciamo oggi?
– Marco, io e Brigitte… – Cominciò. – Volevamo dirti che non vogliamo essere troppo invadenti. È bellissimo vivere con voi, ma forse preferite farvi la vacanza in santa pace. Già hai due pazienti tedeschi…
– Dai Pierre, smettila. – Risposi. – Ieri abbiamo fatto un sacco di cose per cui possiamo considerarci più che amici. Intimi amici. Voglio dire che non sarete mai invadenti. Siete sempre invitati tutti, anzi potete tranquillamente essere voi a evitare che ci si annoi.
– No, Marco, noi stiamo con te. Basta che ci garantisci che se siamo di troppo ce lo dici.
– Affare fatto.
– Allora perché non ci dividiamo i compiti?
– Io metto la barca… – Dissi.
– Noi mettiamo la cucina… – Disse Pierre.
Poi guardammo Helmut e Carola. Tradussi quello che ci eravamo detto.
– Se noi mettiamo i soldi, – disse Helmut, facendo vedere che non erano ancora pronti per lavorare. – Cioè facciamo noi la spesa. Vi potrebbe star bene?
– Fantastico! – Dissi.
– Excellent! – Gridò Pierre quando gli tradussi la risposta.
– E la sera chiaviamo tutti come facoceri – aggiunsi in italiano, – così come ci passa per la testa di farlo. OK?
Mi capì solo mia moglie, ma tutti dissero di sì.
Verso le 11 stavamo veleggiando verso l’Isola Rossa. Io a poppa con il timone in mano, ai fianchi la coppia di tedeschi, mentre Pierre, Brigitte e mia moglie stavano a prua di pancia. I loro culi erano oferti alla nostra vista. Il fiocco era gonfio e la randa pregna, così i tre potevano chiacchierare, godersi la brezza e fantasticare.
Io mi godevo il contatto a pelle di Carola a sinistra e Helmut a destra.
– Vi è piaciuto ieri? – Domandai.
– Non ero mai stato con un uomo e una donna, – disse Helmut.
– E come ti è sembrato?
– Mi sembrava di essere di troppo…
– Dovevi buttarti! – Gli dissi, ma forse non era sicuro se poteva dire di essersi divertito con mia moglie. – Io mi sono goduto sia Brigitte che Carola. Sono venuto con entrambe.
– Io no, – ammise. – Però…
– Però?
– Volevamo dirti una cosa, – intervenne Carola. – Ieri io sono quasi venuta quando ti ho visto sodomizzare Brigitte.
Rimasi ad ascoltare.
– Era come se stessi sodomizzando me. Il piacere di vederti penetrare il culo di una donna mi ha fatto impazzire…
– E come te lo spieghi?
– È il mio modo di amarti…
– Come?
– Aspetta, questa è una premessa. Quello che volevamo dirti è che io e Helmut sogniamo di essere nuovamente sodomizzati da te. Con qualsiasi cosa.
Sentii un certo calore scendere all’inguine.
– Cioè, ne avete bisogno o… voglia?
– Voglia.
– Non male… E potrei fare qualcosa di più?
– È per divertirci… – Ripetè. – puoi proprio fare quello che vuoi.
– Cioè, potrei fare quello che voglio?
– Più o meno… Sì…
– Cioè io potrei fare il moroso di tutti due?
– Beh, hmm, sì…
– Lo sapete meglio di me che la cosa mi intriga da morire, ma non sono mai andato oltre. Mi piacerebbe proprio fare quello che mi passa per la testa.
Vidi che Helmut si stava intrigando notevolmente. Come me.
– L’esperienza del clistere ci ha presi da morire. – Disse Carola. – Sapevo che piaceva a lui, e io per il suo piacere farei di tutto. Quando il medico ce l’ha prescritto siamo arrivati a pensare che l’incidente dei ricci fosse stata la più bella opportunità della nostra vita…
– È stato bellissimo anche per me, – ammisi. – Non capita spesso e… E l’idea di farvelo perché piace a tutti tre mi lascia senza fiato!
– Puoi farci quello che vuoi. – Disse Helmut. – Abbiamo l’impressione che quel che piace a te piaccia anche a noi.
– Sempre che a tua moglie non dia fastidio, – aggiunse Carola.
– Fareste di tutto? – Domandai. – Proprio di tutto come se foste due donne?
Si guardarono sorridendo, poi si rivolsero a me.
– Sì!
Quando gettai l’ancora all’Isola Rossa, Pierre, Brigitte e Luisa si gettarono in acqua prima ancora che l’ancora si assestasse. Faceva caldo. Appena in acqua, giocarono come bambini in spiaggia, anche se l’acqua era profonda.
– Siete bravi subacquei? – Chiesi in francese.
– Oui.
– Perché non fate sesso sott’acqua?
Brigitte prese al volo l’occasione e si immerse per andare a prendere in bocca il pene di suo marito. E lui si lasciò andare, finendo sotto col viso. Ogni tanto veniva fuori sbuffando come un capodoglio, ma sua moglie teneva duro. Poi vennero fuori prendendo il fiato.
– Wow…! – Disse mia moglie. – Adesso provo io.
E si immerse anche lei. Lui reagì nella stessa maniera, tenendo le mani giù, come se volesse guidare il viso di Luisa. Noi tre a bordo li guardavamo come se fossimo al cinema.
– Ragazzi, – domandai in tedesco. – Siete subacquei anche voi?
Annuirono vistosamente.
Dopo una decina di minuti in cui continuavano a giocare, i tre salirono a bordo. Allora scendemmo in acqua io Helmut e Carola. Incantonai Carola alla barca e mi tenni sul bordo. Carola mi abbracciò e portò le gambe attorno alla mia vita. Poi scivolò fino a portarsi al cazzo, quindi se lo infilò, complice l’acqua che faceva un fantastico lavoro in tutti i sensi. Non pesavamo: fluttuavamo, scivolavamo, sbattevamo, il tutto come se fossimo in assenza di gravità. Trovai la cosa fantastica, perché il contatto del suo corpo in acqua mi faceva sentire in piena libertà, come se il mondo fosse lontano anni luce.
Poi Helmut si immerse e venne a mordermi il culo, accarezzandomi nella fessura. Non me l’aspettavo proprio ma mi lasciai andare. L’unico mio sforzo era quello di tenermi al bordo della barca, il resto lo facevano loro.
Poi lasciai la barca e mi immersi. I due mi seguirono e giocammo per qualche decina di secondi sotto acqua. A turno me lo presero per qualche istante, facendoselo scivolare in bocca.
Poi riemergemmo e salimmo a bordo. Io e Helmut avevamo ancora mezza erezione, che presto svanì, come agnello che pasce pel verde (D’Annunzio).
– Pensa, – dissi a mia moglie. – I nostri colleghi insegnanti, invece di essere qui come noi, passano l’estate consultando testi critici del Manzoni…
– I miei sì, – rispose ironica. – I tuoi la passano facendo studi comparati tra Schiller e Göthe.
Dopo il bagno all’isola Rossa, facemmo lo spuntino. Poi, al ritorno, Pierre si sedette al mio fianco mentre tenevo il timone.
– Posso chiederti un cosa? – Disse.
– Sempre.
– Ho l’impressione che le coppie si siano formate, – iniziò.
– I triangoli, vuoi dire…He he
– Esatto. Io e mia moglie stiamo bene con la tua, tu stai bene con i due tedeschi.
– Vero, – confermai. – Ma io sto bene anche con la tua. E comunque la donna che mi importa di più resta mia moglie. La sera quando dormiamo insieme scopiamo come ricci anche se abbiamo appena scopato con altri, come se non avessimo fatto sesso da mesi.
– Questo vale anche per me. E anche tu sei l’uomo che importa di più a tua moglie, – precisò. – Ce l’ha detto lei. Però, mi stavo domandando…
– Dimmi.
– Perché non facciamo un sodalizio?
– Un sodalizio?
– Un accordo tra gentiluomini… Tra amici.
– Spiegati meglio.
– Ci troviamo bene in questi due triangoli e devo dirti che è una cosa più unica che rara. Già è difficile farne uno…
– Sono d’accordo. Ma cosa hai per la testa?
– Pensavamo di poterci incontrare sempre, almeno una volta all’anno. Che ne pensi?
Ci pensai.
– Vuoi dire che noi sei potremmo trovarci tutti gli anni in vacanza?
– Proprio così. Che ne dici?
– Dico che potremmo trovarci insieme anche più volte all’anno…
– Cioè?
– Direi che, per esempio, alle vacanze di Natale potremmo trovarci tutti a casa nostra a Verona. Poi, d’estate, decidiamo insieme tutti sei dove andare.
– A casa tua? – Commentò, – Hai tre camere da letto?
– No, ne abbiano due, ma i letti sono grandi…
– Messaggio afferrato. Però noi a Natale dobbiamo lavorare… Perché non venite voi a Parigi da me?
– Parigi val bene una messa… – Risposi, – Hai due stanze?
– Ne ho tre… – Precisò. – Interscambiabili.
– Sentiamo cosa dicono gli altri.
9.
In realtà non restammo arroccati sui due triangoli preferiti, perché volevamo scambiarci tutte le esperienze possibili. Quindi, mi trovai anche a scopare sia con mia moglie e Brigitte, che con mia moglie e Carola, con Brigitte e Pierre, con mia moglie e Pierre, con Pierre e Carola.
E la complicità di mia moglie si rivelò fantastica anche nella creatività. Cosa che un mese prima non avrei neanche mai pensato.
Helmut era più passivo che attivo, ma Pierre pareggiava i conti. Pierre amava inculare mia moglie e io amavo inculare la sua. A dir la verità, ci piaceva inculare tutti…
E infatti una volta si inculò il “mio” Helmut. E Carola amava le attenzioni che dedicavamo a suo marito. Era felice a vederlo contento. Eravamo proprio dei triangoli indovinati e affiatati.
Quando passavamo le serate in tutta serenità, cioè senza fare cose particolarmente attive, finiva così: io, Pierre e Brigitte stavamo sdraiati comodamente pancia in su sui materassini piegati, mentre Carola mi succhiava il cazzo, mia moglie succhiava quello di Pierre e Helmut leccava la figa di Brigitte. E Brigitte aveva un culo così bello, che più di una volta glielo leccai. Ne andava fiera, ma soprattutto matta. E poi la inculavo, ne andavo matto. E amava anche questo da me, ché ce l’avevo leggermente più grosso di suo marito.
Una sera decidemmo di fare nuovamente il teatrino. Non più il semplice spogliarello della prima volta, ma la scopata davanti agli altri, fra l’altro armati di macchina fotografica. Ovviamente sapevamo che le foto sarebbero dovute rimanere esclusivamente nei nostri computer.
Il bello delle scopate fatte come spettacolo davanti agli obiettivi dei nostri amici stava nella teatralità che volevamo dare all’azione. In pratica esasperavamo le mosse e le reazioni. E fu una grande esperienza, perché per riuscire i migliori sfoderavamo ogni spunto.
Una volta restai in piedi a gambe allargate con Helmut che in ginocchio mi leccava i coglioni e Carola il buco del culo.
In un’altra io e Pierre abbiamo fatto in contemporanea il clistere alla coppia di tedeschi, mentre le nostre mogli ci riprendevano. Pierre non l’aveva mai fatto ma lo trovò sublime… anche perché avevo dovuto lasciargli Carola.
Con calma, lungo la vacanza, la sera guardavamo quelle foto scattate e le commentammo eccitandoci come ragazzini e progettando altri giochi.
Sì, ci eravamo trovati e decidemmo di consolidare la nostra amicizia scambiandoci gli inviti e i programmi di vacanza sia a casa che al mare.
A Natale saremmo andati a Parigi, a Pasqua saremmo andati in Baviera, a Pentecoste (festa dei tedeschi) sarebbero venuti tutti a casa nostra, il periodo migliore per la vacanza sul Garda. L’estate ci saremmo trovati al campeggio in Croazia, tanto vero che Pierre valutò di lasciare la roulotte in rimessaggio a Rovigno.
Pierre lanciò la proposta di ospitare mia moglie a Parigi da sola mentre io andavo a casa dei tedeschi, ma mia moglie rifiutò. E anche a me non stava bene. Io amo mia moglie. E anche loro convennero che era contrario all’equilibrio che si era formato.
Quando ci lasciarono, noi avevamo ancora un mese di vacanza. Ma restare lì ci fece venire il magone. Tutti sei, quando ci eravamo incontrati, eravamo quasi stufi di scopare col proprio partner, senza per questo volerlo tradire. E l’avventura passata ci aiutò a superare l’impasse.
– Cos’è che ti è piaciuto di più di questa imprevedibile avventura? – Mi chiese mia moglie a cena in un ristorante di Rovigno.
– Te. – Risposi senza esitazione.
Sorrise.
– Ti ringrazio. Anche io amo te. Ma cosa ti è piaciuto di più?
– Le lingue di Carola e Helmut. Entrambi mi hanno leccato i coglioni mentre inculavo l’altro.
– Anche Pierre impazziva mentre glieli leccavamo io o Brigitte.
– Ti piaceva davvero farlo?
– Sì, te l’ho detto che mi piace leccare, lasciami usare un linguaggio appropriato, il buco del culo. E a vedere i coglioni appena sotto con il cazzo infilato, era più forte di me.
– E cosa ti è mancato di più?
– Ti verrà da ridere, ma avrei voluto leccarti i coglioni mentre mi inculavi…
– E come potevi fare? Ha ha!
– Non potevo farlo, è chiaro, ma mi è mancato lo stesso.
– Messaggio ricevuto.
La vera coppia eravamo io e lei.
Quando io e mia moglie tornammo a Verona, gli amici di casa ci accolsero con la solita educazione. Eravamo sempre la coppia integerrima che non avrebbe sforato di una virgola i doveri di fedeltà di coppia.
Il nostro segreto non lo avremmo mai svelato a nessuno, ma avevamo trovato il modo di amarci per tutta la vita.
Fine
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