“L’automobilista tamponato, il più agitato di tutti, si avvicinò a noi inveendo e sbraitando, e per sostenere le sue ragioni infilò la testa nel finestrino…”
La visione in diretta del vorace pompino di mia moglie al cazzo
di Oscar mi aveva sconvolto.
E quella notte non fu una buona notte, fu terribile. Immagini, parole, pensieri, sensazioni, emozioni vissute durante il tradimento a sangue freddo mulinavano nella mente e frullavano il cervello lasciandomi profonde ferite: stavo impazzendo.
Possibile, mi chiedevo rivoltandomi nel letto che non abbia mai percepito quella doppia personalità di Katia? E dove cazzo aveva imparato a succhiare il cazzo in quel modo, come una professionista da film porno? E con chi, e dove e quando si esercitava nella troiaggine e in quali altre pratiche era maestra? e perchè ho continuato a guardarla fino all’atto finale dell’ingoio? Mi cadeva il mondo addosso ma non avevo risposte! Non mi capacitavo, non riuscivo a dare nessun ordine ai miei pensieri: qual’era la cosa più importante successa quella sera? Mia moglie che fa la troia con Oscar; mia moglie che è una troia punto e basta; io che godo guardando mia moglie fare la troia?
Mi salvò il fermo immagine del finale del pompino di mia moglie, un’immagine di una potenza esplosiva, tanto esplosiva che al solo ricordo esplosi sperma sul ventre. la bocca di mia moglie associata al cazzo di un altro mi aveva prodotto una grande e salutare sborrata, senza toccarmi! Il mio ventre bagnato di sborra era la risposta ad ogni mio interrogativo… era chiaro, mi era piaciuto vedere mia moglie trastullarsi con il cazzo di Oscar e deglutirne tutto l’umore voluttuosamente. L’ansia e lo stato confusionale si placarono.
Calmatomi ragionavo a freddo per indagare sull’oscura personalità di Katia, appena rivelatami. Dovevo ripercorrere la nostra vita in comune e fissare un periodo, una data o qualcosa da cui cominciare. Fu facile, in realtà, trovare un punto d’inizio: circa due anni fa la più piccola delle nostre figlie compiuti 15 anni acquisì piena autonomia per tutte le sue cose quotidiane senza più dipendere da noi e mia moglie mi disse: “Adesso basta! voglio riprendermi la mia vita, non voglio invecchiare sepolta viva in casa, voglio i miei spazi, i miei interessi. Voglio riprendermi il tempo perduto. Sei d’accordo?”.
Fui d’accordo e come non avrei potuto esserlo ed insieme esplorammo le soluzione alla sua voglia di vivere a pieno. Palestra, magari anche con corsi di yoga, pratica del computer le suggerii io, lei aggiunse scuola di ballo, latinoamericano ovviamente, oltre shopping in una grande centro commerciale che era il suo preferito ed altro. Era normale che lei dedicasse più tempo a se stessa, facendo cose che le piacessero. Era molto cambiata nei comportamenti e nel modo di fare con il suo abbigliamento sempre seducente, esuberante, provocante, decisamente sexy sempre e comunque in casa e fuori.
Con calma, la notte era lunga, i ricordi riaffioravano alla luce, erano la traccia per ricostruire la sua trasformazione, definire la mappa dei possibili luoghi in cui aveva agito e gli identikit di chi aveva interagito con lei, capire perchè non mi fossi mai reso conto che diventava un’altra. Dalla rilettura ne scaturì un indice mentale di situazioni, indizi, episodi e sensazioni.
Un episodio concentrò i miei ricordi, era la chiave per capire tutto ciò che era successo prima di quella notte e mi illuminò.
Era stato un episodio crudo, capitatoci una sera di settembre, così sconvolgente che lo avevamo rimosso non parlandone mai più. Se lei lo aveva rimosso, o almeno fingeva di farlo, quell’episodio era stato molto doloroso per me, come un trauma psichico che mi ritornava spesso in sogno come una specie di incubo ricorrente angosciante. L’episodio è il seguente o meglio quello che segue è quello che ho sempre ricordato.
A causa delle sue gonne corte Katia aveva assunto una maggiore libertà quando si sedeva oppure quando saliva e scendeva dall’auto, senza troppo soffermarsi sull’apertura delle gambe o sui centimetri di coscia che scopriva alla vista dei passanti. Il gioco delle sue gambe sulle sedie attirava in primo luogo me, che ero il principale guardone delle gambe scosciate di mia moglie. E questo mio piacere, annullava solo a mio avviso però, il piacere che provavano anche gli altri uomini. Quella sera di settembre procedevamo con la sua Cinquecento, io alla guida, su un vialone, e lei sedeva al fianco, seduta come al solito mostrando le sue autoreggenti in tutta la sua lunghezza e evidenziate anche dalla gamba destra più sollevata dell’altra, le gambe erano divaricate e il suo perizoma in bella mostra. Guidavo e la guardavo, mi piaceva, se fosse stato possibile l’avrei scopata di brutto, anche se non mancavo di riprenderla per la sua posizione per così dire alquanto sconcia: “Sei il solito, chi vuoi che mi guardi oltre a te, e poi ha giudicare dai tuoi pantaloni è chiaro che non ti dispiace!! Pensa a guidare piuttosto!!” Era chiaro che non mi dispiaceva affatto, ero in evidente eccitazione. Distratto dalle sue cosce non evitai un già avvenuto tamponamento con conseguente ingorgo. Una piccola cosa ma che aveva già prodotto una manfrina indescrivibile, urla e parolacce a non finire. Per evitare di restarne coinvolto riuscii a passare nel contro viale, più tranquillo e meno illuminato per risolvere lì i problemi assicurativi. L’automobilista tamponato, il più agitato di tutti, si avvicinò a noi inveendo e sbraitando, e per sostenere le sue ragioni infilò la testa nel finestrino dalla parte di Katia investendoci con le sue urla e parolacce ma anche tenendo ben d’occhio le sue gambe.
Katia restò tranquilla mantenendo la stessa posizione e la trama a rettangolini di varie sfumature delle sue autoreggenti era risaltata dai giochi di luce dei lampioni. Anche il perizoma nero velato faceva la sua bella figura agli occhi dell’energumeno, come pure il suo seno libero che quasi le fuoriusciva dalla camicia sbottonata fin giù all’ombelico.
Mi lanciò furente il suo biglietto da visita urlando: “Tu sei solo un gran cornuto con questa mignottona di moglie!!” e a questo punto avvenne tutto così all’improvviso che per lo stupore nessuno di noi due riuscì a reagire a dovere e in tempo utile. Quell’ossesso placato lo sfogo verbale si dette ad un altro sfogo e con estrema rapidità posò la sua mano destra sul ginocchio di Katia facendo scorrere la mano sull’interno coscia fino a posarla aperta sulla figa custodita nella trasparenza del perizoma, tastandola ripetutamente con volgare insistenza mentre l’altra sua mano agguantava la zizza sinistra di Katia, la metteva a nudo tastandola e poi dopo aver provato a baciarla in bocca le succhiò fulmineamente il capezzolo per qualche frazione di secondo. Katia reagì allontanando la mano dalla figa e staccandosi la testa dal seno per poi allontanarlo spingendolo per il bacino mentre l’individuo le strattonava la testa. Accompagnandosi con un “ohhh!” che le uscì dalla bocca come per dire: “Che cazzo fai stronzo, leva la tua manaccia! vaffanculo!!”.
Al culmine della situazione avvertii un malore da cui mi ripresi quando Katia mi disse:
“Tranquillo è andato via, l’ho cacciato via! Dammi il suo biglietto, lo chiamo io, tu ti agiti troppo risolvo io la questione, andiamocene!”
Questo è quanto ho sempre ricordato di quel giorno che ci lasciò traumatizzati, al punto che come detto non ne parlammo più, lo avevamo semplicemente rimosso. Io però lo ricordavo spesso, provando una strana sensazione di senso di colpa e di rimorso per non aver reagito e sentivo anche qualcos’altro che non riuscivo a spiegarmi come se quell’episodio avesse prodotto in me un senso di complicità e di piacevole coinvolgimento. Tutto strano e confuso.
Ora era arrivato il momento di illuminare definitivamente quella scena. Quella, poi, era stata l’unica occasione, prima di Oscar, che avevo visto qualcuno usare il corpo di mia moglie e la nostra mancata reazione non poteva essere giustificata dalla rapidità del gesto, poichè, e ne ero sempre stato convinto, solo l’inizio fu fulmineo ma il resto durò un tempo imprecisato ma non misurabile in secondi. Quel trauma, ora che ne avevo vissuto un altro identico, doveva essere elaborato per superarlo definitivamente. Il tempo lo avevo, l’opportunità pure, così decisi di farmi una sorta di autoipnosi analitica che ricostruisse quel momento in tutti i suoi dettagli per restituire alla mia memoria ed alla mia coscienza l’interezza delle cose accadute. Fatto questo, pensai, avrei trovato risposte a tutti i miei dubbi!
Feci riemergere quel ricordo dalla mia memoria remota per sezionarlo quasi al rallenti, cercando di fissare l’attenzione su ogni piccolo dettaglio che lo stato di quasi ipnosi mi permetteva di vedere.
La rivisitazione dell’accaduto riprese dal momento in cui la mano dell’energumeno si era posata sul ginocchio di Katia. In realtà come riuscivo a ricordare distintamente ora, quella mano si era posata sulla caviglia.
Quell’uomo fissava Katia negli occhi mentre la definiva “mignottona” e le mostrava la lingua serpentina, io guardavo Katia e lei fissava lui. La mano risalì la gamba, avvolse il ginocchio e discese lungo l’interno coscia con sapienti e dosati palpeggiamenti e mentre scendeva Katia allargava le sue cosce fino a spalancarle. Quando la mano del porco le schiacciò la figa con il palmo Katia scattò in avanti e la sua bocca si apriva a mostrare tutta la sua sorpresa, le uscì un “ooooh!!” che stava per: “Ohh però, hai fatto bene a provarci. su coraggio dacci sotto!”.
Le sue cosce si erano intanto serrate stringendo quella mano violentatrice. L’altra mano le aveva avvolto il seno sinistro scoprendolo tutto dopo aver fatto saltare l’ultimo bottone della camicia, completamente aperta e lo palpeggiava sotto i miei occhi allibiti: ”Che belle bocce che c’ha ‘sta zoccola!”. In silenzio vedevo le dita strizzare il capezzolo fattosi turgido. La testa dell’uomo si dirigeva verso quella di Katia e la sua lingua oscena e volgare penetrò nella bocca, che l’accolse senza ritegno avvolta dalle labbra umide. Quell’uomo stava usando mia moglie ed io continuavo a guardare, paralizzato inebetito e impotente mentre sentivo un turbamento nelle viscere che mi fece crescere l’erezione. Mentre la lingua spompinava la bocca, la mano del porco prese a tastare volgarmente la figa e la mano di Katia le si posò sopra, non per respingerla ma per accompagnarla nel gesto. Staccatosi dalle labbra di lei la bocca dell’uomo risucchiò con avidità il capezzolo. Le dita dell’uomo afferrarono l’elastico del perizoma e con uno strattone glielo strapparono via gettandomelo in faccia, dove si posò e restò a mò di velo, attraverso il quale come un filtro inebriante continuai passivamente a seguire l’evoluzione dei fatti. Strappatole di dosso il perizoma la mano dell’uomo si avventò nuovamente sulla figa di lei generosamente offerta dalle cosce spalancatesi libidinosamente, l’avvolsero con decisione mentre le dita la penetravano. Katia accavallò la coscia serrando in una morsa la mano che la stimolava eccitandola.
“Una figa che merita una bella ripassata!”
disse quel porco mentre ritirò la mano dalla figa forzando la stretta delle cosce riluttanti a dischiudersi. La mano risalì l’interno coscia fino al ginocchio e si staccò accompagnata dalla sua, di lei. L’uomo si sollevò all’esterno lasciando in vista il cazzo nerboruto su cui posò la mano della mia donna. Guardavo sempre più eccitato la mano di lei che si avvolgeva a quel palo stringendolo. Mentre Katia segava il cazzo, la sua testa fu afferrata dalle mani dell’energumeno e attratta verso il finestrino, verso quel cazzo proteso che fu oscurato alla mia vista dalla testa e dai suoi capelli scossi e turbinanti. Inconfondibile il gesto delle mani che spingevano in avanti e dietro la testa di mia moglie per un tempo indefinito e interminabile, durante il quale giunsi al limite dell’orgasmo. Si fermarono schiacciando contro il ventre la testa bionda che sussultò ripetutamente mentre il maiale gemeva:
”oooh Sì succhiati pure l’anima!”.
La testa di mia moglie si abbandonò sul sedile mentre con la lingua densa di sperma biancastro si leccava le labbra, la mano stringeva ancora il cazzo che le aveva sborrato dentro e che si riavvicinò al viso per schizzarle le ultime gocce di sperma ed io mi schizzavo negli slip come un maiale pervertito mentre vedevo e sentivo Katia a bocca aperta con gemiti osceni ingoiarsi a più riprese la sborra di quel maiale. L’ultimo fotogramma è il cazzo dell’uomo che svanisce dal finestrino e dalla mano di Katia che fino all’ultimo istante lo ha stretto.
A quel punto, come un verme, finsi di aver avuto un malore fingendomi accasciato sul sedile.
E Katia, che non so quale giustificazione avrebbe potuto trovare per giustificare il suo comportamento da zoccola, vedendomi in quello stato si riprese dall’angoscia di dovermi affrontare e con rapidità recuperò il perizoma dal mio viso e se lo sistemò fra le cosce.
“Stefano! Dai Stefano che ti succede?”
Cominciò a gridarmi presa dallo spavento scuotendomi, simulai una ripresa della conoscenza scusandomi, miseramente:
”scusami, ti ho lasciato sola con quell’energumeno, scusami non se che mi ha preso! cosa è successo?” “Niente – rispose la falsa – non è successo niente, l’ho mandato via. Lo chiamerò io, sistemerò tutto io, tu ti riscaldi troppo!” e si prese il biglietto da visita. Ritornammo a casa dove veramente, somatizzando l’accaduto, accusai un malore e la perdita di coscienza. Dopo qualche settimana l’auto fu riparata.
Ora che avevo rielaborato il trauma e me ne ero liberato in un lago di sudore e in un altro fiume di sborra nel pigiama potevo fare i conti con la nuova realtà. Non avevo più niente da ricercare: mi era piaciuto e mi piaceva vedere mia moglie fare sesso con altri uomini. Punto e basta! Se mai restavano irrisolte due questioni: se mi avrebbe coinvolto direttamente e quando avrei rivisto lei alle prese con il cazzo di qualcun altro!!!
Sfinito, crollai in un sonno profondo.
P.S. Seppi, molto tempo dopo, il costo della riparazione dalla diretta voce di mia moglie, quando l’uno sapeva dell’altra e viceversa.
Katia portò la macchina dall’energumeno che faceva il carrozziere il quale, nell’officina, senza preamboli le strappò il perizoma coricandola sul cofano della Cinquecento a faccia in giù, poi le affondò il cazzo nel culo, inculandosela furiosamente e riempiendola di sperma poì estrasse il suo arnese dal culo di lei e quando cominciò a fuoriuscirne il liquido le riaffondò di nuovo il cazzo per una seconda inculata, tutto senza parole. Alla consegna della macchina il trattamento al culo di Katia fu ripetuto. Poi non si videro più anche se lui continuava a mandarle sms in cui scriveva:” Ho nostalgia delle lunghe sgroppate fra le tue chiappe burrose. Chiamami!!”
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