““Guarda che, oltre a vedere, puoi anche toccare, se vuoi” dice ridendo…”
Corna in diretta telefonica
Mi chiamo Giorgio e sono uno studente
universitario di 20 anni, vivo in una città di mare e, dunque, in spiaggia sono di casa, ci vado anche in primavera. Era una giornata di giugno un pò strana: tirava vento e il sole non si decideva a riscaldare la sabbia. Forse anche per quello in spiaggia non c’era tanta gente.
Annoiato, viso che di gnocche non se ne vedono, mi sto incamminando sulla strada del ritorno a casa, quando, proprio all’imbocco del viottolo che porta alla spiaggia, mi imbatto nella signora Gianna che, con un borsone e un telone, si dirigeva verso gli ombrelloni abbandonati.
La signora Gianna è una amica di mia madre, nonché nostra vicina di casa; ha la stessa età di mamma, 48 anni, una corporatura vistosa, con rotondità assai appetitose, ed un’aria da porcona impenitente. Io l’ho sempre trovata molto arrapante e difatti, quando era seduta in salotto con mia madre, ho sempre cercato di sbirciare tra le sue cosce e dentro la generosa scollatura. Non ho bisogno di precisare che non si contano le seghe che mi sono tirato pensando a lei.
Appena la vedo, mi offro di aiutarla a portare la borsa, lei mi sorride e mi ha ringrazia. Arrivati agli ombrelloni in seconda fila, ci accomodiamo sotto il suo, ove apro le due sdraio. Intorno non c’è nessuno, perché, come ho detto, la giornata non è bellissima.
“Visto che non c’è nessuno, approfitto per mettermi più in libertà . Non credo che ti scandalizzi se mi tolgo il reggiseno?”.
“Niente affatto… anzi, se vuoi essere ancora più libera, me ne vado…”.
“No no, invece è meglio che resti, così se arriva qualcuno mi avvisi per tempo”.
Col cuore che comincia a sussultare e con il cazzo che comincia ad agitarsi, assisto all’inattesa esibizione delle tettone di Gianna: un seno ben tornito e sodo, che sfidava l’età , con due bei capezzoloni scuri e irti.
Alla signora non poteva sfuggire il mio stato di disagio e di inquietitudine, anzi la porca comincia subito a fissare con insistenza il gonfiore dei miei pantaloncini.
“Vedo che ti piace guardarmi, Giorgino” mi dice all’improvviso.
“Beh, che vuole signora, è un bel vedere!” le rispondo con una battuta galante.
“Guarda che, oltre a vedere, puoi anche toccare, se vuoi” dice ridendo.
Un’avance così certo non me l’aspettavo e per qualche secondo resto imbambolato. Poi, vedendo che lei continua a sorridere maliziosamente e si accarezza voluttuosamente quelle belle mammelle, mi avvicino di più a quel corpo steso al sole e lascio partire le mie mani che prima le sfiorano, poi le palpeggiano con una certa disinvoltura.
Ma all’improvviso Gianna interrompe quel bell’esercizio e, cambiando repentinamente discorso, mi dice:
“Ti dispiace riaccompagnarmi a casa? Qui tira troppo vento, ho paura che potrebbe farmi male”.
Resto bloccato da quell’improvviso stop, un po’ contrariato faccio buon viso a cattivo gioco e l’aiuto a raccogliere la borsa e il telo, ruminando in testa i peggiori improperi contro quella zoccola che si era divertita a farmi arrapare.
Arrivati a casa, Gianna m’invita ad entrare per prendere una bibita fresca, ma appena chiusa la porta me la rivedo dinanzi a me senza reggiseno.
“Direi di riprendere dove eravamo rimasti. Qui nessuno potrà infastidirci”.
Ora capisco la sua fretta di rientrare. Mi prende le due mani e le poggia su quegli splendidi meloni seni, non ci metto molto ad attaccarmi ai suoi capezzoli turgidi ed appuntiti ed a succhiarli, mordicchiarli.
Le mie mani cominciano intanto a scendere lungo il corpo, fino all’inguine. Infilo due dita dentro il tanga e mi accorgo che la figa è già tutta bagnata. Lei mi tira giù i pantaloncini, si abbassa e mi prende immediatamente il cazzo in bocca.
Mi spompina alla grande per qualche minuto, poi mi trascina in salotto dove si toglie di dosso il tanga e, distendendosi sul divano, apre le sue coscione carnose e si infila da sola il mio arnese già bello inalberato.
Me la immaginavo una porca, ma non pensavo che fosse un’ossessa. Ansima, si dimena, biascica cose incomprensibili; poi comincia a gridare più forte fino a venire con spasmi di tutto il corpo. I suoi sussulti mi travolgono e in un baleno vengo anch’io, innaffiandole di sperma il triangolo pubico peloso.
Rimaniamo a lungo abbracciati e a sbaciucchiarci. Vedo i suoi occhi torbidi di piacere. Prende dalla borsa che era lì per terra un tubetto di crema e mi dice:
“Sai che devi fare ora?”
Trasalisco ma annuisco. Mi si gira a pancia in giù e mi offre il suo bellissimo culone. Mi piego in avanti, infilo la punta della lingua tra le rugosità dello sfintere, la lubrifico con la crema e indirizzo il cazzo verso l’ano di Gianna, la quale, proprio mentre sto per introdurglielo prende il telefonino e fa una chiamata.
Mi fermo perplesso, ma lei si gira appena e mi fa segno di andare avanti e di ascoltare.
“Pronto amore, come stai? Ah sapessi quanto mi manchi! Mi sento sola. Ho una voglia che non ce la faccio a resistere. Non vedo l’ora che ritorni. La mia figa è in ebollizione. Ma guarda, lo voglio anche nel culo”
La telefonata scorre, la porca sta parlando col marito, io ho cominciato a pomparla nel culo e quella conversazione moltiplica la mia eccitazione.
“Ah, amore sì, sono tutta eccitata. Sì, mi sono messa qui sul divano con le cosce tutte aperte e con due dita infilate nella figa. Ma perché non ti metti comodo anche tu che mi fai compagnia? Sì dà i, apriti i pantaloni e tiralo fuori. E’ duro, vero? Dà i spingi, infilamelo tutto… dà i, la figa già mi sta sbrodolando ma io lo voglio nel culo sì, in culo me lo devi ficcare”
Che porca! Gianna parla al telefono col marito e gli tira una sega a distanza, intanto agita come una indemoniata le sue chiappone risucchiando il mio cazzo in fondo allo sfintere. Parla col marito, ma quello che dice è proprio quello che le sto facendo io.
“Ancora, di più, spingi più forte, più in fondo così, sì così. Dà i che bello! dà i mi devi sfondare con la tua mazza … sì dà i, spaccami tutta. Inculami, Amore, ti prego non smettere, fottimi, inondami di sperma sì, vienimi nel culo, spingi ancora. Così, così. Co …sìììì.”
Trainati dalla furia scatenata della voluttà di Gianna, credo siamo venuti nello stesso istante sia io, che la pistonavo di dietro, sia il marito che se lo tirava nel suo ufficio. Recitando perfettamente le veci del marito, le ho sborrato dentro il buco del culo. La sento pienamente soddisfatta mentre chiude la telefonata:
“Aaaah, proprio non ce la facevo… grazie, amore, sei stato grande. L’ho sentito dentro il mio culo come se tu fossi qui. Ma stasera lo voglio dal vivo!”.
Un’esperienza così era per me inimmaginabile, una chiavata davvero indimenticabile. Non faccio a tempo a rendermene conto, a quel punto Gianna si rigira, si mette la mano tra le cosce, raccoglie con le dita un po’ dello sperma che cola dalle chiappe e se le lecca. Poi mi dice con quegli occhi da porca:
“Sapessi quanto mi è piaciuto mettergli le corna in diretta a quello stronzo di mio marito! Se ne è scopato di puttanelle da quattro soldi!
Non immagine nemmeno che la moglie gli rende pan per focaccia!”.
Poi, rivolto a me:
“A proposito di puttane, tu quanto pagheresti per una scopata come questa?”.
Le rispondo sorridendo:
“Guarda, non ho tanti soldi per darti quello che meriti ma credo che una chiavata così non abbia prezzo!”.
Sorride divertita, mia abbraccia voluttuosamente e mi bacia lascivamente, poi conclude:
“Va bene, oggi è una giornata fortunata e te la do gratis”
Mi alzo, mi rimetto i pantaloncini e la t-shirt e, prima di uscire di casa, le chiedo:
“Ma stasera, poi, continui davvero la chiavata con tuo marito?”
Mi risponde maliziosamente:
“Mica sarai geloso?”
Le rispondo con un po’ di civetteria:
“E se fosse così?”
Sorride contenta, inorgoglita:
“Ora vai, ne riparliamo domani”
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