“Sentivo pulsarmi la testa e non riuscivo a pensare…”
Amore proibito
La mia è la classica vita del giovane
contadino. Ti alzi presto la mattina presto, fai una colazione sostanziosa, poi vai nei campi e cominci a faticare, e non la smetti sino a quando il sole non cala dietro l’orizzonte. Solo la pausa pranzo, diciamo così, e cioè la scodella precotta di frittata e peperoni e mezza fiaschetta di vino, poco dopo mezzogiorno, nel silenzio assoluto della campagna. Di inverno, quando i campi devono essere arati e il terreno è ghiacciato, è davvero dura.
Una vita da cani. Più di una volta ho pensato di mollare tutto e andarmene in città, a fare il muratore o qualcos’altro; ma ci ho sempre ripensato e, soprattutto quando torna la bella stagione, quando il sole incomincia a scaldare, le giornate si allungano e inizia a rifiorire la vita, mi convinco che in nessun posto potrei stare meglio di qui. E’ vero che passi le giornate da solo, ma i campi lussureggianti e il concerto degli uccelli che ti allieta tutto il giorno ti regalano una pace celestiale, altro che lo stress infernale della città!.
Questo è il mio mondo; mi chiamo Francesco, ho 26 anni. Vivo in un casolare nella campagna umbra con i miei genitori, mio fratello Marco, la mia sorella minore Flavia, e Tom, il mio pastore tedesco.
E’ una mattina di maggio; mi alzo presto come di consueto e vado in bagno. Dopo essermi rasato vado in cucina a fare colazione; fuori sta albeggiando. Penso già che, tra qualche giorno, arriva la domenica e mi aspetta la festa di paese. Sicuramente farò tardi con gli amici, ci metteremo a bere, a rimorchiare qualche ragazza.
A me, per la verità, non dispiacciono neppure i ragazzi, ma da noi è rischioso uscire allo scoperto su queste cose, e così da quando ho raggiunto la pubertà sono sempre andato con ragazze. Anche se il piacere maggiore l’ho conosciuto con un mio amico, proprio lì, in mezzo ai campi, ed è un episodio che non dimenticherò mai.
Era un tardo pomeriggio di giugno e stavo lavorando nei campi di frumento, quando sentii un fischio. Mi girai, asciugai il sudore dalla fronte con un braccio e vidi in lontananza una sagoma che veniva verso di me e salutava con un braccio. Quando fu più vicino riconobbi il mio amico Matteo; eravamo amici da molto tempo e avevamo frequentato le elementari e le medie assieme. Era un bel ragazzo, alto poco più di me, circa 1.80, con occhi verdi e capelli neri, corti; aveva un bel fisico, scolpito e abbronzato, visto che come me lavorava nei campi tutto il giorno.
Lo salutai; quando mi fu di fronte gli chiesi come stava. Lui mi raccontò che quel giorno non era andato a lavorare; voleva andare a vivere in città e cercare lì un lavoro. Ci sdraiammo nel fieno, scrutando il cielo. Mi disse che non andava molto d’accordo con i suoi e tantomeno voleva ripercorrerne le orme; mi confessò che non voleva lavorare nei campi, che voleva stare in mezzo alla gente, crearsi una sua vita e … non dover più nascondersi con nessuno.
Io non capivo a cosa si riferisse, glielo chiesi un po’ ingenuamente. Lui, dopo avermi fatto giurare che non lo avrei mai detto a nessuno, mi disse che a lui piacevano i ragazzi; era un suo segreto e aveva una paura folle che i suoi genitori lo scoprissero.
Lo guardai; il suo viso si era arrossato. Mi fissò negli occhi e mi disse: “Vero che non lo dirai a nessuno? Non mi tradire, ti prego!”.
Davvero ero in imbarazzo, non sapevo che dire, mi aveva colto alla sprovvista. Mi feci forza, gli sorrisi e gli accarezzai una guancia; gli dissi:
“Stai tranquillo Matteo, ti voglio bene come sempre e per nulla al mondo ti farei del male”.
Lui prese la mia mano tra le sue e la baciò; poi sorridendomi mi disse: “Grazie… ti voglio bene”.
Per me era una sensazione nuova, ma piacevole. Restammo a guardarci negli occhi per lunghi istanti, in silenzio, eravamo noi due, soli nel sole pomeridiano, immersi nella pace che regnava nei campi.
Mi accarezzò il viso; mi irrigidii e sentii che stavo per avere un’erezione. Sentivo pulsarmi la testa e non riuscivo a pensare. Gli dissi:
“Resta ancora un po’, dai”.
Mi sorrise e mi disse:
“Sei come me, vero?…. L’ho sempre sperato”.
Non sapevo cosa rispondere, non volevo deluderlo. Mi limitai ad annuire appena. I nostri corpi si avvicinarono e mi diede un bacio; sentii le mie labbra dischiudersi e la sua lingua penetrare nella mia bocca, curiosa di toccare ogni posto e ogni anfratto.
Era una sensazione nuova, un brivido mai provato, mi sentivo ribollire; istintivamente li lasciai andare, infilai la mia lingua dentro la sua bocca e gli accarezzai la nuca. I pantaloni erano stretti e mi facevano male. Ma il tutto era stupendo.
Sentii la sua mano, avida di conoscere il mio corpo, che scivolava sul mio petto, sul mio ventre e poi in mezzo alle gambe. Quando Matteo sentì la mia erezione si discostò e con un sorriso mi disse:
“Qui dobbiamo intervenire, altrimenti scoppi”.
Scivolò sopra di me; il suo viso raggiunse la cintura dei pantaloni e iniziò a sbottonarli. Ero senza fiato! Mi era capitato spesso con le ragazze, ma qui, con Matteo … era tutto così eccitante e mi sentivo come uno scolaretto il primo giorno di lezione.
La sua mano si insinuò nelle mutande, era fredda, nonostante la calura pomeridiana e un brivido mi percorse la schiena. Sospirai quando raggiunse il mio cazzo; iniziò ad accarezzarlo, lentamente e dolcemente, poi se lo infilò in bocca e iniziò a muoversi su e giù; mi guardava mentre lo faceva e a me sembrava che tutto il mondo mi ruotasse attorno. Poi mi tolse i pantaloni e le mutande; si spogliò anche lui e si sdraiò su di me. Mi sbottonò la camicia a quadretti azzurri e iniziò a succhiarmi i capezzoli.
Era davvero ineffabile ciò che provavo, sentivo il mio cazzo stretto tra noi due e il suo che premeva sulla mia coscia destra. Nel muoversi il suo corpo scivolava sul mio; eravamo tutti e due sudati.
Con una mano iniziai ad accarezzarlo sulla schiena, fino ad arrivare alle sue natiche; erano sode, glabre e si contraevano ritmicamente. Scivolò più su e mi baciò in bocca; sentivo il suo pene che premeva tra le mie gambe. Io intanto avevo raggiunto il suo ano e avevo iniziato ad accarezzarglielo con il dito medio. Lui continuò a baciarmi sul collo, poi dietro l’orecchio; sentivo i suoi respiri forti e carichi di eccitazione. Mi sussurrò di leccarglielo.
Mi sentii avvampare e non sapevo come reagire; spesso mi ero trovato a fare sesso orale con ragazze, ma fare un pompino….. Incapace di ragionare mi lasciai trasportare e obbedii. Ci girammo, scivolai su di lui e mi accostai al suo cazzo; lo presi in mano. Era grande, caldo e durissimo; lo strofinai sulla mia guancia, potevo sentire il suo odore dolciastro; lo poggiai alle mie labbra e con delicatezza lo infilai in bocca.
Matteo fremette e sospirò eccitato, inarcando la schiena e volgendo la testa all’indietro:
“Sììì, l’ho sempre sognato, continua, ti prego!”.
Così iniziai a muovere la testa su e giù, succhiando e leccando la cappella, che toccava ritmicamente il mio palato. Sentivo con le labbra le vene in rilievo sull’asta del pene e fremevo dall’eccitazione. Matteo ansimava e si contorceva; le sue mani tra i miei capelli mi spingevano la testa su e giù. Poi si irrigidì; sentii Matteo che mi diceva:
“Sììì, dai bellooo, vengooo, godooo!!!…”.
Il suo uccello diventò di colpo più duro e qualcosa mi inondò di botto la bocca. Le mie labbra erano premute contro i peli del suo pube e mi sentivo soffocare. Il suo sperma era caldo, un po’ dolciastro e acidulo.
Mi discostai, sputai ciò che mi rimaneva in bocca e mi pulii la faccia con un braccio. Ero incazzato, mi sentivo umiliato! Così gli dissi:
“Ora ti faccio vedere io!”.
Con una mossa lo girai e mi misi a cavalcioni su di lui. Lui cercò di sfuggire alla mia presa, ma con la mia forza lo tenni fermo. Mi urlò: “Ehi, che vuoi fare adesso?”
Gli risposi con la mascella dura:
“Ora lo vedrai, anzi, lo sentirai!”.
Così sollevai il bacino e puntai il mio cazzo sul suo ano. Spinsi, ma incontrai resistenza, era duro da penetrare! Lui mi disse:
“Dai, così mi fai male!”
Io mi fermai, aveva ragione. Gli chiesi scusa e scivolai con il mio viso sul suo sedere. Con la lingua gli accarezzai l’ano e con il dito medio lo penetrai; scivolava bene dentro e fuori e gli chiesi se sentiva male. Lui mi rispose di no, così cercai di allargarglielo con due dita, sempre lubrificando la penetrazione con la saliva. Matteo emise una smorfia di dolore e disse:
“Fai piano, brucia!”.
Continuai a muovermi ritmicamente per un paio di minuti, dopodiché iniziai a muovere le dita disegnando un cerchio sempre più largo. Mi sembrava andasse bene; il buco si dilatava con facilità e Matteo non si lamentava. Dopo un quarto d’ora circa di massaggi decisi di ritentare la penetrazione. Gli dissi:
“Rilassati bello, ora provo a scoparti di nuovo, eh eh”.
Accostai la mia cappella al suo ano e spinsi; sentii Matteo che spingeva verso di me. Dovetti fare un po’ di pressione, ma alla fine vidi che il mio uccello stava iniziando ad entrare; Matteo si bloccò e fece un urletto. Anch’io smisi di premere e chiesi se era tutto ok. Lui mi disse di continuare, ma facendo piano; spinsi ancora, delicatamente; il mio cazzo scivolava dentro con facilità e lo vedevo scomparire centimetro dopo centimetro nel culo di Matteo: una visione eccitantissima!
Quando il mio pube toccò le sue natiche diedi un ultimo colpetto. Ero dentro! Iniziai a muovermi lentamente avanti e indietro; Matteo gemeva e ansimava di piacere; lo presi per le spalle e lo tirai verso di me. Mentre me lo lavoravo ondeggiando con il bacino gli pizzicavo dolcemente i capezzoli.
Preso dal godimento Matteo mi chiese di andare più veloce; ero eccitatissimo e non me lo feci ripetere due volte. Lo stavo inculando con foga crescente; le mie palle sbattevano su di lui e il mio ventre cozzava contro le sue natiche producendo un suono ritmico. Il mio petto era imperlato di sudore e la mia eccitazione era all’ennesima potenza; Matteo urlava di piacere misto a dolore e al contempo si stava sparando una sega.
“Aaah, sììì, dai, sfondami, cosììì, di più, mmmhh”
“Sììììì, godi Matteo, ti spacco il culo!”
Le nostre parole, urla e sospiri si perdevano nei campi, mentre si faceva sera. L’estasi era totale e sentii che stavo per venire; quel buchetto così stretto mi stava procurando un piacere senza confronti! Sentii un brivido percorrermi tutta la schiena fino ad arrivare alla nuca e urlai di piacere; spinsi forte il mio bacino contro le natiche di Matteo, come se volessi entrare tutto dentro di lui e sentii il mio sperma che percorreva tutta l’asta del mio uccello e andava a inondare il culo del mio amico. Lui urlò e venne copiosamente. Continuai l’amplesso per mezzo minuto circa, finchè tutto lo sperma ed il piacere non ebbero abbandonato il mio corpo, poi restammo fermi per un paio di minuti ansimando e recuperando un po’ di forze.
Quando ci staccammo ci sdraiammo vicini, ancora ansimanti e poi ci abbracciammo e ci baciammo in silenzio.
Matteo mi disse:
“E’ stato bellissimo e tu sei fantastico”.
Gli risposi:
“Mi è piaciuto tantissimo! …. Sei sempre convinto di andartene in città?….”
Lui si girò, mi fissò con quei due occhi verdi e sorrise:
“Se fossi certo che saremmo liberi di incontrarci così tutti i giorni, resterei … ma qui da noi un segreto così non si riesce a tenere … in città è diverso, la gente si fa gli affari suoi”.
Il nostro era un amore proibito. Matteo se n’è andato e mi ha lasciato con un ricordo stupendo e tanta, tanta malinconia.
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