“Un pomeriggio domenicale, subito dopo pranzo, i miei sono andati a far visita ad alcuni nostri cugini, ma, sapendo che non avrei rinunciato a vedere la…”
Zona Cesarini
Sono sposato da trent’anni con mia moglie Maddalena
(che tutti chiamiamo Lena), abbiamo due figli ormai grandi, Mariella di 26 anni e Guido di 23. Con la famiglia di mia moglie i rapporti sono stati sempre piuttosto distanti, direi rarefatti, anche per la circostanza che viviamo in città diverse. Ci incontriamo solo alle feste comandate, a Natale, a Pasqua, a Ferragosto: incontri di assoluta cordialità , ma leggeri e sfuggenti, che non hanno tempo e modo di solidificarsi.
Eppure in tanti anni non sono mancati episodi che hanno per un momento infranto la banalità delle cose che si ripetono sempre eguali a se stesse. Una volta avevo avuto modo di scambiare qualche affettuosità intima con mia cognata Serena, di qualche anno più giovane di mia moglie. Successe quasi vent’anni fa, d’estate, e fu l’accenno di una storia che avrebbe potuto svilupparsi se non fosse stata strangolata sul nascere dalla sporadicità degli incontri familiari, oltre che dall’acuta gelosia del marito.
Ricordo che però si era manifestata tra di noi una vera attrazione erotica, che quell’estate cercavamo tutti i momenti per restare soli, che ci toccavamo in maniera appassionata e sfrontata, rischiando anche di farci scoprire. Ricordo come lei mugolava quando facevo scivolare le mie dita in mezzo alle cosce bagnate di desiderio o quando le stringevo tra i polpastrelli i capezzoli irrigiditi dalla voglia repressa. Abbiamo tentato di rinverdire la piccola tresca al Natale successivo, ma alla fine abbiamo mollato perché non siamo riusciti a governare uno stato di eccitazione che ci esacerbava senza trovare i suoi sbocchi naturali. La cosa è finita nell’album dei ricordi, delle occasioni mancate, lasciando ad entrambi un sentimento di complicità affettuosa, come potrebbe essere quella di un fratello e una sorella con qualche episodio di incesto alle spalle.
Con mia suocera Nunzia, invece, ci siamo sin dal principio sostanzialmente ignorati, forse per una istintiva diffidenza. L’idea che mi ero fatto di lei è che fosse una donna alquanto dispotica, talora capricciosamente autoritaria, profondamente insoddisfatta, forse precocemente inacidita dalla perdita del marito. Le figlie davano l’aria di sopportarla a malapena. Dico la verità , non mi risultava tanto simpatica, anche se nei miei confronti lei si sforzava di mostrare accenni di gentilezza assolutamente inconsueti per gli altri.
Una volta, una decina di anni fa, l’avevo per caso intravista fugacemente nella sua camera mentre si spogliava (o, forse, si rivestiva), ed avevo soffermato la mia attenzione su un paio di particolari interessanti per una donna matura: due gambe piene ma muscolose, non flaccide, e un seno florido ma non cadente.
“Non male la mammina!” mi ero detto tra me e me, ma nessun pensiero particolare aveva avuto seguito.
Un’altra volta, qualche anno dopo, un pomeriggio mi era sembrato di sentire qualche lamento soffuso provenire dalla sua stanza, avevo furtivamente accostato l’orecchio alla sua porta ed avevo avuta netta la sensazione che si stava masturbando. Anche allora pensai che, dopo tutto, mia suocera era ancora una donna bisognosa di sesso, anche se mi riusciva difficile immaginare quale uomo avrebbe potuto tenere a bada una personalità tanto forte e prepotente. Non avrei immaginato che, a distanza di qualche tempo, sarebbe toccato proprio a me questo compito.
La cosa ha preso forma del tutto casualmente al raduno natalizio di quest’anno. Un pomeriggio domenicale, subito dopo pranzo, i miei sono andati a far visita ad alcuni nostri cugini, ma, sapendo che non avrei rinunciato a vedere la partita di calcio in tv, mia moglie non ha preteso che ci andassi anch’io. Perciò siamo rimasti soli in casa, io stravaccato in salotto, e mia suocera affaccendata in cucina a preparare intingoli natalizi. Mi è passata davanti un paio di volte e non ho potuto fare a meno di notare con ammirazione le forme ancora sode e tornite di una donna di quasi settant’anni, e mi sono sorpreso a reprimere un desiderio istintivo di allungare una manata su quel culo maestoso.
Il fatto è che, senza che avessi incoraggiato nessun pensiero malandrino, il cazzo mi è venuto su in una erezione difficile da occultare. Per calmare l’inatteso impulso mi sono alzato dalla poltrona e mi sono diretto verso il bagno, ma il caso ha voluto che ci siamo imbattuti, o meglio scontrati, nello stretto corridoio che porta alla zona notte e, nella foga, ci siamo trovati inavvertitamente abbracciati.
“Oh, scusa per l’impeto!”, le ho detto trattenendo un po’ il respiro.
Mi ha risposto con un ghigno affettuoso:
“Ma figurati! Ma dov’è che vai così di corsa?”.
Ho farfugliato qualche parola di circostanza, sul filo dell’imbarazzo, ma siamo sorprendentemente rimasti attaccati l’uno all’altro, io con la vistosa erezione che dicevo, lei che spingeva senza pudore la sua pancia e il suo seno contro di me.
Il contatto sarà durato non più di dieci-quindici secondi, ma è stato molto sentito da entrambi. Ci siamo divincolati accarezzandoci con malizia e con un sorriso manifestamente allusivo, come a volerci scambiare un piccolo, affettuoso rimbrotto.
Una volta nel bagno non sono riuscito a riportare alla ragione il mio cazzo imbizzarrito se non con una memorabile sega.
Sono rimasto io stesso molto sorpreso a masturbarmi violentemente a 52 anni su una donna di 70, ma non me ne sono affatto vergognato. Semmai mi sono rammaricato di non aver pensato prima alla femminilità matura di mia suocera ed all’eventualità di soddisfare almeno in parte le sue voglie represse. E mi sono detto che, se quelle sue ambigue allusioni si fossero nuovamente manifestate, stavolta non avrei dovuto lasciare le cose a metà , come tanti anni prima con mia cognata.
Nei giorni successivi ho avuto conferma che mia suocera stesse facendoci un pensierino. Per tutto il periodo delle feste natalizie ci siamo scambiati di continuo occhiate e sorrisi di complicità , senza perdere l’occasione per toccarci, o meglio per strusciarci. Un giorno in corridoio le ho dato una manata piuttosto insistita sul culo, lei si è girata e mi ha fatto l’occhiolino. Un’altra volta è stata lei a passarmi la mano sul petto, a lasciarla scendere verso i pantaloni e a stringerla intorno al cazzo in bella mostra.
Insomma, avevamo siglato in segreto una intesa con gesti più che espliciti, anche se non ci eravamo scambiato una parola al riguardo. Serviva soltanto una occasione propizia per andare oltre gli ammiccamenti e gli sfregamenti. E la cosa cominciava a metterci ansia, perché la voglia cresceva.
Mia moglie mi rimproverava che, da qualche giorno, ero diventato insofferente e scontroso e attribuiva questo mio stato al fastidio dell’ennesima, noiosa vacanza in famiglia. Non poteva certo sospettare che suo marito era sovraeccitato nientemeno che per sua madre, una donna che ancora sfidava l’età per l’energia e l’aspetto altero che la contraddistinguevano, ma che certo non poteva essere scambiata per un oggetto del desiderio.
E invece possedere quella donna attempata, farle riemergere tutte le voglie represse, sottomettere una personalità così forte e decisa all’imperio del sesso, stava diventando per me una piccola, morbosa ossessione. Non aspettavo che di restare solo con lei per qualche ora, dovevo inventarmi qualcosa.
L’ultimo giorno dell’anno, mentre erano tutti pronti per uscire a fare un giro tra i negozi per i regali di capodanno, finsi di avere un improvviso forte mal di testa. Simulai di prendere un’aspirina e mi misi a letto. Ci fu più di qualche sbuffo, ma alla fine la comitiva familiare si decise a fare a meno di me. Sperai fortissimamente che mia suocera cogliesse l’occasione per liberarsi anch’essa dall’impegno. E così fu. Disse alle figlie:
“Sentite, andate voi, resto qua io con Nico (il diminuitivo con cui mi chiamavano familiari ed amici), dovesse aver bisogno di qualcosa, non vi preoccupate”.
Mia moglie si offrì lei di restare a casa, ma mia suocera fu brava a dissuaderla. Non appena il resto della famiglia fu uscita di casa, mia suocera si precipitò in camera mia, si avvicinò al letto e mi passò una mano sulla fronte.
“Stai davvero male? Mica avrai la febbre?”.
“Sì, ho la febbre, ma non puoi misurarla sulla fronte…”.
Sorrise beffarda:
“Sì, so io dove devo controllare……”.
E affondò la mano sotto le coperte fino a incontrare il cazzo che pulsava prepotentemente dentro gli slip.
“Ma questa è febbre da cavallo!” disse con accento falsamente preoccupato “non ci fai niente con l’aspirina…”.
Ciò detto, la vidi spogliarsi con una velocità impressionante e infilarsi nuda nel mio letto. Nel frattempo anch’io mi ero liberato di ogni cosa e, giratomi di fianco, avevo aperto le braccia ad accogliere quel corpo tanto desiderato. Aveva quasi settant’anni, ma trovavo straordinariamente seducenti quella carne vissuta, ma ancora non raggrinzita, quelle mammelle enormi con capezzoli ancora turgidi, quelle coscione e quei fianchi accoglienti, quegli occhi neri e incavati, quella bocca carnosa, quella espressione famelica.
L’ho stretta a me con forza facendole sentire la mia muscolatura, le ho succhiato tutta la saliva che aveva in bocca, le ho divaricate le cosce e piantato il mio bastone nella sua fica ancora pelosa. L’ho sentita godere come una assatanata, aveva una voglia accumulata e voleva finalmente esprimere tutte le sue voglie femminili tenute in naftalina per decenni. Stringevo quella carne ancora fremente, le leccavo l’aureola larga dei capezzoli, menavo colpi profondi nella sua caverna grondante di umori acri. Lei si è lanciata in una chiavata senza freni e senza limiti, incitandomi a fare con lei ogni cosa, anche la più indecente:
“E’ una vita che ho rinunciato a questi piaceri… Nicky, oggi per te voglio essere una puttana, voglio morire senza rimpianti!”
Le risposi ridendo:
“Morire? Tu devi vivere, anzi devi recuperare tanti anni di rinunce, devi provare tutto. non riesco a trattarti come una puttana ma lasciami fare!”
Anche se non era più giovane, ne aveva di voglie da soddisfare! Dopo averle perlustrato la fica, l’ho fatta girare e mi sono dedicato al suo culone. Ho introdotto il dito medio nell’ano allargandolo il più possibile. Si è appena lamentata, ma mi ha pregato di non desistere. Voleva essere impalata, voleva liberarsi dell’ultima verginità . Ho umettato la parte alta del cazzo e ho cominciato a farmi largo dentro le sue natiche.
E’ stato un atto violento, come uno stupro, ma sono riuscito a farle entrare tutti i 22 centimetri dell’asta facendola gemere dal dolore.
Le ho sfondato il culo ma, dopo il dolore, lei ha cominciato a sentire un piacere tanto acuto che non voleva che lo tirassi fuori. Le ho detto che non ce la facevo più a resistere e che non volevo sciupare la mia sborrata nel suo sfintere. L’ho rigirata verso di me, l’ho fatta abbassare verso il mio bassoventre e le ho piantato il cazzo in bocca. Me l’ha leccato per bene e con voracità , ma dopo appena un minuto le ho sborrato tutto il seme che avevo nelle palle e che lei ha ingoiato golosamente.
Alla fine eravamo entrambi stravolti e ci siamo lasciati andare a gambe aperte sul letto per un quarto d’ora, accarezzandoci teneramente. L’ho vista soddisfatta e persino un po’ commossa. Poi ci siamo rialzati in fretta per paura di un rientro improvviso dei familiari. Ha riassettato il letto e cambiato le lenzuola e mi ha preparato un bel caffè.
“E’ stato bellissimo!”, mi ha detto in un orecchio baciandomi sul collo. Poi ha aggiunto ridendo:
“Peccato che abbiamo recuperato una cosa così bella quasi fuori tempo massimo!”
“In zona Cesarini!” le ho ribattuto io ridacchiando, spiegandole subito che, nel gergo sportivo, i gol segnati a partita finita sono i più sofferti ed i più belli.
“Ah ho capito!” mi ha detto con aria un po’ delusa, “la partita è finita…”
L’ho prontamente rassicurata sorridendo:
“Sì, ma ci sono da giocare ancora i tempi supplementari!“, colmando con una piccola spiegazione la sua ignoranza calcistica.
Ha subito recuperato l’allegria ed ha concluso sorridendo:
“Se ho capito bene, la partita riprende a Pasqua, vero?”
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