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Sara Santa Subito

“Rimasi nascosta ancora per un po’ con il cuore in tumulto: un maschio mi aveva detto che ero bellissima e mi aveva toccato lì! Proprio lì” Accesi una…”

Questo è il meraviglioso racconto che mi fece tanti anni fa una
carissima amica, la stessa Sara DolceRosa di “Cinema, Sconosciuti e Sogni”; andate dopo a rileggerlo.

Avevo appena letto un libro di Wilbur Smith, di cui ovviamente non ricordo il titolo, nel quale la protagonista veniva scopata furiosamente, da uno che l’aveva colta in flagrante durante una meravigliosa sessione di autoerotismo, molto dettagliata.
Mi eccitai tantissimo.
Per giorni non pensai ad altro che a quell’episodio del libro.
Ero però molto giovane e piena di remore, all’epoca in cui tutto accadde ero davvero senza esperienza, e non è che puoi sgrillettarti e infilarti in vagina di tutto e di più, partendo da zero… Inoltre mi lasciavo facilmente distrarre dai giochi con le amiche, dalla scoperta della musica e tante altre amenità che avrebbero fatto di me un’adolescente taciturna e problematica. Il destino, però, mi diede una mano e a breve si presentò l’occasione giusta.
Fu durante le vacanze estive, in occasione di un gioco a nascondino con dei maschi miei coetanei, che non frequentavo spesso, giacché la mia scuola media in città era prettamente femminile. E privata. E ultra-cattolica. Insomma, andavo dalle suore.
Ero al mare, dove finalmente potevo godere di una certa libertà, a patto di portarmi dietro la sorellina scassapalle, spia ricattatrice della mia odiata madre.
Giocare a nascondino aveva la duplice, meravigliosa opportunità di levarmi dalle scatole la piccola moralizzatrice e quindi di potermi godere in pace una sigaretta. Sì, già fumavo di nascosto, le rubavo ai miei genitori e poi le spacciavo a scuola. Ma in vacanza no, gli altri amichetti non avevano la necessità del fumo e quindi era il primo di quei piaceri solitari proibiti, che a breve mi avrebbero dischiuso un mondo di cui non ero ancora a conoscenza.
Ad ogni modo, quella sera durante la conta sgattaiolai sul pianerottolo a balcone di una villetta vuota. Mi appostai in un punto buio in modo da poter guardare chi potesse avvicinarsi e accesi una sigaretta. Due boccate e poi udii chiaramente dei passi su per le scale. -Che sfiga!- pensai, e la spensi.
Vidi una figura alta avvicinarsi furtiva.
-Chi sei- chiesi tranquillamente: la sagoma era troppo alta per essere la nanerottola dalla lingua biforcuta.
-Marco- rispose una voce. Era un ragazzino poco più grande di me, un anno o due, che giocava con gli altri amici.
-Abbassa la voce o ci sgamano subito!- intimai e mi riaccesi la sigaretta.
-Fumi? Alla tua età?”
-Si. Vuoi?-
-Sei pazza? Fumare fa male!”
Feci spallucce.
Si avvicinò accovacciandosi: -Ottimo punto di osservazione… Da qui si vede tutto senza essere visti.-
Non riuscivo a vederlo in viso, era buio pesto.
-Chi c’è sotto?-
-Paolo, il fratello di Simone- risposi sussurrando.
-Quello è sveglio.-
-Sì, ma se sale qui sopra lo sentiamo arrivare.- mi sentivo un genio tattico.
-Certo, ma ti tana comunque- rise lui. I suoi denti perfetti brillavano al buio. Io zerotette e apparecchio fisso. Mi risentii e risposi sgarbata: -Vabbè, stai cercando il pelo nell’uovo!- gli voltai le spalle accosciandomi. E che cazzo, tutti Savonarola!, pensai.
Si chinò dietro di me e mi afferrò per le spalle. -Se stiamo vicini non ci vede nessuno- mi sussurrò in un orecchio.
-Hai un buon profumo, sai di cocco.- mi disse tra i capelli che portavo cortissimi, appoggiandomi il mento sulla testa.
Sentii il sangue affluirmi al viso: menomale che è buio pensai, dato che nonostante tutta la mia spavalderia, in realtà sono sempre stata molto timida. Quel contatto ravvicinato mi fece battere il cuore più forte.
-Stiamo vicini!- mi sussurrò ancora e fece aderire la mia schiena al suo petto. Mi cinse con le braccia e le gambe, mentre eravamo accucciati.
Iniziai a sudare.
Mise le mani sui miei piccoli seni, che stavano appena spuntando e iniziò ad accarezzarmi i capezzoli attraverso la maglietta. Si inturgidirono subito.
Poi una mano scese e iniziò a massaggiarmi fra le gambe. Indossavo una gonna corta e mutandine di cotone.
Sentivo solo il battito del cuore nelle orecchie: PUM! PUM! PUM!
Lui mi baciò l’orecchio, lo leccò e scostò le mutandine.
Mi piaceva quello che stava facendo. Non l’avrei mai fermato.
-Ti ho vista agli scogli, eri bellissima- e mi infilò un dito dentro, delicatamente, mentre con l’altra mano mi carezzava i capezzoli.
-Come sei bagnata…- Su e giù, su e giù, un po’ sul clitoride e poi ancora dentro, fuori, dentro, fuori, dentro… e gli venni in mano.
Non se n’era accorto e per un po’ continuò, un tempo che sembrava infinito, mentre a me cominciavano a fare male le ginocchia e la passerina.
Sentimmo uno scalpiccio proprio sotto il balcone.
-Chi manca?- gridò una voce.
-Marco, Sara e Paolo- ne rispose un’altra.
Marco a sentire il suo nome mi diede una spinta per alzarsi e finii a terra sulle ginocchia.
-Dobbiamo andare- Io mi girai e lui era già zompato dalla parte opposta per spiare giù.
-Io scendo.- disse senza guardarmi e furtivamente sparì.
Pensai di amarlo, già mi vedevo all’altare, con lui che mi sorrideva in fondo ad una lunghissima navata.
Rimasi nascosta ancora per un po’ con il cuore in tumulto: un maschio mi aveva detto che ero bellissima e mi aveva toccato lì! Proprio lì” Accesi una sigaretta, la fumai tutta, poi addentai una cicles di quelle ultra-mentolate e scesi dal mio nascondiglio.
Non avevo ancora le mestruazioni e nemmeno le tette, ma un maschio mi aveva detto che ero bellissima e mi aveva toccato la figa. E avevo avuto un orgasmo.
Roba che quelle stronze delle mie compagne di classe nemmeno si sognano. Che andassero pure all’oratorio, alle riunioni di classe e alle cene con i tipi della parte maschile dell’istituto, per i quali non ero abbastanza ‘bona’, gli stessi che mi chiamavano “Saro” in cortile o alle feste e nemmeno avevano il coraggio di guardarmi in faccia se per caso mi incrociavano per strada, da soli.
Ero pronta ad andare in terza media. E per procurarmi tanti orgasmi da sola.
Sara

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