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Pareva una santa, ma …

“- Caro Nevio, non vorrei che mi prendessi per una di quelle, non so cosa mi abbia preso, tu sei il primo uomo con cui sono stata dopo mio marito…”

Pareva una santa, ma …

Ciao a tutti, sono Nevio che
vi racconta come è proseguita la storia con Roberta (vedi il racconto precedente “Pareva una santa”). Il giorno dopo la scopata sul bancone del negozio, sono tornato nella sua bottega per finire la sistemazione del bruciatore. Essendo accompagnato da un operaio non ho potuto fare altro che comportarmi sempre da corretto imprenditore, saluti molto formali, anche se comunque molto cortesi, e certamente nessun accenno alla serata di fuoco sul bancone. Oltretutto le due commesse sembrano aver gli occhi più per spiare il nostro comportamento che non per la clientela: che abbiano intuito qualcosa?
Dato però che si doveva lavorare soltanto la sera, oltre le 17, dopo un paio d’ore commesse e clienti se ne vanno, mando a casa l’operaio dicendogli che per quello che c’è da fare posso arrangiarmi da solo e quindi chiudiamo la serranda della bottega (sarà un atelier, ma per me rimane sempre solo una bottega).
Appena soli Roberta, un po’ rossa in viso, mi si avvicina dicendomi:
– Nevio, devi dimenticare quanto è successo ieri. Non so cosa mi abbia preso, non è da me comportarmi in quel modo, non avevo mai tradito mio marito, dimentichiamo tutto.
– Cara Roberta, ieri è successo quello che volevamo tutti e due, a tuo marito non hai portato via niente, anzi gli hai regalato qualcosa.
– Cosa posso avergli regalato, non ti capisco.
– Carissima la mia Roberta, un bel paio di corna gli hai regalato, non ti pare?
– Nevio, Nevio, non scherzare, io mi sento in colpa, anche perché devo dire che quello che ho provato con te neppure sapevo fosse possibile.
– Vedi che ho ragione? E così dicendo la stringo a me con la sinistra, togliendole la parola con la lingua in bocca, mentre la destra scende a palparle il culo e poi la fica.
Appena può recrimina un po’, ma poi si scioglie rispondendo al bacio e avvinghiandosi a me:
– Nevio mi fai impazzire, con te perdo la testa ed il pudore, mi par di diventare una di quelle.
– Questo è solo l’inizio, cara la mia troietta, vedrai che alla fine sarai più che soddisfatta.
Detto questo le levo la maglietta e slaccio la gonna che cade a terra lasciandola in reggiseno e mutandine, stavolta ambedue di pizzo nero; quindi prendo un grosso asciugamano, lo distendo sul bancone dopo di che alzo Roberta e ve la sdraio sopra. Senza dire nulla Roberta si slaccia il reggipetto e si leva l’ultimo pezzo di intimo, rimanendo nuda: una fica nera, pelosa che attende di essere baciata. Cosa che faccio subito, allargandole le gambe e ficcando la mia lingua in quella tazzina sbrodolosa.
Mentre lei si agita in preda ad un primo, piccolo, orgasmo, io le ficco un dito nel culo, che trovo stretto e sicuramente vergine.
– Roberta, ma hai il culo vergine? Quel cretino di tuo marito non ci è mai entrato?
– Non ci ha mai pensato, credo. Lui mi viene sopra, mette il cazzo nella fica, quattro colpi e poi si gira sul fianco a dormire, convinto di aver fatto chissà cosa. Ma anche se ci avesse provato gli avrei detto di no: h paura che mi faccia male.
– Nessuna paura Roberta, il cazzo in culo non fa male (come lo stronzo quando esce), credi a me, qualche volta è meglio che nella fica.
– Non ci credo, mettimelo subito dentro nella fica, voglio godere come ieri, fai presto che poi devo andare a casa dove c’è quell’altro che mi aspetta per la cena.
Si è fatto già tardi, per cui finiamo di scopare mettendoci d‘accordo di trovare un modo più sicuro e sereno per trovarci: ora che abbiamo rotto il ghiaccio e che lei ha provato cosa vuol dire fare sesso sul serio gli incontri nel retrobottega non bastano più.
Qualche sera dopo torno da Roberta per ritirare gli attrezzi e presentare il conto del nuovo bruciatore. Ci rechiamo assieme nel retrobottega ove le presento l’impianto spiegandole come funziona e cosa dovrà fare, appena farà freddo, per metterlo in moto e tenerlo poi a regime.
– Caro Nevio, non so come ringraziarti: hai fatto un bel lavoro, molto presto e senza portare impedimento al funzionamento del mio negozio. Sono proprio soddisfatta di te e non so come ringraziarti.
– Cara Roberta, il modo migliore sarebbe andare a cena fuori: una pizza potrebbe benissimo suggellare la nostra amicizia; non penso che tuo marito abbia qualcosa da dire.
Roberta mi assicura che il coniuge non si è mai interessato dell’andamento del negozio e delle serate che per chiudere i conti lei ha dovuto rimanere in bottega sino a tardi, per cui detto fatto ci si accorda per incontrarci di lì a qualche giorno.
Il venerdì successivo ci troviamo in una trattoria di periferia, scelta da lei, rustica ma signorile: pochi tavoli, una clientela scelta e raffinata. A tavola parliamo dapprima del lavoro eseguito la settimana precedente, ma poi è lei a far scivolare il discorso sulle sue serate di fuoco.
– Caro Nevio, non vorrei che mi prendessi per una di quelle, non so cosa mi abbia preso, tu sei il primo uomo con cui sono stata dopo mio marito.
– Roberta, scopare è il modo migliore per suggellare un’amicizia. Non occorre essere una di quelle per apprezzare il cazzo, anzi: le puttane ci lavorano sopra, ma non è detto che ci provino piacere. Comunque quello che abbiamo fatto è solo una piccola parte di quanto una donna si può aspettate e desiderare. Tu devi scoprire le gioie del sesso, recuperare il tempo perso con tuo marito, aprire la mente e la fica ad un futuro di piacere e godimento infinito.
-Da come parli, Nevio, sembrerebbe che la vita si concentri tutta lì, fra la mia cosina ed il tuo coso, cosone… Ci sono altri valori nella vita, il lavoro, l’arte, la politica, lo sport…
– No Roberta, quelle che tu dici son tutte belle cose, ma ricordati quel proverbio meridionale che dice: “si lavora e si fatica per la panza e per la fica, e quel poco che avanza va alla fica ed alla panza”. E questa è una santa verità, un vangelo. E se vuoi, dopo cena, passiamo un momento in un piccolo alloggio dove tengo i documenti contabili così di darò la fattura e ti spiegherò meglio perché quel proverbio è giusto.
Lei sembra non essere molto d’accordo, anche se le sue obiezioni si fanno sempre più deboli. Alla fine accetta e dopo cena ci rechiamo in un piccolo appartamento che uso come ufficio e, talvolta, come alloggio temporaneo.
Appena entrati non la lascio parlare abbracciandola e baciandola con tanto di lingua in bocca. Lei dapprima si divincola, accampando varie scuse, ma dopo qualche minuto comincia a vibrare e a lasciarsi andare:
– Nevio, Nevio, mi fai perdere la testa, smettila, smettila, anzi no vai avanti, ma cosa dico.
In effetti è un po’ incoerente, per cui ne approfitto per cominciare a spogliarla: via la gonna, via le mutandine, le apro la camicetta per toglierle il reggipetto: così, praticamente nuda, la distendo su di un tavolo in cui prima avevo messo un ampio plaid e comincio a leccarle il clitoride mettendo un dito nella fica pelosa, ed un altro nel culo. Quando sento che comincia a vibrare e scuotersi, prossima all’orgasmo mi fermo:
– Ora cara Roberta una piccola pausa, ci facciamo la barba.
– Che barba? Cosa vuoi fare?
– Hai la fica troppo pelosa, lo sai che vanno di moda le fiche pelate? Aspetta un po’.
E così vado in bagno a prendere pennello, sapone e rasoio con cui comincio a lavorare attorno a quella patatona in calore mentre lei con la mano destra mi fa una sega scappellandomi l’uccello.
Nonostante le proteste, sempre più flebili e sempre con la mano stretta sul mio cazzo, insapono ben bene tutto l’inguine e poi comincio a passarci sopra il rasoio: in meno di dieci minuti non c’è più un pelo a nascondere la spacco da cui colano i primi umori. Riprendo così a leccare con molto più gusto sia da parte mia che sua. Poi, per accontentarla, le alzo le gambe mettendomele sulle spalle, la trascino sino al bordo del tavolo e la impalo con forza.
– Dai, dai Nevio, continua così, forza, veniamo insieme.
– Col cazzo che veniamo insieme, godi troia, godi, che siamo appena all’inizio.
Mentre lei ha un frenetico orgasmo io sento che sto per venire per cui mi fermo, levo l’uccello e la ridistendo nuovamente sulla tavola.
– Ma che fai, perché ti fermi? Proprio adesso che stavo godendo come non mai?
– Non preoccuparti, ora facciamo un altro giochino e vedrai che non hai finito di godere.
Così dicendo le metto nella frega prima due dita, poi tre, quattro ed infine tutta la mano.
– Vedi che bel buco che ti trovi, santarellina mia? Questa fica ha bisogno non di uno da di tanti cazzi. Ora ti faccio vedere. E così dicendo prendo dalla credenza alcune candele e comincio ad infilarle nella fica, operazione facilitata dalla presenza abbondante di liquidi.
– Ahi, mi fai male, stai fermo, non voglio, non voglio, scopiamo avanti.
– Zitta e buona, non sai ancora cosa vuol dire godere.
E così dicendo, una dopo l’altra le metto nella fica ben otto candele e, per completare l’opera, un vibratore nel culo mentre lei mi riprende in mano l’uccello stringendolo al punto di farmi quasi male.
Dopo una breve resistenza, dovuta probabilmente più alla novità che a paura o dolore, Roberta comincia a smaniare e a sussultare, aumentando la velocità della sega gridano come una matta:
– Dai, dai Nevio continua, continua, godo, godo, godo!
A questo punto sentendomi pronto alla sborratura, mi fermo, libero la patata da cui esce un grosso getto di liquido e mi stendo sopra di lei mettendole il cazzo nella fica sino quasi ai coglioni.
La sborrata finale, questa volta di entrambi, chiude così una serata rivelatrice: la distinta e irreprensibile Roberta si è rivelata essere non proprio una santa, anzi.

Disclaimer! Tutti i diritti riservati all’autore del racconto – Fatti e persone sono puramente frutto della fantasia dell’autore.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
Lui & Lei

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