“Una gelateria conosciuta per quanto erano buoni i suoi gelati…”
Salve amici, mi chiamo Angela e sono una donna di una grande
città italiana in Piemonte di poco meno di 40 anni che fin dall’infanzia faceva con i propri genitori le vacanze estive nel tacco, in una baia turisticamente frequentata più oggi di allora con l’acqua azzurra e cristallina. Prendevamo una casa al mare in affitto venti giorni circa tra luglio ed agosto. Poi, dopo un po’ di anni non siamo scesi più. Pochi anni fa mi sono sposata, e purtroppo il mio matrimonio fu presto minato dalla nostra reciproca infedeltà . Ci siamo separati abbastanza presto; mio marito mi aveva fatto cornuta molte volte con le sue “amichette”; ed io, dopo le prime volte in cui incassavo e zitta per amore della bambina, nostra figlia, ho finito per ricambiargliene un po’ le poche volte in cui ne avevo la possibilità . Adesso, dopo aver vissuto sei anni da separati in casa, siamo in attesa della separazione consensuale; per risparmiare abbiamo diviso l’avvocato, il quale dice che non dovrebbero esserci problemi; questione di pochi mesi e cesserà il vincolo legale della convivenza. Nel frattempo mi vedo solo il pomeriggio, durante il doposcuola di nostra figlia, con un cameriere di ristorante di origine macedone di nome Grigorj, un immigrato regolare ed affidabile: mi adora, del mio passato non fa troppe domande, e non mi tradisce. Non abbiamo la stessa età , lui ha solo 29 anni ed io sono dieci anni più grande di lui. Di mia figlia non vi dirò il nome per proteggerla. Posso solo dirvi che Grigorj è protettivo anche con lei. Ormai sono già quattro volte che la porto con me quando usciamo insieme a Grigorj. Spero di potergli dare un figlio anche se la mia età avanza. Grigorj è un uomo fedele. Può anche darsi che stia cercando la cittadinanza italiana tramite futuro matrimonio…beh la cosa non mi disturba; felicissima di dargli questa possibilità . Un italiano come mio marito per poco non mi faceva finire al manicomio!…Io, non avendo potuto utilizzare il mio diploma di ragioneria, lavoro come baby sitter. Il mio uomo trova buoni posti di lavoro perché come cameriere è apprezzato. Porta a casa buone mance. In questi tempi di crisi tra i soldi che continua a passarmi mio marito se non mi lamento, il mio lavoro, e la paga di Grigorj sbarchiamo il lunario agevolmente, senza lussi naturalmente. Non ci manca niente. Mentre raccolgo queste idee stiamo sul letto matrimoniale io e Grigorj, un sonno lieve, pomeridiano, di breve durata, per ricaricare le batterie prima del lavoro pomeridiano. Grigorj si è addormentato dopo l’orgasmo un po’ soffocato per non farci sentire dalla signora Emilia, la padrona di casa di Grigorj che vive nell’appartamento a fianco. Una vedova sessantenne che secondo me, forse, il cazzo del mio uomo deve averlo già preso: è troppo condiscendente e discreta quando lo vado a trovare. Non è affezionata a me, quanto a lui. Il loro livello di confidenza era alto, tanto che a me Grigorj ha proposto di recente di portare qui mia figlia quando non c’è il doposcuola così possiamo stare insieme un pomeriggio in più…Emilia naturalmente starebbe con la bambina, mentre io e Grigorj si tromba…no, non ho accettato! Forse ho capito come faceva Grigorj quando era in arretrato con l’affitto…ora però guadagniamo entrambi. Non ho mica una figlia stupida che si affeziona a qualunque persona; lei i nonni ce li ha già … certo, se quel superficiale di mio marito se la prendesse lui un po’ di responsabilità …Ad ogni modo lei sembra capire cosa fanno gli adulti nel letto. Non domanda, e non spia: sono felicissima di avere una figlia così tranquilla, forse neanche la merito se vedo cosa sono stata io. L’anno prossimo farà la seconda media. Grigorj è con me sotto le coperte; stiamo dormendo affiancati; le sue braccia prestanti mi stanno cingendo con dolcezza; sta indossando una maglietta grigia di cotone e niente mutande; se l’è tolte per scoparmi. Io invece per farmi trovare sempre disponibile non le porto mai nei pomeriggi in cui vado da lui; sia che indosso i pantaloni, sia che io abbia la gonna. Certo, è singolare cosa si prova in autobus quando si viene urtati, forse per caso, forse no, e solo un po’ di stoffa separa culo e passera dall’intromissione esterna. Appena Grigorj mi cerca dentro con le mani trova la mia topa già pronta per lui. Purché non ci marci troppo gli concedo talvolta anche il didietro. L’importante è che si faccia piano. Il suo pisello in questo momento lo sto sentendo sul mio inguine, un po’ tra le natiche, caldo, morbido, e moscetto. Provo grande tenerezza per il suo pisello quando è moscio; un pisello onesto. Il mio retto adesso avrà già assorbito il suo sperma di prima. Vorrei andare in bagno a lavarmi, ma ora voglio restare solo “agganciata intimamente” con il mio compagno. Tanto tra venti minuti deve andare a lavoro, io a prendere la bambina a scuola e dovrò svegliarlo comunque. Il prurito se non sudo, o mi muovo troppo sotto le coperte, passerà da solo. In fondo sono una donna fortunata. Un uomo di 29 anni tromba alla grande, con vigore, e per fortuna nemmeno fuma come mio marito: gli sapeva di nicotina anche lo sperma. Una sua parente mi ha detto che ha cominciato a comprarsi il viagra su internet. Che imbecille! Una scopata con Grigorj è pulita, e mi fa venire voglia di farne un’altra, in qualunque posizione lui voglia. Scopando sono convinta di restare più giovane anche io; per questo non mi disturba se l’attempata (ma non ancora rugosa) signora Emilia si sia fatta “pagare” la pigione in altro modo dal mio uomo. Io il sesso l’ho conosciuto durante l’adolescenza e l’ho sempre praticato ed approvato. Lasciate che vi dica com’ero nel fiore degli anni dell’adolescenza: i miei capelli li portavo lunghi di colore grigio antracite quasi neri schiariti d’estate; tra i 12 ed i 14 anni mi spuntò precocemente una seconda di seno, poi dopo i 16 una terza (oggi è una quarta, ma cominciano a scendere…) e mamma non mi consentiva più di portare costumi da bagno troppo audaci. Anni dopo, crescendo, i miei genitori mi avevano obbligato portare sempre un bikini fasciante sotto quando venivo portata al mare da loro (anche se non ero d’accordo). Quello che avevo quell’estate in cui persi la verginità era verde a strisce orizzontali nere; e non era nemmeno sexy. Erano i miei occhi verdi come il costume, e taluni miei personali trucchetti a farmi apparire tale. Non ero particolarmente snella. Nondimeno davo l’impressione di una certa carnalità grazie al mio metro e cinquantaquattro di statura. Modestamente cosce e chiappe la loro figura la facevano…vi chiederete che trucchetti…beh, la depilazione intima la affidavo interamente a mamma alla quale chiedevo di radermi tra le cosce i miei non pochi peli pubici (di quelli me ne spuntarono tanti). Tra le cosce mi davano non poco fastidio. Mentre se erano lunghi sopra il monte di venere non mi disturbava. Chiedevo a mamma di tagliarli io quelli di sopra, con la forbice. Mamma per fortuna mi lasciava fare, e non mi chiedeva quasi mai come li avevo tagliati, tanto ormai ero una adolescente inoltrata. Ma ne tagliavo una parte sola infatti. Un ciuffo mi piaceva, una volta sulla spiaggia, farlo uscire, o meglio fingere di non accorgermi che fuoriusciva dal costume fasciante in direzione dell’ombelico a mo’ di edera.
I miei peli di passera sono stati sempre del colore singolare dei miei capelli. Avevo una mia comitiva grazie alle amiche del mare; era quanto mai varia e in qualche caso tetra; cominciamo dalla tetraggine: la romana, secchioncina educatina, mi stava proprio antipatica: una di quelle che a scuola vanno ed andranno sempre bene; aveva sempre una soluzione intelligente per tutto. Con lei era meglio non parlare di niente; a cominciare dal sesso. Aveva due occhi castani gentili e penetranti al tempo stesso; qualunque cosa tu cercassi di dirgli era come se ti facesse la radiografia! Con lei non potevo confidarmi certo. L’avrebbe detto di corsa a sua madre, che avrebbe, almeno in teoria, potuto riferire alla mia (in realtà le nostre madri non si parlavano né si conoscevano; trattandosi di una separata i miei si guardavano bene dal farla avvicinare al nostro ombrellone). Per i miei gusti era una ragazza troppo pulita…anche se, almeno in parte, oggi la penso diversamente; non vorrei che mia figlia facesse quello che ho fatto io; ma tornando indietro…bah! Comunque, una volta, mi ricordo, la detestata romana soccorse quel coglione del nostro scodinzolante amichetto Giovanni, il figlio viziato di una coppia di negozianti di vestiario, che si era rovinati i suoi nuovi jeans firmati con una caduta, e non sapeva come dirlo ai genitori; beh la romana, che non perdeva un’occasione per dimostrarsi più intelligente ed altruista di noi tutte, senza perdere la calma (lui era già nel panico) gli offrì una toppetta dei suoi jeans che aveva dentro la tasca posteriore se voleva almeno parare il danno. A lei non serviva visto che era stoffa che era avanzata dall’accorciamento del suo pantalone jeans. Per me ha fatto male ad impicciarsi; lì la romana ebbe la conferma che Giovanni era pure un ingrato visto che la guardò e la trattò male per la soluzione offertagli prontamente, (in realtà più che ingrato era un tantino drogato nonostante avesse solo 16 anni, se non di meno). Quando prendeva la “roba” sniffandola restava pure un po’ aggressivo. Alcune mattine era probabile che già dalle 11 avesse fatto un paio di tiri…da sobrio era sostanzialmente un impotente mentale ed un insicuro. Guardava le mie forme, ma non riusciva a toccarmi…Una volta fatti i suoi tiri era più disinvolto; tant’è che arrivò, in complicità con la nostra (perfida) amica Vanja, persino ad abbassare, quasi togliendolo, il tanga durante il bagno al mare alla romana…questa, umiliata dal gestaccio del drogatello, uscì subito dall’acqua e, come era da prevedersi, lo andò a dire alla propria madre che lo inseguì per menarlo…lui, Giovanni, non era una persona né colta né intelligente. E non era nemmeno veramente interessato al culetto della romana nonostante il discutibile gestaccio; era semplicemente “schizzato” dall’ultimo sniffo, e ansioso di far ridere la sua Vanja con qualcosa di proibito; Vanja per quanto sfortunata esteticamente, non si drogava mica. Ve lo immaginate se avesse preso anche un caffè espresso cosa poteva venirne fuori?! Tutto sommato se le persone intelligenti non le apprezzava, quelle carine, più le guardava, più si sentiva un meschino impotente (ad ogni modo meschino lo era…per l’impotenza chiedete a Vanja…). La qualcosa non lo aiutava di certo dato che non era bello; Quanto alla romana ignoro se lo perdonò mai; quando era lui, Giovanni, ad incrociarla per strada, scappava sempre dopo quel gesto vigliacco…no, come vi stavo dicendo la romana e suo fratello più grande non ci piacevano proprio! Mica perché risiedevamo in Piemonte…! I romani, oltreché secchioni, erano figli di separati e, sia mia madre (che cornuta lo era stata di tanto in tanto), sia la madre di una mia amica di lì (che forse aveva giusti motivi per ritenere di esserlo) tendevano a vedere troie un po’ dappertutto, a cominciare da chi aveva problemi coniugali. Due paranoiche delle troie. La loro equazione, credo che si chiami così, era: separata = sola; sulla spiaggia sola = troia; allora se è separata è sicuramente una troia. Un quadro abbastanza triste: le non troppo belle sorelle della mia amica, come a proteggere la privacy della loro sfortunata madre, mandavano sguardi fulminanti a chiunque si avvicinasse al loro ombrellone, anche solo per un’innocente conversazione di circostanza. E comunque la signora in questione non amava mescolarsi con il volgo vacanziero, anche se proveniva da fuori. I loro vicini di ombrellone semplicemente non esistevano. Quella donna, così superba solo in apparenza, non sospettava minimamente che una delle più troie su quella spiaggia mi candidavo ad esser proprio io, una “normale amica” di sua figlia…la mia amica con i capelli biondo-rossicci e un corpo molto grazioso, che, volendo, era la più “pulita” in termini di nervi, sembiante, e modi. Gentile, intelligente, dignitosa e linda dentro come la romana. Solo che lei, credevo di gradirla di più…mi sbagliavo: Lei e l’altra sua amica moretta fissa, del tipo “prenotata”- e ci siamo capiti – si staccarono presto da me; a quanto pare non ero molto apprezzata…(anche se lo stesso fecero con la romana, che il più delle volte rimaneva sola con sua madre all’ombrellone). Figuratevi che voleva dire una mia amica sulla spiaggia senza padre! Io poi li odiavo già di mio: Il loro padre guadagnava molto più del mio, e non lo vedevamo mai sulla spiaggia. io ero felice di non avere a che fare con quella mezza famiglia, sempre la madre e quello scemo ingenuo del fratello; doveva essere anche lui un signor secchione. Personalmente non l’ho mai voluto salutare. A me più studi, più sei antipatico. Non ricordo di averci mai parlato, ma mi dissero che era il peggior incontro che si potesse fare: faceva il liceo scientifico, era secchione, educato, e non prendeva la droga. Proprio il tipo di stronzo (tanti cazzi se era anche romantico!) a cui non farla vedere nemmeno da lontano. Comunque, ad essere onesta, nemmeno lui mi si filava (e non capisco il perché dato che in un’occasione la mostrai anche a lui col mio solito metodo…); ci erano giunte delle voci che dicevano che con due sue coetanee di lì avesse preso un paio di cocenti delusioni, una dopo l’altra; mi domando perché avesse deciso di continuare a frequentare una spiaggia in cui era comunque “marchiato”. Nemmeno immaginava quanta terra bruciata noi da sole (ma anche le nostre madri che ne s-parlavano) gli avevamo fatto intorno a lui ed a sua sorella…Se erano furbi cambiavano località marina; del tutto! Quello stupidotto col suo motorino non sapeva proprio dove andare a sbattere, nessuna lo voleva, come nessuno voleva fare conversazione in spiaggia con sua madre separata. La vera ragione era, e lo dico solo oggi, che nel mio caso la romana, era di sicuro più bella di me! (e sì!almeno con voi devo proprio confessarlo!) Al contrario la mia amica Vanja, che in fatto di maschi non era in condizione di poter scegliere dato il suo volto lievemente deforme sugli zigomi, l’avrebbe data presto a quel roscetto coglione di Giovanni se quest’ultimo si dava una calmata, ossia la smetteva di sniffare chissà cosa (mica era detto che potesse permettersi della vera coca). Vanja si accontentava, e sapeva che rischiava di diventare la ragazza di un drogato…una donna penosa anche lei. Quindi ecco la meno peggio: Ester, una discreta biondina nemmeno lei tanto alta, tendente alle forme tonde, boccoluta, figlia della buona borghesia di lì. Non era troppo intelligente, e questo me la rendeva simpatica. Quando seppi che proprio quell’anno era stata rimandata in italiano in quarta liceo classico le strinsi la mano; ma l’avrei voluta abbracciare; una così per me sarebbe stata un’amica a vita! Con lei i rapporti erano normali: non avevamo niente da fare, ed in cazzeggiamento sulla spiaggia eravamo abbastanza brave. Questo era il mio gruppo; tutto sommato non mi divertivo molto, e la noia era sempre in agguato; anzi voglio proprio dirvi: quell’estate di metà anni 80, avevo deciso, già prima di partire per giù, che mi sarei fatta scopare veramente. La verginità me l’ero tenuta abbastanza. In quegli anni di immaturità totale avevo ingenuamente deciso che la mia voglia di un uomo e del suo membro ben duro dentro di me erano entrambe un “must”. Irrinunciabili. Mi sarei scopato il primo che mi fosse piaciuto! I miei pruritini improvvisi sempre più frequenti soprattutto tra i banchi di scuola durante le lezioni, (che erano di una noia!) non mi avevano lasciato dubbi. Mi lavavo spesso anche la patata e non me li spiegavo…mi venne detto che alla mia età potevano presentarsi a seconda degli ormoni che avevo in circolo in determinati momenti…se mi attizzava una persona dell’altro sesso non avrebbero tardato. Ecco perché avevo preso a toccarmi molto tempo prima. Ai miei compagni di media, quelli più tosti, in realtà solo ragazzi più grandi di me di terza (quando io ero in seconda), avevo già fatto io stessa le mie prime seghe dentro i loro cortili di sera alle sette-sette e mezza prima di rientrare a casa, e nei sottoscala dei loro condomini, o nei bagni della scuola di pomeriggio dopo le lezioni quando non c’era quasi più nessuno. L’idea che i bidelli o qualche professoressa mi vedessero mi stimolava moltissimo. Io li facevo venire sulla mia mano chiudendo loro il glande con il mio palmo aspettando la loro “buttata”; la mia era pur sempre una mano femminile: la migliore dopo la propria! Essi in cambio mi procuravano un innocente spinello che poi ci fumavamo assieme alla faccia dei prof…pensate che affinché le mie amichette piemontesi ci credessero una volta dovetti mostrare loro la mia mano ben sporca di sperma…erano passati mesi da quella dimostrazione; quell’estate invece mi sentivo pronta per il sesso, quello vero! penetrativo, un uomo dentro di me! A chi ho finito per dare ciò che ostentavo?!…continuate a leggere: in cambio di un “signor buco” sostanzialmente diedi, per meglio dire barattai, i miei due pertugi naturali “di prima volta”. Che volete?! Se ero stata una zoccoletta a scuola su in Piemonte, giù al mare ero decisa a farmi prendere proprio per una gran puttana. Poi magari avrei chiesto ai miei genitori di cambiare spiaggia o posto… Rabbrividisco se penso che avevo non molto più dell’età di mia figlia oggi. Se potevo, con la scusa di frequentare il mio gruppetto, contavo persino di fare quello che facevano le mie amiche più grandi: cercarmi quelli con la macchina propria per una serata da sballo…la qual cosa però non era realizzabile fino a quando i miei genitori tendevano a controllarmi, o ad informarsi sulla mia comitiva; orbene quell’estate di oltre metà anni ottanta ebbi quello che cercavo: un vero e proprio sballo e senza muovermi dalla nostra località di mare. Il tizio da cui mi feci deflorare era il giovane custode di un paio di case al mare che i padroni, tramite lui, affittavano ai turisti. Lo avevo notato sulla nostra spiaggia già da una settimana mentre ero a pranzo al ristorante della pineta con i nostri genitori. Mi sembrava un tipo sicuro di sé, biondino di quelli che schiariscono i capelli con la birra, e muscoloso dalle spalle ampie e dritte. Alto intorno a 1,80 o poco meno. I suoi capelli li portava lunghi e boccoluti. I suoi occhi erano di un bell’azzurro come il mare lì. Sarebbe piaciuto a qualunque donna. Faceva anche il custode di un parcheggio in un albergo di lì; come molti di noi oggi s’ingegnava in vari lavori estivi; mica si faceva mantenere dai suoi!…mentre si abbronzava con la sua donnina di turno me ne innamorai vedendogli accendere una sigaretta con un bel paio di occhiali da sole di marca. La sua compagna del momento lo toccava un po’ dappertutto, e di tanto in tanto tirava una boccata anche lei. Ne ero invidiosa, e mentre guardavo quei loro tocchi sul suo corpo ben scolpito mi sentivo la passera inumidirsi e gonfiarsi un pochino. Avessi potuto mi sarei toccata sulla spiaggia…sapete, costa molto in termini emotivi l’autocontrollo quando il tuo maschio ideale ti attizza…In quella settimana lo avevo visto con parecchie ragazze diverse secondo i giorni. Sembravano andare da lui in tante: era evidente che era uno di quelli che non studiava. Molte di loro gli chiedevano anche di preparar loro qualche sigaretta particolare con le cartine…era chiaro che erano spinelli che poi si facevano disinvoltamente davanti a tutti. Una mattina con le mie amiche lo trovai incredibilmente da solo che si stava asciugando al sole dopo il bagno in mare. Un’occasione unica. Mi aggiustai il tanga sulla battigia alla maniera che già sapete…poi chiesi alle mie amiche (la romana non c’era; l’avevamo già “mandata via” dal nostro gruppo…) di aspettarmi lì senza andare via. Mi diressi verso di lui e con la voce da ragazzetta gli chiesi:
“Scusa, hai una sigaretta?”
E lui sorridendo:
“Ma certo”- e ne estrasse una dal pacchetto; era una Marlboro e me la diede:
“…mi fai accendere?”- qui feci la troia: mi chinai verso di lui seduto dopo aver avvicinato il mio bacino “particolareggiato a dovere”. I peli del pube non poteva non averli visti. Mi uscivano folti verso l’ombelico. Dopo aver acceso la sua sigaretta si accorse che di fumo ero pratica. Ed io gli dissi tirando le prime boccate che mi ero già fatta degli spinelli in vita mia. Lui mi disse:
“Ma i tuoi lo sanno che fumi? non mi sembra che hai l’età per fumare…”
“Mah! Io non fumo mai davanti a loro, e loro fanno finta di non saperlo”
“Secondo me ho sbagliato a dartela, ma ormai…senti perché non la getti? Tanto io ne ho altre”
Continuai a fumare per fargli vedere che sapevo aspirare. Lui restava seduto sulla sabbia; io in piedi con la mia passera appena appena scoperta, a disposizione dei suoi occhi; se non era frocio, – e credetemi non lo era… – o quanto avrei voluto che mi vedessero quelle parruccone noiose delle mie professoresse…
“No, voglio finirla, che poi devo andare dai miei vecchi…ah proposito, io mi chiamo Angela!”
“Io invece mi chiamo Roberto”- ci stringemmo la mano. Potei apprezzare il calore della sua stretta. Quell’uomo, con poco meno del doppio dei miei anni mi piaceva. Da parte sua non mi chiese mai quanti anni avevo. Dal nostro posto ad una decina di passi dal bagnasciuga vidi che le mie amiche mi avevano fatto segno che sarebbero andate avanti. Con quella scena non volevano avere troppo a che fare. Erano più prudenti di me. Forse ero stata troppo audace pure per loro. Rimasi con Roberto a fare conversazione ben oltre la durata della sigaretta. Dopo averla sotterrata sotto la sabbia mi aggiustai un po’ il costume sotto. Smuovendo lievemente l’elastico feci in modo che vedesse la mia fica se voleva inclinare lo sguardo. Mandai il mio messaggio. Tutto stava a vedere se lo aveva recepito. Roberto mi disse senza scomporsi continuando a guardare il mare:
“…senti Angela, ti chiami Angela, no?!”
“Sì…”
Ci guardammo l’un l’altra diversi secondi quando lui sorridendomi da dietro i suoi occhiali da sole mi fece direttamente:
“…ma tu per caso vuoi…non è che vuoi scopare?”
Per niente imbarazzata risposi:
“secondo te?”
La mia peluria pubica di sopra era ancora in vista, in bella vista. Mi ero già stesa accanto a lui senza che la cosa lo disturbasse. Ora bisognava vedere se avevo rimorchiato. Gli proposi:
“Andiamo a fare il bagno? Mi accompagni? Non voglio farlo da sola.”
“Sì buona idea”- poi rivolto ad un giovane con gli amici e con il pallone da volley accanto a noi fece:- “Ehi giovane!sì dico a te!”
“…”
“Mi presteresti cortesemente il pallone per qualche minuto?”
Io intervenni subito e dissi:- “No, non mi va la pallavolo…fammi fare dei tuffi…sì voglio che mi fai fare dei tuffi…”- Lui restituì il pallone al giovane cui lo aveva chiesto ringraziando.
“Tieni! Grazie lo stesso”
Si alzò e mi accompagnò in acqua. Incrociò le mani in basso per farmi tuffare da un metro di salto all’indietro. Ero alquanto goffa. Chiaramente era solo una scusa. Io mi appendevo alle sue ampie spalle e gli spiaccicavo sul viso le mie zinne; poi tappandomi il naso facevo leva, e saltavo. Ne ho fatti una decina. Volevo che sentisse l’odore del mio corpo nei suoi punti forti: tette e bacino. Tuffetto dopo tuffetto mi ero beata della temperatura e della forza del suo corpo atletico; ci eravamo spostati dove l’acqua era un po’ più altina. Dopo l’ultimo mi immersi sotto acqua dove era profonda un metro e passai, per gioco, un paio di volte sotto le sue gambe riemergendo dall’altra parte. A nuotare sotto a rana ero discretamente brava, solo che l’ultima volta che passai feci un giro su me stessa come quelli che fanno gli aerei mentre avanzano, e dopo essermi fermata sotto di lui che allargava le gambe un po’ imbarazzato, gli feci sentire le zinne sulle sue palle coperte dal suo costume da bagno. Lo stavo imbarazzando a bella posta, e mica poco! Gli chiesi di seguirmi più in là dov’era più profonda. E coperti da un metro e mezzo d’acqua mi avvicinai verso di lui, e cominciai a toccarlo nel costume. Benché rimpicciolito dall’acqua salata il pacco si presentava bene alla mia mano curiosa, gli sorrisi e cominciai a introdurgli la mia mano destra dentro il costume in cerca del cazzo; primo: sparargli una bella pippa sott’acqua. Ne avevo fatte tante, e questa forse era la mia prima in acqua. No, in piscina, su da noi, non ricordo di averne mai fatte…che la baia, tutti i bagnanti, in quel momento mi vedessero non me ne importava nulla, coperta com’ero dall’acqua e dalle onde. Semplicemente non erano fatti loro! La mia mano destra muoveva esperta il suo arnese di carne sotto il livello azzurro cristallino dell’acqua. Solo un elicottero avrebbe potuto vederci. Avrei continuato fino a che non fosse venuto. Roberto apprezzava, e moltissimo, questo mio interesse di mano per il suo membro virile. Era bello sentire con il palmo che si induriva e cresceva ad ogni presa. Ero felice. Quello sì mi sembrava un vero maschio. Non quegli smunti ragazzetti delle parti mie…smisi all’improvviso con la sega, e immersami sotto acqua dopo un ampio respiro, a occhi chiusi cercai il suo pisello, no che dico?! il suo cazzo (ormai era grosso) con la mia bocca. Quando sentii la sua cappella sulle mie labbra le aprii, entrò molta acqua e salsedine, ed un istante dopo il suo glande caldo, dolce, e rassicurante era sopra la mia lingua. Una sensazione nuovissima per me…non lo avevo mai preso in bocca a nessuno prima di allora. Cercai di andare avanti-indietro con la bocca sei o sette volte. Esitavo, non potevo certo tossire, e dovevo anche trattenere il respiro. E se mi s’ingrossava in bocca all’improvviso? Un po’ ero spaventata, lo ammetto! Ma più facevo così, più acqua salata entrava, e fra poco oltre alla sete di acqua dolce mi sarebbe pure mancata l’aria… aspirare il suo pisellone mi diede un po’ di ossigeno, e potei continuare ancora quattro o cinque strisciate sull’asta con i denti e la lingua che voleva assaporare ogni millimetro della sua carne virile. Un paio di volte ero riuscita ad ingoiare il suo ampio glande senza soffocare. Poi, vinta dalla mancanza d’aria, riemersi per respirare. Lo riafferrai di nuovo. Quel cazzo era mio! L’uomo lo avevo scelto io…ero letteralmente infoiata mentre il sole ci scaldava con gentilezza. Feci in tempo per un istante a percepire quanto fosse piacevole un po’ di calore, un tepore vitale. Lui disceso dal paradiso, dove non vi aveva trascorso che pochi istanti, mi disse con occhi vitrei:
“Signorina, ma sei scema?tu mi vuoi mandare in galera!ci avranno visto tutti!”
“E allora? Siamo coperti dall’acqua! oh! Che bello! Duro! Uhmmmm è bello anche prendertelo in mano! Te lo tengo! Mi piace stringerlo!”
Continuai con la mia mano quella masturbazione sotto l’acqua per interi minuti senza curarmi del pubblico sulla spiaggia, al quale non interessavamo di certo…un pattìno bianco e rosso si teneva a distanza. Non sembrava che volesse incrociarci. Mi sentivo al sicuro: gli calai il costume, e presi a carezzargli anche le palle: grosse e dure come le avevo sempre immaginate nelle mie fantasie solitarie nel mio letto. Due minuti di quelle carezze a quei maschi coglioni caldissimi, e quando cominciai a carezzargli di nuovo il suo glande gonfio venne all’improvviso tra le mie dita. Continuai a spippare forte afferrandolo bene, quel cazzo doveva buttare tutto, grazie a me sola! Avevo fatto sborrare Roberto, un uomo conosciuto mezz’ora prima! Peccato che la sua linfa andasse ai pesci! L’acqua di mare ci ripulì entrambi. Poi sistematici bene i nostri costumi gli chiesi da sfacciata:
“Vuoi baciarmi un po’ la fica sott’acqua prima che torniamo a riva? Te la faccio assaggiare se la vuoi…”
“No! Grazie! Angela meglio di no! se no ti scopo qui! E poi in carcere mi ci mandano veramente!”
Mi baciò in bocca per ringraziarmi forse, chiaramente si era invaghito di me. Tornammo a riva: ero la sua nuova conquista. Mentre uscivo dall’acqua guardando verso destra vidi da lontano che stavano arrivando i miei genitori. Potevano mancare loro un cento metri…forse meno. Gli dissi prima di salutarlo:
“Senti io ora devo andare, quelli laggiù sono i miei! se ti voglio vedere un po’ dove ti trovo?”
“All’uscita del parcheggio dove portate la macchina voi…lo sai qual è? no?! dopo le due, se non ti mostri troppo, ti porto a casa mia, vicino i portici prima dell’emporio…sai dov’è?è quella con le canne che circondano il giardino prima del bar”
“Sì! Ho capito dov’è…Le due…del pomeriggio?…”
“No! Le due di notte…le mie ferie sono finite ieri!”
“No! Cazzo! A quell’ora non posso! Mia madre chiude la porta a chiave già dalla mezzanotte! se vengo alle dieci di sera ti trovo a casa? Io posso venire solo a quell’ora!”
“Quando?”
“Anche stasera!”
“Stasera sono di servizio! Cazzo! Meeeeee…Proprio oggi dovevi offrirti!”
“Ti ho sempre visto con delle ragazze! Ti guardavo e tu non mi ricambiavi, non mi filavi proprio! Neppure quando entravamo al parcheggio con la macchina, che se guardavi bene mi tenevo quasi tutta scollata sopra”
”Va bene! Senti, vedrò se mi sostituiscono, ma solo stasera! Dio! Tu mi farai perdere il posto!”
“Una cosa ancora…”
“Che vuoi ancora?”
“Me lo porteresti un buco? Magari ce lo facciamo assieme, dopo…”
“un buco?”
“Sì! Eroina vera! Roba! buona però! Non certo sintetica, la voglio provare! Quella vera! Certo mica una spada! Non voglio restarci secca! Per provare! Ah una cosa! Due siringhe separate, che non voglio prendermi l’epatite ! Una dose normale! Calcola che per mezzanotte, mezzanotte e mezzo massimo devo stare a casa se no i miei…sai com’è no?!”
“Vera! La spada ma come parli? Alla tua età ?Ehi! Giochi alla tosta! E sai pure quanto costa?”
“No, non lo so, è vero! Ehi! ma se me la procuri te li do tutti e due, me lo metti dentro dove vuoi”
“…ma tu…cosa?…chi sei che parli così?sei sicura?”
“Certo, parlo sul serio! Pensi non sia capace di scopare? tu procurami la roba che ti ho chiesto e vedrai cosa saprò darti”
Nel dirgli questo gli stavo quasi dando le spalle con l’acqua alle ginocchia, ma feci in tempo aggiustandomi il tanga, muovendolo un po’ di lato, a mostrargli anche le curve del culo. Riprendendo il mio discorso gli precisai:
“ma io i centomila per un vero buco non li ho! gli spinelli li conosco, ma ormai non li apprezzo! Non fanno niente! Ed io voglio provare lo sballo! Quello vero! Con vera roba! Solo per oggi perché sto in vacanza…allora?”
“…sta bene! Alle dieci!”
“Allora ciao!”
Mi diressi incontro ai miei genitori. E lasciai che la giornata trascorresse tra la più varia banalità vacanziera. Il pomeriggio lo passai coi miei genitori ed un paio di amiche che non dissero con chi mi avevano visto davanti ai miei. Io e Roberto, in caso di passeggiata con i miei sulla battigia, avevamo tacitamente deciso di ignorarci reciprocamente. Così quando alle sette di sera salimmo verso la casa al mare io ebbi un imprevisto: mia madre mi chiese di accompagnarla alla spesa; questo voleva dire che avrei fatto la doccia per ultima. Magari non avrei trovato nemmeno tanta acqua calda. Se andava bene avremmo finito di mangiare per le nove e mezzo. Le mie amiche di lì sarebbero passate a chiamarmi verso le dieci come tutte le sere. Mentalmente, mentre mamma si aspettava da me mente locale sulla spesa, calcolavo che di margine per staccarmi dalle amiche, raggiungere Roberto e consumare ne avrei avuto poco: si e no 45 minuti. E per mezzanotte, massimo mezzanotte ed un quarto o e mezza sarei dovuta rientrare…beh che dire?! Il posto era piccolo e quei tempi si potevano rispettare. Ma le mie amiche mi avrebbero “coperta”? Come avvertirle? A quell’epoca i cellulari pesavano almeno due chili (per chi se li poteva permettere) e di sms non se ne parlava proprio; poi le batterie duravano sì e no mezz’ora…oggi con un paio di sms sarebbe diversissimo nonché facilissimo procurarsi un alibi. Mezzora-quaranta minuti con loro, poi sarei, confusa tra la folla serale, sgattaiolata da Roberto…così almeno mi ero immaginata la cosa. Mamma mi vedeva pensosa, poi catturai io la sua attenzione involontariamente prendendo dall’emporio della piazza un sapone dermo-liquido commerciale, di quelli acidi più adatti all’igiene intima. Insomma volevo (e dovevo) lavarmi bene lì, sì proprio la vulva: che ai maschi piacesse leccarla lo avevo sempre saputo d’istinto, e qualche volta l’avevo anche consentito io stessa. Un paio della mia scuola media superiore, mi ricordo, scostarono la testa perché non era pulita, e non odorava; era chiaro mi stava puzzando. O ero io o erano le mutande…comunque tra mia madre, la dottoressa del presidio medico scolastico alla fine compresi veramente che noi femmine lì non dobbiamo male odorare…quella sera me la sarei lavata per bene. Avevo deciso di darla una volta per tutte, godere, e farmi uno sballo vero…avrei cavalcato io stessa un uomo ed il suo (speravo) palo. Io e mamma tornammo a casa, e puntualmente mi chiese di aiutarla a sgomberare le buste della spesa. Io dissi:
“Io vorrei fare la doccia prima”
“La fai dopo, adesso aiutami qui!”
Sgomberammo le buste di plastica, poi mamma mi ordinò di aiutarla a lavare i piatti.
“Prima mi aiuti, prima facciamo, prima mangiamo…”
Ero seccata, ma mi conveniva non contraddirla, casomai volesse tenermi a casa. A mano a mano che mamma lavava i piatti e li sciacquava rapidamente, io li asciugavo e li mettevo nello scolatoio. Mamma non lo stava sospettando, ma ero insofferente: avrei voluto libera tutta la sera per prepararmi a scopare con il mio Roberto…invece adesso finito con l’ultimo piatto vidi che aveva attaccato con le pentole. Papà intanto era andato a farsi lui la doccia. Fra poco avrebbe finito e si sarebbe cambiato. Mamma non la finiva mai di darmi degli ordini; non erano pesanti, ma erano ordini…dammi quello, fai quest’altro. Prendi lo sgrassatore, pulisci il tavolo, vai in balcone che la tovaglia di plastica ormai era asciutta, stendi la tovaglia. Mamma disse:
“Oddio! Ci siamo dimenticate le posate…mentre io batto la carne, tu lavale”
In quel momento le stavo dando le spalle impegnata a lavare forchette e coltelli vari. Mamma dopo un po’ di movenze in cucina tra frigorifero e tavolo aveva dimenticato la carne scartata sul tavolo. Io sapevo dov’era andata: ad offrire il proprio sesso a papà , in bagno. Loro due avrebbero finito la doccia assieme e consumato una sveltina casalinga. Avevo nove anni quando li vidi “fare” la prima volta…loro due non parlavano del sesso con me, ed io facevo finta di non saperlo…mi fecero aspettare una ventina di minuti. Li avevo osservati furtivamente anche questa volta. Mamma si era tolta il costume e potei vedere il suo culone bianchissimo; papà iniziò a toccarla e lei subito mise la caviglia destra sul bidet, e sollevò quindi la sua natica. Papà buttò il dito della mano destra tra le chiappe cellulitiche mentre spremeva la tetta sinistra con la mano sinistra; il gioco durò un minuto intero; era piaciuto anche a me che mi massaggiavo la patata già dai tredici anni quando li vedevo scopare appassionati di prese sui loro corpi; cominciò ad esplorarla famelico baciandola sul collo e dietro l’orecchio. A quanto ricordo quella per mia madre era una zona ben erogena. A papà l’esplorazione rettale piaceva. Lo faceva sentire dominatore. Mamma (che se lo voleva tenere stretto) tollerava i suoi vizietti da ginecologo da strapazzo per non mandarlo dalle puttane (che costano) o peggio ancora da una sua eventuale amante…mio padre raggiunse l’eccitazione bussando col cazzo grosso ed in tiro al culo di mamma. Lei tolse subito la caviglia dal bidet e si chinò verso la finestra appoggiandovi entrambe le mani. Mentre lui la prendeva per i fianchi si ricordò di chiudere la maniglia per non mandare i loro rumori all’esterno. Scena ovvia! -pensavo- adesso glielo mette al culo così ci gode dentro senza preservativo…mamma infatti diede un urletto soffocato mentre mio padre glielo aveva infilato dentro calmo e disinvolto. Forse non le aveva neppure dato il tempo di lubrificarsi. Chissà quante volte lo avevano fatto…Quelle che vedevo muoversi erano le natiche pelose di papà insieme ad una vista parziale dei suoi coglioni. Non vedevo il pelo di mamma…che quella posizione gliela concedeva spesso. Mio padre avevo imparato a conoscerlo: durava poco. Neanche cinque minuti e con grande sollievo di mia madre venne. Si staccarono e si diressero abbracciati baciandosi (a quelli mamma teneva) verso il quadrato doccia opaco. Lì credo che dovette leccarle la fica mentre scendeva l’acqua perché sentivo i rantoli di godimento di mamma. Non erano di sofferenza. Poi, dopo essersi lavati, si diressero entrambi in camera da letto per cambiarsi. In quel momento nessuno si stava occupando di me. Andai in bagno ed iniziai a spogliarmi. Mi tolsi il costume, e nuda, lo deposi nel lavabo per sciacquarlo dalla salsedine e dall’umidità del mio ultimo massaggio. Ero anche un po’ sudata per la tensione di averli spiati e per il caldo. Poi andai a fare la doccia. Papà e mamma l’acqua calda me l’avevano lasciata. Mi lasciai scorrere l’acqua su tutto il corpo, e dopo cinque (forse) piacevoli minuti mi insaponai il corpo, tutto quanto. Finita di sciacquarmi, anche se ero già ben pulita dalla salsedine e dalla sabbia, andai verso il bidet per il mio capolavoro. Il profumo della mia fica e la fragranza del pelo. Pelo e vulva, per me un binomio inscindibile. Certo quelle che se la fanno a pomodorino sono belle, ma proprio non le capisco. Mi piace così tanto vedermela allo specchio a gambe chiuse, mentre ho qualche dubbio a gambe aperte. Parlavo da sola mentre, seduta a gambe larghe sul sanitario, muovevo le manopole dell’acqua calda e fredda. Ero felice. Avrei presto conosciuto il sesso, quello vero, non sfiorato, né timidamente accennato: quello fatto! Ero io sola la padrona della mia fica. Ero io ad aver deciso quando, e a chi darla! La mia evasione programmata mi rendeva fiera. Ero tesa anche in quei momenti di pianificazione mentale. Dentro la mia pancia sentivo qualche contrazione lieve solo a pensare a cosa avrei fatto quella sera: un’ora di vero sesso, molto più bella di quattro ore a scuola con i professori e professoresse che non stanno mai zitte. La spugnetta di acqua tiepida e sapone sul mio spacco mi stava rilassando. La passai un po’ di minuti…fino a che la mia vulva aveva assorbito tutta la schiuma. Mi sciacquai ed asciugai quando sentii che mi stavano chiamando per la cena. Cenai davanti a loro in mutande e reggiseno per non rischiare di macchiare i vestiti. Tanto ospiti non ne avevamo. Mangiammo tutti sereni e con calma. Dopo mi vestii mentre aspettavo che mi venissero a chiamare le amiche; il tempo sembrava non passare mai. Più i minuti trascorrevano più si restringeva il mio margine; non ero mai stata un’insicura, ma temevo un’ondata improvvisa di caldo che mi facesse sudare cancellando quella pulizia intima che mi ero praticata. Se avessi dovuto fare una seconda doccia i miei avrebbero potuto sospettare qualcosa; decisi di andare a vestirmi e di farlo lentamente davanti allo specchio. Avevo preso ad ammirare il mio corpo; mentre cercavo le scarpe, che avevo perso di vista già prima della doccia, sentii la voce di Ester che chiedeva di me ai miei genitori all’ingresso; finalmente! Erano le mie amiche: quella sera vennero alle nove e quaranta per invitarmi alla solita passeggiata in piazza della sera. Le feci aspettare un pochino e dopo aver finito di profumarmi scesi dabbasso, e chiesi ai miei genitori di potermi unire alla mia comitiva…I miei genitori non sospettavano niente. In fondo le mie amichette, che i genitori sulla spiaggia li avevano tutti e due, erano la mia migliore copertura. Iniziammo la serata con un gelato da quella grande pasticceria che c’era alla piazza. Una gelateria conosciuta per quanto erano buoni i suoi gelati. Facevano affari con tutti quei clienti, anche se avevano il vizio di pagarsi a parte 100-200 lire in più la panna sul cono o sulla coppetta…consumai il gelato con le amiche. Quella sera indossavo dei pantaloni bianchi lunghi ed una canotta attillata azzurra. Fortuna che non tirava di tramontana altrimenti la schiena nuda mi sarebbe costata un bel fastidio. Eravamo cinque compreso Giovanni il timido semi tossico; ci prendemmo un tavolo all’esterno, che dava sulla piazza; la gelateria ci offriva questa possibilità , anche se non c’era propriamente un servizio al tavolo. Mentre leccavo il gelato guardavo in direzione dei portici per vedere se vedevo Roberto rientrare a casa. Purtroppo vidi la romana, sempre con sua madre, a piedi tutte e due che cercavano il fratello che era col motorino; quel cretino pochi istanti prima stava parlando con un gruppetto di persone che lui credeva amici; mi era giunta qualche voce: lo trattavano bene davanti; ma gli parlavano dietro, ed in parecchi. Soprattutto un tale Davide, il ragazzo di una mia amica corregionaria più grande, ai quali il romano studioso stava sul cazzo…non ne diceva bene quell’effeminato di Marco, il maniaco della toeletta con calma e del pettine, non lo gradiva troppo; sembrava che gli togliesse importanza. Quel coglione del romano però non la vedeva così; non era il tipo che gli piaceva porsi e competere… altri come Giuseppe, Fabio, Luca, Michele o il gentile Alfredo invece lo avevano capito, e non infierivano mai con le prese in giro. Comunque era un vero zimbello. Ammirato da pochi, invidiato da molti, e deriso dai più: e qui non era certo colpa mia! Ne faceva ridere tanti col suo candore. Nelle prese per il culo era popolare…(forse anche per questo i miei infelici amici Vanja e Giovanni “osarono tanto” con quella stronza studiosa di sua sorella…). Nella piazza del mercato davanti alla chiesa c’era anche tanta gente “per male”. E sì che era il ritrovo anche di cafoni, avanzi di galera, alcolizzati, o di individui socialmente repellenti, come Giorgio e un altro Marco, delinquenti locali abbastanza noti, oppure Nino un delinquente di Salerno, grandissimo ignorante, degno amico di questi ultimi: pare che in qualunque suo discorso (quando riusciva ad usare un italiano corretto nonostante il suo schifoso e pesante accento campano) riuscisse ad infilare anche un “suca!” ben esclamato ad alta voce anche in pubblico…beh, questa combriccola di balordi, talvolta ben vestiti, ottimi candidati per qualche storiaccia di stupri estivi, aveva iniziato a prenderlo di mira… Prima o poi qualcosa gliel’avrebbero fatta se non li avesse tenuti alla giusta distanza; ma lui non era certo il tipo che sapeva difendersi… Lontanissimi dal nostro gruppo e noi da loro! Oh! Giovanni si stava innervosendo; non tardai a capire il perché…quell’imbecille di Giovanni era convinto che il romano lo volesse menare per quello che aveva fatto a sua sorella minore(ehi ! Dannazione! ma da quando il romano aveva le palle?me lo stavo chiedendo tra me e me osservandoli entrambi: il romano e Giovanni)…cazzo, che sfiga! Il romano sta venendo qui in gelateria, ecco! ha appena salutato le mie due amiche di qui (che hanno sempre risposto ai suoi saluti, altro che Giovanni!); io invece mi voltai, e gli diedi le spalle. A me il romano stava proprio antipatico forte. E in una serata come quella se mi avesse guardata o salutata mi avrebbe portato jella… Ma proprio qui doveva venire! No! Aspettate un po’! Voglio spezzare non dico una lancia, diciamo uno stecchino in suo favore: il romano era discreto quanto ad aspetto e prestanza fisica (Oh! Niente muscoli! Si vedeva che era un mantenuto che non spendeva certo le sue lire in palestra)…ma con chi credete che si accompagnasse? Con amici carini, sicuri di sé, che attirano altre ragazze? Figuratevi! Bleeeerrrrr! Lui sceglieva le persone anche in base ai voti a scuola-era per questo che non mi calcolava?- In quel momento era in compagnia di un suo amico di spiaggia molto brutto, un secchionaccio come lui, ma del liceo classico te le raccomando certe compagnie! una bella coppia di saccenti, secchioni, studiosi, colti, e molto, ma molto, supermegaultrasfigati al quadrato! All’amico del romano gli faccio la grazia! Non lo nomino di nome perché era veramente un caso disperato quanto a bruttezza. Pieno zeppo di acne all’inverosimile e con le spalle strette! Lo avrebbero persino squalificato anche dalle olimpiadi mondiali dell’horror per…eccesso di professionismo! Il romano si può sapere dove aveva gli occhi ? Oppure ne aveva amor proprio ? Senso estetico ? Che vuole il romano se frequenta le persone sbagliate?…Ma cazzo, dai !…Ehi?! Ma che ?…vengono al nostro tavolo?! Eccoli, vaffanculo, vengono qui, proprio da noi! Entrambi ignorarono quel coglione di Giovanni…sapete, Giovanni non era il tipo che studiava. Diversamente marsch!…Comunque finse di andare a vedere alcuni quadri venduti all’asta all’aperto…Lui, che era proprio un rozzo, si interessava all’arte! Quello sì sarebbe stato un bel quadro! Noooo! Porca miseria! Arrivati! I due secchioni ci guardarono in cerca di conversazione di circostanza; nessuna di noi diede spago. Non era proprio un’alzata di scudi ma…Non ci piaceva far sentire importanti quei due secchioni di sicuro cocchini delle loro professoresse e delle loro madri, che per contro non avrebbero mai saputo da quale parte iniziare a spogliarci prima di scopare (ehi! Non fraintendete! Ipotesi lontanissima questa) quanto all’altro, quello proprio brutto, di conversazione era più problematico del romano! La mia amica rossa rispose al saluto distrattamente con il suo solito sorrisetto (glielo invidiavo; sorrideva proprio bene…io avevo convinto mamma a farmi fare l’apparecchio mobile, il fisso mai! Tortura da secchioni!) L’altra, la moretta, si limitò a sorridere ed a scambiare qualche battuta sulla sua pettinatura e la Grecia…sempre e solo cazzate sapeva dire quel signorino “so tutto io” quando era a disagio, (o in imbarazzo?). Un saluto generico con sorriso anche Ester la quale approfittò della circostanza per chiedergli se le faceva, per suo conto, il tema di italiano visto che era stata rimandata proprio quell’anno. Non ricordo ora, ma sembra che il rettissimo secchione, che avrebbe potuto dire alla non tanto male Ester (era sì un po’ botola; ma tanto culo in più!, no?!):-“Tu me la dai ed io ti scrivo il tema” -lasciò cadere la cosa. Ma ci pensate? Lui se la sarebbe trombata, e lei ci avrebbe raccontato se ne valeva la pena con il romano…Beh, per quell’altro bloccato mentale Ester il tema avrebbe dovuto farlo da sola e basta. Vi rendete conto che tipo?!Ma insomma! Oltre a non avere il padre lì al mare, non aveva manco le palle? Mah, si erano fatte le dieci di sera ed ai juke box della piazza stavano gettonando una fortunata canzone di Paul Young…chiesi alle amiche se facevamo una passeggiata presso il belvedere, e in tal modo contavo di staccarmi anche da loro per andare dal “mio Roberto”. L’amica rossa, con molta gentilezza, fece capire al romano che lui e l’amico non erano graditi nella passeggiata con noi. Per cui lasciammo loro il tavolo che avevamo occupato presso la gelateria. Fui la prima ad alzarmi, e a prendere (rapidamente) le distanze dal romano per non doverlo salutare nel cedergli la sedia. Quello stronzo guardava verso di me. Lui faceva la persona gentile, ma io non volevo guardarlo proprio, era troppo sfigato; come non volevo avere a che fare con sua sorella, sempre seria. Qualche secondo dopo Vanja, Ester, e le altre due del posto si allontanarono assieme a me; ci dirigemmo verso i portici in direzione del belvedere…decisi che non potevo rivolgermi a Vanja: aveva la lingua troppo lunga, come quella delle vipere; Giovanni essendo un giovane drogato era inaffidabile anche lui; era giocoforza che chiedessi alle restanti amiche di aiutarmi a coprirmi con i miei genitori finché facevo quella “super scappatella” che mi ero progettata. Avevo qualche dubbio su Ester; ma ormai avevo parlato. Venti minuti dopo mi liberai lo stesso. Ester e le mie due amiche dissero a Vanja e Giovanni che ero andata a cercare un bagno, e fecero proseguire la passeggiata a quei due. Io ero tornata verso la piazza per raggiungere Roberto a casa. Riconobbi l’indirizzo che mi aveva dato usciti dall’acqua, e dopo essermi guardata intorno con fare furtivo due volte (temevo naturalmente che ci fossero i miei genitori a passeggio) suonai al citofono, l’unico, bianco, senza scritte. Era un ingresso indipendente ed anonimo. Le luci dentro erano accese; si vedeva dalle tapparelle del giardino guardando tra le canne della recinzione. Il cuore mi batteva veloce. Mi sarei sentita al sicuro solo dopo la chiusura di quella porta dietro di me. Era passato forse un minuto e riprovai di nuovo, i secondi passavano e ancora niente…passavano tante persone, nessuna che conoscessi! Meglio così. Provai di nuovo. Sentivo dei passi…
-continua-
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