“Le strapparono via il perizoma…”
Rassettando casa ho scoperto che mio marito tiene un diario che fino
al momento del mio ritrovamento doveva essere un segreto per lui ma la mia curiosità mi ha portata a violare questa sua privacy.
Sul diario sono annotate tutte quelle cose che riguardano i suoi desideri sessuali, le sue aspettative di coppia, come desidera io mi comporti con gli uomini di una certa età e come gli piace che io vesta. Parla dei nostri momenti più esaltanti ma anche dei momenti di crisi vissuti durante la nostra lunga relazione con Ciro e anche del mio desiderio crescente di essere posseduta da maschi maturi e autoritari dopo che inizialmente ero stata sempre riluttante verso questo suo desiderio di vedermi provocare, pomiciare e poi fare sesso ed esibizionismo con maschi maturi. Sfogliando l’ho trovato sempre più interessante e intrigante, ho letto quelle che erano le sue considerazioni circa i momenti di esaltazione del nostro rapporto di coppia dopo le prime esperienze vissute con Ciro e con altri singoli, al sottile equilibrio gelosia/fiducia necessario affinché la presenza di altri uomini non vada a destabilizzare il nostro rapporto di coppia.
Inoltre, nel continuare a sfogliare le pagine di questo straordinario diario del mio maritino, ho anche scoperto che ama “raccontarsi” alcune delle nostre avventure e addirittura che è a conoscenza di un tradimento avvenuto a seguito di una violenta lite avvenuta tra noi due e che voglio riportare integralmente in modo da non modificare quelle che sono state le sensazioni da lui provate in quel momento e nei momenti successivi:
“Ero andato a riprendermela. Mia moglie aveva trascorso la settimana di ferragosto con una sua zia tornata dal Canada per le ferie estive. Ci trovavamo in viaggio, in macchina quando è nata una discussione tra noi. Si trasformò presto in un litigio furibondo e arrivammo ad offenderci in maniera sconcia. “Cornuto! Pappone!” “Zoccola! Puttana!”
Mi obbligò a fermarmi per discendere. Era una contrada deserta. La lasciai accanto a quella che pareva una trattoria di campagna contigua ad una fermata di corriera, nella campagna arsa dal solleone. Voleva continuare da sola, disse, e mi invitò a ripartire. Io avanzai solo di poche decine di metri e mi misi nell’attesa che si calmasse e tornasse in vettura. La vidi indugiare un poco sul ciglio, nella succinta veste scollata con cui era partita, in bilico nei sandali di legno tra i sassi.
Si decise ed entrò nel basso edificio oblungo per una porta che a malapena s’intravedeva attraverso un pergolato. Dopo alcuni minuti ne riuscì in compagnia di tre tipi. Uno non poteva essere che l’oste, un grassone flaccido cinto da un lercio grembiale. Gli altri parevano avventori ed amici suoi, d’aspetto sufficientemente volgare. Con questi Assunta sedette ad un tavolo. Chiacchierarono, occupando l’attesa della pietanza fumante che il grassone servì loro dopo qualche tempo. Costui, poi, non avendo altri avventori cui badare, si sedette pure con loro, servito se stesso. I maschi celiavano fragorosi e lei li assecondava vezzeggiando, mangiando un poco della pietanza che, forse, non era proprio di suo gusto. Rideva per le battute rivoltele, la veste per la calura tirata sulle gambe nude accavallate, i sandali persi sotto al tavolo.
Osservavo quella scena dalla mia macchina parcheggiata in un viottolo nascosto e con l’aiuto del binocolo recuperato nel baule, incredulo per la rapidità con cui era stata capace di attirare l’attenzione di quei tre tipi poco raccomandabili.
La forzarono a bere del vino rosso e la vidi, un po’ alticcia, alla fine accettare di salire coi due nel loro fuoristrada. Partirono e li seguii da lontano, sempre in bilico tra smarrirli e riprenderli, sin dentro la boscaglia, lungo un’interpoderale dissestata, sin dove potei con la mia berlina, che dovetti poi fermare per proseguire a piedi, ricoveratala in un recesso tra gli alberi, pregando che la loro meta fosse ormai prossima.
Scorsi, per una breccia che poco più avanti si apriva nel fondo del sottobosco, il fuoristrada parcheggiato in uno spiazzo assolato. Avanzai, guardingo, per un breve tratto nel sentiero, poi la prudenza mi indusse ad occultarmi nel fitto e in esso tentare di raggiungere il posto, che si trovava a circa un centinaio di metri. Giunto a ridosso, scoprii una casa che pareva abbandonata, un rudere assediato dai pruni. Attraverso le portiere spalancate del fuoristrada, vidi la borsetta di mia moglie adagiata sul sedile posteriore. Osservai meglio e scoprii anche la sua veste. Un sentimento che era un misto di vergogna, di ferocia, di abiezione, mi corse il petto. Mi sistemai dietro una siepe tra gli alberi più prossimi al luogo. Per un po’ non udii altro che i rumori della campagna stordita dal sole a picco, poi, d’improvviso, un urlo proruppe dal vano buio del rudere per la porta spalancata. Seguì un vociare scomposto. Mi avvicinai, col cuore in tumulto, alla parete più prossima della costruzione. Udii le vivide ed agitate esclamazione di Assunta e le sconce esortazioni dei maschi. Guadagnai una piccola finestra protetta da due sbarre in croce, ma priva di imposte, che si apriva tra gli sterpi. Gettai lo sguardo sull’interno. Seduta sul bordo del materasso lercio disteso sopra la rete metallica rugginosa, mia moglie era alle prese, nuda e scarmigliata,
con due cazzi spropositati. Si contendevano la sua bocca e lei non riusciva ad assecondarli come volevano. I due bruti, ritti davanti a lei, la presero a ceffoni e, sollevatala di peso, la gettarono sul letto. Le strapparono via il perizoma. “NO! NO! Vi prego! Non sono abituata a queste cose..” Non si curarono delle sue proteste. Si sfilarono veloci le braghe e la raggiunsero. “NO! NO!” “Sta’ buona, puttana!” “tie’!! tie’!! troiona!!” La picchiavano, tenendola in mezzo, e le mantennero i cazzi tra le cosce, domando la sua agitazione, per poi, spingendo con forza, penetrarla insieme. “NOOOO!! AIUTO!! NOOOO!!” Era presa. Restò senza fiato tra i due che la squassavano. “Mignotta!! Ti piace!! Sei tutta aperta!! Vacca!!” Per quanto so e posso immaginare, non credo che mia moglie avesse mai fatta prima l’esperienza di essere riempita in vagina da due cazzi insieme e di quelle dimensioni. La vidi chetarsi ed assecondare il gesto dei due, attendere che la riempissero con i loro spruzzi. “Ah!.. Maiali!.. Ah!:.” “Ti sei bagnata! Porca!” “Si! Si! Si!” Singhiozzava per il godimento. Si scaricarono quasi in contemporanea. Si ritrassero soddisfatti e la liberarono. Assunta si girò supina, a gambe aperte, con gli occhi socchiusi, quando discesero dal letto. Entrambi la osservarono con lo sguardo carico di laida ironia. “Che zoccola!!” “Puttana!!” Ripresero le braghe ed uscirono. Li vidi di scorcio andare a pisciare ed accendersi le sigarette, che trassero dalla jeep. Tentai di decifrare i loro discorsi. Mi avvicinai, con estrema cautela, mantenendomi occultato nel fondo della vegetazione. Potevano avere tra i cinquanta e i sessanta. Erano entrambi corpulenti e scuri. Rappresentavano il genere di maschio delinquenziale che non è mai auspicabile incontrare. Uno, che sentii chiamare Antò dall’altro, aveva modi più da capo. Il compare – che avrei scoperto chiamarsi Augusto gli domandò che contava di farne della zoccola. Antò avrebbe, dopo un momento di silenzio, detta la sua se in quel momento mia moglie non fosse comparsa sull’uscio. Barcollava un poco, tutta nuda, e si teneva con una mano allo stipite. Sorrise agli uomini e avanzò incespicando con i sandali tra le pietre. Si chinò in un angolo a fare pipì. Un po’ rinfrancata, rialzatasi, si avvicinò loro, con le braccia conserte, corsa da un brivido. “Devo andare! Adesso! Dovete accompagnarmi..”. Antò le si accostò e le palpò il culo. “Sei già sazia?!” Le fece sentire il cazzo attraverso i pantaloni, pressandola. La baciò con foga sul collo e lei si girò concedendogli la bocca. “Piano.. Mi soffochi.. Che sete!! Non avete da bere? “Ce sta’ ‘na bottiglia d’acqua, ma è calda.. Ma mo arriva Peppone colla robba fresca!” “eh?” “È quello della trattoria!”
Peppone sopraggiunse dal sentiero a bordo di una traballante e vetusta giardinetta. Scaricò un pesante frigo portatile e lo sistemò all’ombra, in un anfratto tra gli alberi dove, notai, c’era anche da sedersi intorno alla cenere di uno spento falò.
Il grassone si avvicinò, ammirandola. “Sei bona! Che culo!” La toccò. Assunta, evidentemente ancora sotto l’effetto del vino che non regge assolutamente, non si sottrasse. Lui le offrì da bere. “T’hanno trattata bene ‘sti due?” Mia moglie sorrise ed accettò la lattina di pepsi, che vuotò in poco tempo. “Com’hai detto che te chiami?” “Assunta!” “De dove sei?” “Sono della Campania” “E che ce fai da ‘ste parti?” “Stavo viaggiando con mio marito, ma abbiamo litigato..” Le offrì una seconda lattina. Lui ne aveva già vuotate due di birra e, dopo una serie di rutti fragorosi che fecero ridere i compari, continuò a domandarle. “In Campania ci venivo quando andavo coi camion. Tante zoccole. Tu in che zona batti?” “Non batto.. Faccio la casalinga e sono sposata… E adesso devo andare. Dovete portarmi alla stazione”.
Si rese seria in volto e accennò a discostarsi da lui che quasi l’opprimeva con la sua mole. Andò a sedersi accanto agli altri. Ma Peppone non aveva terminato e, vuotata la terza lattina di birra, la trasse ritta tenendola per un braccio. “Prima ce devi fà divertì tutti quanti, Allora, sei una signora? Annamo mo te vojo dà quelo che te meriti… Cammina, signora!” Con un piglio di ferocia stampato sul viso la sospinse dinanzi a sé, verso la casa. Mia moglie incespicò e cadde sulle ginocchia, facendosi male, ma lui non le permise di indugiare, la sollevò e la trascinò di peso dentro.
Ritornai sui miei passi. Gettai nuovamente lo sguardo dentro. Stava supino sul letto, nudo: un’enorme massa straripante di lardo e muscoli. Assunta lo stava eccitando con la bocca, prona. Pensai che quello era il paese dei superdotati. Anche a questo gli partiva da sotto il ventre un’asta nerboruta, lunga non meno di ventidue centimetri, spessa, con il glande congestionato che mia moglie a malapena riusciva a tenere tra le labbra. “Lecca bene troia! Sei brava! Ci sai fare colla lingua…” “Mmm! Mmm! Ah! È grosso” “Lecca le palle!!” “Si, sono piene! Mmm!” “Brava.. Si.. Così.. Sei esperta! Sei brava a succhiare! Bocchinara! Ciucciacazzi!” “Mmm!.. Ah!.. Si… È buono.. Hai un buon sapore! Mmm!” Restarono ancora un po’ così. Lui le accompagnava il capo con le mani enormi tra i capelli, scompaginandoli ancor più. Poi ebbe un improvviso scarto. Accennò a rialzarsi. “Mettiti alla pecorina!” “Si” Faticò a riportarsi su mentre lei si disponeva offrendogli il culo con movenza oscena. “Ti piaccio?” “Sei bona! Si, sei bona! Che culo! Che troia!” Ansimava per l’eccitazione. Le afferrò le chiappe e la puntò. Assunta da sotto cercò il cazzo con una mano e lo indirizzò. “Spingi! Lo voglio!” Lui, che non avrebbe atteso il suo invito, senza alcun garbo entrò con violenza e cominciò a scuoterla. “Ah! Si! Tutto! Si! Lo voglio! Ah!” “Troia! Zoccola!” La teneva forte per i fianchi e la sbatteva. Le assestava pure violenti ceffoni sulle natiche arrossate e sulle cosce. Malgrado la mole ed il grasso, si muoveva con energia e la strapazzava senza riguardo. “Ah! Bello.. È bello.. Che cazzo! Come mi riempi bene!” Riconobbi l’orgasmo di mia moglie montare fragorosamente. Assunta lanciò acute esclamazioni di piacere e fremette in tutto il corpo. Ciò spronò il maschio che, in capo a poco, si irrigidì e, vibrando intensamente tutto l’ammasso adiposo, si scaricò dentro. Crollarono poi giù, esausti.
Dopo Peppone rientrarono i due vecchi di prima che la scoparono nuovamente a turno e solo quando furono soddisfatti, la accompagnarono alla fermata della corriera dove io qualche minuto dopo la feci risalire in auto per riportarla a casa.
Quella grandissima vacca di mia moglie mi aveva fatto cornuto facendosi sbattere come una puttana da strada da quei tre energumeni.
Tutto questo mi procurò uno stato d’animo discordante prima di gelosia e successivamente di eccitazione animalesca nel vedermi fatto cornuto con quei tre sconosciuti rozzi e violenti”.
“In quella circostanza ho capito che mia moglie è finalmente diventata la vacca che tanto desideravo”.
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