Promoted Asian OnlyFans Model Mimi Chan
Promoted Blonde Slavic OnlyFans Model Sarah

L’amante prof. 2 – “Voglio sentire di nuovo il tuo cazzo nel mio culo, fammelo sentire, ormai ne ho bisogno”

“Non accadeva però tanto spesso quanto avremmo voluto…”

Era stato un incontro non previsto, ma impetuoso, travolgente, come accade quando
è atteso, desiderato, ma non si ha il coraggio di programmarlo. Così era accaduto a noi, dopo aver partecipato alla riunione scolastica. Avevo scambiato giusto qualche messaggio ammiccante con la mia collega di scienze, ma poi, quando ci siamo incontrati giù nel parcheggio, è stato come innescare qualcosa di esplosivo. Dinamite.
Da allora ci vedemmo altre volte, sempre in macchina. Non accadeva però tanto spesso quanto avremmo voluto. Avevamo casa e famiglia tutti e due, e dovevamo incastrare i nostri orari, ma ogni cosa era dimenticata nel momento stesso in cui ci chiudevamo dietro gli sportelli dell’auto. Era una bolla all’interno della quale i nostri corpi si esaltavano, la pelle diventava sensibile e pareva volesse cominciare a suonare da un momento all’altro; i fluidi corporei non avevano più nulla di disgustoso, perdevano qualsiasi carattere di vergogna. Volevamo, pretendevamo anzi, la saliva l’uno dall’altro, lo sperma era preziosa rugiada da sorbire con devozione, come il vino della messa. Avrei cantato sotto la pioggia dorata della sua urina se avessimo avuto uno spazio adeguato. L’automobile era una bolla che ci isolava dal resto del mondo, una sfera di cristallo all’interno della quale potevamo vedere il nostro futuro insieme. E quel futuro era identico al preciso istante da cui lo osservavamo. Noi due, nudi, ansimanti, in un orgasmo senza fine, eternato dalla memoria e dal desiderio. Questo era il nostro presente, quello l’unico futuro che potevamo immaginare.
Entrambi abitavamo distanti dal lavoro. La scuola era il nostro punto d’incontro, ma gli incontri veri e propri avvenivano in posti appartati, in maniera fugace, tali da farci rimanere solo brevemente soddisfatti.
Fu proprio il pretesto della lontananza, l’inverno che si avvicinava, la stanchezza causata dalla guida e la pericolosità della strada a permettermi di giustificare la decisione di prendere un piccolo appartamento in affitto vicino al posto di lavoro. Fu una decisione che ci apparve come una liberazione, l’occasione per poter finalmente dare sfogo a tutti i nostri più intimi e reconditi desideri, e perché no, anche perversioni. Me lo aveva confessato dopo aver ingoiato avidamente il mio sperma dopo un pompino che mi volle fare all’esterno della macchina, all’aperto, sulla collina, da dove potevamo osservare la città intera senza essere visti: con me era riuscita a fare e a dire cose che neanche con il marito e forse neanche pienamente con se stessa era riuscita a manifestare.
La prima volta che venne a casa fu un giorno di sciopero dei ragazzi. Quando studiavo anche io avevo partecipato a degli scioperi, ci credevo, pensavo che le nostre azioni sarebbero servite a cambiare un mondo che non ci piaceva. Da insegnante era lo stesso, la consapevolezza e la presa di posizione dei miei alunni nei confronti del mondo che li circonda la ritenevo e ritengo importante per la loro crescita. Quel giorno però lo sciopero significava tutt’altro per me. Significava mettere in atto una vera rivoluzione, uno stravolgimento, lo stravolgimento di tutti i sensi, come profetizzava il giovane poeta francese. Arrivò prestissimo, era bella, elegante, una signora. I capelli non troppo lunghi erano legati sulla nuca. Un gilet di lana copriva la camicetta bianca di seta, mentre una gonna sotto il ginocchio fascia va le gambe velate da calze leggerissime. Non ero imbarazzato naturalmente, ma quella distanza aristocratica rispetto a me, che provenivo da una famiglia piccolo borghese di periferia, mi inibiva. Fingevo comunque disinvoltura, le offrii da bere, volle solo un bicchiere d’acqua, e ci accomodammo sul divano. La baciai, e cominciai ad accarezzarle il seno. Qualcosa non andava, stavo facendo un gravissimo errore, stavo riproducendo uno schema erotico che aveva gli evidenti limiti della macchina. Mi fermai, ci fissammo. Lei non sapeva cosa pensare, mi guardava curiosa, forse intimorita. Approfittai di questo suo breve smarrimento e le dissi, con risolutezza, che doveva alzarsi e mettersi vicino al tavolo. La volevo guardare, glielo svelai, mentre si spogliava per me. Era a meno di due passi, e ciò la imbarazzava, ma credo che lo trovasse anche eccitante. Con gli occhi bassi, lievemente arrossata in volto, si tolse il gilet, lo piegò e lo appoggiò sulla sedia accanto a lei, lo stesso fece con la camicia e poi con la gonna. Si tolse quindi le calze, era impacciata, per nulla sensuale, ma questo faceva di lei una ragazza ancora più vera, e della situazione un momento di eccitazione non solo fisica. A quel punto mi alzai, mi tolsi giusto il maglione, perché la cintura la slacciò lei, e i pantaloni si abbassarono insieme alla sua testa che arrivò lentamente all’altezza del mio membro, ormai duro già da un pezzo. Lo liberò dai boxer e lo imprigionò subito dopo tra le sue labbra. Stette lì qualche minuto, in ginocchio in mutande e reggiseno. Dietro di lei c’era il tavolo, e ne volli approfittare. La tirai su e la girai, facendola piegare sul piano del tavolo. Il suo culo, il suo bellissimo culo velato da slippini semitrasparenti si offriva al mio sguardo, impudico. Accarezzai le mutande tra le gambe e mi accorsi che erano bagnate, bagnate come non avevo mai visto prima, quasi si fosse fatta la pipì sotto. Lei respirava affannosamente, vedevo il suo seno schiacciato sulla tavola ondeggiare, mentre con la coda dell’occhio mi guardava chiedendosi cosa avrei fatto, o chiedendomi di fare qualcosa, al più presto. Mi chinai, le sfilai le mutandine, avvicinandole al naso per sentirne l’afrore. Sì, c’era anche dell’urina insieme al viscido umore del piacere, e me le infilai in bocca per succhiare ogni liquido e farlo mio. Lei se ne accorse, emise un gridolino e schizzò altra pipì, che colò tra le sue gambe ma anche tra le mie, calda. Subito dopo cominciai a leccarla, riprese a urinare, sibilando, e stavolta la feci scorrere sulla lingua e ne bevvi come un cane. Dopo che ebbe finito mi soffermai poco però sulla figa, perché mi accorsi presto che a farla godere era la punta della lingua sull’ano. Era totalmente abbandonata, inturgidivo la lingua per poterla meglio penetrare. Cominciò a toccarsi il clitoride, e a miagolare, quasi stesse piangendo. Anzi rideva. O forse era una sensazione così forte e intensa che anche le stesse emozioni finivano per confondersi. Era pronta, spalancata, e anche io ormai volevo solo sentire il calore del suo sesso avvolgermi. Mi alzai e la riempi di me, cominciando a cadenzare lentamente il ritmo, per sentire dapprima le sue labbra interne accogliere il mio glande e poi le labbra esterne solleticarmi i testicoli. Non volevo, non potevo abbandonare il suo ano, e perciò, sempre inumidito dalla saliva e dal suo stesso umore, le tenevo il pollice della mia mano a solleticare le lo sfintere. Avevamo i piedi nell’urina, e non mi sentivo comodo. Dovevamo passare a un’altra fase. La presi, la portai nell’altra stanza e ci togliemmo ogni residuo di vestito. Si mise supina, ma le spalancai le gambe e gliele alzai. Non volevo mettere il preservativo, necessario nelle nostre condizioni, per cui presi una decisione e leccandoglielo ancora una volta, per inumidirlo, le appoggia la punta del pisello sul culo. Fu lei stessa che si prese le gambe da sotto le ginocchia, per tenersi ancora più inarcata e permettermi di entrare comodamente. Glielo spinsi dentro, lo risucchiò, dopo la punta, che entrò con una certa facilità, sentì del dolore. Lentamente entrai fino in fondo, e quel dolore si mutò in estasi. Cominciò a gridare, letteralmente. Per fortuna la casa che avevo affittato era isolata, senza vicini, altrimenti avrebber sicuramente chiamato la polizia. Quanto mi fai godere, brutto stronzo, mi diceva, aprimi il culo, ancora, ripeteva assatanata, e intanto si masturbava il clitoride. Cominciai a stantuffarla sempre di più, e sempre di più lo sfintere cedeva, ammorbidendosi. Venni come tra cuscini soffici che si stringevano in contrazioni forti come morsi, morsi avviluppanti, naufrago tra le urla indiavolate del suo orgasmo. Alla fine eravamo entrambi in lacrime. L’emozione era stata troppo potente. Dolcemente, io continuavo a fare su e giù nel suo culo, perché il pisello non finiva di perdere vigore. Stesi di lato ondeggiavamo, prima quasi per gioco, poi sempre più decisi. Mi venne di nuovo duro, e ricominciammo. Questa volta non ci fu neanche bisogno di masturbarsi. Venne per la seconda volta, mentre io le riempivo nuovamente gli intestini di sperma.
Stavolta terminammo ridendo, una risata liberatoria, che terminò soltanto quando si fuse in un unico grande sorriso a due. E ci baciammo.
Il primo messaggio che mi arrivò da lei, quella sera, me lo scrisse dal bagno di casa sua, mentre il marito guardava un film in tv. “Voglio sentire di nuovo il tuo cazzo nel mio culo, fammelo sentire, ormai ne ho bisogno”.

Disclaimer! Tutti i diritti riservati all’autore del racconto – Fatti e persone sono puramente frutto della fantasia dell’autore.
Annunci69.it non è responsabile dei contenuti in esso scritti ed è contro ogni tipo di violenza!
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
Tradimenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Promoted Brunette Cosplayer OnlyFans Model Luna
Promoted Blonde MILF OnlyFans Model Amy