“L’allegra squadra di amici e amiche s’era già defilata verso le proprie case, mi accingevo a rientrare anch’io con calma quasi controvoglia, era mezzanotte e…”
Quella sera faceva caldo, camminare lungo il viale del lungomare
sentivi quella brezza marina che rinfrescava l’aria.
L’allegra squadra di amici e amiche s’era già defilata verso le proprie case, mi accingevo a rientrare anch’io con calma quasi controvoglia, era mezzanotte e in giro c’era ancora tanta gente che passeggiava godendosi la frescura della notte.
Mi fermai ad osservare un nugolo di persone che stavano discutendo animosamente e mi sedetti su una panchina a guardarli insieme ad altre persone incuriositi dal frastuono del vociare tipico delle persone del sud.
Dopo un po’ smisero così come avevano iniziato e mi ritrovai a fare delle riflessioni con la persona seduta accanto a me. Era un uomo sulla quarantina e passa, molto più grande di me, mi raccontò che lui era di Torino, città che conoscevo bene poiché avevo vissuto alcuni anni nella provincia, incominciammo a familiarizzare parlando dei luoghi conosciuti, dei piatti tipici torinesi e altro.
Tutto intorno la gente aveva preso il suo andirivieni ed eravamo rimasti solo noi due a chiacchierare e a parlare del più e del meno come due vecchi amici.
Ad un tratto mi disse che aveva delle foto della città da mostrarmi, foto che aveva scattato insieme ad alcuni amici ed amiche e che ci teneva tanto farmi vedere.
Me le mostrò e rimasi stupito se non allibito: le foto mostravano persone mezze nude con uccelli di fuori chi in bocca chi in vagina in un orgia fantastica.
Benché ventenne per me non era facile avere rapporti di quel tipo, cresciuto da bravo ragazzo più che seghe da solo o in compagnia non avevo fatto.
Tutto quel ben di dio mi aveva eccitato non poco tanto che il mio pene faceva fatica a stare chiuso dentro ai pantaloni; furtivamente con la mano cominciò ad accarezzarmi attraverso il pantalone lungo tutta la mia asta.
Mi chiese se conoscevo un posto dove appartarci; oramai non capivo più niente, sentivo il mio cazzo pulsare dentro le mutande e non desiderava altro che essere liberato da quella specie di armatura che era diventato il mio pantalone.
Gli indicai un posto che conoscevo e sapevo che nessuno ci avrebbe disturbato, mi seguì a distanza per non dare nell’occhio e quando mi raggiunse mi sfilò i pantaloni e gli slip: il mio uccello era finalmente libero di estendersi in tutta la sua lunghezza.
Si chinò davanti a me e mi fece uno stupendo pompino, con la bocca che si riempiva e la lingua che leccava tutta la mia asta, andò avanti così fino a quando non godetti e continuò fino ad ingoiarsi l’ultima goccia di sperma rimasta.
Ero ancora super eccitato, era la prima volta che mi facevano un bocchino e l’uccello era ancora in tiro, non voleva scendere, aveva ancora una voglia morbosa di essere inghiottito.
Con la lingua iniziò a leccarmi le palle: ragazzi che voglia avevo ancora addosso, leccava sapientemente e piano piano mi fece chinare supino in avanti per andare a toccare il mio piccolo buco del culo: che meraviglia quella lingua che mi penetrava come un piccolo cazzo era veramente una delizia.
Ero talmente bagnato ed infoiato che non me ne accorsi proprio, il suo cazzo mi stava penetrando, con dolcezza stava entrando nel mio culo ancora vergine, sentii un pochino di dolore ma il piacere di quella verga che entrava dentro di me iniziava ad avere il sopravvento: che bello, che immenso piacere e lui ritmicamente andava su e giù e più lui aumentava il ritmo più io godevo finche il suo piacere esplose dentro di me inondandomi di sperma e godendo all’unisono.
Si rimise i pantaloni, mi accarezzò l’uccello, gli diede un bacio e se ne andò da dove era venuto.
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