“Lo era perché ero rimasto anni fuori dal mondo…”
Le “prime volte” non si scordano mai, dicono. Deve esserci qualcosa di
vero in questa affermazione. Vale in tutti gli aspetti della vita e naturalmente vale per il Gioco. Avevo già sperimentato tutto nel mio periodo all’estero: coppie, triangoli, club, feste private… Poi però avevo scelto di dare un taglio netto a quel passato. Nutrivo la convinzione di aver realizzato ogni mia fantasia e desiderio possibile. Avevo la certezza di aver assaporato la mela del peccato fino all’ultimo morso. Mi ero trasferito; avevo tagliato i ponti con quell’ambiente, con le mie amiche, con tutte le persone con cui avevo vissuto avventure straordinarie che molti (tutti?) sognano senza aver il coraggio di seguire fino in fondo i propri desideri. Non era forse il momento di abbandonare? Di rientrare nei ranghi? Di rinunciare all’Ombra. Così ritenevo in quei giorni. Così avevo fatto. Non avevo ancora imparato una semplice verità: una volta inoculato, il demone non può mai essere del tutto estirpato. Sta lì, silente in un angolo. L’ombra si accorcia e rattrappisce al sole di mezzogiorno. Ma è davvero svanita oppure permane? No, l’ombra non svanisce mai. Potevo ignorarla, potevo fare finta che non esistesse. Potevo fare finta che una vita piccolo borghese mi soddisfacesse. Una vita normale fatta di lavoro, sport, hobby amici. Una vita senza segreti. Potevo fingere con tutti, anche con me stesso. Ma l’inganno non dura per sempre. L’ombra inizia ad allungarsi nuovamente quando, dopo lo zenith, il sole riprende il suo percorso quotidiano. L’ombra invade di nuovo il nostro cuore lentamente e subdolamente. All’inizio si avverte qualcosa di strano; un senso di vuoto. Inesorabile, l’Ombra ci riempie. Poi comprendiamo. E sappiamo che l’abisso ci sta chiamando un’altra volta. Sappiamo che non potremo resistere in eterno, se non al prezzo di rinunciare a noi stessi.
Non importa quante esperienze abbiamo fatto finché rimane il batticuore e la voglia di sperimentare. La sperimentazione non finisce mai, perché sono infinite le persone da incontrare e con cui scambiare emozioni. A quel punto sappiamo. Siamo pronti. Attendiamo solo l’occasione. Contrariamente a quanto molti pensano l’occasione non ha nulla a che vedere con la fortuna. L’occasione arriva quando siamo pronti a riconoscerla e a coglierla. Come per magia. Nulla accade per caso. Il mio incontro con E. non era stato casuale. La vedevo ogni volta che potevamo, e ci abbandonavamo alla lussuria. Ogni volta era più intensa della precedente. In passato mi stufato e mi annoiavo anche della donna più disinibita. Avevo la sensazione (giusta o sbagliata) averne “fatto il giro” in pochi incontri. Con E. non succedeva. La nostra passione era alimentata dalla consapevolezza di quanto fossimo simili. Non mi ero sbagliato durante il primo incontro. E. conosceva il gioco e lo aveva praticato in passato. Ne conosceva tutti i risvolti non tanto e non solo “pratici” ma anche tutti i complicati meccanismi psicologici che il gioco implicava per la coppia. Ne conosceva i rischi. Era la mia Complice, non a caso. Ero completamente preso dalla sua personalità, la scoprivo così simile a me nel suo modo di vedere la vita, nella sua apertura mentale. Avevo poi raggiunto l’obiettivo che mi ero prefisso, senza usare trucchi né artifizi. Era mia. Il suo cervello era mio. Il bacio frettoloso che ci scambiavamo ogni mattina nel punto in cui la metropolitana incrociava i rispettivi percorsi illuminava la mia giornata. Passavamo ore a scriverci, finché il bisogno pressante di ascoltare le nostre voci ci spingeva a chiamarci. Appena chiusa la telefonata iniziavamo nuovamente a scriverci. Non ero mai sazio di lei.
Avevamo creato un profilo di coppia. E iniziato a entrare in contatto con numerose altre coppie. Quel giorno avremmo incontrato la prima. Per questo era la mia “prima volta”. Lo era perché ero rimasto anni fuori dal mondo. E lo era soprattutto perché era la prima volta in vita mia che giocavo con una donna a cui tenessi davvero. Ok, lo ammetto, con una donna di cui ero innamorato quando pensavo che non ne sarei stato più capace. Chi conosce il mondo sa che giocare con la donna che ami, pur essendo infinitamente più rischioso, centuplica le emozioni. Era stata E. a coniare la definizione di “gelosia adrenalinica”; trovavo perfetta queste parole. Descrivevano perfettamente ciò che si prova. Gli scambisti SONO gelosi. Lo devono essere. Altrimenti il gioco perde il suo sapore per diventare solo un tradimento accettato. Non ho mai capito le persone che dicono “si lo farei, ma non con la donna che amo”. E’ la prova ai miei occhi che non hanno capito cosa sia lo scambismo. Banalmente, non è una cosa per tutti. Di certo era una cosa per E. e per me.
Era la mia prima volta. Era anche la prima volta di E. Una pioggia battente, un cielo plumbeo accompagnava il nostro viaggio in macchina un novembre. Ci aveva convinto, fra l’altro, il posto che ci era stato proposto. L’ultima parola, com’è normale, l’aveva avuta lei. Le fantasie dell’uomo della coppia l’avevano sedotta Io ero stato ben felice di seguirla nella scelta, anche perché l’uomo si accompagnava di una bellissima ragazza bionda e straniera. Io ed E. avevamo gli stessi gusti femminili. Perché E. era bisex. Non lo era davvero, nel senso che non si sarebbe mai innamorata di una donna né aveva il desiderio di incontrarne una per conto suo. Ma sapeva quanto gli uomini adorino vedere due donne assieme e non esitava a mostrare quello spettacolo oltremodo eccitante.
La strada parve infinita e gli scrosci di pioggia sempre più violenti quando arrivammo. Fummo accolti in un bellissimo soggiorno. Una grande vetrata permetteva allo sguardo di spaziare sul lago. Suggestivo ed intimo. In un angolo un caminetto crepitava mentre 2 ampli divani promettevano di essere un’alcova perfetta. L’imbarazzo era palpabile, almeno da parte nostra. Io però ammirai la maestria e la sensibilità di E. Intratteneva la conversazione scioltamente, e non faceva certo la bella statuina. La ammiravo, e pregustavo ciò che sarebbe avvenuto. La ragazza era davvero bellissima. Il pensiero che di lì a poco l’avrei vista godere mi inebriava. Non feci nulla per forzare i tempi. Il momento magico arrivò. La ragazza disse che andava a farsi una doccia. Ne emerse vestita solo con un accappatoio. Era il segnale. Le due ragazze iniziarono a baciarsi. Prima timidamente, poi sempre più profondamente. Vedevo le loro lingue intrecciarsi e non riuscivo a credere ai miei occhi. Stava succedendo. Stava succedendo davvero! E. le sfilò l’asciugamano e la ragazza apparve nuda. Io ero seduto accanto a loro mentre l’uomo osservava a un paio di metri. La Lupa fu perfetta. Prese la mano della bionda e la posò sui miei pantaloni. Senza che dovessi fare il benché minimo gesto. Mi spogliò e chiese all’altra con aria maliziosa: “mi aiuti?”. La Lupa mi stava portando la sua preda. Le due bocche iniziarono a disputarsi il mio cazzo, le loro bocche passavano a turno su ogni centimetro del mio cazzo. Quando una lo prendeva profondamente in gola, l’altra giocava con le palle; e viceversa. Ero in paradiso.
Arrivò anche il suo compagno. E. si stacco e senza alcun imbarazzo (l’uomo le piaceva) si sedette sulle ginocchia. Quelle labbra che avevano succhiato il mio cazzo stavano ora baciando uno sconosciuto. Era il mio turno di ricambiare la misteriosa bionda. Mi impegnai a leccarla ed ebbi la soddisfazione di trovarla già fradicia. Il mio lavoro lento produsse infine il risultato voluto. La ragazza sussultò nel primo orgasmo. Vero o simulato? Ovviamente non lo saprò mai. Posso solo sperare che la prima risposta sia quella giusta. Con lo sguardo non perdevo di vista E. E provai per la prima di molte volte la gelosia adrenalinica. Anche la Lupa stava gustando il suo banchetto. Vedere il suo trasporto produceva in me una miscela di sensazioni indescrivibili, da cui non erano assenti né la rabbia né la gelosia, ma che mi spingevano ad amarla ancora di più. Finalmente penetrai la bellissima bionda. E. mi guardava. Le caviglie della ragazza erano sulle mie spalle, completamente offerta a me. Dopo aver strusciato a lungo sulla fessura, entrai lentamente in lei. Poi le chiesi di mettersi a quattro zampe. Obbedì e inarcò la schiena mostrandomi la figa arrossata e il suo ano ancora chiuso. La montai e non le risparmiai nulla. Solo quando mi disse di provare fastidio uscii dal suo culo ormai profanato. Gli ultimi colpi furono selvaggi. Avevo perso ogni ritegno e le afferrai i capelli. Quando sussurrò (tutti la udimmo) “scopami” venni.
Il fuoco crepitava ancora, la sera scendeva sul lago e mille punti luminosi apparivano sull’altra sponda.
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