“Era tarda sera e in un autogrill scesi nel bagno, deserto ed avvolto in una cappa calda ed umida…”
Era tarda sera e in un autogrill scesi nel bagno, deserto ed
avvolto in una cappa calda ed umida. Tutti chiusi i cessi, indugiai, poiché non pisciavo in pubblico per pudore e comodità, e raggiunsi indeciso l’ultimo orinatoio in fondo e liberarmi con disagio del peso di 300 km.
Mi svuotavo e irruppe un individuo massiccio, di fretta avanzava con la zip già abbassata, la mano armeggiava negli slip. Si accomodò accanto il cazzo fuori, distante dal vaso, lo sguardo compiaciuto, si svuotava ondeggiando il suo arnese. Faceva di tutto per non passare inosservato. Quel cazzo gorgheggiante attirò il mio sguardo furtivo di traverso, un attimo per cogliere la consistenza, notevole, il colore olivastro, il fiotto spumeggiante. Avvertì la sbirciata guardandomi sfacciatamente il cazzo stretto oscenamente, penzolando il glande moscio schiumante. L’imbarazzo mi paralizzò, arrossii. Si accorse del disagio, cessò di pisciare e con la bestia in mano urlò:“cazzo vuoi?”. La faccia divampò. La porta del cesso “guasto” si aprì, due uomini sgattaiolarono via, potevo rifugiarmi ma restai impalato.
“Allora cazzo vuoi stronzo! Mi hai guastato la pisciata!”. Il tono aggressivo e arrogante mi gelò, farfugliai come un imbecille:
“ma veramente io…” “Stai zitto stronzo di merda!” replicò secco e infastidito.
Il bagno si animava, cercai di ricompormi senza imbrigliarmi nella zip. Volevo andar via ma l’individuo, con il suo cazzo sempre più vicino e grosso, mi sbarrava l’uscita, ero chiuso all’angolo. Mi fissò torvo e ficcante: “è questo che vuoi, frocio di merda?” afferrò la mano premendola sulla cappella violacea terribilmente gonfia. Il palmo della mano avvertì l’imprevisto, umido e prepotente cazzo: fui shoccato come se avessi infilato le dita in una presa. Un’ondata di calore si propagò per tutto il corpo. Il primo cazzo di un altro uomo!!. Presi fuoco come paglia! Panico! Non solo qualcuno aveva sentito quel “frocio di merda!” urlato ma ora ero visibile a tutti, avvampato, stringere quel cazzo, equivocando l’imbarazzo con il desiderio.
Quel grandissimo figlio di puttana colse l’attimo di panico e mi spinse nel cesso “guasto” così rapidamente che la mano, per mantenere l’equilibrio, restò artigliata al cazzo e finii dentro tirandolo io per il cazzo, come se fossi io il porco arrapato. In pochi attimi ero precipitato in una situazione surreale: nel cesso di un autogrill, gravido di umori, in mano un bastone di carne pulsante e pisciolente che uno sconosciuto mi faceva stringeva. Cercavo vanamente di liberarmi e nel convulso divincolarmi, nei fatti segavo quel cazzo di cazzo che cresceva in mano.
“Dove vuoi andare stronzetto!” “ Basta! è solo un grosso stramaledetto equivoco. Fammi uscire urlo!” “Cazzo vai, cazzo urli frocio! Tutti capiranno che sei una troietta da cessi! Una checca da pisciatoio! Il tuo grosso e stramaledetto equivoco ce l’hai in mano, zoccola!”. Insultandomi mi schiacciò alla parete bianca.
Nel precipitare degli eventi non mi fu chiara la sequenza: lui aveva liberato la mia mano dalla stretta ma io, certo, gli stringevo ancora il cazzo senza costrizione, quel pezzo rovente di carne calamitava la mano che lo impugnava ma… non ricordo se, così agitato, glielo menassi anche. A mente fredda tutto è più chiaro; la mia mano era libera da ogni costrizione ed io lo impugnavo senza mollare, e ohhh si, solo per un riflesso condizionato lo palpeggiavo tastandone la consistenza e poi di sicuro proprio come un automa ohhh siii, continuavo a stringerlo, eccome lo stringevo mentre lo segavo dolcemente sfilando i venti centimetri incandescenti fino alla morbidezza ispida dei peli. Non potevo convincermi che mani e corpo andassero per proprio conto, seguendo un istinto nascosto che reclamava luce e spazio fuori da ogni ambiguità.
“Lasciami andare stronzo! Hai rotto i coglioni! Segati per cazzi tuoi, vaffanculo!” “Sei tu che hai rotto i coglioni, zitta! vuoi andare via e mi meni il cazzo? Guarda la manina di seta come sega! Menamelo più forte rotta inculo!”.
Tutto vero, allentai la presa per la vergogna e il calore intenso di quel turgido equivoco evaporò dalla mano malinconicamente vuota: “Per piacere, fammi uscire non voglio più stare qui, per favore!” lo implorai intimorito e piagnone.
“Chiudi la bocca, zoccola!!!”. Tre volte ‘zoccola’, al femminile; e per la terza volta mi tenni la ’zoccola’ senza fiatare da uno sconosciuto. Perso in inutili pensieri, agiva più deciso: mi afferrò la faccia a tenaglia con le mani ruvide e le dita massicce, i pollici forzavano la bocca, il cazzo premeva duro sul ventre, agitatissimo cercavo di staccare quelle mani. Era più forte, la lotta impari, la stretta dolorosa, sudavo freddo, mancava l’aria, il respiro in affanno, il cuore nella gola secca, rilasciai le mascelle, la bocca si aprì in un gemito di dolore. Il porco capì altro e imboccò la lingua calda slinguazzando con libidinosa lussuria “troia! succhiati quest’altro stramaledetto equivoco!”.
Aggrappato miseramente alla sua maglietta mi sentivo svuotato, senza difese: dopo la “zoccola” ora mi tenevo anche la “troia” non ero più io, non ero io! passivamente assaporavo la sua lingua che sapeva di caffè appena bevuto. La presa si allentava, i pollici ammorbidivano le labbra, le dita accarezzavano orecchie e collo. “Sei più zoccola di quanto pensassi, l’hai tirata a lungo e rantoli come una cagna in calore! Prendimi il cazzo con le mani, sbrigati mani di fata, segalo puttanella arrapata!”
“Stronzo! Segati da solo!” L’estremo e disperato tentativo di reazione. La sua lingua violentatrice ritornò in bocca senza ostacoli, si ritrasse e si rinfilò tutta, le mani spingevano la testa avanti e dietro ritmando la penetrazione. Grossa, carnosa e viscida la lingua scorreva fra le labbra morbide a simulare un pompino che la mia bocca e la lingua assecondavano con sorprendente naturalezza e gusto.
La lingua affondava, io affondavo in uno stato di spossatezza, di abbandono, di deliquio. Affondo dopo affondo, precipitavo nel gorgo di una turpe e oscena sottomissione: non capivo più niente, ondate di calore e fremiti risalivano dai piedi correndomi lungo la schiena, nella testa si rincorrevano i fotogrammi di quell’equivoco, con l’ossessivo cazzo che mi sconvolgeva l’esistenza, nella mente rimbombavano le volgarità di “zoccola” “troia” che intrigavano più che ferirmi.
I brividi aumentarono, le scariche di adrenalina mi sconquassarono, quando, come un automa, certo, obbedendo all’ordine, gli agguantai il cazzo, avvolgendolo, impugnandolo con delicata risolutezza, palpandolo fino ai coglioni che soppesai mungendoli mentre lo scappellavo e masturbavo con la bramosia frenetica di farlo venire fra le mani. Mi piaceva da morire quel pieno di carne viva che sverginava la mia identità maschile, quel cazzo di cazzo da cui sarebbe stato difficile staccarsi.
Faccia al muro, in un sussulto di orgoglio lo implorai:”Per favore, fammi andare via, ti sei divertito abbastanza, non voglio più stare qui dentro, ti scongiuro lasciami uscire, ti prego! dai magari ti sego velocemente, sborri e mi lasci andare, fai il bravo!” Che pena!! Gli ripresi il cazzo in mano, per cercare una via di fuga o per soddisfare la mia voglia? boohh??. Per tutta risposta mi schiacciò alla parete serrandomi le mani in alto strusciando il cazzo sulle chiappe con tutta la sua consistenza; appoggiò la punta della lingua nell’orecchio sinistro tormentandomi con l’alito caldo da brivido:” vuoi andare via ehhh puttanella? Vai, vai via ora che tiro fuori la troiaggine che hai dentro!!! Una sega veloce? Ma tu vuoi molto più, il cazzo lo mangeresti senza saziarti!! Dai vai, vai via lurida porca, zoccola repressa, puttanella frigida, segaiola impunita, troietta in cerca di cazzo!!!” Leccava a fondo l’orecchio, esplorandone le parti più interne e sensibili: aveva ragione!!!
La zoccola che era in me decise di restare, non mancava la forza per uscire ma la voglia di farlo. Restai per scoprire fin dove mi sarei spinta, andai letteralmente in tilt e mentre chiudevo gli occhi indugiai sulla scritta, fresca di pennarello: ”3457.. godo da zoccola nei cessi con i cazzi in mano” La mia identità si annullava.
Slinguazzandomi l’orecchio, il collo, le spalle denudate mi fece stringere nuovamente con immenso piacere l’uccello immondo che premeva oscenamente caldo, Sotto i colpi lussuriosi della lingua e delle labbra che mi marchiavano di succhiotti violacei come una femminuccia, sgocciolavo saliva e la mente inseguiva quell’inconscio istinto perverso tenuto forzatamente nascosto.
Provavo fisicamente quella sensazione di essere posseduto da un maschio solo sognata, immaginata, fantasticata! Mi facevo oggetto consenziente. Nel deliquio si rincorrevano i flash-back dei sogni erotici adolescenti che agitavano il sonno adulto: ragazzino mi lasciavo ingroppare dai compagni già più “uomini” sulla spianata erbosa di un campetto, si strusciavano per gioco e gioiosamente, con la faccia schiacciata nell’erba profumata, mi riponevano il loro acerbo e duro cazzo nel culo con la foga propria degli adolescenti e delle veloci sborrate, ricattandomi:”Prendilo in culo solo da noi e non lo diremo a nessuno, troietta!!!”; masturbare per gioco i cazzi degli amici nelle tende estive impiastricciandomi di seme; immaginare di succhiare in ginocchio, a forza e con la violenza, qualche cazzo sempre grosso e nero, ingoiando la colata di sperma. Mi risvegliava l’irrefrenabile sborrata sul ventre, per tornare ad una normalità inibita e senza trasgressioni.
Lappava a fondo insinuando: “Ti piace troia! dai porca! fammi sentire la vocina arrapata non questi mugugnetti da verginella! non fare la finta santarellina dei miei coglioni, fammi sentire la maiala, la zoccola che sei!”
Rispondevo solo squallidi: “mmmmhh! mmmmhh!” “Troia! Voglio sentire la voce della femmina bagnata, fammi arrapare con le tue porcaggini, fai la femmina in calore che vuole cazzo, che muore dalla voglia di fare come una puttana da strada che si fotte i cazzi che passano, dai porcona, muoviti fottuta stronza! Troia!”; “troia” ed altro, in quegli insulti cominciavo ad identificarmi, mi caricavano ad essere veramente troia, porcona in calore, zoccola libidinosa!
Le mani sfioravano il ventre, giocherellavano con i peli del cazzo, mi tormentavano i capezzoli strizzati dalle dita di ferro, denudatomi il culo si strusciava il cazzo, intensamente caldo rizzando la pelle. Ogni sensazione produceva fantastici turbamenti, sempre più giù nell’abisso dell’indecenza.
Avvertivo repulsione per la sua volgarità, prepotenza, violenta intrusione nella mia intimità e proprio per questo quello sconosciuto mi attraeva, mi affascinava. Mi plagiava ed io soggiacevo al suo gioco, cedevo al suo dominio e mi sottomettevo, ero ormai un giocattolo senza volontà nelle sue mani e mi usava a suo piacere e per il suo piacere, ed io mi lasciavo usare per il suo ed il mio piacere: dominazione e sottomissione questo era il rapporto che si era creato in quel cesso autostradale.
I capezzoli inturgiditi spingevano il cotone sudaticcio della maglietta, la faccia spiaccicata alla parete, vaneggiavo ormai senza più freni inibitori: ”siiii, mi piace quello che mi fai!!! Sono proprio una porca, una zoccola vogliosa di cazzo!!!”
“Ho sentito bene zoccola, hai detto cosa … che sei cosa, che ti piace cosa?”
“Siii si mi piace che mi lecchi! Il cazzo tra le mani! Sono proprio una porca, una zoccola vogliosa di cazzo! Sono la tua puttana gratis per le tue voglie più porche! Sono una troia che ha visto il tuo cazzo pisciare e lo voleva suo!Una stronza fottuta che ha perso tempo invece di pomparti l’uccello! Sono quella che vuoi lurido porco! Sono a tua disposizione mani, bocca e culo! Sono troia sgualdrina zoccola porca maiala! Sono una mignotta da sfondare in culo e in bocca!“. Siii ho voglia del tuo cazzo duro, lo voglio mio mhhh …siii mi piace da morire, mi fa impazzire, me lo voglio godere tutto!!”
“siii ora sei vera porca, dai troia continua, mi piaci così zoccola dentro, così sguaiata, pornografica!!! Mi infilò un grosso dito in bocca, che succhiai avidamente. “Lo vuoi in bocca, puttana! Me lo vuoi succhiare pompinara,?”
“Nooo, non l’ho mai succhiato! fatti segare il cazzo, svuotati i coglioni sborrami, voglio il cazzo che viene nelle mani!”. “T’imparo io a succhiare il cazzo, puttanella! a farlo sparire nella tua bocca di zoccola, ed affondarlo nella tua gola profonda! Lurida diventerai una insaziabile troia succhiacazzi!”
In trance, ondate di calore mi squagliavano in un delirio di sensi, le budella intorcigliate negli spasmi del godimento. La mia declinazione al femminile proseguiva nelle varianti oscene: zoccola di merda troia assatanata rotta in culo puttana lurida porca puttanella femmina in calore maiala troietta fottuta stronza verginella segaiola impunita succhiacazzi insaziabile battona da cesso gola profonda pompinara! Mi eccitava la sua libidine verbosa, le sue ossessioni i suoi modi animaleschi. Anch’io mi declinavo al femminile, alimentando il turpiloquio infimo attingendo da una porcaggine senza remore, che si manifestava in tutta la sua volgare essenza e la declinazione si arricchiva: porca zoccola vogliosa di cazzo buglia puttana gratis troia stronza fottuta puttanella schiava sgualdrina schifosa maiala più puttana delle puttane, mignotta sfondata!!! Mi pensavo al femminile!!! Mi sentivo più femmina: la trans-formazione si completava.
Sotto i colpi della sua lingua sbavavo su: “3587… spompino ed ingoio anche due cazzi alla volta!”, mi travasò saliva: “siiii ancora, sborrami saliva porco!!!”
“Ti piace ehhh?”
“Siiii continua, dai !!! porco sborrami saliva, eccitami, arrapami!!”
“Sei una grandissima troia, una puttanella da cazzo in gola, una lurida cagna in calore che non vede l’ora di farsi sgocciolare di sborra, di leccarsi lo sperma caldo! porca eccitami!”.
“Siiii sono una scrofa in calore che si gode il suo primo maiale!!! Mi piace stare in questo cesso con il tuo cazzone in mano trattata come una zoccola di bordello! Dai rizzami la pelle, fammi sentire il tuo cazzo duro su tutto il corpo e in tutto il corpo! Fammi più puttana, più zoccola, più troia!
Mi travasò saliva con un bacio e timidamente gli succhiai la lingua godendomi la sua consistenza. Mi rigirò faccia al muro con la lingua nell’orecchio, vampate di calore mi sconvolgevano le viscere in subbuglio, mi squagliavo come neve al sole. Sbavavo sul “3346.. ho voglia di sborra calda in bocca, chiamami, chiavami”. Portò le mani sul cazzo che puntava il culo strusciandolo nel solco,:”Ora mi incula!” pensai, mi abbandonai alla parete, proteso all’indietro, premevo sul cazzo col buchetto che si contraeva disposto all’inculata. L’ansia spasmodica mi agitava all’inverosimile. Il turbamento si moltiplicava e il suo lungo dito solleticò il buco, impaziente per il seguito, raccolsi il liquido dal suo cazzo teso e lo gustai: “Ficca il dito in culo alla tua troia, sverginami il culo stronzo, stuprami di brutto!!!” “Siii che te lo apro il culo porca vacca, ti faccio grugnire come una maialona in calore!!! Te lo rompo a colpi di cazzo ”“Dai stronzo ficcamelo, fottimi il culo, dai fammi godere!!!”
Ansimando come una bestia, mi infilò in bocca un dito, succhiato avidamente, le sue mani mi dilatarono il culo, le dita squarciarono il buco e quello più grosso deciso si fece strada nel culo, forzò lo sfintere che cedette dolorante scorrendomi dentro, ritornò a fottermi, più mi fotteva il culo più le lingue si intorcigliavano appassionatamente. Istintivamente lo serrai fortemente godendo come una bestia mentre mi fotteva il culo con metodici affondi nelle viscere, quel dito mi rovistava con una certa violenza ma anche questo mi piaceva, sentivo salire ondate di piacere prodotte da quel dito che mi allargava il culo sfriguliando le pareti dell’intestino. “E’ brava la zoccola, ti hanno già sfondato il culo troia?” ”Noooo sei il primo che mi fotte, dai incula questa zoccola! Fammi godere!”
Non potevo certo raccontargli che sere prima mi ero infilato nelle viscere un lungo salame fottendomi selvaggiamente come sempre quando smaniosa di cazzo mi sodomizzavo come una scrofa in tutte le posizioni, sublimando il cazzo vero con salami di ogni dimensione, avvolti in preservativi spalmati di fresco bagnoschiuma. Il dito in culo era un’altra cosa, ed il cazzo sarebbe stato ancora meglio. Smaniavo dal desiderio di assaporare quella carne dura con le labbra, il culo o le mani, insomma non so cosa volessi, perché volevo tutto. In quell’ orgiastico delirio era tanta la voglia di cazzo.
“Fammelo godere con la bocca, stronzo” gemetti ”non ce la faccio più. Ho voglia di succhiare, capito stronzo, succhiare il cazzo, farmi sborrare in bocca, porco fai che cazzo vuoi ma ficcamelo in bocca, fammelo spompinare!” Ero completamente alla sua mercè, slinguazzava, mi fotteva il culo e ripeteva – troia, sei una porca troia!
”Scopami in bocca, fottimi, sborrami” “Dammelo nel culo, sfondami, fammi godere non ce la faccio più stronzo!”
In pausa in cui sfilò il dito gli gettai le braccia al collo avvinghiandolo e gli infilai la lingua in bocca, scambiandoci lingue e salive. Cazzo!!! Stavo baciando con passione quel lurido porco!!! Con le mani gli accarezzavo la schiena ed il culo peloso, ricambiata. Sentivo il cazzo caldo sul ventre e mi eccitavo al contatto pelle e pelle. Limonavo come una pollastrella infatuata del suo amore,ma quello era solo un porco sconosciuto. Che cazzo di puttana ero? Le puttane non baciano mai i loro clienti, appartenevo allora ad una razza diversa di zoccole.
Dirigevo il gioco erotico per portarlo a fare sesso, sesso sfrenato, disinibito, depravato godurioso. Volevo fare sesso senza limiti per recuperare il tempo perso. Era appoggiato alla parete, gli avvolsi coglioni e cazzo in una mano mentre premevo sul suo ventre aderendo alla pelle. I nostri baci erano sempre più profondi, voluttuosi, ardenti. Ero completamente abbandonata fra le sue braccia, il suo oggetto di trastullo erotico e lui era il mio oscuro oggetto del desiderio che si svelava. Staccai le labbra dalla sua bocca di miele e baciandogli il collo scivolai sul petto tatuato,giù fino all’ombelico diretto ad imboccargli il cazzo. Mi bloccò e restai con la bocca sguaiatamente spalancata, la lingua lasciva che leccava le labbra tutta protesa fuori cercando di riuscire a leccarlo, ma mi teneva a distanza. Il suo cazzo era davanti a me a pochi cm. puntato, la cappella sgocciolante di filamenti. “Chiudi gli occhi troia e leccati ancora le labbra a bocca aperta, sbava come una cagna!”.
Chiusi gli occhi, leccavo le labbra sospirando “si si si avanti, fammelo godere!” Era vicino, sentivo il suo odore forte nelle narici e allungavo la lingua cercando di toccarlo.
A pecorina gambe divaricate, aggrappato ai glutei,la mano premuta sul fondoschiena mi fotteva agevolmente. Con il cazzo mi colpiva labbra, guance, naso e occhi, colpetti che mi facevano impazzire, volevo assolutissimamente avere quel cazzo in bocca! Mi attrasse e sentii premere sulla lingua il grosso glande sgocciolante, poi sulle labbra, leccai con libidine liquido dolciastro. “Leccamelo tutto porcona!” Avanti stronzo ficcamelo, fattelo succhiare!” Finalmente lo leccavo in punta fin dentro l’orifizio, lo avvolgevo fra le labbra morbide, succhiavo delicatamente e poi riprendevo a leccare a ciucciare, in modo quasi infantile, lo sbaciucchiai in lungo e largo fin sotto i coglioni che riempirono la bocca, poi riavvolsi la cappella fra le labbra in delicati assaggini senza fine.
Mentre mi fotteva una mano si abbattè più volte violenta sulle chiappe bruciandomi, voleva riaffermare chi cazzo fosse l’uomo in quel cesso saturo di ormoni. Sobbalzai: “Nooo! niente violenza stronzo! mi fai male!” “Chiudi la bocca zoccola, stai zitta ti piacerà farti sculacciare come una cattiva bambina viziosa?” Nuovi colpi mi bruciarono le chiappe. “Sei proprio uno stronzo, mi fai male! mi fai male!!” Incurante dei lamenti colpiva con forza in modo diverso sia il culo che la mano affondando il dito che mi fotteva con colpi secchi. Era dolore e piacere. I miei “ahia ahhh!” diventarono “ohhh uhhh siii”. Ogni colpo sul culo era una scossa piacevole all’intestino:“che dici troia! sei una cattiva bambina viziosa da punire?” “Sì ancora! Punisci la bambina cattiva viziosa fottile il culo. Siii ohhh! fammi quello che vuoi!” e sporsi di più il culo per farmi assestare altre sculacciate e scuotermi le viscere.
“Ti piace troia! Brava puttanella!!”. Una manata si abbattè sul culo trapanato dal dito, per contraccolpo il cazzo affondò nella bocca fino in gola. Lo strinsi fra le labbra: “ora è tutto mio!” sospirai “finalmente tutto mio, il mio primo cazzo in bocca ohhh siii!” “Dai succhiati tutto, troia! sfoga la troiaggine repressa, fai la zoccola, piano con i denti, dai lecca, succhia, pompa come una troia”
Lo avvolsi con le labbra a ventosa, succhiai con ingordigia. Rieccheggiavano gli “slurmp!,succh, slurmp, mlof,” prodotti dal risucchio e dalla saliva.
“Sei sempre una sorpresa zoccoletta, spompini con mestiere, hai già succhiati cazzi, vero pompinara?”” Noooo – farfugliai a bocca piena- spompino come nei tanti pornazzi visti!!! Tu sei il primo uomo, il primo cazzo!!!” Era fantastico il doppio effetto: dito nel culo e cazzo in bocca, proprio quello che desideravo.
In ginocchio ai suoi piedi, sluppavo con grande foga la mazza carnosa. Indietreggiò ed io in ginocchio come una cagnetta scodinzolante lo seguivo con il cazzo per guinzaglio. Mi tirò per i capelli fino alla tazza del cesso, mi bloccò la testa contro il ventre e uno spruzzo caldo mi entrò in bocca. Lo stronzo non si smentiva, era piscio caldo e salato. Cercai di ritrarmi ma ero bloccato e per non soffocare ingurgitai il liquido. Non pensavo arrivasse a tanto. Ritornò forte quella sensazione di attrazione e repulsione per quello sconosciuto che mi usava in un perverso gioco.
Mi sentii profondamente umiliato toccando il fondo. Avrei potuto mordergli il cazzo costringendolo a smetterla ma mi limitai ad appoggiare i denti sulla carne senza affondare, forse producendogli altro piacere. Scossi la testa, no non mi andava. Sapevo che non era vero, mi sentivo umiliato come non mai ma non avevo scampo, anche in quella profonda umiliazione traevo piacere, sulla repulsione prevaleva la turpe attrazione per quell’essere disgustoso che aveva risvegliato tutti i fantasmi erotici del passato e tutte le mie segrete trasgressioni del presente.
Ero entrato in un cesso d’autostrada e mi ritrovavo con la bocca piena del piscio dopo aver preso per la prima volta in mano il cazzo di un altro e chiamato troia da uno sconosciuto minchione del cazzo.“Brava la troietta si è ciucciata la fontanina. Non hai scelta per svuotarmi i coglioni devi svuotarmi tutto. Puttanella non era il cazzo pisciante che ti ha subito infoiato???” Ritirò fuori il suo cazzo afflosciato:” rifiata checca da pisciatoio e poi fai fino in fondo la porca, se no ti piscio in testa nel cesso, uscirai fradicia. Troia!! tutti vedranno, capiranno e magari qualcuno ti sciacquerà ancora la testa, zoccola che non sei altro!!!”
Ero in una situazione ed in una condizione di tale sottomissione che la scelta era inevitabile, in ginocchio davanti ad una tazza di cesso a culo scoperto. Ridotto a schiava succhiapiscia, puttana all’ultimo stadio di degrado mi presi in bocca quella cappella floscia ciucciandola come un biberon: “Dai stronzo riempimi la bocca, pisciala e falla finita stronzo!!!” Ero umiliante, disgustosa ma irresistibilmente attratta dal quel cazzo a cui non avrei mai rinunciato!
“Sìììì, brava la troia, succhia la fontanina, dai bella porcona fatti cesso per le mie voglie!!!” Il cazzo riprese a sgorgare, il getto arrivò e si interruppe, ingoiai e un nuovo getto mi irrorò la gola. Pisciava con getti brevi e violenti, deglutivo. Il mio lato oscuro gradiva quel trattamento, superata la sorpresa iniziale bevevo con piacere alla sua fontana, il suo piscio salato faceva parte della sottomissione e gli ciucciavo il cazzo con avidità, ciucciavo ed ingurgitavo senza pausa come quando si tracanna acqua fresca da una bottiglia. Non poteva sapere, di quante volte carpiato nella vasca da bagno mi ero pisciato in bocca!
“Bevi zoccola, bevila tutta puttana, ti piace ehh? Non c’è limite alla tua depravazione, avanti ciuccia il cazzo troia!”. Il getto cessò, spalancai la bocca, si scrollò e i goccioloni scesero sulle labbra, in bocca, nelle narici, negli occhi, sui capelli. Si eccitava il porco e rideva beffardo: “ti ho pisciato addosso“.
Finalmente respirai e leccai la mazza non ancora in piena erezione ed umida di piscio. Leccavo e guardavo, annusavo come una cagna quella bestia che avevo davanti. Con gli occhi spalancati mi mangiavo quella grossa cosa scura tesa all’inverosimile davanti a me, non mi perdevo nessun particolare me lo fotografavo per portarmi sempre dietro impressa nella mente l’immagine di quel primo cazzo, la forma, le dimensioni, i più piccoli particolari.
La lingua lo percorreva da cima a fondo risaltando le venature gonfie, le mani lo accarezzavano con desiderio. Gli leccai i coglioni dove avvertivo il subbuglio osceno della sborra. Risali alla cima del mio grosso stramaledetto equivoco, baciai delicatamente la cappella scolpita leccandola ripetutamente, lo feci entrare solo per la punta che succhiai avidamente ed iniziai il pompino selvaggio, dimenticata l’umiliazione detti di lingua, labbra, gola e mano massaggiandogli cazzo e palle. Lui si limitava a dolci andirivieni: “Si, troia, zoccola, si così succhia, dai lecca, puttanella godi troia ficcatelo tutto in gola, così, sei una zoccola stupenda mi stai facendo morire, succhiatelo fino all’ultima goccia mignotta!!”
Il cazzo sempre più turgido fino in gola, salivavo copiosamente, la faccia una maschera di umori, farfugliavo a bocca piena: “Sborrami, sborrami!!”
“ Vengo puttana ti sborro, succhia ancora, fammi venire, dai succhia puttana, succhia, puttana, ingoia tutto si!” La sborra cremosa eruttò poderosa e riempì la bocca con schizzi violenti. La trattenni. Mi abbandonai con la bocca piena di sborra e cazzo continuando a succhiargli le ultime gocce.
“sei stata fantastica, mi hai fatto godere come un maiale, sei puttana nel sangue, sei nata per succhiare cazzi!”. Gorgheggiando gli mostrai l’impasto di lingua denti e succo di palle, due ingoi e fu tutto dentro di me. Soddisfatto godevo l’ammasso di carne che si riposava tenero e morbido nella bocca, succhiato delicatamente.
“Un pompino da favola puttanella. Voglio fotterti il culo, aprirti le chiappe, sverginarti il buco, spaccarti le viscere a botte di cazzo e riempirti di sborra!”.Ripresi a pompargli il cazzo che riesplodeva in bocca, pregustandolo grosso e duro farsi strada nel culo sfondandomelo a completare la mia iniziazione: ”Ohhh siiii fatti il mio culo, riempimi le viscere. Dai si… inculami, siii ficcamelo tutto in corpo, sventra questa vacca”.
Cloop! La porta sì aprì di scatto, entrò un ragazzo di colore, l’uomo delle pulizie, gridando: “Stronzi rottinculo di merda, mi licenziano, fuori dai coglioni!”
Il porco filò, il negro sbraitante mi spinse sul cesso:”Dove vai stronzo, paga il fastidio! risparmio venti euro il pompino di stasera dalla buttana negra. Qua zoccola gratis, no preservativo si ingoio, buttana bianca!!” rideva con i denti bianchi. Mi mostrò il cazzo nero, lungo incorniciato da peli scuri risvegliando la voglia di cazzo. Si appoggiò alla parete il pendolo di carne sulle labbra: “Succhiamelo, fatti scopare la bocca!” Il cazzo moscio riempì la bocca, aveva un forte sapore di cazzo, lo ciucciai, fu in tiro: nero, lungo e lucido. Mi chiavò con naturalezza a ritmo altalenante, violento e dolce. La bocca servizievole era figa accogliente di quel bel cazzo dalla bocca alla gola. Gli stringevo le chiappe lisce e sode.
“Succhia troia, dai zoccola che sborro vengo, si puttana ti scopo la bocca”. Provai a rallentare la sua foga per spompinarlo a modo mio e godermelo ma voleva una chiavata rapida per svuotarsi le palle, la mia bocca era una improvvisata figa di puttana in cui si sfogava. Mi schiacciò la testa al ventre peloso, senza respiro, in apnea, gli occhi lacrimavano per quel cazzo nero affondato in bocca fino ai peli. Mi fotteva di bacino. Il getto non tardò, la sborra fiottava ed ingoiavo, fiottava ed ingoiavo e il ragazzo mi svuotava volgarità nella sua lingua. Mi guardò negli occhi, era proprio un bel cazzo, il mio secondo cazzo, ed anche lui non era da meno.
”Bello pompino, puttana bianca. vai via puttanella hai succhiato troppi cazzi!”
Uscii a testa bassa dal cesso ”guasto”. Mi sentivo sporco ma non mi fermai a lavarmi: troppi uomini affollavano il bagno, filai dritto all’aria fresca. Sicuramente sul mio viso si poteva leggere un’ espressione di malcelata soddisfazione.
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