“Salirono al quinto piano, stanza 516, una grande camera con letto matrimoniale, due comode poltrone, un vasto scrittoio, armadio a muro enorme, frigobar,…”
Questo è un romanzo, e, come tale, di fantasia. Ma dentro ogni
capitolo è stata inserita una storia autentica ed autobiografica. Per questo motivo il genere è diverso in ogni capitolo, ma per tenerlo tutto insieme inserirò tutti i capitoli nel genere “prime esperienze, anche se avremo esperienze di altro genere. Spero che vi piaccia.
Capitolo 8 – La brasiliana
Guido impiegò utilmente quell’ora e mezza che lo separavano dall’appuntamento.
Prima che il padre uscisse, fece una telefonata a casa per rassicurare Gilda ed Anita che tutto stava procedendo bene e promettendo di richiamare nel tardo pomeriggio del giorno dopo.
Quindi fece una lunga doccia, dopo di che si sistemò per bene la sua fascinosa chioma castana; si rasò ben bene, si cosparse tutto il corpo del suo profumo preferito.
Scelse con cura il vestiario: slip celeste a rete munito di conchiglia che gli valorizzava il pacco anche in posizione di riposo, un pantalone di cotone color nocciola ed una t-shirt color verde pisello che ben si accoppiava; mocassini scamosciati marrone chiaro; braccialetto di Bulgari (regalo dei genitori per la maturità) e, al collo, un laccetto nero con medaglia in legno lavorato a mano rappresentante il Tao.
Alle otto e mezzo in punto arrivò al bar dell’hotel. Sonia non c’era ancora. Ordinò un long-drink e si sedette ad un alto sgabello.
Dopo circa cinque minuti, sentì una mano sulla spalla che lo fece girare: “Oh, bravo, vedo che sei puntuale. Non so se si tratta solo di buona educazione o se anche non sia un grande interesse per me.” – Sonia sorrideva divertita.
“Credo proprio che sia buona la seconda.” Guido voleva essere galante all’estremo. Voleva conquistarla subito e portarsela a letto quella stessa sera. – “Cosa bevi?”
“Gradirei un succo di pompelmo con una goccia di gin.”
Mentre il barman provvedeva, Guido ammirava l’eleganza ed il buon gusto di Sonia. Un abito fin sotto il ginocchio, con l’orlo irregolare, color malva, trasparente, copriva una cortissima gonna sottoveste, lasciando intravedere un paio di splendide gambe abbronzatissime. La scollatura generosa esponeva agli sguardi maschili quasi l’intera metà superiore di due seni superbi, forse quarta misura, fermandosi appena all’orlo delle areole intorno ai capezzoli che si indovinavano dalle puntute sporgenze subito sotto l’orlo del vestito. Certamente portava un reggiseno a balconcino che ne valorizzava la forma e la prestanza.
Una cintura intrecciata di vari colori ne stringeva la vita. Completavano la mise un pettine spagnolo arricchito da una miriade di pietre semipreziose che ne fermava la splendida capigliatura corvina ed un paio di scarpine da ballo, color oro, che invece di mortificarla ne esaltavano la vertiginosa statura.
Guido era felice di poter mostrare al suo fianco quella splendida creatura, dal viso scuro come fosse molto abbronzato, dalla meravigliosa bocca fornita di due splendide labbra tumide che, ad ogni sorriso, mostravano una doppia fila di perle bianchissime, dal profilo perfetto del naso, dalla morbidezza degli zigomi, dalle fantastiche forme del corpo, sinuose e morbide, da far arrapare il più santo degli eremiti.
Era veramente quella che si dice una bellissima figa.
Guido espresse la sua ignoranza in fatto di ristoranti del posto. Pregò quindi Sonia di fare lei da guida. Ella accettò di buon grado l’incarico e, senza por tempo in mezzo, si avvicinò alla reception chiedendo che facessero venire un taxi.
Dopo una scarrozzata di circa mezz’ora, si trovarono in una piccola piazzetta della zona vecchia della città. Ad un lato di questa si affacciava l’ingresso di quella che esibiva l’insegna “Hosterìa de las delicias”, un ristorantino di piccole dimensioni, una stanza stretta e lunga in cui i tavoli erano sistemati da un solo lato, rimanendo appena lo spazio per il transito di clienti e cameriere. Dal lato opposto alla porta si intravedeva la cucina, al di là di una specie di banco-bar.
Un omino sui sessanta, calvo e mellifluo, si fece loro incontro e li guidò fino ad un tavolino verso il centro di quella sala-corridoio. Si esprimeva velocemente in spagnolo (anzi, Guido pensò che parlava proprio in dialetto valenciano) al quale teneva benissimo testa la splendida Sonia, che poi andava traducendo, a vantaggio di Guido, in italiano.
Era una trattoria specializzata in pesce e frutti di mare. Guido ne fu felice: sapeva che tra i frutti di mare molti hanno proprietà afrodisiache, e contava sul loro aiuto per vincere le eventuali resistenze di Sonia.
Accompagnata da un freschissimo vinello bianco frizzante, consumarono una cena veramente squisita.
Ben fornito da Nunzio, alla fine Guido chiese il conto e rimase sbalordito quando il trattore gli chiese, senza portare carte scritte o cose del genere, quarantotto euro. “Caspita”, – pensò – “a Roma per una cena del genere, con tutto quel ben di dio di pesce, non me ne uscivo meno di ottanta-novanta euro.” E benedisse la propria buona fortuna, anzi approfittò del grande risparmio ottenuto per regalare alla Sonia una splendida orchidea che faceva bella mostra di sé nella vetrina del fioraio che stava accanto alla trattoria.
Sonia, per ringraziarlo della grande galanteria, lo gratificò con un bel bacio sulla guancia, trasmettendo alle sue narici una zaffata di un dolcissimo profumo (forse francese) che a Guido fece venire un brivido di piacere sensuale.
Uscirono dalla piazzetta ed, attraversato un vicolo, si trovarono su un immenso viale, all’angolo del quale sostavano i taxi.
Sonia propose: “Di domenica non c’è granché di locali di ritrovo, perché la gente al lunedì deve alzarsi presto per andare al lavoro. Sono del parere che il modo migliore per finire la serata sia quello di tornarcene in albergo e farsi una bella chiacchierata, magari in qualche angolino tranquillo….!”
La proposta era abbastanza esplicita, e pure un ragazzo inesperto come Guido la colse al volo, per cui espresse la sua incondizionata approvazione.
Già nel corso della cena avevano molto parlato di loro (soprattutto Guido, ché Sonia era molto riservata), dei loro familiari, dei loro amici, dei loro gusti, dei loro studi. Insomma avevano testato la loro affinità e sperimentato il loro star bene insieme.
Arrivati in albergo, Sonia propose: “Se ti va, visto che tu stai in camera con tuo padre, possiamo andare a chiacchierare in camera mia.”
“Sono perfettamente d’accordo.” – Guido non stava più nella pelle: ormai era fatta; quella sera si sarebbe conclusa con una indimenticabile scopata.
Salirono al quinto piano, stanza 516, una grande camera con letto matrimoniale, due comode poltrone, un vasto scrittoio, armadio a muro enorme, frigobar, grande tv al plasma ed una porta finestra che immetteva su un terrazzino dal quale la vista spaziava su un bel pezzo della città.
Si accomodarono sulle poltrone e Sonia offrì a Guido un drink molto forte. “È tequila – precisò – se non ti va te la cambio.”
Guido l’assaggiò. “È buonissima” – disse – “grazie.”
Dopo qualche minuto di silenzio, Sonia, in maniera imprevedibile, si alzò ed andò a sistemarsi sulle gambe di Guido. “Spero non ti dispiaccia.” – disse – “ho bisogno di un po’ di coccole.”
Guido, anche se non se lo aspettava, fu pronto a reagire positivamente. Abbracciò la ragazza, stringendosela sul petto, e le fece una lunga carezza sul viso.
“Veramente ti piaccio?” – Sonia chiede al ragazzo.
“Sì, mia bellissima. Sei uno schianto e mi hai conquistato del tutto. Per te farei qualunque cosa.”
“Ma sei sicuro di volermi? Intendo dire, di volere proprio me? O stavi cercando una qualunque ragazza, magari bella, che fosse disposta a far l’amore con te, punto e basta?”
“No, Sonia. Forse all’inizio era così. Ma adesso, dopo averti meglio conosciuta, sono certo che desidero te, mi piaci tu e voglio fare l’amore con te.”
“E se io non fossi una donna? Se fossi soltanto una transessuale?”
Guido rimase un attimo interdetto. Non si aspettava quella battuta. Poi si riprese. “Certo non posso dire di essermi innamorato di te. A questo punto, e per il desiderio che mi hai suscitato, non cambia nulla. Rimani comunque una bellissima femmina.”
“Grazie, caro. Avevo paura che ti saresti arrabbiato e mi avresti buttata via con disprezzo.”
“Ma no, Sonia, nella mia famiglia siamo stati educati alla più grande liberalità e tolleranza. Forse anche di più. In casa mia il sesso e tutto quello che lo concerne è argomento di abituali conversazioni, senza restrizioni, falsi pudori e tabù. Il nostro approccio con esso non conosce limiti od ostacoli. Tu mi piaci, mi ecciti, mi ispiri tantissima simpatia, oltre che stima ed ammirazione per la tua intelligenza e per il tuo savoir faire. Sono felice di averti conosciuta e di poterti tenere tra le braccia.” – Per confermare la frase, Guido attirò a se il viso di Sonia, appoggiò la sue labbra a quella di lei e la baciò molto, molto appassionatamente.
“Se credi, puoi constatarlo dalla mia erezione.” – concluse poi.
Sonia sorrise, portò una mano sotto il suo culo e constatò che il cazzo di Guido si era di molto ingrossato ed inturgidito.
Fu lei, stavolta, a chinarsi sulla sua bocca ed a baciarlo. Era un bacio stravolgente, le lingue intrecciate si risucchiavano a vicenda, le loro mani avevano preso a vagare su tutto il corpo dell’altro, finché Guido si ritrovò con la sua mano in mezzo alle cosce di Sonia.
Al di là della stoffa delle mutandine, Guido trovò un bel cazzo duro, imprigionato verso il basso, ma già abbastanza grosso. Disse: – Ma non ti fa male a tenerlo così prigioniero?”
“In effetti, sì.” – disse Sonia. Si alzò, lo prese per mano e lo guidò verso il letto. Lo fece sdraiare. Lo baciò ancora. Poi si sollevò e disse: – “Aspetta un istante, mi metto comoda. Se intanto vuoi metterti comodo anche tu…”
Lei si ritirò nel bagno. Guido, rimasto solo, pensò bene di liberarsi da scarpe, pantaloni e t-shirt, rimanendo con il solo slip, e tornò a sdraiarsi sul letto. La camera era in una gradevole semioscurità. Solo l’abat-jour di uno dei comodini era accesa.
La porta del bagno si aprì. In quella semioscurità Guido intravide il superbo corpo di Sonia, completamente nudo, languidamente appoggiato allo stipite. Lei lo guardava con una espressione piena di desiderio. Lui era come imbambolato, incapace di profferir parola.
Lei, molto lentamente, si avvicinò al letto, si inginocchiò su un lato di esso e si chinò a baciare Guido. Poi staccò la sua bocca e prese a baciargli il collo, la guancia, il lobo dell’orecchio, che introdusse tra le labbra, leccandolo e succhiandolo come fosse un ciucciotto.
Una grande sensazione di piacere partiva dalle parti basse di Guido, dalle palle, dal cazzo, dal culo, ed attraverso la spina dorsale, saliva fino al cervello, dove scoppiava in una miriade di scintille di dolcezza che si espandeva per tutto il suo corpo.
Il suo cazzo, duro e pulsante, sembrava volesse scoppiare e gli faceva quasi male. Le mani distese sul letto, le palme in giù, incapaci di assumere iniziative, lasciava fare a lei.
La bocca di Sonia, lievemente aperta, con la punta della lingua leggermente sporgente, stava percorrendo i punti sensibili del maschietto. Dal collo era scesa sul petto, solleticando i capezzoli, succhiandone le punte, schiacciandole con la lingua sulla morbidezza delle acerbe tettine di Guido, che a quel trattamento gemeva e si contorceva, beato.
Poi la lingua vellutata di Sonia trovò la strada del ventre, lo lambiva lascivamente, girando in cerchi sempre più ampi intorno all’ombelico. Ed allargandosi i cerchi, la lingua raggiunse la leggera peluria del pube. Le gote di Sonia accarezzavano il glande indurito di Guido che, a quelle carezze, inviava strali di piacevoli brividi a tutto il suo corpo.
Senza preavviso, Sonia prese tra le labbra la cappella del cazzone di Guido che, intanto, si era fatto grosso e lungo oltre ogni immaginazione di Sonia. La carezzò leggermente con la lingua, lasciandola umida, poi scese con le labbra e la lingua lungo l’asta, fino a trovare le turgide palle di Guido. Le prese in bocca, una alla volta, come se volesse mangiargliele. Le strinse leggermente tra lingua, palato e labbra, mentre a Guido arrivavano, sul fondo della schiena, lancinanti frecciate di piacere misto a paura.
Ma Sonia era di una delicatezza impressionante. Sembrava che tutto, di lei, fosse vellutato, morbido, ma consistente, capace di vellicare ma anche di stimolare con forza tutti i punti in cui le sue labbra, le sue mani, i suoi seni si poggiavano, si strofinavano, mandando in visibilio il giovane italiano.
Poi Sonia ruppe gli indugi: ingoiò completamente quel gran pezzo di cazzo e cominciò a succhiarlo, a carezzarlo con le labbra, col palato, con l’interno delle gote, a scavarlo tutto intorno con la lingua, girandola intorno al bordo del glande.
Guido non aveva mai sognato che si potesse godere in modo tanto violento, quasi da fastidio. Sentiva il suo cazzo che voleva sborrare, ma al tempo stesso qualcosa glielo impediva, forse l’eccesso di eccitazione. Era perennemente sull’orlo del precipizio, ed un orgasmo gigantesco sembrava dovesse sgorgare da un momento all’altro e precipitarsi, come una enorme cascata, su quella lingua, dentro quelle labbra, addosso a quella gola, a quelle gote.
Sonia, sembrava divertirsi a torturarlo in quel modo: quando sentiva che lui stava quasi eiaculando, si fermava e lo rabboniva, poi ricominciava da capo. Ma alla fine dovette arrendersi. Con una violenta accelerazione dei movimenti della lingua e delle labbra, con l’accentuazione del risucchio della cappella, in pochi istanti lo portò oltre il punto di non ritorno.
Guidò esplose come un vulcano inattivo da tempo: fumo, lava e lapilli fuoriuscirono con la violenza di un uragano da quel cazzo troppo a lungo sollecitato e violentemente bloccato.
Schizzò tanta sborra dentro la bocca di Sonia che questa, benché veterana del pompino, ebbe le sue belle difficoltà a non farsi fuoriuscire dalla bocca quel nettare che la deliziava. Per oltre dieci secondi di seguito quel cazzò eruttò sperma bollente, e lei beveva, succhiava, leccava, gustava, godeva.
Poi lei si fermò.
Lui era esausto; si sentiva svuotato del tutto; non aveva neppure la forza di sollevare la testa dal letto.
Lei lo lasciò in pace per circa una mezzoretta, sdraiandosi buona buona al suo fianco, accarezzandogli delicatamente la peluria del petto e le tonde tettine da adolescente.
Quando pensò che Guido avesse recuperato le sue energie, Sonia riprese a stuzzicarlo, ad accarezzargli le palle, il culo, la pancia, a strizzargli i lobi delle orecchie, finché riuscì a svegliarlo del tutto dal suo torpore. Il cazzo di Guido cominciò a riprendere vita.
Ma non era a quello che Sonia mirava.
Lo spinse delicatamente, ma con energia, su un fianco finché riuscì a girarlo sul letto ed a portarlo a pancia in giù.
Le sue mani esperte gli massaggiavano la schiena, dalla attaccatura del collo fin giù giù sulle natiche. Risalendo e ridiscendendo.
Poi si leccò il polpastrello del dito medio e con quello andò ad accarezzare il buchino al centro delle natiche di Guido.
Il ragazzo ebbe un violento fremito. Spinse il culo in su invitando implicitamente quel dito a farsi avanti. Il che piano piano avvenne. Ed il dito cominciò una dolce danza, avanti e indietro, dentro quello sfintere che ritmicamente si contraeva e si rilassava, che si stringeva e si allargava alternativamente, consentendo al dito di entrare sempre più in profondità.
Quando tutte e tre le falangi erano entrate, Sonia ritrasse il dito quasi completamente, tornò ad insalivare il polpastrello insieme a quello dell’anulare e riprese l’esplorazione dello sfintere. Non ci mise molto a raggiungere l’intera penetrazione di ambedue le dita, al che aggiunse anche l’indice.
Il culo di Guido si era del tutto rilassato e del tutto aperto a quella pressione. Le sue contrazioni erano appena percettibili, mentre la sua dilatazione era più che evidente.
Sonia capì che era il suo momento. Il suo cazzo si era fatto duro, lungo grosso, pulsante. Lo puntò sul buco ormai dilatato di Guido e cominciò dolcemente a premere.
Aveva provveduto a spalmare la cappella con abbondante saliva, ed il cazzò scivolò dentro come se il culo di Guido ve lo avesse risucchiato. Nessun grido di dolore, anzi!, solo un mugolio di piacere, fu l’unico messaggio trasmesso da Guido al suo sodomizzatore. Stavano godendo entrambi.
Il coito durò un tempo interminabile; Sonia aveva adottato un ritmo lento che teneva tutti e due al limite del piacere, senza peraltro spingerli all’eiaculazione.
Che goduria!!!!! Era quello il paradiso, pensò Guido.
Ma finalmente Sonia non poté più ritenere la sua eccitazione. Accelerò il suoi movimenti. Spinse fino in fondo alcuni colpi d’ariete. Il suo respiro divenne affannoso. Affondava i colpi sbattendo con forza i coglioni sulle chiappe di Guido che si sentiva sfondato, riempito, posseduto, padroneggiato, amato, desiderato, nella pienezza della sua femminilità, quando un fiume in piena gli sconvolse le viscere e Sonia cominciò a sborrargli dentro una quantità inimmaginabile di sperma, caldo, bruciante, che gli solleticava a morte il budellone.
Il cazzo di Guido rispose alla sollecitazione e, senza alcuna carezza esterna, esplose anch’esso una lunga e copiosa sborrata sul lenzuolo.
Finalmente sazi, si alzarono, fecero una doccia insieme, ma senza riuscire più a far rizzare il cazzo.
Si asciugarono. Guido si rivestì, diede un bacio fugace sulle labbra di Sonia e se ne andò.
Erano le 2.00 esatte quando aprì la porta della sua camera.
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