“Poi venne scaricando seme in abbondanza…”
Grazie Enrico!
Quando dicono che solo i bisessuali godono sino in
fondo i piaceri del sesso, credo abbiano ragione. Per lo meno io, bisessuale convinto, alla mia non più tenera età di cinquantenne, mi sento sessualmente appagato e mi faccio beffe della ridicola arroganza dei monosessuali. E credo che determinante fu, ai fini del superamento delle ubbie machiste, un’esperienza adolescenziale omosex con il mio amico d’infanzia, Enrico.
Avevo 16 anni e l’estate era già arrivata da un pezzo, niente scuola, tante uscite serali e cuccate a go-go con qualche ragazza per divertirsi un po’. La maggior parte dei pomeriggi la trascorrevo in piscina, teoricamente ad allenarmi, in pratica per limonare con qualche ragazzina e osservare languidamente i costumini attillati dei miei compagni di squadra: nessuno sapeva che non avevo mai avuto alcun rapporto con altri ragazzi. Unica piccola eccezione era il rapporto che avevo con Enrico, il mio migliore amico di sempre. Eravamo una coppia leggendaria per aver rubato cuori (e non solo!) a troppe ragazze, in realtà tra noi non mancavano coccole e carezze, come farebbero due amiche, cosa che invece raramente avviene tra due amici, specialmente se così “virili” agli occhi altrui. Ma Enrico aveva una dolcezza, una tenerezza irresistibile.
Una sera mi invitò a casa sua per vedere un film, io ero stanchissimo per l’allenamento, lui per esser andato in palestra, così nessuno aveva voglia di uscire. Mi disse che era a casa da solo, i suoi genitori si erano presi qualche giorno per andare a Bologna, suo fratello dormiva dalla sua ragazza. Era capitato altre volte, quindi non me ne feci certo un problema.
Quando arrivai a casa di Enrico lui mi accolse con addosso solo un paio di pantaloncini blu. Lo avevo visto molte volte mezzo nudo, ma non finiva mai di eccitarmi con il suo fisico, che aveva particolarmente sviluppato negli ultimi mesi frequentando la palestra.
“Grazie di essere venuto. Ma mica ti dispiacerebbe restare anche a dormire? Mi rattrista stare da solo. Non ti preoccupare, ti presto tutto quello che ti serve…”, mi disse poco dopo che ero entrato.
“Vabbè, sento mia mamma”.
Naturalmente mia madre non aveva nulla da obiettare, eravamo vecchi amici e i nostri genitori si conoscevano da anni. Ci buttammo sul divano a guardare un film, una commedia americana stupidissima ma vagamente erotica. Faceva un caldo incredibile perchè il climatizzatore era rotto:
“Eh, fa caldo. Ma tu fai come a casa tua? Dai, togliti la maglietta”, mi disse lui.
Io non resistevo così vestito, non esitai a cogliere quell’invito, ma mi eccitai ancor di più mentre i nostri corpi nudi si sfioravano sul divano. Ero già in estasi, e per così poco.
Il film non durò molto, restammo un poco ancora a chiacchierare e a fare zapping, poi andammo a dormire nel letto di Enrico, abbastanza comodo per due, una piazza e mezza.
“Io dormo nudo, spero non ti dispiaccia”, mi disse sfilandosi i pantaloncini.
“Figurati!”, dissi io, già emozionato.
Si sfilò quelli e poi le mutande: aveva un gran bel pisello, un poco più grosso del mio, pochi peli biondi crescevano sul pube. Il pisello ondeggiò morbido mentre si buttava a letto pancia all’aria.
“Che fai, resti a guardare? Non penserai di dormire vestito!” “Ehm, no…certo che no”, risposi io, un poco in imbarazzo.
Mi sfilai i pantaloncini e gli slip, mostrando il mio bel pisello le cui dimensioni stavano già crescendo, poi mi misi a letto di spalle. Enrico sembrava già dormire, così mi girai a guardarlo alla fioca luce che entrava dalla finestra semiaperta. Era bellissimo, e il suo pisello era incredibilmente duro! A quella vista mi eccitai da morire, il mio pisello sembrava scoppiare, tanto era duro e grosso. Enrico si mosse, io mi voltai ancora di spalle. Dopo un pò di tempo mi voltai ancora e lo vidi ad occhi aperti, si sfiorava appena il pisello con la mano destra.
“Non riesco a dormire con ‘sto coso”, mi disse.
Mi voltai, col pisello durissimo.
“Nemmeno io”, risposi.
“Scusa, io mi tiro una sega … mica ti dispiace?”
“No, figurati… esco se vuoi” , dissi io, eccitatissimo.
“No dai, resta… anzi, perché non te la fai anche tu? Con quel coso in tiro…”, disse sorridendo.
Sorrisi anch’io e mi misi pancia all’aria. Cominciammo piano a farci una sega, io ero già pronto a sborrare, avevo il torace sudato e il respiro affannoso.
“Ci metto un secolo a menarmi le seghe”, esordì lui, stringendosi il pisellone duro in mano.
Ma dopo pochi secondi mi guardò e aggiunse:
“Scusa, ma perché non me la fai tu?”
Io lo guardai strabiliato e mi fermai.
“Sì dai… mica siamo … gay… solo una sega… siamo amici” , continuò sorridendo.
Visto che esitavo, mi prese la mano destra con la sua sinistra. Io non opposi resistenza mentre lui accompagnava la mia mano fino al suo pisello.
“Cazzo se è duro!”, gli dissi.
Ridemmo, poi cominciai a fargli la sega, toccando appena la cappella umida.
“Aspetta, ora la faccio io a te!”, mi disse, e mi prese il pisello.
Sospirai appena, mentre abbassavo la mano sul suo membro, sfiorandogli il ventre e il petto sudaticcio. In breve sborrammo tutti e due ridendo per qualche stupida battutina, poi andammo a pulirci in bagno e tornammo a letto.
Era strana quella situazione, ma così bella ed eccitante! Mi misi su di un fianco, dandogli le spalle e tornammo a dormire. Il suo respiro si fece pesante, pensai che era tutto finito. Invece, all’improvviso lo sentii avvicinarsi, il suo braccio destro mi cinse quasi in un abbraccio, il suo bacino (e il suo pisello!) sfioravano il mio sedere. Respiravo a fatica, il mio cazzo era di nuovo in tiro. Lui respirava profondamente, forse dormiva, ma sentii le sue dita muoversi e carezzarmi il petto. Poi si fermò. Io alzai appena la gamba e passai la mano tra le mie gambe fino alle sue palle. Erano grosse, sode, con pochi peli come il pube. Salii fino alla radice del pene, poi sentii ancora quella carezza, così ritrassi la mano e mi toccai il pisello, durissimo. Lui si fermò, così io tornai sulle sue palle, le toccai, e mi eccitai tantissimo; poi andai sul suo pisello e lo carezzai; quello diventò duro velocemente, un pezzo di legno. Lo sistemai appena fra i miei glutei e lo sentii muoversi. Ritrassi la mano, sentii ancora la sua carezza. Questa volta era più intensa, poi la mano scese fino al mio pisello, lo sfiorò appena, sfiorò le palle e tornò su di nuovo. Enrico si ritrasse, io restai immobile, non respiravo nemmeno. Lo sentivo armeggiare, poi due dita mi sfiorarono il buco del culo: erano umide di saliva.
“Stai tranquillo, non ti farò male” , mi sussurrò all’orecchio.
Tolse le dita, poi sentii arrivare il pisello: era umido anche quello. Avvertii un dolore, acuto ma breve, quando la sua cappella violò l’ano; e ancora più dolore, ma anche un piacere indescrivibile, quando Enrico spinse tutto quel suo cazzo durissimo nel mio culo.
Godevo. Sentivo i suoi peli premere sulle mie chiappe: il palo era tutto dentro. Piano, quasi con timore, lui cominciò a trombarmi.
“Non ti sto facendo male, vero?”, mi chiese.
“No, vai più veloce!”, gli risposi ansimando.
Mi mise pancia a terra e cominciò ad aumentare il ritmo, fino a fottermi con foga. Gemeva di piacere. Il mio pisello sembra scoppiare ogni volta che sfiorava il lenzuolo.
Lo tirò fuori, ma non era ancora venuto. Mi girò, mi baciò, sentii la sua lingua calda contro la mia, il suo pisello toccare il mio, strinsi le sue spalle muscolose. Poi scese, scese fino al mio cazzo e lo prese il bocca. Glielo spinsi in gola, lui lo leccò, lo baciò come ne avesse fatti a migliaia.
Sborrai tantissimo, nella sua bocca, sul suo viso, gocce calde scendevano sul mio basso ventre. Lo baciai, misi lui di sotto e presi il suo pisellone in bocca. Aveva un gusto incredibile, come nessun’altra cosa. Lo leccai con naturalezza, lui me lo spinse in gola fino a farmi soffocare. Poi venne scaricando seme in abbondanza.
Ingoiai quanto potevo, ma era troppa, e un po’ di sborra mi bagnò le labbra. Continuammo a baciarci teneramente per un bel po’, poi ci stendemmo uno di fianco all’altro, mano nella mano, esausti.
Dormimmo divinamente sino a mattinata inoltrata. Mi svegliai prima io. La prima cosa che avvertii fu una poderosa erezione. Mi accarezzai il cazzo bello ingrifato, istintivamente allungai una mano verso Enrico e incontrai il suo, anch’esso imbizzarrito. Istintivamente lo strinsi e lui si svegliò. Ci guardammo negli occhi, poi entrambi guardammo i nostri cazzi in bella erezione e scoppiammo a ridere:
“Vedi”, mi disse Enrico, “già reclamano il bis di stanotte!”
Ci abbracciammo, ci strusciammo l’uno contro l’altro, ci baciammo con grande passione. Poi guardammo verso l’orologio digitale sul comò:
“Dio com’è tardi!”, esclamò Enrico, “mi aspettano in palestra!….su, dai, facciamoci una bella doccia e via ….”
Saltammo in piedi e entrammo insieme in doccia. I cazzi erano già inalberati, la contiguità dei corpi, l’acqua tiepida scrosciante, il bagnoschiuma spalmato sulla pelle (così simile allo sperma), fecero il resto.
Ci avvinghiammo sotto il soffione tenendoci reciprocamente per le chiappe e ci slinguammo a lungo, mentre con i cazzi scalpitanti sembravamo incrociare le spade. Poi, senza smettere di succhiarci a vicenda la saliva, cominciammo a segarci reciprocamente e venimmo insieme schizzando l’uno contro l’altro, mentre l’acqua continuava a scendere su di noi.
Una bellissima, stupenda goduta a corollario di una nottata omosex che, nonostante la mia vita sessuale abbia accumulato le esperienze più svariate, ricordo ancora come l’innesco di un atteggiamento di libertà cui devo le gratificazioni della mia vita intima.
Ed è per questo che, a distanza di tanti anni, nonostante le nostre strade si siano divise da tempo ed ormai quasi non ci sentiamo più, serbo un sentimento di tenerezza verso il mio amico di giovinezza. Grazie Enrico!
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