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Genesi 1 – la bastardata

“Loro avrebbero dormito a casa dei miei: Francesca e Pietro in camera di mio fratello; Sveva con mia sorella…”

Questo racconto è il primo di 4 racconti che hanno forgiato alcuni
lati della mia personalità, nello specifico nella mia relazione/concezione del sesso e più in generale hanno comunque cambiato il mio modo di comportarmi con le donne…in meglio! Non so quale di queste 4 sere della mia vita abbia avuto un ruolo preponderante sulle altre ma certamente mi hanno fatto uscire dal guscio, maturare e cominciare un percorso non ancora terminato (e mi auguro che non termini mai).

Tutti i miei racconti sono quasi reali. Il “quasi” perché cambio situazioni, nomi e luoghi ma la sostanza è reale.

Posso sembrare immodesto e altezzoso; in realtà, anche se tanti ancora ridono quando lo dico, sono timido; e decisamente umile. Ma oggi riesco a guardare indietro con un po’ di oggettività. Per il primo racconto mi dilungo con alcune descrizioni anche per i racconti futuri.

22 anni, universitario cui si chiedevano appunti e aiuti, fisico scolpito da uno sport agonistico molto duro e un discreto successo con le ragazze. Le cercavo sempre più grandi di me e, soprattutto ero attratto dalle “star”. Ero attratto da quelle ragazze che rappresentavano una sfida, un desiderio “impossibile” di tanti, ancora meglio se erano fidanzate. Grazie a quelle conquiste mi ero guadagnato un po’ di odio e ammirazione da parte di alcuni maschietti e po’ di ammirazione (celata) e giudizi altezzosi da parte di varie ragazze. Con questo non voglio dire che avessi uno stuolo di ragazze. Tutt’altro! Ma quando ti fai la più ambita del corso A, la più ambita del corso B, una ragazza molto carina (Dora) cui nessuno si avvicinava perché stava con un poco di buono, un’atleta, e perfino due assistenti la tua fama ti precede.

Torniamo a noi e al racconto

Il mio carissimo amico Flavio, meridionale, studiava a Torino ed eravamo compagni di corso. Eravamo e siamo tutt’ora legatissimi. Ci vedevamo una volta al giorno.

Telefonicamente avevo conosciuto la sua famiglia al telefono; persone adorabili. Mi chiamavano per far arrivare al figlio sorprese o cartoni con cibo. Il padre aveva una impresa di trasporti e faceva arrivare i cartoni nel deposito di una società partner in periferia di Torino. Io andavo a prendere i cartoni e li portavo a Flavio. Per me era un vero piacere. In fondo stava sempre e solo con ragazzi pugliesi come lui, sperava sempre di tornare in Puglia, quando tornava dalla Puglia ci mettevo giorni a tirarlo su di morale. Un giorno mi disse che se non ci fossi stato io a Torino avrebbe lasciato gli studi.

Conobbi la sua ragazza al telefono. Lei rimase interdetta. Per quanto intuii che le fosse piaciuta la mia voce le chiesi se andasse tutto bene. Parlammo pochi minuti e ci lasciammo; eravamo sinceramente contenti di aver parlato per la prima volta senza aver sentito da terzi commenti uno dell’altra.

Pochi giorni dopo, sua madre Francesca mi chiamò a casa dicendomi che lei e suo marito Pietro volevano fare una sorpresa a Flavio e venire per il suo compleanno a Torino. Chiaramente si sarebbe unita anche la fidanzata. Avevo cominciato a fantasticare…. Ma era il mio amico….ma mi ero messo una sfida in testa. Cazzo… quando mi metto qualcosa in testa mi programmo. Basta! Non capivo più niente. Perché questa cosa….non posso….Era sera e andai a correre. Tornai dopo oltre tre ore stremato. I miei pensavano che fossi uscito. Svuotai il frigo di qualunque alcol. Il giorno dopo stavo meglio e non pensavo più a cazzate.

Arrivò il giorno. Invece di andare a lezione andai alla stazione alle 9 a prendere mamma Francesca, papà Pietro e fidanzata Sveva che avevano viaggiato col treno di notte. Rimasi interdetto. Avevo visto delle foto ma non le rendevano giustizia. Non era più alta di 1m60; capelli castano scuri lisci che portava fino a sotto le spalle con un ciuffetto che ogni tanto faceva capolino davanti agli occhi verdi. Occhi verdi che esprimevano una sensualità incredibile. Baciai e abbracciai (ricambiato) la madre Francesca che non avevo mai incontrato e diedi una stretta di mano vigorosa a Pietro che mi abbracciò. Baciai Sveva quasi ignorandola parlando con Francesca. Le diedi fastidio. Presi Francesca sottobraccio e presi la sua valigia. Mi incamminai con lei e il marito. Sveva si fermò un attimo e intravidi con la coda dell’occhio che fece una smorfia di insofferenza: come se si aspettasse una diversa accoglienza. Me ne disinteressai. Rimase dietro a seguirci. Mi fermai, chiedendo scusa a Francesca. Andai incontro a Sveva. Le sorrisi dicendo che volevo che mi dedicasse poi qualche ora in quanto volevo mostrarle Torino. Le sfilai lo zaino senza che potesse dire nulla. Voleva ribattere ma non gliene diedi modo. Sembrava contenta.

Arrivammo a casa mia. Flavio ancora non sapeva nulla. Loro avrebbero dormito a casa dei miei: Francesca e Pietro in camera di mio fratello; Sveva con mia sorella.

Proposi un giro per Torino a Sveva ma si unì anche Francesca. Ho sempre pensato che Francesca che come tante donne ha un sesto senso avesse intuito qualcosa, forse inconsciamente e, in qualche modo difendeva il figlio. Mi occupai più di Francesca che non di Sveva che di nuovo mostrava insofferenza. Mangiammo un boccone e andammo a prenotare al ristorante per il compleanno di Flavio. Rientrammo poi a casa mia.

Nel pomeriggio Francesca e Pietro andarono insieme a mia sorella a prendere i dolci e mia sorella li portò anche a casa di campagna dei miei. Io rimasi in quanto dovevo andare ad allenamento. Prima di andarci preparai il letto a Sveva che era molto stanca. Lei si andò a fare una doccia….volevo entrare ma non ebbi le palle! Quando tornò aveva un minipiagiamino. Stavo perdendo il controllo ma mi ricordai che con lei stavo giocando. Ero io che comandavo il gioco. E lei poteva pensare di essere bella ma comandavo io. La invitai…di fatto le ordinai di sdraiarsi. Le presi il piede sinistro. Non sapeva come reagire. Ero teso ma dovevo fare “quello che se ne fregava”… presi a massaggiarle il piede. A quel punto lasciò cadere la sua testa sul cuscino e cominciò a emettere gemiti di puro godimento. Il suo pantaloncino lasciava intravedere un po’ di peli. Non riuscivo a guardarli altrimenti mi sarei davvero eccitato. Dopo le chiesi di girarsi e le massaggiai leggermente collo, scapole e spalle. D’un tratto andai via. Lei ci rimase male.

Ad allenamento ebbi una carica esagerata. Tornai volutamente a casa a docciarmi. Volevo che lei mi vedesse in mutande. A differenza del suo ragazzo non ero grasso, tutt’altro! E si sa, si cercano delle cose diverse rispetto a quelle che si hanno. Arrivato a casa andai in camera mia lasciando la porta aperta; cantavo e schiamazzavo. Lei venne in camera e rimase a fissarmi: ero in mutande. Mi eccitava la cosa. E dissi senza troppo convincimento che credevo che fosse uscita. Tornò in camera di mia sorella e io andai a farmi la doccia.

Mia sorella andò insieme a Francesca, Pietro e Sveva al ristorante dove tutti gli amici pugliesi aspettavano. Io andai a prendere Flavio in quanto sapeva che saremmo usciti insieme. Quasi pianse il mio amico quando vide quella festicciola. Poi venne da me e mi diede un abbraccio che ancora oggi ricordo. Rientrammo a casa che erano appena le 23. Pietro crollò immediatamente. Sveva andò a letto e le dissi di venire poi in camera mia. Francesca cercò di resistere al sonno ma la lunga notte in treno e il non riposo vinsero.

Sveva era nuovamente col suo pigiamino. Io con boxer e maglietta. Parlammo un po’. Lei sulla mia poltrona ma con le ginocchia unite in posizione quasi fetale. Io sul letto. Come un automa andai a sedermi sul largo bracciolo; lei spostò leggermente una gamba e le vidi la patatina. Mi eccitai. Tanto. Il mio cazzo si gonfiò e tutto il controllo mostrato andò in fumo. L’accarezzai sulle guance, con le due mani. Poggiò la testa sulla mia coscia accarezzandola. E lì qualcosa successe. La presi delicatamente ma in modo molto deciso sul collo. La baciai. Si divincolò e mi sorrise maliziosa. La guardai quasi in modo cattivo. Si sentì persa, quasi impaurita. La presi dai capelli. La baciai e continuai ad accarezzarla sulle guance. Poi le ripresi il collo. Le succhiai le tette dalla magliettina. Non capiva più niente. Disse: “cosa aspetti a darmi il tuo cazzo”. E poi si mise la mano sulla bocca. Le dissi che non si dicono certe parole e le diedi dei buffetti. Ogni schiaffettino la faceva eccitare. Le tirai su la maglietta fino all’altezza del seno. Cominciai a leccarla mentre la tenevo dal collo; lei si lasciava fare. Quasi si sottometteva alla “durezza” della mia mano. Le tenevo il collo, le tiravo i capelli, le bloccavo le braccia; ma la accarezzavo e la leccavo sulla pancia, sui seni, sui capezzoli. Le succhiavo un capezzolo, tenendo l’altro tra i polpastrelli di indice e pollice che sfregavano.

Le levai i pantaloncini. Erano bagnatissimi. Erano talmente bagnati che non solo il buchetto posteriore ma tutto il culetto erano bagnatissimi, le leccai l’inguine e la parte interna delle cosce. “Ti prego leccami” mi continuava a dire. “non è quello che sto facendo?!” replicavo smettendo di leccarla. Le lasciai le braccia; prese la mia testa e me la mise sulla patatina. Ancora non la leccavo sulle grandi labbra. A quel punto mi mise letteralmente la figa in faccia. Le misi un dito dentro e le succhiai il clitoride. Sembrava volermi scopare la faccia. Le misi tre dita in bocca di modo che non emettesse gemiti. Continuavo a succhiare il clitoride come se fosse un cazzo. Il pollice nella patatina si muoveva velocemente. Le misi due dita nel buchetto. Non aveva mai provato questa cosa eppure le due dita entrarono in modo facile. “Mi stai facendo impazzire. Sarò venuta 5 volte”. Io non me ne ero neanche reso conto. La rimisi sulla poltrona. Salii con le ginocchia sui braccioli. Me lo tirai fuori. Lei emise un “ooohhh” molto silenzioso con una smorfia quasi di dolore. La mia mano sinistra le teneva i capelli; la destra il collo. Le misi il pisello in bocca e cominciai a scoparle la faccia. Spingevo sempre più in fondo; la vedevo in difficoltà ma le piaceva essere dominata. Lo tirai fuori. La volevo guardare bene negli occhi. La mano sinistra continuava a tenerle i capelli. Tirai un po’ indietro i capelli di modo che tirasse su il viso. Emise un gemito di dolore ma era completamente in balia di me. “Tira fuori la lingua e fammi godere” le dissi. Tirò fuori la lingua e mi masturbai con la cappella a contatto della sua lingua. Fece roteare la lingua sulla cappella. Non tenni più. Misi il pisello in bocca e ripresi a scoparle la bocca. Venni. Tanto, tantissimo. La vidi in difficoltà. Tirai fuori il mio pisello. Era ancora bagnato. Tenendo con la mano il pisello, glielo passai sulla guancia. Chiuse gli occhi godendo. Non mi accorsi che aveva ancora il mio sperma in bocca. Capii che voleva andare in bagno. Le rimisi i suoi pantaloncini e la accompagnai in bagno. Sputò tutto. Mi diede alcuni schiaffetti sul costato. “Perché sei venuto così tanto”. Però sorrideva. Tornammo in stanza. Mi guardò e mi chiese se avevo ancora energia perché voleva il mio pisello dentro. Si rilevò i pantaloncini. Mi spinse sulla poltrona che era ancora bagnatissima. Si mise a leccare il mio pisello ancora moscio. Leccava inguine, palle e succhiava. Ripeteva questo rituale. Dopo lunghi minuti sentii il mio pisello riprendersi. Si alzò mi prese il pisello come una corda e lo tirò. “ohi” esclamai, mi alzai. Si sedette, quasi sdraiata, sulla poltrona. Aveva il bacino fuori e solo collo e testa erano appoggiati sullo schienale. Prese con le sue mani le sue caviglie che portò quasi all’altezza della testa. Nel frattempo presi un preservativo e me lo misi. La penetrai, piano piano e lo lasciai dentro tutto. Cominciai a pomparla. Non potevamo fare rumori ma trovai il modo di pomparla sempre più forte. Vedevo il suo viso contorcersi. Mise la bocca contro un polpaccio. La sentii tremare. Tremare. Tremare sempre più forte. E io pompavo sempre più forte. Lasciò le sue caviglie e le sue gambe cinsero il mio sedere. Mi diede dei morsi al petto. “Fermati; sono venuta”. Si alzò e si buttò sul letto a pancia in giù. La seguii. Sembrava non avere più forza. La tenni forte e la penetrai nel buchetto che non aveva bisogno di alcuna lubrificazione. Il pisello entrò facilmente. Inizialmente non disse niente. Quando la seconda parte del pisello entrò cominciò a lamentarsi. La baciai e la rassicurai. “Vedrai che Ti piacerà”. Dopo i primissimi momenti cominciò a dire “sei fantastico, continua a fottermi. Fottimi. Fottimi”. Al ritmo di silenziosi “fottimi” continuavo a pompare. Finalmente venni. Forse meno della prima volta ma in modo più forte. Stavo per tirare fuori il pisello e lei mi fermò dicendomi: “no, ti prego. Tienilo dentro”. Rimanemmo così per almeno 5 minuti. Lo tirai fuori. “Sento veramente il vuoto dentro” mi disse. Guardai la sveglia. Erano le 3.

Mi svegliai presto al mattino. Mi sentivo in colpa. Ma la voglia era tanta. Sveva rimase un giorno ancora. Io nonostante una partita importante, approfittando del fatto che i genitori di Flavio andarono in campagna dai miei, la riscopai e questa volta lei urlò. E anche io.

Li accompagnai in stazione insieme a Flavio. Flavio poi si appartò con Sveva e la baciò. Tra me e me pensavo che pochissime ore prima in quella bocca c’era stato il mio pisello e il mio sperma.

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