“Serata fredda e senza luce quella sera di novembre ed io fermo lì nella mia auto, paziente e immobile come i rettili in attesa di una preda…”
PARTE 1
Aspetto.
Serata fredda e senza luce quella sera
di novembre ed io fermo lì nella mia auto, paziente e immobile come i rettili in attesa di una preda.
Aspetto.
Il cielo coperto da uno strato denso e piatto di nubi che minacciavano solo un bel nulla, ma piuttosto ricordavano che era autunno; il traffico autostradale quasi inesistente nonostante fossero solo le 22, qualche TIR che tirava dritto malgrado le luci di posizione lasciate accese, tanto per segnalare la mia presenza proprio lì.
Aspetto.
L’autoradio diffondeva musica gradevole, ma ad un volume basso perché non volevo che fosse invadente, che m’impedisse di pensare, pensare, pensare e aspettare.
Finalmente la luce! Alzai gli occhi sullo specchietto retrovisore e vidi un’auto fermarsi proprio dietro la mia, segnale inequivocabile vista l’ampiezza della piazzola.
Aspetto.
Continuai a fissare lo specchietto per cercare di capire chi fosse colui che si offriva alle mie attenzioni, spensi le luci e lui spense il motore; non si vedeva molto, la sagoma faceva pensare ad una Mercedes familiare, ma, visto che di auto un po’ me ne intendo, insolitamente grande; decisi di scendere e non con poca sorpresa vidi che dietro la mia Fiat c’era un carro funebre.
Questa proprio mi mancava!
Lentamente mi avvicinai e vidi l’uomo alla guida sonnecchiare, un bel tipo con i capelli corti, sui 40, ma la testa poggiata sul poggiatesta e gli occhi chiusi mi fecero andare oltre quanto bastò per scoprire che il carro era vuoto, almeno quello! Comunque mi ero sbagliato, l’autista era solo stanco e si è fermato. Punto.
Girai per tornare verso la mia auto, la sua testa ancora reclinata all’indietro, i suoi occhi sempre chiusi, ma ora si teneva l’uccello in mano!
Il finestrino scivolò verso il basso, infilai la mia testa e iniziai a succhiarglielo; lui immobile, continuava a fingere di dormire.
Un paio di minuti e il gioco era fatto, non una parola, non un gemito e mentre risalivo in auto lo vidi puntare i piedi per tirar su la zip dei pantaloni, poi mise in moto e come era arrivato se ne andò via.
‘Accidenti” pensai, ‘un carro funebre non mi era mai capitato!’ e mentre sorridevo al pensiero della superstizione legata a quei mezzi soprattutto quando sono vuoti, girai la chiave per andarmene.
Non accadde nulla, zero assoluto! Le luci del quadro flebili, il motore che accennava ad un singhiozzo; riprovai più volte, ma niente da fare, la batteria era andata.
Aprii il portaoggetti e trovai un numero di pronto intervento, chiamai e spiegai all’operatrice dove mi trovavo. Pochi minuti dopo un SMS mi avvisò che il carroattrezzi sarebbe arrivato nel giro di mezz’ora.
Aspetto.
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