“Si girò di scatto e lo vide: era un giovanotto di meno di trent’anni, più giovane di lei, appena più alto, che la fissava con insistenza…”
La parata militare era appena iniziata e la signora Elisabetta se ne
stava sull’ultima fila della tribuna d’onore insieme al marito, funzionario di grado abbastanza elevato da avere accesso con la consorte tra le autorità tuttavia non tale da avere diritto ai primi posti.
Si prospettava un bel po’ di tempo da star lì ad annoiarsi, ma ciò rientrava in un certo senso nei doveri del posto o della carica.
Oltre tutto faceva già caldo e pure stando all’ombra non si poteva fare a meno di avvertirlo.
In ogni caso la signora era abbastanza allenata a dissimulare i suoi veri pensieri ed a mostrare a tutti un interesse inesistente, aiutata dal suo aspetto elegante e dalla sua bellezza, impossibile da non notare nell’eleganza di un tailleur chiaro (con un giacchino corto e con la gonna stretta che ne evidenziavano i fianchi rotondi e le cosce prepotenti).
Fu d’improvviso che si sentì premere dietro una coscia, nettamente. Si girò di scatto e lo vide: era un giovanotto di meno di trent’anni, più giovane di lei, appena più alto, che la fissava con insistenza.
La signora si scostò tranquillamente, stringendosi al marito, anzi prendendolo sottobraccio affettuosamente a dirgli sottovoce qualche banalità.
Di lì a poco, però, dovette constatare che la cosa si complicava e si stava ripetendo: sentì dunque di nuovo la pressione, ma stavolta la percepì più di dietro, lungo una delle sue straripanti natiche, e le sembrò molto precisa!
Sentì di arrossire involontariamente, un po’ indignata più che imbarazzata, e tornò ancora a scostarsi.
Girò la testa per lanciare un’occhiata seccata a quel maleducato, ma di rimando trovò un’espressione che le parve ironica e come divertita, davvero insolente.
Quando si materializzò il terzo approccio, la signora Betty si rese conto di non avere più spazio per un’ulteriore ritirata quindi provò a dare una gomitata lenta ma decisa all’indietro e s’irrigidì tutta.
Non sortì altro effetto che quello di precisare forse meglio la pressione: era inequivocabile che contro la sua natica premeva un affare difficile da non classificare…
Fu allora che l’uomo chiamò da dietro il marito della signora:
“Dottor Incoronato! Guardi un po’, non l’avevo vista… Ben trovato!”
“Ah salve, Troiani” fece il marito di rimando, girandosi e torcendo il collo per guardarlo: “Tutto bene?”
“Bene? Sì, certo, benissimo!”
“Ah, Troiani, le presento mia moglie: Elisabetta, questo è il Dottor Troiani, un mio collaboratore.”
“Piacere!”
“Piacere…”
Nello stringere la mano, in quegli spazi ristretti, la signora sentì il dito medio di lui che le si strusciava contro il palmo, dandole un segnale sfacciato.
Divincolò la mano, sconcertata oltre ogni dire…
“Non le piace… la parata, signora?” fece l’uomo cortesemente (ma quella pausa nella frase, appena percettibile, le sembrò di un’impudenza unica!).
“No… per la verità, non mi piace per niente!” disse la Betty incenerendolo con uno sguardo.
“Che peccato! Mi spiace che lei si annoi…” si preoccupò lui, ma intanto lei avvertì l’affare di nuovo in avanscoperta!
“Eh, sa, le donne…” il Dottor Incoronato era, come suo solito, un po’ ovvio.
“Eh già! Le donne…” ripeté l’uomo quasi cortesemente, ma intanto si spinse ancora più in avanti.
La signora era davvero senza parole! Cosa poteva fare? Certo, nel sentirlo tornare alla carica, non potè impedirsi di pensare involontariamente, in un lampo accecante, che doveva essere – come dire? – molto ben dotato: “Ma che grosso che è!” le esplose automaticamente nel cervello…
Si girò di più verso il marito, quasi a cercare protezione:
“Perché non andiamo via, caro?”
“La sente, Troiani? Andare via… Su, non dire sciocchezze, Betty!”
“Eh, certo… Andar via adesso, proprio sul più bello!”
Adesso, nelle nuove posizioni reciproche, il membro di certo in erezione del giovane era andato a posizionarsi proprio al centro di un gluteo della signora, che quindi lo percepiva senz’ombra di dubbio (“Che grosso che è!”).
Lui premette ancora un po’ di più spingendo il bacino appena in avanti, poi tornò all’indietro, lentamente, e di nuovo in avanti…
La signora Betty tornò allora a ruotare il bacino in senso contrario a quello di prima, quando s’era come accostata tutta al coniuge… Successe così che, dopo poco, fu certa di ritrovarsi il coso (“Accipicchia, che grosso che è!”) piazzato esattamente in corrispondenza del solco tra le natiche, dove riprese a spingere ad intermittenza. Anzi, ad un certo punto il giovane si sporse per dire qualcosa al marito e allora lei sentì l’asta tutta lì, ma davvero tutta, e le sembrò che gliela muovesse lungo il solco, verso l’alto, in modo da costringerla a fare come un saltino in avanti (“Ma è proprio grosso!”).
“Oh, mi scusi tanto, signora!”
“Faccia un po’ d’attenzione, diamine!”
Si ricomposero e stavolta lui arretrò a sufficienza da interrompere il contatto.
La signora respirò sollevata e riprese rapidamente il controllo, smaltendo rapidamente l’ansia che l’aveva presa e la sensazione di gran caldo che aveva sentito, avvampando.
Dopo un po’, indolenzita com’era dalla tensione accumulata, si rilassò e si spostò un po’, ormai convinta che l’incidente fosse chiuso. Certo non s’era sbagliata, non s’era immaginato tutto o chissà cosa, ma quel tale doveva avere finalmente capito che con lei c’era poco da fare!
Spostò il peso del corpo passandolo da un piede all’altro e, così facendo, fece ondeggiare appena i suoi fianchi rotondi: involontariamente diede dunque un leggero colpetto al sesso dell’uomo, e in un battibaleno se lo ritrovò nella posizione di prima, posizionato esattamente tra le natiche…
Altro che in ritirata, arreso all’evidenza della serietà e classe di lei, quello le stava di nuovo tutto addosso, per davvero, e non potevano esserci sbagli di sorta sulla consistenza delle sue intenzioni, adesso ne era proprio sicura!
La cosa più imbarazzante era che cominciava a sentirsi eccitata, in modo del tutto meccanico e involontario: per quanto non fosse nata ieri e le capitasse d’essere spesso corteggiata o talvolta proprio infastidita dagli uomini, quando era sola, non aveva mai immaginato di trovarsi in una situazione del genere, molestata proprio a fianco del marito e da un suo subordinato… Non male per altro, tanto più in una condizione sessuale, come la sua, di assoluta routine e noia.
La signora Betty sospirò silenziosamente e chiuse per un attimo i suoi begli occhi scuri. Quando li riaprì, con un tuffo al cuore, emozionatissima, si abbandonò morbidamente al molestatore e passò il peso del corpo da un piede all’altro, un paio di volte: stavolta, però, l’aveva fatto volontariamente e lo strusciare del suo bel sedere sull’oggetto che lo premeva al centro era ormai un segnale di disponibilità…
L’uomo dietro di lei ne colse subito il senso e si spostò a sua volta nello stesso modo, dopo che lei s’era fermata, come a volerle allargare volgarmente a quel modo le chiappe rotonde: la signora s’appoggiò tutta al braccio del marito e spinse notevolmente all’indietro il sedere, a prendersi tutto per bene il coso, per quanto era lungo, dentro il solco, provando anche a stringerlo un po’ (cosa che non le riuscì che impercettibilmente, per via della gonna stretta).
L’uomo cominciò a vibrarle contro e lei si rese conto di star colando in mezzo alle gambe: doveva assolutamente interrompere se non voleva tradirsi…
Ma, grazie al cielo, la parata stava finendo e di lì a poco, si cominciò a sfollare.
Nel salutarsi, si diedero ancora la mano e Betty sentì che lui le passava qualcosa nel palmo, invece del dito che adesso lei si sarebbe aspettata. Con fare disinvolto tenne il piccolo oggetto in mano (non era un biglietto, certo, troppo voluminoso e scivoloso…) prima d’infilarla furtivamente nella borsetta.
Fino a casa non poté guardare e quando finalmente furono arrivati andò subito a cambiarsi in camera da letto per aprire la borsetta: era un preservativo, nella sua bustina chiusa!
Proprio un impudente quel Troiani, però… aveva fatto centro, doveva ammetterlo! Sorrise.
Così quando più tardi andò in bagno, la Betty si masturbò, come non aveva fatto più da una vita…
Il giorno dopo aspettò con il cuore in gola approcci dal ganzo, ma non arrivò nessuna telefonata. E nemmeno il giorno dopo né quello successivo…
Si cominciava a sentire umiliata e presa in giro quando finalmente lui la chiamò.
“Cara la mia Elisabetta, allora dove ci vogliamo vedere? Sai, per approfondire quel certo discorso che ho visto interessarti molto…”
Era proprio un impudente, molto sicuro di sé! E come aveva pronunciato quella parola “approfondire”…
La signora Betty era turbata, molto emozionata, ma ormai s’era decisa a saltare il fosso…
“Faccia lei una proposta.” disse, dandogli del lei: “Per me ci si potrebbe incontrare in una sala da tè, che ne dice?”
“Mi dai del lei, adesso?” fece lui, ridendo: ”Dopo quello che c’è stato tra noi!”
“Ma… guardi, sa, non si faccia strane idee… Per chi mi ha preso?”
“Per una bellissima donna.”Tagliò corto, ma con galanteria: ”Molto interessante…attraente, piena di fascino…”
“Va già un po’ meglio: se no, non se ne parla proprio!”
“Allora… Vada per la sala da tè. Poi si vedrà… A proposito, mi chiamo Roberto, Bob per gli amici. E per le amiche, si capisce…”
Si accordarono per quello stesso pomeriggio e la Betty si preparò al meglio, indossando un vestitino attillato e sbarazzino, un po’ fuori del suo look normale. Indossò lingerie molto intrigante, nera, con calze e reggicalze, perché voleva stordirlo, quando fosse venuto il momento. Se fosse venuto, si capisce: ma qualcosa la rendeva certa al riguardo e la faceva sentire bella e sicura di sé.
Si profumò e mise degli occhiali scuri.
Poi uscì, con un bel po’ d’anticipo.
Ma non arrivò mai alla famosa sala da tè, perché quando era ormai vicina, un’auto si fermò accanto al marciapiede e, dall’interno, Troiani la invitò a salire.
Lei si guardò intorno imbarazzata. Lo guardò. Montò su.
Ora che era salita, si sentiva un po’ più tranquilla e cominciava a rilassarsi: aveva certamente superato il punto di non ritorno e tanto valeva cercare di godersela al meglio.
Lo pensava confusamente, prima di rientrare con tutta la sua attenzione nella situazione che stava vivendo, quando lui, continuando a guidare, le poggiò una mano sul ginocchio.
Con un tuffo al cuore, la signora Betty si lasciò carezzare e quando la mano dell’uomo le scivolò tra le ginocchia le schiuse cedevolmente, con grande naturalezza.
La condusse in un motel non lontano dalla città e lei non si vergognò affatto di seguirlo verso la camera che aveva preso, quando uscì dalla reception: percepì soltanto lo sguardo professionale del portiere che la valutava mentre procedeva dietro il maschio che, di lì a poco, l’avrebbe scopata.
Quasi involontariamente ancheggiò più del normale, ondeggiando sui tacchi alti, quando il suo ganzo si fece da parte dopo aver aperto la porta.
Entrò.
La porta non s’era ancora chiusa del tutto che sentì la mano di lui posarsi sul sedere:
“Oooh…Quanta fretta!”
Lui le cinse la vita da dietro e cominciò a baciarle il collo mentre, spingendola con il cazzo già in erezione tra le chiappe (il vestitino di lei ed il perizoma che indossava sotto consentivano al membro di affondare comodamente nel solco, per quanto era lungo), la guidava verso il letto…
Le consentì di girarsi, la fece sedere sul materasso a sua volta sedendole accanto e prese finalmente a baciarla, con studiata lentezza, assaporandone la lunga lingua di velluto che rispondeva con voglia alle sue sollecitazioni, pensando a quando, tra poco, lei gliel’avrebbe passata sul cazzo…
La spogliò piano piano, coprendola di baci e lasciandole alla fine soltanto calze e reggicalze, da vera troia quale si stava rivelando, quale era in quel momento e forse era sempre stata. Senza saperlo?
Fu lei a cercargli il cazzo con una mano, aiutandolo a tirarlo fuori, liberandolo dagli indumenti per precipitarsi ad impugnarlo e cominciare meccanicamente a menarglielo su e giù, su e giù, su e giù…
Smise di baciarlo per abbassarvi sopra la testa, senza che lui dovesse minimamente guidarla, a leccarlo sulla cappella ed a prenderlo rapidamente dentro, spingendo indietro il prepuzio con le belle labbra carnose, prima ancora di scappucciarlo con la mano: lo pompò subito con determinazione, succhiandolo con forza mentre andava su e giù con la testa ed il silenzio ovattato della camera era rotto solo dal sommesso rumore del pompino e, di tanto in tanto, dallo schioccare soffocato della lingua quando Betty se lo faceva uscire dalla gola per lavorarlo con accanimento proprio in punta, vorticando sapientemente la lingua intorno alla cappella bollente e poi strusciandola viziosamente, insistente, contro il filetto, prima di risprofondarselo tutto dentro fino ad avere le narici delicate solleticate dai peli pubici e riprendere l’altalena della testa…
E intanto si ditalinava, si ditalinava furiosamente e godeva spasmodicamente una due tre volte…
Il maschio le sborrò d’improvviso in bocca e lei ne ingoiò avidamente tutto lo sperma, senza perderne nemmeno una goccia e rialzò la testa solo quando ebbe slinguato interamente ed a lungo il cazzo, a lasciarlo perfettamente pulito e umido di saliva, ancora discretamente in tiro. Si baciarono ancora in bocca e l’uomo avvertì il sapore della sua sborra sulla lingua di velluto della signora e glielo disse, subito dopo, staccandosi.
Lei lo guardò con occhi torbidi e non disse nemmeno una parola, abbandonandosi invece sul letto, supina, a cosce spalancate, a ditalinarsi stavolta lentamente mentre continuava a guardarlo intensamente in viso e poi, mentre lui si alzava, cominciando a fissare il cazzo e a respirare affannata…
Che troia! Che troia! Bob aveva già ripreso vigore a vederla così e prese un preservativo dalla tasca dei calzoni abbandonati sulla poltroncina ai piedi del letto. Tornò da lei.
“Mettimelo tu, ficona!” la invitò poggiandosi il preservativo sulla cappella.
Betty lo assecondò immediatamente alzandosi a sedere sul materasso, ma aveva appena svolto il primo tratto con la mano che tornò a chinarsi sul cazzo per procedere a completare l’operazione con la sua bocca carnosa…
Che troia! Che troia! Bob prese a scoparla rudemente da sopra, trovando la fica fradicia per le precedenti godute, caldissima e rapida ad accogliere il suo gran cazzo, fino in fondo, per cominciare a corrispondergli in tutto e per tutto, con un ritmo lento ed avvolgente, vorticoso.
La troia gemeva di piacere sotto il suo chiavatore, con le belle cosce intorno alle reni di lui e le caviglie sottili incrociate dietro la schiena a spronarlo, a corrispondere al ritmo del cazzo o a darlo lei stessa quando voleva che non si acquietasse.
“Ti piace, eh? Ti piace, vero? Dillo, dillo che ti piace!”, la incitava Bob.
“Mmmm…sìììììììììì…. Mi piace! Mi piace…. Sììììììììììì”
“Cosa ti piace? Dillo, gran fica… dillo, dai!”
“Mi piace… fare l’amore con te!”
“No… nooo!… Dimmi quello che ti piace davvero!”
“Siii… te lo dico… mi piace… mi piace il tuo cazzo!…”
“Meglio… dillo ancora… mentre lo prendi in fica! Dillo…”
“Il cazzo… il cazzo… mi piace il cazzo!…”
“E perché?… Dimmi… perché ti piace?”
“Perché mi fa godere!…. Mmmmm…. Che buono!…. Perché sono una zoccola… lo voglio tutto!… Tuttooooo!”
Bob la cavalcò a lungo senza posa, poi, senza uscire da lei nemmeno per un attimo, si girò supino trascinandosela dietro e sistemandosela sopra.
Betty prese così a saziare la sua fica agitandosi come in altalena e intanto si sgrillettava il clitoride turgido con la mano. L’uomo le palpava le tette, che gli oscillavano burrose davanti al ritmo della scopata, e mandò una mano sul bel sedere aperto a carezzarlo pesantemente, poi a spingere il dito medio nel buchetto palpitante.
“Ti piace se ti ficco un dito in culo?… Ti piace, vero?”
La femmina non rispondeva ma continuava a mugolargli sopra e sembrava smaniare ancora di più…
“Dimmi che ti piace! Dillo… dillo!” insisté lui.
“Uh..Uh…” confessò lei d’improvviso, incapace di resistergli.
Il maschio avvertiva il buco stringersi ritmicamente e vibrare intorno al medio, sprofondato tutto dentro, e questo, con il suo “uh…uh…” valeva più d’una risposta.
Cominciò dunque a sodomizzarla con il dito, in sincronia con la cadenza del coito, mentre pensava a quando, tra poco, le avrebbe fatto il culo…
La stessa cosa che s’immaginò la Betty, in un lampo improvviso di consapevolezza che la lasciò come stordita.
Chissà perché prima d’allora non ci aveva pensato, non con chiarezza almeno, nonostante la natura degli approcci che c’erano stati tra loro, alla parata! Era questo che sarebbe successo: quel gran cazzo che la stava scopando le avrebbe violato anche il culo, l’avrebbe fottuta contro natura, le avrebbe goduto nelle viscere…
Non c’era più modo di sottrarsi, ormai, era inevitabile, era scritto!
Come ne fu del tutto cosciente, iniziò a venire e si agitò tanto freneticamente, con una velocità, un ritmo, una voglia così incredibili che si trascinò dietro anche il maschio, in un gorgo di piacere scatenato, strozzando in gola il grido altissimo che avrebbe voluto lanciare e saziando, per un attimo brevissimo ma solo per quello, tutta la fame di sesso arretrata che le aveva urlato dentro, senza freni, fino ad allora.
Più tardi lo prese davvero di dietro, senza tante storie o infingimenti, un’inculata profonda e lunghissima, con qualche smorfia, sofferenza e strillo, in avvio, per le dimensioni del membro, ma alla fine anche con un godimento sfrenato. In quel modo che in precedenza aveva praticato di rado e abbastanza controvoglia con il marito! Per la signora fu un’autentica rivelazione, il coronamento della sua presa di coscienza: doveva recuperare il tempo perduto, rifarsi di tutti gli anni incolori che aveva trascorso ultimamente, ricordarsi che era ancora giovane e affamata di sesso, di stalloni, di cazzo…
Ne fu infine lucidamente consapevole e quando, quella sera, tornò a casa era un’altra Betty: era cominciata la sua seconda vita, senza obiettivi precisi che non fossero il piacere fisico, l’abbandonarsi a chi la desiderava, lo scopare scopare scopare. La sua stessa bellezza aveva assunto un che di aggressivo, quasi di sfacciato…
Belle de jour!
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