“Quando si staccò mi fiondai sul suo cazzo e lo ripulii per bene…”
La mattina seguente, mi svegliai al solito orario, e mio suocero era
ancora a letto che dormiva, gli toccai con la mano la fronte e scottava.
Mi alzai ed andai a preparare una tazza di tè bollente con dei biscotti e glieli portai a letto.
Lo svegliai e mi salutò dicendomi “ciao angelo mio”.
Risposi: ciao amorino, come ti senti.
Lui: distrutto ed ho la testa che mi pesa un accidenti.
Io: sei caldissimo, sicuramente è influenza. Ti ho portato un bel tè caldo, ti farà bene.
Si mise seduto e lo bevve tutto. Gli diedi la medicina e gli dissi di riposare mentre io uscivo a fare dei pagamenti in banca e sarei ritornata per l’ora di pranzo.
Lui: non preoccuparti amore mio, ci sono abituato a stare da solo in questi casi, tanto ho bisogno di dormire quindi fai con comodo.
Io: va bene, ma se hai bisogno chiamami che vengo subito.
Gli sistemai i cuscini ed andai a prepararmi per poi uscire subito.
Mi sbrigai subito in banca, così decisi di andare al centro commerciale a girare per i negozi, così avrei fatto anche un po’ di spesa.
Mentre stavo guardando la vetrina di un negozio di intimo mi sentii chiamare, era fausto.
Si avvicinò salutandomi con la mano, ma io mi avvicinai e lo baciai sulla guancia.
Mi chiese come stava mio suocero, gli dissi che aveva l’influenza ed era a letto che dormiva.
Mi invitò a prendere un caffè al bar, così ci sedemmo accanto in un tavolino.
Lui: allora cosa fai di bello tutta sola qui.
Io: sono andata in banca, e non c’era nessuno. Quindi ho fatto presto e mi stavo passando il tempo a guardare le vetrine.
Lui: peccato, potremmo ammazzare il tempo in un altro modo.
Io: sei davvero un porcello.
Lui: stanotte non ho chiuso occhio pensando a te, ieri sera mi hai fatto impazzire.
Io: anche io ieri sera non potevo dormire pensando al tuo coso, infatti mi sono dovuta ben due volte prima che riuscissi a calmare.
Scoppiammo a ridere proprio nel momento in qui il cameriere ci portò il caffè.
Dopo un po’ lui: allora che facciamo lo ammazziamo questo tempo.
Io: certo che quando ti fissi non smetti mai.
Lui: dai che hai voglia anche tu quanto me.
Io: facciamo un’altra volta ho il pensiero a mio suocero che sta male, non riuscirei a lasciarmi andare.
Lui: aspetterò con ansia un tuo cenno.
Io: e poi dove, in auto non se ne parla, e in albergo non ci vado.
Lui: non c’è problema, a casa mia, mia figlia e mio genero sono partiti stamattina per una settimana, quindi è tutta per noi.
Io: veramente non so se è il caso.
Lui: certo, è una villetta isolata non può vederti nessuno, in questo periodo nelle villette vicine non ci abita nessuno, si riempiono nel mese di agosto.
Io: va bene, facciamo così, se mio suocero sta meglio facciamo domani mattina, io con la scusa di sbrigare cose di lavoro gli dico che manco tutta la mattinata.
Lui: non vedo l’ora che sia già domani.
Io alzandomi per andare via gli dissi: anch’io.
Ci salutammo e dopo aver fatto la spesa rientrai a casa.
Andai nella camera da letto, e lui ancora dormiva, così presi dei krechers ed andai nel mio studio a fare un po’ di lavoro, avrei pranzato quando si sarebbe svegliato.
Mi venne a trovare nel mio studio, mi baciò nella fronte dicendomi che ero il suo amore.
Andammo in cucina si sedette nel divanetto ed aspettò che gli feci un po’ di minestrina.
Mi chiese come era finita la sera prima, e cosa avevo fatto la mattina.
gli risposi: sono uscita subito dopo che ti sei messo a letto, ed andai in giro per cercare una farmacia di turno, ma non ne trovavamo, l’abbiamo trovata dall’altra parte della città. Menomale che c’era Fausto che mi accompagnò.
È stato gentilissimo ad offrirsi di accompagnarmi, poi ci siamo fermati in un bar tabacchi perché voleva comprare del tabacco e ne approfittò per offrirmi un amaro. Poi lo riaccompagnai a casa.
Lui: e un grande amico Fausto, sono contento che vi siate conosciuti e piaciuti e sempre stato molto disponibile.
Pensai dentro di me, altro che conosciuti e piaciuti.
Continuai: stamattina sono andata in banca e poi al centro commerciale per fare la spesa e lo rincontrato.
Mi ha chiesto di te, come stavi.
Gli ho offerto un caffè per ringraziarlo per la disponibilità della sera prima, ma alla fine ha offerto lui.
Lui: lo immaginavo, lui è un galantuomo vecchio stampo.
Mangiammo e dopo aver finito, andammo a sederci in salotto a vedere un po’ di tele.
Gli chiesi come si sentiva e lui rispose che andava molto meglio, ma la sua cura era dormire e basta.
Lo avvisai che l’indomani sarei uscita presto, dovevo andare in qualche ufficio, e non sapevo a che ora sarei rincasata per il pranzo, e forse sarei riuscita subito dopo.
Lui: amore non preoccuparti, fai con comodo hai visto a che ora mi sono svegliato oggi.
Io: si ma avevi fatto colazione.
Lui: me la sono sempre fatta da solo ricordi?
Io: va bene.
Se ne andò a letto subito dopo, mentre io ritornai allo studio recuperando il lavoro dell’indomani.
Pensavo in continuazione a quel meraviglioso e gigantesco cazzo, ero come fossi ipnotizzata.
La mia figa mi prudeva in continuazione e dovevo toccarmi in continuazione.
Verso le 22,00 mi preparai una tazza di tè coi biscotti e la consumai mentre lavoravo.
Quando finii, scrissi un biglietto per la signora delle pulizie, avvisandola di mio suocero e di me che rimanevo fuori tutta la mezza mattinata, e le chiesi se per le 10,00 poteva preparare una tazza di te con la medicina per mio suocero.
Mi preparai la borsa da lavoro con dentro dell’intimo e delle calze di scorta, avevo paura che quelle che indossavo andavano rovinate, poi presi anche una crema vaginale nel caso avessi avuto difficoltà a farlo entrare.
Andai a letto, ma ci volle molto prima che mi addormentassi.
La mattina mi svegliai prima della sveglia, andai a fare la doccia e mi vestii con cura, indossando l’intimo sex e un vestitino nero con le calze e reggicalze color pelle e le scarpe che aveva riempito lui.
Uscii da casa alle 08,00, e arrivai da lui dopo venti minuti attendendomi davanti al cancello aperto che richiuse dopo avermi fatto entrare con l’auto.
L’ha entrai nel garage e lo chiuse.
Quando scesi dall’auto si accorse cosa avevo sotto il vestito ed impazzì dicendomi che ero uno schianto.
Mi prese per mano e mi baciò nella guancia accompagnandomi in casa.
Mi fece girare casa, e poi ci sedemmo sul divano gustandoci il caffè.
Mi chiese del suo amico. Io gli dissi che se io ero lì sicuramente stava meglio.
Guardò le mie scarpe dicendo che le riconosceva. Gli dissi che le avevo messe di proposito.
Lui: Grazie sei un tesoro, posso vedere l’intimo che porti, lo intravisto poco fa.
Io: non hai pazienza, vuoi arrivare subito al sodo.
Lui: veramente aspetto da due giorni questo momento, non pensi che abbia avuto troppa pazienza.
Io: meglio così sei più carico.
Mi alzai e mi tolsi il vestito rimanendo con l’intimo.
Si alzò anche lui avvicinandosi e mi baciò sulle labbra che io dischiusi permettendogli di far scivolare dentro la lingua.
Ci soffermammo molto a baciarci abbracciati, e sentivo la bestia che si muoveva sotto i suoi pantaloni.
Poi ci staccammo e prendendomi per mano ci dirigemmo nella sua stanza.
Mi butto nel suo letto e si tuffo con la testa in mezzo alle mie gambe iniziando a leccarmi dopo che mi aveva spostato le mutandine.
Mio dio come leccava bene, mi stava facendo impazzire infatti io con le mani gli premevo la testa contro la mia figa.
Si soffermo un attimo per sfilarmi le mutandine e riprese subito.
Mi aveva portato già su di giri, lo supplicavo di spogliarsi che lo volevo subito.
Si staccò si denudò e si sdraiò di schiena sul letto, io mi ci misi sopra formando il 69 ed iniziai a leccare e succhiare la bestia, mentre lui riprese a leccarmi e a scoparmi con le dita.
Quando lo avevo inumidito abbastanza, mi alzai ed avvicinai la mia figa al cazzo facendola appoggiare sul glande, e pian piano mi abbassai facendolo entrare.
Mamma mia, mi sentivo aprire in due di quanto era enorme, non ce la feci, forse non ero aiutata dalla posizione, così mi sdraiai io di schiena, e lui dopo avermi alzato le gambe facendole appoggiare alle sue spalle, iniziò a penetrarmi pian piano fino a farne entrare la metà, io ero a bocca apertami sentivo piena, quando potei parlare gli dissi se era entrato tutto, ma lui mi disse che era metà.
Sgranai gli occhi, mi ero quasi pentita di farmi scopare da quel bestione, ma dopo essermi abituata a quelle dimensione iniziò a piacermi sempre di più. Devo dire che lui era un maestro e sapeva gestire il suo attrezzo.
Faceva dei movimenti lenti facendolo uscire quasi tutto per poi ritornare al punto di prima, cioè a metà.
Mi fece venire subito, e lui continuava senza sosta facendomi estasiare sempre di più, gli dissi di farlo entrare ancora, e lui con padronanza mi disse sei sicura porcellina, questo e il massimo che sono riuscite a sopportare tutte le altre donne.
Io: ti prego sto impazzendo ne voglio ancora, lo voglio tutto, voglio il primato.
Lui iniziò ad andare più a fondo, devo dire che avevo la sensazione di sentirlo in gola.
Dopo un po’ mi disse: complimenti porcellina, lo hai quasi ospitato tutto, ti faccio abituare un po’ e poi lo entro tutto.
E così dopo un po’ completò l’opera facendomi sbattere le palle sulle mie natiche.
Venivo in continuazione, non avevo mai provato quelle sensazioni, i capezzoli stavano esplodendo di quanto ero eccitata, quando lo indietreggiava tutto, mi sentivo vuota, e aspettavo con ansia il rientro.
Anche lui era in estasi, era la prima volta che lo entrava tutto dentro una donna infatti aveva perso quell’auto controllo che era obbligato ad avere con le altre.
Mi giurava in continuazione che era la scopata più bella della sua vita.
Andammo avanti per molto, supplicandolo di non venirsene, ma dopo un po’ lui mi avvisò che era arrivato il momento.
Gli dissi di continuare, si fermo quando era tutto dentro inarcandosi la schiena e scaricando una dose interminabile di sborra dentro di me. Quando finì continuò a scoparmi ancora un bel po’, liberò un mio piede dalla scarpa ed iniziò a leccarmelo e succhiare le dita ricoperte dalle calze.
Quando si staccò mi fiondai sul suo cazzo e lo ripulii per bene.
Ci abbandonammo sul letto abbracciandoci.
Dopo un po’ si alzò ed andò a prendere, sotto mia richiesta, le foto di sua figlia, volevo conoscerla visto che era oggetto dello sfogo sessuale di lui e mio suocero.
Era davvero una bella donna, sui 35 anni sempre ben vestita e curata nei minimi particolari.
Mentre guardavamo le foto e li commentavamo, vedevo che lui si era eccitato.
Mi venne un’idea, gli dissi se gli andava di fare un gioco, e lui acconsentì.
Gli dissi: andiamo nella stanza di tua figlia e scegli il vestito che più ti piace che indossa lei, completo di intimo e scarpe.
Lui sorrise e mi accompagnò dicendomi che ero diabolica.
Io: porcello mio, non sono diabolica, voglio solo farti felice come hai fatto tu con me. Indosserò il tutto impersonando tua figlia facendoti finalmente sfogare.
Preparò il tutto e lo feci uscire . mi vestii con tutti gli indumenti di sua figlia, che aveva preparato, presi persino una collana di perle dal portagioie.
Avevo una gonna sopra i ginocchio ed una giacca grigia, con una canotta bianca e delle autoreggenti color pelle.
Completavo il tutto con dei sandali color argento con un tacco 12 cm.
Quando uscii rimasi a bocca aperta, oltre al vestiario, mi ero truccata, profumata e raccolto i capelli proprio come lei.
Mi avvicinai e lo baciai abbracciandolo, lui era già pronto, la somiglianza con Roberta lo aveva fatto scattare il cazzo come una molla.
Iniziò ad accarezzarmi alzandomi la gonna e dedicandosi alle mie gambe.
Mi staccai da lui e lo presi con la mano chiudendoci nella stanza da letto della sua amata.
Adesso il gioco lo avevo in mano io, visto che lui era come se fosse in trans.
Lo feci sdraiare di schiena sul letto e vestita formai un 69 dedicandomi alla bestia.
Dopo un po’ iniziò a baciarmi e leccarmi la figa, che avevo ripulito poco prima.
Quando vidi che si stava sciogliendo gli dissi: dai paparino la mia figa muore dalla voglia di te.
Lui: Roby, amore mio, quanto tempo ho aspettato questo momento.
Io: dai paparino voglio essere posseduta da te, subito dai.
Mi spostai rimanendo a pecora, lui si alzò scendendo dal letto rimanendo in piedi dietro di me, alzandomi la gonna e spostandomi il perizoma mi penetrò tutto d’un colpo.
Fu micidiale ma dopo alcuni istanti sparì il dolore, mi scopava con foga rispetto a prima.
Il fatto che immaginava sua figlia lo fece scatenare.
Mi scopò all’inverosimile, la mia figa era in fiamme ma non dissi nulla anche perché stavo impazzendo dal piacere.
Dopo un po’ mi disse di stare ferma in quella posizione, si allontanò prese dal cassetto un paio di autoreggenti di sua figlia ne infilò una nel suo cazzo a modo di preservativo e rientrò dentro la mia figa continuando più forte di prima.
L’abrasione aumento e anche l’eccitazione, infatti la mia figa era diventata una sorgente incontrollabile.
Dopo un po’ mi fece girare e mi scopò come prima portandosi le mie gambe alla schiena.
Quando era giunto il momento di eiaculare, mi disse di togliermi la camicetta e il reggiseno e subito dopo uscì dalla mia figa e avvicinandosi ai seni avvenne l’eruzione.
Mi schizzo in viso e nei seni, e poi me ne verso una buona quantità in bocca.
Quando finì iniziò a spalmarlo col cazzo attorno ai miei seni e nel viso, e poi me lo portò alla bocca facendomelo ingoiare tutto.
Rimanemmo un bel po’ in quella posizione con io che continuavo a leccare ed imboccare la bestia man mano diventava più sgonfia.
Gli dissi: paparino sei stato fantastico, anche se mi hai fatto un po’ male.
Lui: Roby anche tu sei stata fantastica, ma col tuo maritino fai la porcellina e col tuo papi fai male.
Io: si papi, ma il mio maritino non ha una bestia in mezzo alle cosce.
Lui: da ora in poi voglio possederti tutte le volte che voglio.
Io: si papi, anch’io.
Ci baciammo ed andammo in bagno a fare una doccia.
Quando uscii mi abbracciò ringraziandomi di aver impersonato sua figlia, io gli dissi che era stato bello anche per me.
Mi chiese se potevamo ripeterlo, ed io accarezzandolo in viso gli dissi tutte le volte che lo avrebbe voluto.
Si fece l’ora di pranzo e lui mi invitò a pranzare con lui, io telefonai, prima di accettare l’invito, a casa dove mi rispose Maria la signora delle pulizia, assicurandomi che mio suocero si era addormentato da poco e che lei lo aveva fatto pranzare.
Mi preparò un bel pranzetto, e poi ci spostammo sul divano a sorseggiare il caffè guardando degli album di fotografie.
Tutto il tempo io lo chiamavo papi, e lui mi chiamava Roby.
Mi rivestii verso le 17,00, dopo che lo avevo spompinato un’alta volta, ed andai a casa.
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