Vivo in un paesino di provincia. Le solite menate, non succede mai niente, i ragazzi aspettano fiduciosi il sabato sera, sperando che succeda qualcosa di nuovo.
Ma di solito non succede mai niente di diverso: ci si incontra al bar, un salto in birreria e poi si va in qualche discoteca, a stordirci di musica e pasticche, aspettando un’alba spesso arida di emozioni.
I ragazzi si muovono senza sosta da un paese all’altro della vallata, alla ricerca di ragazze che tutti conoscono, bevendo alcoolici e correndo nella notte su auto scalcinate.
Sino a qualche anno fa condividevo le mie serate con un gruppo di amici, compagni d’infanzia, di scuola, con i quali si era stabilito un profondo rapporto di fratellanza, di amicizia, reso solido dalle crisi esistenziali dei giovani che non vivono in città.
Ora Beppe è morto, si è schiantato a 100 all’ora contro un platano. Probabilmente aveva bevuto e chissà che altro..
Una vita gettata al vento. Un lutto per tutto il paese. Un ragazzo di vent’anni scomparso sena una valida ragione.
Eravamo molto legati, siamo cresciuti insieme, ho persino scopato insieme a lui la stessa ragazza la prima volta. Poi le nostre vite si sono separate. Negli ultimi tempi non condividevo la sua esagerata ricerca di emozioni sempre più forti, la necessità di avere un ruolo di leader nel gruppo, di voler sempre esasperare qualsiasi situazione emotiva, sino alla follia.
Almeno, per me.
La nostra amicizia iniziò al primo anno delle scuole medie.
Entrambi eravamo innamorati di una ragazzina, nostra coetanea, che si contendeva il primato di bella della classe con poche altre compagne di scuola.
Era molto sveglia, carina, sempre allegra, gioviale, curiosa di tutto: si chiamava Patrizia ed sbavavamo tutti e 2, come altri, per lei.
Mentre io, cotto e ingenuo, mi struggevo si amore per lei, Beppe, come al solito molto più concreto, stuzzicava la sua prorompente femminilità, facendole provare i primi turbamenti, le prime vergognose eccitazioni.
Ricordo che mentre io tutte le volte con Patrizia iniziavo interminabili e noiosi discorsi, cercando di sembrarle intelligente, Beppe non si faceva scrupolo di allungare le mani, di palparla apertamente in pubblico, sicuro di sé e della sua innata carica simpatia.
Sentivo di avere perso in partenza. Patrizia non era indifferente a quegli scherzi a doppio senso, subiva le provocazioni rispondendo con una carica di erotismo innata, incontrollabile, come solo si riesce ad avere a quell’età.
Fu così che sprofondai in una terribile depressione, alimentata dal mio amico, Beppe, che mi raccontava ogni giorno i progressi verso il suo obiettivo primario: la figa di Patrizia.
Io soffrivo come una bestia, ma cercavo di non darlo a vedere, anzi lo sollecitavo a raccontare in dettaglio le bravate che sicuramente esagerava nel racconto, che divenivano fonte d’ispirazione delle mie solitarie masturbazioni notturne.
Ricordo che un giorno, durante l’ora di religione, Beppe raggiunse Patrizia in un banco dell’ultima fila. Col cuore in gola inizia a sbirciare nella loro direzione e capii senza ombra di dubbio che Patrizia si era seduta sulla sua mano aperta.
Beppe fingeva indifferenza, ma potevo immaginare le sue dita intrufolate sotto le mutandine della troietta. Vedevo chiaramente il lento e mal simulato movimento delle anche di Patrizia, che si struscia su quella mano che doveva essere la mia, che sarei impazzito se fosse stata la mia.
Patrizia era bruna, coi capelli mossi, un viso rotondo incorniciavano gli occhi scuri che irradiavano voglia di vivere.
I seni appena sbocciati facevano ancor più risaltare le rotondità dei suoi glutei, i suoi fianchi stretti, le sue splendide cosce costantemente in mostra, dato che indossava quasi sempre delle minigonne molto sexy.
Morii di gelosia quando, allarmato da alcuni movimenti sospetti, mi resi conto che Beppe l’aveva spinta a contraccambiare il massaggio, guidando la mano infantile in mezzo alle sue gambe. Immaginavo le dita sottili, affusolate di Patrizia, stringere il suo uccello duro attraverso la stoffa dei jeans.
Impazzendo di gelosia, non potevo distogliere lo sguardo dai 2 amici.
Loro erano troppo eccitati per accorgersi di me, intenti a non farsi sorprendere dal professore non potevano immaginare che avevo capito perfettamente il significato del loro armeggiare.
Ebbi conferma delle mie supposizioni, quando li vidi uscire dall’aula, durante la lezione, a breve distanza uno dall’altro con la scusa di dover andare ai servizi.
Mi strappai le unghie con in denti dal nervoso e dall’eccitazione.
Come al solito fu Beppe a raccontarmi il seguito, la sera, davanti ad un boccale di birra.
‘E’ fantastica ti dico! Puro fuoco! Roba da infarto. Il casino è stato convincerla ad entrare nel cesso dei ragazzi. C’era il bidello che girava e lei era terrorizzata del fatto che potessero vederci. Ma era già tutta bagnata, sotto! L’avevo scaldata bene la puttanella! Ma stasera la vado a trovare e vedrai che ci sta facile’ stasera le voglio sfondare la fica, il culo.. tutto!’
Mi mordevo le labbra, serravo i pugni e faticavo a controllare la voglia di spaccargli il muso, ma nello stesso tempo lo incalzavo di domande, avido di particolari’
‘Una volta chiusi nel cesso, non ho perso tempo e le ho fatto vedere il cazzo. Avresti dovuto vedere che faccia ha fatto! Non riusciva a distogliere lo sguardo. Io avevo una erezione pazzesca, le ho preso una mano e l’ho posata sul cazzo che ha subito impugnato.
Le ho fatto vedere come si fa una sega e poi l’ho lasciata fare’ Si è attaccata al cazzo come una ventosa. Lo guardava e senza rendersi conto si passava la lingua sulle labbra, le ho scoperto una tetta e mi son chinato a ciucciarla’.
‘ Ti ha fatto venire?’
‘Figurati se mi accontentavo di una sega! Io volevo scoparla e ho fatto di tutto per convincerla. Lei non ha voluto, aveva troppa paura che ci scoprissero’ allora le ho chiesto di farmi un pompino e visto che si rifiutava le ho strizzato le stesse così forte che le è scappato un grido di dolore.
Si è subito zittita per non farsi sentire’ ma io non ho mollato la presa! Anzi! Le ho afferrato i capezzoli tra le dita e li ho stretti ed allungati con violenza. Che mi frega se ci scopre il bidello. Ha subito capito che con me non deve discutere. Si è lasciata cadere in ginocchio e ha imboccato la cappella’.
‘ Sei un bastardo Beppe!’
‘ Non capisci un cazzo di donne. Fanno sempre storie, ma poi quando ci si trovano non c’è nessuna che si tira indietro!’
‘L’hai obbligata a farti un pompino contro la sua volontà!’
‘Ma vaff’anculo stronzo. Dopo pochi secondi me lo lappava come una cagna in calore. Mi son fatto anche leccare per bene le palle prima di sborrarle in bocca’.
‘Le sei venuto in bocca?’
‘Certo! Quando l’ho sentita salire gliel’ho piantato in fondo alla gola, tenendola forte per i capelli e lei per poco non vomitava tutto. Poverina, le è andato un litro di sborra di traverso. Dovevi vedere come tossiva e sputava’ a momenti soffoca!’
Non deposi le armi, continuai i miei patetici approcci a Patrizia, ma qualcosa dentro me si era rotto. Ora ero consapevole che se non cambiavo strategia non avrei ottenuto niente.
Patrizia era sempre molto gentile con me. Dolce e affettuosa. Questo mi dava coraggio, ma subito dopo me la immaginavo a tossire e sputare lo sperma di Beppe, chiusa in quel cesso puzzolente e la odiavo, arrivavo a provare rancore per lei.
Un paio di giorni dopo, sempre davanti alla solita birra, Beppe mi raccontò che aveva convinto Patrizia a partecipare ad un gioco molto eccitante.
Insieme a Sauro, un amico veramente molto grezzo, ignorante, sporco e a volte persino violento, e a Massimo, che di certo non era meglio, si fecero accompagnare da Patrizia lungo la strada che costeggia il fiume.
Lì giunti, Beppe tirò fuori il cazzo, certo che Patrizia non sarebbe stata indifferente al fatto:
‘Secondo me voi due avete un cazzetto che fa ridere, guardate questo, che sventola…’ disse rivolto agli amici, ma osservando con attenzione le reazioni di Patrizia.
Sia massimo che Sauro, subito eccitati nel vedere che Patrizia non protestava per il comportamento di Beppe, lo imitarono calandosi i pantaloni e iniziando a masturbarsi velocemente.
‘Aspetta che ti faccio vedere una cosa..’ disse Massimo menandosi furiosamente l’uccello.
‘Scommetto che io faccio più sborra di voi’ disse Sauro
‘Facciamo una gara’ rilanciò Beppe. ‘Ho un cucchiaio, vediamo chi lo riempie. Patrizia sarà il giudice!’
Patrizia si mise a ridere, eccitata. Si sfregava le mani, incerta, non aveva idea di come comportarsi, imbarazzata ma eccitata resisteva all’impulso di appropriarsi di quei cazzetti non ancora completamente sviluppati. Non riusciva a distogliere lo sguardo dagli uccelli maltrattati dai ragazzi.
Non rispose neanche alla proposta di Beppe ed i ragazzi capirono che ci stava.
Uno alla volta sborrarono davanti a Patrizia, che probabilmente stava inondando le mutande con i propri succhi vaginali.
Fu Massimo a vincere senza ombra di dubbio. La sua sborrata tracimò abbondantemente il cucchiaio e si sparse per terra, tra i piedi di Patrizia.
‘Ho vinto! Ho vinto, hai visto Patrizia?’
Come al solito fu Beppe il primo a rendersi conto della situazione e ad approfittarne.
Prese il cucchiaio dalle mani di Massimo e lo avvicinò alle labbra di Patrizia.
A questo punto stento a credere alla veridicità di quanto raccontato da Beppe. Secondo il suo racconto, Patrizia, come in trance, senza dir nulla dischiuse le labbra e Beppe le sciroppò il cucchiaio colmo di sborra come si fa con un bambino con le medicine.
La mia situazione precipitò rapidamente. A quell’età la vita scorre in fretta e senza accorgersene si fanno passi da gigante. Non passò un mese che Beppe prese a vantarsi della sua nuova ragazza, di quanto fosse porca e lo accontentasse in tutto. Disse che ne era innamorato, ma non convinse nessuno degli amici.
Tutti comunque lo invidiavano.
Io feci finta di non avere più interessi, anche se morivo di gelosia e non perdevo occasione per sapere le ultime novità.
Piansi lacrime amare quando nel giro iniziò a circolare la voce che Patrizia amava anche farsi sodomizzare, qualcuno raccontò anche di orge consumate a casa di Beppe, ma a quel punto decisi che era proprio finita e che era per me meglio starne alla larga.
Malgrado i miei turbamenti la vita continuava, mi distraevo partecipando alle scorribande in bicicletta all’uscita da scuola, quando si rincorrevamo le ragazze, e sorpassandole si palpavano le giovani tette acerbe’
Poi ci fu la scoperta dei giornali pornografici. Avvenne per caso, stavo girellando senza meta in paese quando vidi vicino alla spazzatura un grosso sacchetto di plastica colmo di riviste.
Non credevo ai miei occhi. Donne bellissime con il culo aperto e coperto di sborra, visi angelici ricoperti di sborra’
Fu il periodo delle innumerevoli seghe godute chiusi nel bagno di casa, dei loschi traffici per lo scambio di riviste nel più assoluto riserbo’
Passarono alcune settimane.
La masturbazione aveva placato il mio bisogno fisico e nello stesso tempo mi aveva distratto dal mio amore.
Mia cugina frequentava la mia stessa classe. Era un po’ idiota, secondo me, ma era carina. Soprattutto ammiravo le sue belle tette sode ed ogni tanto confesso che mi masturbavo pensando a lei.
Si chiamava Simonetta e con lei ebbi le prime esperienze sessuali.
Già al tempo delle elementari, ci divertivamo nascondendoci in cantina, lontano dagli occhi dei genitori ed eccitatissimi ci calavamo le mutande mostrandoci l’un l’altro nudi’
Poi, in prima media le ero proprio saltato addosso.
Era Natale. Le famiglie si riunivamo per passare insieme le feste.
Con Simonetta ci appartammo in un’ala isolata della casa. L’aggredii obbligandola coricata sul pavimento, poi le salii cavalcioni e le denudai le splendide poppe.
Lei fingeva di ribellarsi, ma in realtà era ben felice di provare quelle sensazioni .
Ricordo che mi liberai dei pantaloni ed infilai il mio cazzo durissimo in mezzo a quei seni sodi e caldi.
Entro poco tempo gli schizzi le impiastricciarono il collo ed il mento.
L’esperienza fu ripetuta più volte, sempre con maggior godimento da parte mia, mentre non osai denudarle la fica.
La notte di Capodanno, approfittai del suo stato di eccitazione per strofinarle il cazzo sul viso, sulle labbra, sino a sborrarle un litro di crema sul viso, senza che Simonetta accennasse una protesta.
Al ritorno a scuola, orgoglioso della mia avventura, raccontai tutto a Beppe, vantandomi delle belle sborrate che mi aveva fatto fare Simonetta. Esagerando chiaramente molto e colorando con la fantasia l’avventura che comunque era stata per me molto significativa.
Ma non avevo calcolato la reazione di Beppe.
Senza dirmi nulla, dal giorno dopo iniziò a corteggiare Simonetta, e non ci volle molto per convincerla ad appartarsi con lui, il più guappo della compagnia.
Lo odia quando venne a raccontarmi di come l’aveva sverginata, tra la paglia di un fienile appena fuori del paese e dei progetti che le erano venuti in mente nel frattempo.
Si era fatto l’idea, peraltro giusta, che Simonetta fosse estremamente attratta dal sesso. Repressa in famiglia, non riusciva ad avere spazi propri, sempre chiusa in casa, sorvegliata a vista da genitori stronzi.
Era quindi propensa ad approfittare di ogni momento di libertà, ottenuto soprattutto grazie agli impegni scolastici.
Simonetta iniziò a saltare le lezioni.
La mattina, non la vedevo tra i banchi. Sapevo che era uscita da casa per andare a scuola ma in classe non era arrivata.
Notai che mancavano anche Beppe e Sauro e associai le informazioni.
In quel momento mi resi conto che anche Simonetta era in qualche modo in balia di Beppe.
Passarono i giorni e i 3 amici non si presentarono più a scuola.
Iniziavo ad essere seriamente preoccupato, anche pensando alle conseguenze se l’avessero scoperto i severi genitori.
Fu così che il quarto giorno disertai anch’io le lezioni ed andai in oro ricerca.
Sapevo che Beppe si era affittato un vecchio rudere appena in periferia. Lo usava come pied à terre e per organizzare le sue solite festicciole a base di birra e canne.
Entrai nello stanzino disordinato e puzzolente. La porta era aperta. Su un materasso adagiato per terra dormivano abbracciati Sauro e Simonetta.
Beppe, seduto in un angolo si fumava uno spinello e continuò a farlo, fissandomi, senza parlare.
Poi si accorse della rabbia che montava in me e mi anticipò:
‘Che vuoi? Che ci fai qua?’
‘Che ci fai tu con mia cugina.. stronzo!’
Aspirò qualche boccata dallo spinello, soffiando il fumo nella mia direzione.
‘Tua cugina è libera di andarsene quando vuole’ solo che ha troppa voglia di cazzi per farlo!’
‘Cosa le avete fatto, bastardi!?’
‘Modera le parole e ti spacco la faccia. Se vuoi ti posso dire che ci ha fatto oggi’ A me ha sparato 2 pompini di fila’ con l’ingoio. Quelmaiale di Sauro invece mi sa che l’ha inculata,,,, ma non ho visto bene, dopo averle sborrato in bocca sono andato di là a girare una canna’.
Guardai Simonetta. Malgrado il chiasso che avevo fatto non si era mossa minimamente. Notai che con la mano sinistra impugnava ancor l’uccello moscio di Sauro, nel sonno.
Mi resi conto che aveva ragione, che ci facevo lì. Me ne andai senza salutare.
”continua
scrivetemi
fatemi sapere cosa ne pensate.
Scambiamoci delle opinioni’
Se gradirete, ci sarà una continuazione
Ciao a tutti
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