“Lei disse “Ahò, ma che ci stai a provare sul serio?”
“Se ci provo lo faccio sempre seriamente e comunque sì, ci sto provando” e, accostato il furgone a…”
Erano passate, anche se in fretta, diverse ore. Lo testimoniava anche lo
stato di avanzamento dei lavori nella serra. Erano in arretrati a metà mattinata, erano al passo con i tempi programmati verso la fine del pomeriggio.
Dopo l’esperienza con Marcello, Osvaldo, considerando anche l’orario, si era concessa una breve pausa pranzo e subito dopo si era buttato a capofitto nel lavoro non tanto per recuperare quelli arretrati quanto per non pensare.
Decisamente Osvaldo avrebbe voluto dimenticare l’esperienza vissuta a fine mattinata, quella con Marcello, l’unica esperienza omosessuale della sua vita.
La cosa che lo consolava era l’aver visto partire Marcello con la sua auto, appena lui era tornato al lavoro. Meno male, si era tolto di torno da solo.
Per carità non era sua intenzione rinnegare l’esperienza vissuta o addossare a Marcello tutte le responsabilità . Era cosciente di non essere stato obbligato; provocato sì, invitato anche, ma obbligato no.
E questo era forse quello che più gli rodeva dentro: il non poter dare la colpa a nessuno, l’aver consumato un rapporto omosessuale senza esserci stato costretto. Forse lo avrebbe aiutato a superare lo choc una eventuale costrizione, gli sarebbe servito per giustificarsi con se stesso, invece no, Marcello si era offerto ma lui aveva accettato l’invito, era successo quello che era successo…
Quindi?
Si poteva chiudere l’episodio mettendoci, come suol dirsi, una pietra sopra?
Manco per niente!
Il vissuto gli martellò nella mente durante il pranzo, alla ripresa del lavoro, vedendo partire la macchina di Marcello e dopo quella partenza, quando si dispiacque per essa, quando scopri che una parte di lui avrebbe desiderato che l’episodio non fosse circoscritto ad una esperienza fugace, perché, e questo era il vero problema, quella esperienza gli era piaciuta, e non poco.
Un sospetto gli si era insinuato nella mente e lavorava come un tarlo, facendogli sempre la stessa domanda senza mai fargli trovare una risposta. La domanda era: “E se fossi diventato omosessuale anche io? Se lo fossi già da prima, senza essermene reso conto?”
Dopo ore ed ore di tormenti, comunque produttivi al fine del lavoro che procedette alacremente, finalmente arrivò ad una conclusione. C’era un solo modo per verificare la sua sessualità , andare con una donna e vedere se gli piaceva ancora, forse gli sarebbe piaciuto più che con Marcello. Doveva verificare. Era l’ora di verificare. Era l’ora di Nunzia, la domestica.
Porca miseria, una domestica par-time che lavorava a giorni alterni e quello era giorno di riposo.
Avrebbe dovuto aspettare l’indomani, ma l’indomani era tropo lontano, lui aveva bisogno di verificare subito l’integrità della sua eterosessualità .
Teoricamente sarebbe potuto andare da Patrizia e dirle “Stamattina ci hanno interrotto sul più bello. Vogliamo riprendere da dove abbiamo lasciato?”. Praticamente non era possibile perché Riccardo, il marito di Patrizia, tornato in villa prima di pranzo per affrontate le grane di sua figlia, non era più andato via e con Riccardo in casa, Patrizia poco , anzi niente, poteva fare per lui.
Bisognava andare a cercare altrove.
Pago del gran lavoro fatto quel pomeriggio e bramoso di andare a vivere una serata “brava” per mettersi alla prova e rifarsi della sbandata, non si trattenne un minuto più dell’orario quella sera, nel cantiere, ovvero nella serra in costruzione. Appena vide le lancette segnare le diciotto disse “basta” e si accinse a lasciare la villa. Doveva, necessariamente doveva, andare a donne quella sera.
Capitò che fu una donna ad andare da lui. Appena messo in moto, anzi dopo aver percorso pochi metri, quelli dalla serra in costruzione nel giardino e la scala di accesso all’ingresso principale della villa vera e propria, una donna gli sbarrò la strada.. Era Beatrice, la figlia ventiduenne di Patrizia, la sorella di Marcello, la casinista che aveva semidistrutto una macchina ed era andata a chiedere aiuto ai suoi ma, sembrava, senza aver avuto successo. Era scesa dalle scale velocemente e si era piazzata in mezzo al viale agitando le braccia davanti al furgone di Osvaldo, come segnale di richiesta a fermarsi.
“Sei Osvaldo lo so già , sei il tecnico che sta montando la serra in giardino. Io sono Beatrice. Che per caso passi dalla stazione? Mi puoi dare uno strappo? Avrei anche una valigia. Se non puoi non importa, chiamo un taxi”
Parole normali ma tono deciso, come se stesse impartendo ordini e non chiedendo un favore, quasi come se avesse un ruolo dominante su Osvaldo.
Lui non badò a questi dettagli, piuttosto si sentì fortunato per venirsi a trovare nelle condizioni più favorevoli per raggiungere due suoi scopi; il primo entrare in contatto con quella che lui aveva già inserito nella mentale lista delle donne da scopare ed il secondo era avere trovato una donna per quella sera. La fece salire a bordo ma non con il fine di darle un passaggio ma per provarci.
Quella subito chiarì: “So che mio fratello ti ha detto che sono una testa calda, che ho sfasciato due macchine in un mese, che i miei sono incazzati con me. Mi dice sempre tutto quando sparla a sproposito di me, perciò so cosa ti ha detto poiché qualcosa mi ha raccontato lui e qualcosa immagino io”
“Io invece non credo di sapere molto poiché a differenza di quello che mi stai dicendo tu, tuo fratello non mi ha parlato affatto di te; non siamo così in confidenza. E’ venuto alla serra solo per vedere i lavori. Parlami tu di te invece: come mai vai alla stazione con la valigia? Già di partenza? Un viaggetto di piacere?”
“Che fai lo stronzo con me? Lo sai perché. Devo tornare a casa mia e mio padre si è rifiutato di accompagnarmi lui, quel cretino di Marcello non mi ha aspettato, la mia macchina è dal carrozziere e chissà per quanto tempo ci resterà , non mi resta che il treno”
“Hai prenotato un posto?”
“Non serve, in questo periodo i posti si trovano anche all’ultimo minuto”
“Potresti anche non partire subito. Di notte è brutto viaggiare. Magari domani tuo padre si sarà calmato e …mi pare che avete anche una utilitaria in più alla villa. Magari ti farà prendere quella”
“Secondo te perché sarei tornata a casa? Proprio per prenderla ma il tiranno ha detto no. Lascia perdere che già mi girano abbastanza”
“Non so come sei quando non sei arrabbiata, ma devo dirti che quando lo sei mi piaci molto. Devi avere un bel caratterino tu. Mi piacerebbe conoscerti meglio”
“Sono come sembro, perciò vista una volta puoi dire di avermi conosciuta, non ho misteri io, non ho aspetti segreti che vengono fuori alla distanza, penso quel dico, faccio quello che penso, rispetto chi mi rispetta mando a fare in culo chi mi fa girare le scatole…”
“Non ci avrai mandato anche tuo padre?”
“Non esplicitamente ma siccome non è stupito avrà capito che l’ho fatto mentalmente. Se lo è cercato”
”Sei sempre così decisa? In tutto?”
“Mi piace parlare chiaro”
“Anche a me, perciò andiamo al sodo: già quando oggi ti ho vista sono rimasto colpito dalla tua bellezza. Adesso che ti ho vicino vedo che mi ecciti anche con i tuoi modi di fare e siccome piace parlar chiaro anche a me, vado anche io subito al dunque: Lascia cuocere i tuoi nel loro brodo per una notte facendo credere che sei partita davvero così stanotte si pentono e domani, addolciti, ti faranno prendere l’utilitaria, Stanotte ti ospito io e stasera andiamo un poco in giro io e te a divertirci. Che ne dici?”
“Che secondo me ci stai provando con me”
“Vorrei vedere chi non ci proverebbe, sei uno schianto e poi.., hai un bel caratterino…”
“Peccato che io non penso la stessa cosa di te. Non dico che sei fatto male ma che non rientri nei canoni dei maschi che piacciono a me”
“Perché sono in abiti da lavoro. Passiamo da casa mia, così io mi cambio e tu vedi l’ambiente e se ti piace ti fermi da me anche la notte, se no ti porto alla stazione, magari dopo una cenetta…da qualche parte.. Insomma…proviamoci.
“Se avessi immaginato che tipo sei non ti avrei chiesto il passaggio”
“Pensavi che fossi l’umile operaio che lavora per paparino tuo e in maniera servizievole ti avrebbe portato la valigia fin sopra il treno come un domestico dell’ottocento? Invece eccomi qua, un maschio che appena si farà la doccia riprenderà l’aspetto appetibile alle donne….e questo pregio so di averlo… In genere piaccio”
Lei rise.
Lui le tocco una coscia.
Lei disse “Ahò, ma che ci stai a provare sul serio?”
“Se ci provo lo faccio sempre seriamente e comunque sì, ci sto provando” e, accostato il furgone a bordo strada, allungò il collo verso Beatrice, dischiudendo le labbra e cingendole le spalle con un braccio per tirarla a sé: una proposta di baciarsi, più eloquente di questa non poteva esserci
Con una volgare ma sincera spontaneità , Beatrice esclamò: “Ma chi cazzo me lo ha fatto venire in mente di chiedere un passaggio proprio a te?”
“Perché, ti faccio proprio schifo?”
”Non è questo, ma non pensavo che per te una ragazza che ti chiede un passaggio equivalga ad una che si propone per essere scopata”
“Infatti non lo penso. Sono io che te lo propongo perché mi piaci molto. Non perché mi hai chiesto un passaggio”.
Intanto, senza arrivare al bacio, il furgone era fermo e il braccio di Osvaldo cingeva le spalle di Beatrice, la faccia di lui era vicinissima a quella di lei, lo sguardo di lui era sceso verso la scollatura del vestitino, sui i seni parzialmente visibili.
Lei irrigidita solo in apparenza ma molto turbata gli chiese. “Si può sapere che intenzioni hai? Dove vuoi arrivare?”
Lui le mise una mano tra le cosce, risalì con la mano per quel poco che lei gli consenti di fare , e rispose “Quello che ti ho già detto: portarti a casa mia, se di tuo gradimento ospitarti questa notte, se no una serata in giro a divertirci ma o in un modo o in un altro, o stasera o un’altra volta io con te ho voglia di farci all’amore, di fare sesso, di scopare…ti è chiaro il concetto ora ?”
Lei non poté rispondergli perché una frazione di attimo dopo lui le stava tappando la bocca con la bocca, stava invadendo con la lingua il cavo orale della bocca di lei e, superate tutte le flebili resistenze poste da Beatrice, la mano di Osvaldo era riuscita a risalire fino alle zone intime della ragazza ed ora, mentre la lingua di lui frullava nella bocca di lei, anche le dita della mano giocherellavano sulla figa.
Osvaldo era super gasato soprattutto perché stava constando che l’esperienza del mattino con Marcello era stato una specie di incidente di percorso, una esperienza in più nella sfera sessuale e non un cambiamento di rotta. Aveva avuto bisogno di provare a se stesso che la figa gli piaceva ancora ed ora aveva ritrovato questa certezza. Godeva già solo al toccarla con le dita, aveva voglia matta di ficcarci subito il cazzo dentro. Era maschio non frocio e voleva, doveva, poteva farlo.
“Sei un turbine!” riuscì a dire Beatrice quando Osvaldo le lasciò la possibilità di poter parlare
“Ci vieni da me?”
“Se queste sono le premesse, come posso rifiutarmi? Ma non è che hai già dato tutto quello che hai da dare? Io vengo ma tu non deludermi “:
Non restò delusa anche se Osvaldo, strategicamente, la fece attendere. La portò, sì, subito a casa sua, ma la lascio davanti a bevande e pasticcini mentre si fece la doccia e si mise in ghingheri, assumendo tutt’altre sembianze, da “operaietto” a damerino, da uno qualunque a fighetto che se la potrebbe anche tirare . E poi anziché portarla al letto la portò in un piccolo ma raffinato ristorante per offrirle una cena degna della figlia dell’ingegnere Riccardo, cioè degna di lei
Durante la cena, Osvaldo aveva prestato interesse solo a quello che lei diceva, ma fece in modo che lei gli parlasse di due argomenti specifici, anzi di due persone specifiche: di lei, di Beatrice, perché voleva che si sentisse al centro delle sue attenzioni, e di Nunzia perché era la prima persona che aveva messo nella lista delle scopabili ma era ancora l’unica con la quale non aveva ancora “quagliato” niente.
Nunzia gli interessava in modo particolare, come nessuna altra donna lo aveva mai interessato, però adesso era con Beatrice e, senza rinunciare ad avere Nunzia come pensiero di sottofondo, doveva pensare a sfruttare questa occasione. Del resto era evidente che Beatrice aveva le sue stesse identiche intenzioni su loro due: vivere in pienezza l’avventura di quella serata. Ed entrambi però avevano un retro pensiero, questo sì, molto diverso. Osvaldo pensava a Nunzia, Beatrice alla macchina danneggiata. Insomma si poteva benissimo dire che erano coscienti e consapevoli di stare insieme solo per scopare e farlo alla grande perché Osvaldo doveva dimostrare a se stesso dì essere un vero macho nonostante l’avventura vissuta con Marcello e Beatrice doveva vendicarsi di quel dispettoso di suo padre che non gli aveva voluto dare l’utilitaria.
Erano cioè attratti dal sesso e non l’uno dell’altro, erano disposti a rifarsi con una scopata delle grane di altro genere che seppure diverse tra loro avevano messo in agitazione sia lui che lei. E’ strano fare l’amore per rabbia, per dispetto. Fare all’amore senza vere passioni, né poesia, né altre sdolcinature ma solo sesso sfrenato, praticato da entrambi con una specie di sano egoismo:cioè fregandosene di quello che il o la partner desiderava e concentrati ognuno ad appagare soprattutto se stesso.
Risolto il suo dubbio Osvaldo, fiero della possente erezione raggiunta nel tornare a casa dopo cena, con orgoglio la ostentò appena rientrati, spogliandosi e spogliando anche Beatrice, senza troppi preamboli, quasi come se avesse più attenzione al dove e come posare gli abiti di lei che delicatezze per la ragazza. I suoi gesti furono sicuri, decisi e fatti in rapida sequenza, da uomo esperto anche su come svestire una donna, senza alcun impaccio o titubanza.
Beatrice non era certo alla prima esperienza ma oggettivamente non le era forse mai capitato di trovarsi davanti agli occhi, già all’inizio, una verga così tesa e dura, Quasi sempre se li era trovati davanti rigonfi, barzotti, ma non durissimi, non tesissimi. Alcuni li aveva dovuti lavorare un poco di mano per farli ergere, altri addirittura lavorarli di bocca per farli diventare davvero duri, Osvaldo invece si era presentato già con l’arma pronta all’uso. Un solo dubbio turbò Beatrice, insorto proprio per quella straordinaria erezione “Non soffrirai mica di eiaculazione precoce?”
Osvaldo sorrise, la strinse a sé, erano già nudi ormai, le fece sentire sul ventre oltre la compattezza del suo membro anche il calore e, stropicciandosi un poco contro lei le rispose: “Di solito vengo al momento giusto, comunque sinora sono stato sempre capace di bissare se desiderato, perciò qualora dovesse succedere, sta tranquilla, sono in grado di continuare, anche per tutta la notte se vuoi”
Sorridendo con maliziosità lei replicò:“Beh, se andiamo avanti solo a parole sarà probabile che durerai fino all’alba. A parlare non si spendono troppe energie”
Come se fosse stato umiliato da quella battuta Osvaldo volle riscattarsi subito, afferrando Beatrice di peso, prendendola sulle sue braccia, con il sedere che sfregava sul suo cazzo, e la portò sul letto, sul quale l’adagiò ma per distendersi subito anche lui sul corpo di lei, per farla sentire dominata, sottomessa anche fisicamente alla sua virile mascolinità .
Ebbene sì, bisogna anche dirlo che la non principiante Beatrice, aveva vissuto le sue esperienze con ragazzi al massimo della sua età , cioè poco più che ventenni quando erano stati “vecchi”, ragazzi spavaldi a parole ma un poco intimiditi nella fase iniziale, al punto che li aveva dovuti quasi tutti “pre-lavorarli” concedendo i tempi per un petting iniziale per vederli in buona erezione e quasi tutti, appena ricevuti il suo assenso avevano avuto fretta di “fare”. Osvaldo, con i suoi solo trenta o poco più anni, era apparso da subito un uomo vero, esperto. Il fatto che aveva aspettato per tutta la durata della cena inizialmente aveva deluso Beatrice, ma ora con quella erezione sfavillante, la forza di quelle braccia, la delicatezza con la quale l’aveva adagiata, la pressione misurata del suo corpo che premeva su di lei ma non la faceva sentire schiacciata, furono tanti piccoli particolari che inebriarono, stordirono, turbarono la ragazza. Fu lei ad attanagliare le sue gambe divaricate a quelle distese di Osvaldo, a stringere le braccia attorno al torace di lui, a sollevare la bocca verso quella dell’uomo che si trovò nella condizione ideale per una inevitabile, immediata introduzione del suo pene in vagina. Così, all’inizio, senza quei preliminari ai quali Beatrice era stata abituata.
Osvaldo scordò Marcello, Nunzia, l’intero universo; Beatrice scordò la automobile, il padre ed ogni altra cosa o persona e tutto il tempo di sempre si fece presente in quel momento che stavano vivendo, senza possibilità di avere pensieri del passato o per il futuro, ma vivere in pienezza quel presente, vivere di quei colpi ben assestati, quel ritmo, quei respiri, quel sentirsi fusi ma desiderare di compenetrarsi ancora di più, cosi’ che non solo il pene affondava nella vagina, ma le lingue penetravano nelle bocche, le dita stringevano a pizzicotti le carni e il letto oscillava a ritmo veloce, in sincronia con i respiri sempre più profondi ma non affannati.
II corpi avvinghiati eppure dinamici nel muoversi, si inumidirono anche di un impercettibile umidità , non vero sudore, ma quell’umido che rende più pregnante l’odore della pelle. E cambiarono più volte posizione, fino a ritrovarsi lei pressoché distesa con braccia e gambe divaricatissime , a mo’ di X o di “croce di Sant’Andrea”, come se fosse esausta, indebolita dai colpi martellanti con cui Osvaldo l’aveva cavalcata, domata, sfinita e, in quella posizione rilassata aveva lasciato liberare tutte le forme di un pieno orgasmo, dalle contrazioni della vulva alla secrezione abbondante di umori, al fremere con tutto il corpo. Mentre il cazzo di Osvaldo scivolava fin troppo facilmente dentro la figa ormai bagnatissima e quando questa si contrasse a raffica, anche Osvaldo si liberò, per la terza volta quel giorno, di una schizzata di spermatozoi, prima di “crollare” anche lui.
Con il fiato grosso disse “che donna sei, una vera femmina”
Lei l’accarezzò, gli disse “grazie a te per averla fatta esprimere la mia femminilità ” e, come se non fosse ancora appagata, si portò sul corpo di lui con il suo. Tenendo su il busto facendo leva su un braccio e lasciando che i suoi capezzoli sfiorassero i pettorali di lui.
“Non mi sembri però in grado di mantenere la promessa fatta di poter continuare fino all’alba”
Lui sorrise, più che stringerle i glutei le ammollò due delicate pacche sulle natiche e disse “Tutte le macchine di formula uno, hanno bisogno di un breve pit stop. Sta tranquilla, la corsa continua”
Lei pure sorrise e disse “Sai che la causa dei miei incidenti di macchina è anche la mia passione per i motori? Mi piace tirare fuori da loro tutta la potenza che possono esprimere”
“Ecco brava…basta fondere i motori…un giretto della safty car e poi riprendiamo…meglio la sicurezza che cedere per il tirare troppo il motore”
Si baciarono e, con tutta calma, un poco di tempo dopo ripresero la “corsa”…ma la gara non durò fino all’alba. Parafrasando Osvaldo “anche le corse di formula uno hanno un tempo massimo di durata”.
L’alba arrivò sì, ma li trovò…ai box, cioè a dormire.
…poi ci fu un nuovo giorno, ma sarà oggetto di un altro capitolo
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