La parola, ‘tourbillon’, ha subito acceso la mia immaginazione, appena incontrata nel testo da tradurre..
Il dizionario spiega: turbine, gorgo, vortice, ed anche ‘volteggio’ delle ballerine.
Poi, ho fantasticato su alcuni di tali significati.
Turbine: confusione, tumulto, caos’
Gorgo: precipizio, abisso, baratro.
Vortice: ciclone, impeto, forza e’ richiamo irrefrenabile.
Comunque, sono rimasto colpito da ‘tourbillon’ e ogni tanto, non sempre a ragione, cerco di inserirlo nel discorso. In effetti, però, non ho perfettamente capito cosa voglia esattamente indicare.
Io sono fissato sul significato delle parole.
Quando ho visto, al cine, ‘attrazione fatale’, sono rimasto a lungo a meditare su quel ‘fatale’, che significa? Prestabilita dal fato? Inevitabile? Irresistibile? D’accordo, ma il fuco, l’ape maschio, è ‘fatalmente’ attratto dalla femmina della sua specie. ‘Fatalmente’, certo, perché dopo l’accoppiamento il fuco muore! E lui lo sa, ma non può sfuggire al suo ‘fato’.
Si dirà che sono complicato.
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Di solito, in estate, il nostro pasto del mezzogiorno è abbastanza leggero. Poi si va a schiacciare un pisolino, il famoso ‘riposino’. Ne profittiamo per metterci comodi, il meno vestiti possibile, e spesso, nella penombra della camera, facciamo volentieri a meno anche del pigiama. Ciò accade, soprattutto,il sabato e la domenica, quando si è liberi da impegni di lavoro.
Se invece, finito di desinare, col caldo che fa, viene in mente di prendere l’auto per andare a trovare la mamma in montagna, è cosa che può accadere solo a Marisa. Inutile che lei dica che si sta meglio in macchina col climatizzatore acceso. A me fare due ore d’auto, sia pure per trascorrere il pomeriggio e il giorno successivo al fresco dei 1200 metri di Rocca di Cerro, è idea che non mi sfiora.
Neppure Alessia si lasciò tentare dal ‘fresco’, dai dolcetti locali e da altre prospettive seducenti che, in fondo, erano allettamenti ingannevoli.
Marisa si irritò, preparò una borsa con poche cose, e uscì, salutandoci appena, e sbattendo la porta. Ci gridò che sarebbe tornata l’indomani sera, aggiungendo, quasi fosse una minaccia, ‘forse’.
Alessia ed io ci guardammo in faccia, alzammo le spalle, e decidemmo di andare a riposare. Io mi sarei fermato in salotto, a dare un’occhiata al giornale. Dissi ad Alessia di andare pure nella sua camera, avrei pensato io a sparecchiare e mettere piatti ed il resto in lavatrice.
E così, dopo non molto, assicuratomi che il giornale diceva più o meno sempre le stesse cose, mi avviai per la pregustata pennichella.
La porta della camera di Alessia era semiaperta, forse per favorire la circolazione dell’aria. Lei dormiva, beatamente, profondamente.
Era su un fianco, il lenzuolo le copriva il bacino e parte delle cosce, ma lasciava completamente scoperto il resto. Mi fermai ad ammirarla. Era davvero una bella ragazza. Il suo visetto tranquillo, i lunghi capelli biondi, e un corpicino veramente aggraziato, piccolo, ma squisitamente proporzionato. Si vedevano, nella penombra, le piccole vezzose tettine, forse non completamente sviluppate malgrado i suoi diciotto anni, e fui preso da infinita tenerezza. Mi avvicinai al letto, sorridendo compiaciuto. Mi chinai per guardarla più da vicino, posai un leggero bacio sulla fronte e mi venne il desiderio di sfiorarle delicatamente, con le labbra, il piccolo capezzolo, rosa come una fragolina, che impreziosiva la tettina.
Era caldo, bellissimo, interessante’ affascinante’ stimolante’ stuzzicante’ desiderabile’ appetibile’, mille aggettivi si affastellavano nel cervello e sempre più sensuali’ eccitanti.
La lingua uscì dalle labbra e lo lambì, insisté’ poi furono le labbra a stringerlo delicatamente e ad accennare a un lieve ciucciare’ solo un attimo’
Mi ripresi, la carezzai piano, tirai su il lenzuolo, uscii dalla camera, mi avviai verso la mia.
Non riuscivo a riposare, pensavo alla tettina di Alessia. Mi aveva eccitato quella visione, quel contatto’ certo che se Marisa fosse stata accanto a me avrebbe lei tratto profitto da quello strano e imprevisto stato di esaltazione.
Niente da fare, addio sonno. Accesi la radio e la ascoltai con la cuffia, sentivo suoni, parole, ma non capivo cosa stessero trasmettendo.
Alessia, improvvisamente, m’appariva in tutta la sua femminilità. Sì, una cosina, ma così bella’.
Cercai di rilassarmi, ma non ci riuscivo.
Guardai l’orologio, Marisa, forse stava arrivando a destinazione. Forse avevo fatto male a non andare con lei. Mi passò per la mente di raggiungerla, con la mia auto, ma, infine, decisi di fare una doccia, non troppo calda, di vestirmi e di andare a vedere se c’era qualche partita in TV.
Ero lì, in salotto, con la TV accesa, quando, scalza, con i cortissimi pantaloncini del pigiama e la giacca completamente sbottonata, il viso ancora sonnacchioso, apparve Alessia.
‘Ciao, ma tu non hai riposato?’
‘Si, Ale, ma avevo bisogno di una doccia. E tu, hai dormito?’
Annuì.
‘Ed ho anche sognato’ un insolito sogno, ma bello’. Bellissimo”
Venne a sedere vicino a me.
Sbirciavo nell’apertura della sua giacca, con insistenza.
Lei lo notò, e con la massima naturalezza lasciò schiusa la giacca, si voltò verso me.
‘Sono troppo piccole, vero?’
Ci mancò poco che non mi venisse un colpo.
Non c’era niente di male né di malizioso in quel gesto, in quella domanda. Ma non me l’aspettavo.
‘No, cara, sono bellissime.’
‘Dici?’
‘Ma certo, non vedi che sembrano essere state prese a modello per una statua greca di Venere?’
Mi sorrise, contenta, e allungò la mano e carezzò la mia.
‘Cosa hai sognato di così bello?’
Arrossì un po’, alzò le spalle.
‘Niente di particolare”
Presi la sua manina tra le mie.
‘Non c’è nessun nesso tra il sogno e la domanda che mi hai fatto?’
Fece la gnorri.
‘Quale?’
La guardai significativamente.
‘La dimensione del seno..’
Questa volta avvampo’.
‘Noooo, e che c’entra”
‘Alessia, andiamo a mangiare un gelato?’
‘Sì.. dove?’
‘Che ne diresti di Rocca Priora?’
‘OK, vado a vestirmi.’
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Era quasi il tramonto, quando giungemmo al piccolo bar sul belvedere del paese. Ottimo il gelato, e Alessia lo gustò avidamente. Poi bighellonammo, acquistammo dei biscotti specialità locale, che a lei piacevano molto.
Le proposi di cenare lì. Rispose che aveva desiderio di una insalatina e una pizza. Il locale era all’aperto, piacevole, e il cibo fu molto buono, bagnato da un frizzantino fresco che andava giù che era un piacere.
Alessia beveva e rideva’ beveva un po’ troppo. La dovetti sostenere mentre raggiungevamo l’auto, al parcheggio, e lei poggiava su me la bella testina bionda. La mano le sfiorava la tettina, e il ricordo mi infiammò.
La feci sedere in auto, allacciai la cintura di sicurezza, regolai il poggiatesta, mi misi al volante e ripresi la strada verso casa, guidando lentamente. Lei s’era appisolata, voltata su un fianco, alla meglio.
Dormiva ancora quando misi la macchina nel nostro box.
‘Alessia? Sei sveglia? Ce la fai o devo prenderti in braccio?’
Aprì gli occhi, mi sorrise appena. La voce non era molto chiara.
‘Ce la faccio’ ma sorreggimi”
Era morbido e caldo quel corpicino delizioso. Finalmente entrammo a casa, mi avviai alla sua camera. Non appena entrammo mi disse ‘scusa’ e andò nel bagno, sentii il rumore della pipì, lo scroscio dello sciacquone. Tornò in camera, andò a sdraiarsi sul letto.
‘Ale, dove hai il pigiama da notte?’
Mi guardò, inespressivamente, aggrottò le sopracciglia’
‘Pigiama?… No’ metto una camiciola’ lì’ nel secondo cassetto”
Presi la camiciola, rosa, corta, e abbastanza trasparente. La deposi accanto a lei.
‘Cerca di sederti, Alessia, ti aiuto io.’
Le diedi una mano facendola sedere sul letto, sbottonai la blusetta e stavo per infilarle la camiciola.
‘No’ per favore’ mi da fastidio il reggiseno”
Lo sganciai, ed ecco le piccole meravigliose tettine. Erano proprio belle e invitanti, un bocciolo da baciare’
Riuscii a farle infilare la camiciola.
‘Giù, che ti sfilo la gonna”
Si sdraiò, abbassai la zip, andai a piedi del letto, presi l’orlo della gonna e tirai’. Rimasi sorpreso, sconcertato’ era nuda, si vede che le mutandine le erano state tolte quando era andata al bagno.
Com’era bella! Fianchi stretti, un pancino liscio liscio, l’ombelico che pareva modellato da un artista e’ e.. il triangolo d’oro che dal pube scendeva tra le splendide, rotonde cosce. Una visione paradisiaca. Deglutii a fatica, le abbassai la camiciola che, però era cortissima, la spostai un po’, la coprii col lenzuolo. La baciai sulla fronte e uscii dalla camera.
Ero turbato, meditabondo, inquieto’ In quello stato di agitazione che invade alcuni animali all’avvicinarsi di un temporale.
Andai in cucina, presi del succo di frutta dal frigorifero, lo bevvi.
Sentivo la necessità di rinfrescarmi. Con lo doccia del bagno, quella a telefono, mi bagnai i capelli, rimasi così, a lungo sotto quel getto, come a voler lavare e levare dalla mente quel turbinio confuso che mi tormentava.
Decisi di prendere qualche goccia del ‘tranquillante’ che a volte usava Marisa. Preparai il tutto e lo posi sul comodino, accanto al libro che avrei letto per favorire il sonno. Indossai i pantaloni del pigiama, calzai le pantofole, e andai a nella camera di Alessia, dove avevo lasciato acceso il lume.
Alessia era su un fianco, col dorso verso me, aveva abbassato il lenzuolo, forse per il caldo che il vinello le faceva ancora sentire più del normale, e la camiciola era quasi arrotolata sul fianco. Un culetto tondo, splendido, lo sfiorai con la mano, una pelle vellutata, come una pesca’ mi venne in mente ‘solco di pesca’, un film del 1976 con due attrici, Martine Brochard e Gloria Guida, dai glutei meravigliosi e provocanti, più volte ripresi ed evidenziati, ponendo in risalto il magnifico e stuzzicante solco che li divide. Già, uno dei personaggi, Tecla, era vergine, nel film’ chissà se Alessia’.
Fantasticavo tutto questo guardando fissamente il conturbante sederino di Alessia, che avevo lievemente sfiorato con le dita. Che bello! Proprio una pesca succulenta’ veniva la tentazione di morderla’ Mi abbassai piano, baciai quella calda e serica natica, la lambii con la lingua, vi poggiai i denti e li premetti un poco. Sentii che a quel contatto s’era irrigidita.
Alessia fece un lungo sospiro e si voltò, supina’ oddio’ era sconvolgente, provocante, eccitante, la visione del suo grembo, dei riccioli d’oro, delle gambe un po’ dischiuse che lasciavano intravedere le grandi labbra’. Stavo impazzendo’ dovevo scappare, subito, fuggire, allontanarmi’
Invece’ invece, mi chinai ancora di più e sfiorai con la lingua la sericità di quei riccioli, e non resistetti alla tentazione di assaporare la carnosità di quelle grandi labbra, che erano perfette, affascinanti. Solo un piccolo colpo di lingua, piccolissimo, appena appena’ Non si muoveva’ azzardai ancora un poco’ la punta della lingua si intrufolò’ sentì il piccolo clitoride che s’ergeva, immediatamente, ed ebbi l’impressione che Alessia aprisse di più le gambe’ Era bellissimo il contatto della lingua con quel ciccetto vibrante. Decisi di allontanarmi, ma prima una bella lappata, una lunga leccata con tutta la lingua’ mi sembrò che Alessia tentasse di stringere la mia testa tra le cosce.
Mi alzai, lentamente, con una eccitazione incontenibile, corsi nella mia camera, misi il triplo delle gocce che usava Marisa, le bevvi d’un sorso, andai nel bagno, senza sapere cosa fare, tornai, mi gettai sul letto, presi il libro, lo aprii, gli occhi scorrevano righe e parole senza leggerle’. Forse avevo esagerato la dose’ mi svegliai e sentii che Alessia stava in cucina.
Insonnolito, coi soli pantaloni, vi andai, sedetti al tavolo. Lei, in vestaglia, era intenta a preparare la colazione, mi voltava la schiena..
‘Ciao Ale’ dormito bene?’
Annuì.
‘Sognato?’
Annuì di nuovo.
‘Stessi sogni?’
Si voltò a guardarmi.
‘Forse ho bevuto troppo frizzantino ieri’ sogni strani’ insoliti”
‘Incubi?’
‘Tutt’altro”
Notaii che aveva rabbrividito.
Portò tutto in tavola, si chinò su me, mi baciò sulla guancia.
Mi guardava in un modo strano, come volesse dirmi qualcosa e non osava.
Fui io a rompere il silenzio.
‘Ti vedo pensosa, Ale, cosa c’è?’
‘Niente di particolare, ma nel sonno provo strane sensazioni”
‘Cosa in particolare?’
‘Ne devo parlare con la mamma’ cose di donna”
‘Ah, così mi tagli fuori, mi metti in disparte”
‘Ma no, pa” è più facile capirsi tra donne”
‘Perché io non capisco niente”
‘Non essere permaloso, lo sai quanto ti voglio bene”
E per confermarlo, si alzò, venne a sedere sulle mie gambe, mi abbracciò.
Un vero e proprio scombussolamento! Già ero in uno stato di agitazione che preludeva una incontenibile eccitazione, guardando Alessia mi ricordavo le sue tettine ed ora, con maggior tormento, il solco di pesca, il suo grembo, muovevo la lingua in bocca come a voler provare ancora la turgida delizia del suo piccolo clitoride’ ed ora queste chiappette magiche, questo fantastico solco di pesca era separato dal mio fallo lievitante solo da leggere stoffe che non impedivano di sentire il calore di quel corpicino delizioso. Forse dovevo farla alzare’ subito!
Alessia, certamente, avvertiva il gonfiarsi del mio sesso. Sentii contrarsi i suoi glutei, poi muoversi, come per rendersi conto di cosa stava succedendo. Certo, a diciotto anni ben doveva sapere dell’erezione del fallo, ma forse non immaginava che ciò potesse accadere a quello di suo padre a contatto con lei’
Ecco, pensavo, ora si alza di scatto’
No, anzi, cercava di sistemarsi meglio’ un lieve movimento, appena un accenno a dischiudere le cosce, e il mio sesso, tormentosamente costretto nei pantaloni, si trovò accolto in quel solco stupendo’ Non sapevo dove mettere le mani’ ero tentato di infilarle nella sua vestaglia, carezzarle il petto, le cosce, cercare di insinuarle tra le gambe’ La tenevo abbracciata, inconsapevolmente più stretta del solito, di come avrei dovuto’
Mi guardò con un’espressione che non le avevo mai visto nel grazioso visetto, come fosse turbata, confusa’
Si alzò, ma non scappò via, no, si mise a cavalcioni, dopo aver sollevato la vestaglia. Ora, il fagotto che stava scoppiando nei miei pantaloni era tra le sue gambe, e la sua micetta meravigliosa premeva, si strusciava, lentamente. Mi aveva cinto il collo con le braccia, gli occhi chiusi, le labbra semiaperte, e respirava sempre più forte’ cominciò a gemere’ le avevo messo le mani sotto le natiche, sulla pelle vellutata, si muoveva, avanti e dietro, carezzandosi e carezzandomi’ ad un certo momento la sentii scuotersi, strofinarsi a me con maggior forza, freneticamente, quasi con rabbia, e infine si abbracciò a me, forte, spingendo il bacino sul mio fallo che in quel momento stava esplodendo il carico del seme troppo a lungo represso. Una cosa del genere non mi capitava dall’adolescenza!
Era stretta a me, con le labbra quasi all’altezza del mio orecchio, la voce era rotta dal pianto’
‘Oddio pa” oddio’ che mi succede’ che vergogna’.’
La carezzai dolcemente, i capelli, la schiena’
‘Niente, tesoro, niente’ è più che naturale che una ragazza, giova, sana, come te, e per giunta così bella, abbia dei momenti di debolezza, è normale ”
Tra brevi singulti.
‘Si, pa”. Ma non col proprio padre’ che sconcezza”
‘Non c’è nulla di sconcio, vergognoso, sporco nelle leggi della natura’ Se fosse così, cosa dovrei dire io, allora’ hai capito cosa ho provato?’
Annuì.
‘Si, pa’, ho capito, ma è solo colpa mia, ti ho provocato”
‘Fa conto, tesoro, che in quel momento ero il tuo ragazzo”
Spostò la testa, mi guardò, con gli occhi pieni di pianto.
‘Ma io questo non l’ho fatto mai, con nessuno’ sì’ qualche carezza’ ma tutto lì!’
Ero a disagio, non sapevo se chiederglielo o meno.
La allontanai un po’ da me e la fissai.
‘Quindi, tu, Ale’. Non hai mai fatto l’amore? Diciamo così.’
‘Mai, pa’, mai’ e non ho mai avuto sensazioni come queste”
‘Spiacevoli?’
Si strinse a me, spostò in avanti il bacino, il suo sesso premette di nuovo sui’ resti della mia eccitazione’ sentivo che il pantalone era inzuppato del mio sperma ed anche della linfa che, abbondante, era colata dalla sua piccola, cara, vagina. Perché Ale non aveva mutandine!
‘Spiacevoli? Ma cosa dici’ meravigliose, incantevoli, inebrianti’ e non immaginavo che potesse provarsi un godimento del genere, una vera beatitudine’ il paradiso’.’
‘E’ scusa’ tesoro mio’ come mai ancora non ‘.l’ho’ hai fatto?’
Un sorriso dolcissimo sulle labbra, un’espressione meravigliosa nel volto.
‘Perché voglio farlo con chi amo, amo veramente”
Mi spostai un po’, lei, molto lentamente, si scostò da me, si alzò, rimanendo in piedi, con le gambe larghe. Vedevo la sua bella micina, dalle grandi labbra turgide, tra l’oro dei folti riccioli che la incorniciavano. Ero tentato di’ tuffare la mia testa in quel boschetto fulvo e’. baciarla’
Mi alzai, a fatica. Si allontanò’
‘Devo andare al bagno, Ale”
‘Anch’io!’
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Quando tornammo a incontrarci, dopo circa un’ora, in tinello, eravamo vestiti per uscire.
Ognuno cercò di avere un contegno normale, indifferente.
‘Andiamo a mangiare fuori, Ale?’
‘Si, ma senza bere neppure un goccio di vino”
‘Come vuoi, cara. Cosa preferisci?’
‘Se andiamo al ‘Gourmet’, fanno una fantastica insalata ‘ni’oise’, con questo caldo”
‘OK, aggiudicato!’
Fummo i primi avventori a entrare nel locale. Era ottimamente climatizzato, e la luce era tenue. Scegliemmo un tavolino in angolo, un po’ appartati.
Al cameriere dicemmo cosa avremmo gradito, e lui approvò gentilmente il nostro desiderio e aggiunse che per finire suggeriva una abbondante ‘salade de fruits’. Ci chiese cosa volessimo bere, e alla mia titubanza precisò che un petit chablis, che non raggiungeva neanche i 10 gradi, era quello che ci voleva.
Alessia stava per obiettare qualcosa, ma il cameriere era già lontano.
Il tutto fu servito con molta professionalità, ed era ottimo. Non diciamo del delizioso vino bianco. Io non ne ho bevuto molto, ma ho insistito con Alessia perché lo assaggiasse. Non ha ultimato neanche la prima coppa, ma ha si è dichiarata d’accordo sulla piacevolezza del liquido biondo come i suoi capelli’ Ecco, in quel momento ho unito il biondo dei capelli a quello, lievemente più intenso del pube’ e più giù!
Non ci voleva questo pensiero tormentoso che di colpo mi fece considerare Alessia sotto una particolare luce: era una spettacolare, ammaliante, incantevole, seducente’ verginella’ che con la sua dolcezza aveva svelato quanto sentisse il richiamo della gioventù. Il fatto che anche io, malgrado non fossi più giovanissimo, quel richiamo lo avevo percepito in modo travolgente e incontrollabile.
Ci facemmo servire il caffè.
Ora guardavo Alessia con un particolare interesse: del maschio verso una femmina.
E forse mi illudo, ma i suoi sguardi mi dicevano che anche lei era turbata da qualcosa.
‘Che ne dici, Ale, di andarcene a casa?’
‘OK, pa’.’
Pagai il conto, uscimmo, attendemmo che ci portassero l’auto che era stata al fresco nella rimessa, salimmo, e dopo pochi minuti ci ritrovammo a casa. Faceva un po’ caldo, come il giorno precedente, come quando Alessia dormiva con la tettina semiscoperta’..
Pensai ad una scusa per uscire, da solo, senza meta. La sola ragione era allontanarmi da Alessia, da quella solitudine complice: lei ed io, soli, nella grande casa, col ricordo del giorno precedente, della sera precedente, di quella stessa mattina’ c’era da diventare matto, e i matti, si sa, compiono gesti incontrollabili, istintivi, senza comprenderne e quindi valutarne le conseguenze.
Alessia era più splendida del solito. Almeno per me. Una bambolina incantevole, splendida. La guardavo e rabbrividivo. Ero attratto da lei in modo sconvolgente. Come un lampo nella mente mi accecarono le parole ‘attrazione fatale’. Perchè così voluta dal fato, inevitabile, ma che conduceva alla devastazione totale.
Mi scosse la sua voce, dolce, carezzevole.
‘Pa’, io andrei a fare un pisolino, e tu?’
Mi scossi.
‘Forse esco”
‘A quest’ora, con questo caldo? E dove vai?’
‘Non lo so”
Si strinse al mio braccio.
‘Se esci vengo con te!’
Le sorrisi le carezzai i capelli.
‘Va bene’ resto a casa’ provo a leggere, a guardare la TV’ a riposare’ tu va pure”
Si alzò sulla punta dei piedi e mi scoccò un bacione sulla guancia’ proprio vicino alla bocca.
‘Ciao pa” non uscire’ mi raccomando’ ho paura a restare sola in casa”
‘Sicura, piccola’ non esco!’
Andò nella sua camera.
Io andai nella mia, mi rinfrescai, mi misi in shorts. Indossai solo quelli, e calzai scarpe da riposo. Presi il giornale e tornai nel tinello, una stanza abbastanza fresca, e mi misi a leggere. Ogni tanto dovevo tornare indietro perché mentre gli occhi scorrevano le righe la mente pensava ad altro.
Non so quanto tempo trascorse, ma improvvisamente sentii un passo leggero, scalzo, e sulla porta apparve Alessia’ Ma quella, allora, lo faceva a bella posta’ Una camiciola trasparente e ben sopra il ginocchio. Di quelle che ai tempi universitari chiamavamo le ‘mantovane’ della fica. Già, ‘mantovana’, come la corta striscia che copre la parte superiore della tenda!
La guardai.
‘Non dormi Ale?’
Teneva le labbra strette, un po’ pronunciate, come fanno le bimbe vezzose.
Scosse la testa.
‘No, non posso dormire’ mi culli pa’?’
Si avvicinò a me, sedette sulle mie gambe!
Ecco, ci risiamo! Solo il sottile tessuto di cotone divideva quel meraviglioso culetto dal mio pisello che non aveva proprio bisogno di provocazioni del genere. E lo dimostrò subito, impetuosamente!
Alessia mi mise le braccia al collo e poggiò la testa sul mio petto nudo.
Un vero e proprio supplizio, un tormento. Sarebbe stato meglio uscire’ pensai perfino di andare in cerca di una delle tante professioniste del sesso’. Così’ per scaricarmi, esaurirmi, svuotarmi completamente, per impedire gli effetti dell’eccitazione.
Intanto, però, carezzavo le cosce, le natiche di Alessia, che era ferma con gli occhi chiusi. Prese una mia mano, delicatamente, la infilò sotto la camiciola, su una sua tettina. Rimasi fermo un momento, poi’ eh’ si’ poi.. la carezzai, titillai il capezzolino che s’era eretto, insistetti, e lei si dimenava lentamente e respirava sempre più forte’ Fu più che naturale scendere, con la mano, tra le sue gambe, nel bosco dorato’ Le cosce si dischiusero’ sentii il turgore prepotente delle grandi labbra, il tepore umido e vibrante delle piccole, il fremito del clitoride, ed ogni volta che lo titillavo lei sobbalzava’ non mi azzardai a intrufolare un dito nella vagina’ aveva detto che non lo aveva fatto mai’ ma quelle carezze erano più che sufficienti per farla sussultare’ sempre di più, finche non sentii il calore dei succhi che gocciavano da lei, e Alessia fu scossa da un travolgente orgasmo che le faceva gorgogliare suoni confusi, senza nesso.
Si abbracciò forte’ ‘Ooooooooooooh, paì” oooooooooooh!’ E improvvisamente mi baciò sulla bocca, avidamente.
Inutile dire le condizioni del mio fallo. Era impazzito!
Alessia si alzò, come un automa, con lo sguardo vitreo, inespressivo, le labbra dischiuse, le nari frementi’ Senza parlare, si denudò completamente, si abbassò afferrò i miei shorts e con decisione, con una forza che non le conoscevo, li tirò giù’ quasi cadevo dalla sedia’ alzai un po’ le natiche e ricaddi a sedere col mio sesso irresistibilmente rivolto’al cielo’
Lei si sedette a cavalcioni, come aveva fatto al mattino, ma questa volta tra noi non c’era nulla’ il mio fallo’ la sua vulva’ Ero impietrito’ prese il glande, delicatamente, tra due dita, lo portò tra le sue gambe’ sentii l’umido dell’ingresso della vagina’ le stavo per dire di fare attenzione’ che avrei provato a strofinarglielo delicatamente, vicino al sesso, tra le natiche’ Ma lei ne aveva fatto entrare qualche millimetro tra le piccole labbra, ne sentivo il calore, la resistenza, qualcosa che ‘gli’ impediva di procedere. Meno male, pensai’ s’è fermata’ ma anche così è pericoloso’ io da un momento all’altro posso ‘ scaricarmi’ e non è proprio il caso di spargere il seme così vicino a lei’ dovrei ritirarmi’ anche se a fatica, con grandissima difficoltà..
Non finii di pensare a ciò, che Alessia, gridando un ‘aaaaaah!’ che era un misto di dolore e di liberazione, dette un deciso colpo di reni, di bacino e’. s’impalò decisamente sul mio fallo, ingurgitandolo nella sua stretta e palpitante vagina, con lentezza ma con determinazione. Ne sentii il fondo’
Restò ferma un po’. Io non osavo muovermi’ Fu lei a iniziare un dolce andirivieni che andò aumentando di ritmo, di celerità’ le avevo preso i fianchi’ mi chinai a ciucciarle un capezzolino’ sentii che la sua vagina si contraeva’ poi il suo gemito’ lungo’ rauco’ e un lunghissimo ‘siiiiiiiiiiiiiiiiiiiii!’
Accompagnato dall’abbraccio delle sue gambe dietro la mia schiena. Mi aveva imprigionato, con una forza incredibile’.
‘Ale’ Ale’ devo’ dobbiamo’.’
Ma lei stringeva, fremeva, e non ce la feci più, rovesciai in lei tanto di quel seme che non immaginavo neanche poter spargere’
‘Ahhhh pa”..che bello’.belloooooooooooo!’
La fatalità s’era compiuta.
Pensai subito che lei certamente non prendeva la pillola’.
Mi sembrava impazzire.
Quando si rilassò, ci calmammo, compresi che lei a malincuore sentiva che sgusciavo dal mio grembo’ Bordo della sedia, gambe, pavimento, raccolsero quanto fluiva da lei’ c’erano evidenti tracce ematiche’
Cosa aveva fatto la mia bambina’ cosa avevamo fatto!
Le presi il volto tra le mani.
‘Ale, amore mio, ma ti rendi conto di cosa abbiamo fatto?’
‘Te l’ho detto, pa’, la prima volta devo farlo con chi amo di più al mondo! E non ci potrà essere nessun amore più grande di quello che ho per te’. Grazie’Grazie pa’!’
Mi abbracciò, ma baciò gli occhi, il volto, le labbra’
‘Ma quello che abbiamo fatto è pazzesco’ ti rendi conto delle possibili conseguenze?’
Alzò le spalle.
‘Alessia!’
Mi fece un gesto di saluto, raccolse la sua camiciola, se la mise tra le gambe, sparì.
Io mi alzai a fatica.
C’era da pulire, e bene.
Indossai gli shorts che erano sul pavimento, andai in cucina, presi secchio e stracci e tornai in tinello, a cancellare le tracce del’. Fattaccio. Poi la doccia!
^^^
La sera tornò Marisa. Mi vide preoccupato. Le dissi che era solo un po’ di emicrania dovuta al clima.
‘Potevi venire con me’ non sai cosa ti sei perso”
‘Già’ quello che ho perso’.’
‘Un’arietta deliziosa’.’
Quel mal di testa mi durò anche nei giorni successivi.
Solo Alessia era del solito umore, anzi migliore, più allegra e pimpante del solito.
Ero fuori, seduto su una panchina della villa, a sfogliare pigramente e distrattamente un giornale.
Squillò il cellulare.
‘Ciao pa’!’
‘Ciao Ale.’
‘Pa” ho un lieve malessere’.’
Fu come se ricevessi un colpo in testa.
‘Un malessere? E di che genere’.’
Una risata argentina.
‘Il solito, pa” quello che mi viene ogni mese”
Rimasi senza fiato.
‘Pa’, ci sei?’
‘Ci sono.’
‘Ha deciso di prendere le pillole, pa” non voglio che ti preoccupi! Ciao, pa’, ti voglio bene!’
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