Mi trovo all’aeroporto, indosso solo una polo molto aderente, corta, sgualcita e parecchio usata, sembra un modello femminile e non della mia misura, che lascia nude le gambe e le mie parti intime, ai piedi ho delle snikers bianche, un collare al collo da cui pende un guinzaglio tenuto in mano da una donna che cammina davanti a me, elegantissima e sicuramente bellissima, traino un bagaglio pesantissimo, due trolley, uno zaino sulle spalle ed una borsetta appesa al collo, cerco di tenere il passo per impedire che il laccio diventi troppo teso è debba essere strattonato infastidendo la signora. E’ tutto molto strano, sono praticamente nudo, dovrei morire dalla vergogna, tutto intorno è pieno di gente mi aspetto esclamazioni di disgusto o che da un momento all’altro arrivi la polizia e mi arresti per atti osceni, invece, niente, nessuno mi degna di uno sguardo, io stesso mi sento perfettamente a mio agio, gli unici che ci osservano sono uomini che ammirano quella che ormai sembra chiaro essere la mia padrona e donne che guardano con un filo di mal celata invidia; sembra del tutto normale che un ragazzo possa essere legato ad un guinzaglio portato in giro nudo, per giunta, in un affollato luogo pubblico. Arriviamo al “check-in”, non c’è fila, lei continua a darmi le spalle mentre parla con l’hostess, ho appena finito di caricare i bagagli sul nastro che mi sento tirato per il guinzaglio da un hostess bellissima nella sua divisa blu, cerco con lo sguardo la padrona pur continuando a muovermi nella direzione obbligatami dall’hostess, ma non riesco a scorgerla da nessuna parte e dentro di me sale un certo senso di preoccupazione, come se avessi mancato di fare qualcosa, tipo un inchino o un bacio ai piedi prima di essere allontanato, intanto l’hostess, mi ha portato poco lontano oltre il chek-in, mi ritrovo davanti ad un trasportino per cani, abbastanza grande da farci entrare un uomo adulto, mi posizione a quattro gambe come gli animali e mi c’infilo dentro come se fosse la cosa piĂą naturale del mondo, come se l’avessi giĂ fatto mille volte, sento chiudere lo sportello del gabbiotto dietro di me, dopo un po, vengo caricato su un carrello insieme ad’altri gabbiotti alcuni contenenti cani o gatti, da li veniamo stipati sull’aereo, qui, da solo, inizio a riflettere ed capire:
sono un human-pet, di proprietà di una qualche splendida e viziata donna dell’alta società , in una realtà parallela alla nostra dove le persone hanno la somma libertà di scegliere di non essere liberi e di non essere neanche umani.
SlaveDog
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