“- E’ sotto gli occhi di tutti che da quando governa c’è stato un notevole impoverimento delle classi sociali meno abbienti, non crede?
– Tutta propaganda…”
Mia moglie e io condividevamo una singolare fantasia: attuare uno scambio
di coppia. Tutt’e due ritenevamo appetibile questo tipo di fantasia erotica, convinti che fare sesso con partner diversi ci avrebbe schiuso preziosi orizzonti di piacere. In virtù di questa riflessione cominciammo a investire parte del libero esaminando gli annunci di scambisti.
La sera, prima di addormentarci, ci mettemmo a curiosare fra le molteplici inserzioni pubblicate sui giornali, trattenendoci a consultare in particolare i tabloid a distribuzione gratuita, reperibili con molta facilità in qualsiasi supermarket, bar e latteria.
Pur avendo superato, seppure di poco, i quarant’anni, ci sentivamo addosso una grande voglia di tuffarci in nuove esperienze di sesso. Leggere gli annunci di scambio di coppie ci restituì la voglia che pareva ormai sopita di trasgredire, ma nonostante i nostri sforzi non ci sentivamo maturi per infrangere il patto di fedeltà che anni addietro avevamo stipulato davanti a un altare.
Praticare lo scambio di coppia con emeriti sconosciuti, magari incontrati in un club privé, oppure attraverso un annuncio, lo consideravamo un azzardo. Cosicché non abiurammo il progetto, ma lo accantonammo soltanto, facendo assegnamento su circostanze più favorevoli per mettere in atto questa fantasia.
In verità prima di conoscere mia moglie ero stato protagonista di una esperienza simile a quella che tutt’e due volevamo intraprendere. Era accaduto anni addietro, quando, intervenendo a una festa di compleanno, oltre a eccedere nel bere, avevo assunto una certa quantità di sostanze stupefacenti come ognuno dei presenti.
Senza averne cognizione mi ero ritrovato a essere protagonista di un’orgia con la combriccola di amici e amiche che avevano preso parte alla serata. Di quella esperienza mi portavo appresso il ricordo dei corpi ammassati, della puzza di pelle sudata, e dello sperma che impiastrava i corpi delle ragazze, ma soprattutto del cazzo che qualcuno, mio malgrado, aveva cercato d’introdurmi nel culo senza peraltro riuscirci.
Recarmi in un club privé, mettendomi alla ricerca di una coppia con cui scopare, lo consideravo alla stregua dell’andare a puttane, almeno questa era l’idea che m’ero fatto. E poi non trovavo soddisfacente che qualcuno considerasse mia moglie al pari di una qualsiasi donna di malaffare, disponibile a offrire la figa a chicchessia. Avrei preferito che lo scambio avvenisse con una coppia di nostra conoscenza, di persone fidate, insomma. Fu in questa direzione che mia moglie ed io rivolgemmo le nostre attenzioni.
Durante l’inverno esaminammo pregi e difetti delle coppie che orbitavano intorno a noi, soffermandoci nel prendere in considerazione l’aspetto fisico dei partner con cui avremmo potuto mettere in pratica lo scambio. Dopo tanto discutere non trovammo nessun accordo sulla scelta che avremmo potuto compiere. Nel momento in cui mia moglie manifestava un qualsiasi interesse per uno dei nostri amici, io facevo di tutto per denigrare la sua compagna, sollevando dubbi sulla fattibilità dello scambio. Lei, di contrappunto, si comportò allo stesso modo ogniqualvolta mostravo simpatia verso una comune amica. Infine giungemmo alla conclusione che se volevamo mettere in pratica lo scambio di coppia la soluzione migliore era di farlo con degli emeriti sconosciuti.
* * *
Era estate e come ogni anno avevamo programmato le ferie estive in una località di montagna. L’albergo in cui prendemmo alloggio si trovava nelle vicinanze di un lago alpino, sulla strada che da Innsbruck conduce a Garmisch Partenkirchen, in territorio tedesco.
I giorni della villeggiatura erano trascorsi tutti uguali nel silenzio di una natura apparentemente incontaminata, fintanto che, nella giornata che precedette la nostra partenza per l’Italia, giunse nell’albergo in cui eravamo ospiti una coppia di coniugi romani. Esuberanti più del normale ci rovesciarono addosso una fiumana di parole, ma non solo quelle.
Mia moglie e io eravamo sdraiati sull’erba, intenti a prendere il sole insieme a un gruppo di altri villeggianti, ospiti nel medesimo albergo, quando la coppia di romani, accortasi che eravamo italiani, si avvicinò a noi.
– Mi fa piacere incontrare degli italiani in queste montagne di crucchi. – dichiarò l’uomo. – Disperavo di trovare persone con cui fare quattro chiacchiere. Mi chiamo Pietro e questa è mia moglie Augusta. – disse indicando la donna in bikini che gli stava a fianco.
Sorpresi dalla loquacità del nuovo arrivato ci alzammo in piedi in segno di cortesia. Nell’attimo in cui l’uomo mi strinse la mano mi accorsi che l’aveva enorme, simile a quella di un boxeur. La cosa mi stupì perché non mi era mai capitato di stringerne una di simile grandezza.
– Purtroppo non saremo in grado di tenervi compagnia molto a lungo. Domani faremo ritorno in Italia. – dissi.
– E’ un vero peccato. – disse dispiaciuta la compagna dell’uomo.
Grazie a Dio non ero dello stesso parere perché non avrei resistito a lungo in loro compagnia. Ho sempre detestato i romani per la loro proverbiale esuberanza ed entrambi non facevano eccezione.
– Possiamo accomodarci vicino a voi a prendere il sole?
– Sì, certo, non c’è problema. – disse mia moglie prevenendo la mia risposta.
Stesero sull’erba gli stuoini su cui appoggiarono le sacche che si portavano appresso. L’uomo, un tipo aitante, sui trent’anni, cominciò a decantare le bellezze del luogo, rallegrandosi di essersi lasciato alle spalle una città caotica come Roma.
– Per gente abituata a vivere nella capitale questo posto vi sembrerà un paradiso. – dissi.
– Lo può ben dire, s’immagini che per recarmi al posto di lavoro impiego circa un’ora di macchina. Altrettanto la sera per fare ritorno a casa. Sono dirigente di una importante società di assicurazioni e rimango in ufficio tutto il giorno. Lei invece? – disse ostentando un’aria di superiorità.
– Lavoro come tecnico di laboratorio nella struttura ospedaliere della mia città.
– Accidenti, un lavoro che non farei nemmeno se mi pagassero un milione di euro al mese. Ho troppa ripugnanza per il sangue e i materiali organici, io.
La moglie levò dalla borsa un flacone di ambra solare. Si liberò del reggiseno e rimase con addosso un minuscolo tanga nero che a malapena le copriva il triangolo del pube. Prese a cospargere il latte idratante sulle tette e in un secondo tempo sul resto del corpo. Sul torace non notai nessuna striscia di pelle chiara intorno alle tette. Segno evidente che non era abituata a indossare la parte superiore del costume quando si esponeva ai raggi del sole. Anche il perizoma indossato a protezione del pube sembrava superfluo, talmente era minuto.
Augusta possedeva un corpo bellissimo e m’incantai a guardarla. Accortasi che la stavo osservando si rivolse a me.
– Ne vuole un po’? – chiese indicando il tubetto di crema solare che stringeva nella mano.
Non mi lasciò il tempo di risponderle. Si sporse in avanti e lasciò cadere alcune gocce di ambra solare sul mio petto.
Supino sopra lo stuoino mi trovai addosso le sue mani che mi carezzavano il petto. Cosparse la crema con cura su tutto il torace e ne depose dell’altra sulle mie cosce dilungandosi a spalmarla sino alla radice dei piedi. Condusse a termine il movimento delle mani sotto gli occhi vigili di mia moglie, incapace di articolare una sola parola, ma indispettita dai modi dell’intrusa.
L’insistente contatto delle mani unte di crema sulla pelle mi provocò una incontrollabile erezione. La donna dovette accorgersene perché s’incantò a guardare la tumefazione che sporgeva dal tessuto degli slip. Dissimulai l’imbarazzo girandomi a pancia sotto, poi lasciai che mi distribuisse l’unguento sulla schiena.
Mentre spandeva la crema solare sul mio corpo il marito prese spunto dai titoli in prima pagina del Corriere della Sera, il giornale che stavo leggendo prima del loro arrivo, per parlare di economia e politica, sperticandosi in lodi sull’operato del Premier Berlusconi che, a suo dire, stava mettendo l’Italia sottosopra da quando si era insediato a Palazzo Chigi.
– Ce ne vorrebbero molti altri di politici come lui! – affermò rammentandomi con quella frase uno statista dalla testa pelata di antica memoria.
– E’ sotto gli occhi di tutti che da quando governa c’è stato un notevole impoverimento delle classi sociali meno abbienti, non crede?
– Tutta propaganda della sinistra. La colpa è dell’introduzione dell’euro voluta da Prodi.
– Eppure l’euro non ha portato sconvolgimenti negli altri stati d’Europa. Sarebbe bastato che il nostro governo tenesse sotto controllo i prezzi, invece produttori e commercianti hanno approfittato del cambio della moneta per raddoppiarli. L’oggetto che un tempo costava mille lire ora costa un euro: il doppio insomma!
– Ma è anche vero che la gente guadagna più denaro e ha più soldi da spendere, ora.
– Nondimeno i lavoratori a stipendio fisso hanno difficoltà ad arrivare alla fine del mese, glielo posso assicurare.
– La nostra è una società in continua evoluzione. L’imprenditoria non può più fare affidamento sugli interventi statali. Ricorda cosa succedeva alla Fiat quando collocavano in cassa integrazione fino a quarantamila dipendenti per volta a spese di tutta la collettività?
– E gli operai che fine faranno ora?
– La classe operaia non esiste più. E’ andata scomparendo da molti anni a questa parte. La maggior parte dei nuovi posti di lavoro sono nel terziario. I giovani lo hanno capito già da tempo, sono gli anziani che credono ancora in principi superati come la solidarietà sociale.
– Non penso che siano superati come dice lei.
– Lo sono… lo sono. Oggi guadagna chi lavora di più. Non si può pretendere di lavorare solamente 36 ore alla settimana e avere gli stessi benefici sociali di un tempo. Se così fosse il paese andrebbe presto in malora.
– I lavoratori del terziario sono i più sfruttati e i meno tutelati di tutti gli altri perché mancano di sindacalizzazione.
– E’ il sindacato la rovina dell’Italia! Glielo dico io.
– Mah! Ho i miei dubbi. I lavoratori sono costretti a fare un grande numero di ore straordinarie perché con il magro stipendio non possono fare fronte alle normali esigenze che la vita c’impone. Come se non bastasse siamo bombardati da messaggi che ci invitano a consumare. Si lavora per consumare e basta, come se la vita fosse imperniata solo sul consumismo.
– Consumare è necessario per l’economia, senza aumentare i consumi si va incontro alla recessione economica.
– Allora i lavoratori tutti, specie quelli pubblici come me, dovrebbero lavorare notte e giorno per consumare?
– I lavoratori, in modo particolare quelli del pubblico impiego, devono rendersi conto che la pacchia è finita. Devono lavorare come tutti gli altri. Bisogna mettere fine ai privilegi e alle pensioni baby.
– In questi ultimi anni stiamo assistendo alla privatizzazione di molti servizi pubblici. Nell’ospedale in cui lavoro stanno già attuando questo processo. Hanno appaltato alle cooperative i lavori di pulizia dei reparti, della lavanderia e del guardaroba. A giorni sarà la volta del servizio di cucina e subito dopo dei servizi amministrativi. Ma la qualità dei servizi, da quando sono stati privatizzati, è notevolmente scaduta. Ma allora non è vero che il privato è meglio del pubblico come si dice in giro?
– E’ meglio, è meglio, glielo assicuro io.
– Magari sarà vero in termini di risparmio di denaro, ma non per quanto riguarda la qualità dei servizi erogati.
– Mi permetta, ma lei sta sbagliando. Lo stato non è più in grado di sopportare certi oneri sociali, occorre cambiare l’organizzazione del lavoro. Le grosse aziende per non uscire dal mercato, sono costrette a produrre beni e oggetti là dove la mano d’opera e i costi della materia prima sono minori e c’è maggiore guadagno, lasciando che le fabbriche in Italia vadano in malora.
– Ma lei crede che i sindacati non contrasteranno questo progetto?
– Non ne hanno più la forza. Un tempo operai e impiegati erano sindacalizzati e avevano un grosso potere contrattuale, oggi non più.
Smisi d’ascoltare le parole che a getto continuo l’uomo riversava su di me, distratto dalla moglie che muoveva con garbo e abilità le mani sul mio corpo, tenuta d’occhio dalla mia compagna.
– Vi spiace se mia moglie e io ci mettiamo nudi a prendere il sole? – disse il nostro ospite. – Da queste parti c’è un gran numero di naturalisti ed è abbastanza normale togliersi gli abiti di dosso, ma se vi dà fastidio ci rinunciamo.
Scambiai uno sguardo con mia moglie e ancora una volta fu lei a togliermi d’imbarazzo.
– No, fate pure, siamo abituati a stare in compagnia di chi pratica il nudismo. – mentì.
– Ah, bene, allora mi libero degli slip. Mi piace avere una abbronzatura omogenea su tutto il corpo.
Il siluro di pelle che mise in mostra levando i pantaloncini era di notevoli dimensioni. Mia moglie deglutì quel poco di saliva che le stagnava in gola. Imbarazzata si mise prona sullo stuoino dove stava coricata prima che giungesse Pietro con la moglie. Anch’io rimasi sconcertato dalla presenza ingombrante che esibiva fra le cosce. Rapportato al mio cazzo il suo mi faceva sfigurare. L’uomo sembrò non fare caso all’imbarazzo mio e di mia moglie, proseguì a parlare di politica ed economia come se nulla fosse accaduto.
Mia moglie, una donna che raramente prende il sole nuda, tolse la parte superiore del costume e rimase a petto nudo con i soli slip addosso.
Del corpo della mia compagna ne andavo orgoglioso, specie delle tette minute a forma di calice e dei capezzoli sporgenti che davano l’impressione di volere trapassare il tessuto della camicetta o del maglione quando era vestita.
Le tette che Augusta esibiva erano esuberanti come il resto del corpo, seppure con una leggera piega nella parte inferiore della massa globosa. Divaricai le gambe augurandomi che la donna spruzzasse dell’altro latte idratante sulla mia pelle.
– Vuole che la massaggi? Sono brava. – disse senza però stupirmi.
Messo a disagio dalla proposta guardai in direzione di mia moglie che m’incoraggiò ad approfittare dell’occasione.
– Ma sì, dai, prova. Cosa ti costa? Eh.
La donna mi fece mettere supino. Subito dopo incominciò a massaggiarmi i muscoli del collo sfoderando dei movimenti delicati, inducendomi un completo stato di rilassamento. Le carezze si fecero più sfrontate. Risalì con le mani lungo le cosce, si avvicinò all’inguine sfiorandomi più volte il cazzo in piena erezione. Avevo la sensazione che la cappella stesse per uscirmi dal bordo superiore degli slip. Tenevo gli occhi chiusi e non osavo guardare nessuna delle tre persone che mi stavano intorno, certo che stavano osservando la protuberanza che s’innalzava fra le mie cosce.
Il torace prese a sollevarsi in maniera esagerata sottolineando il mio stato d’animo. Mi liberai dell’abbraccio della donna e, scusandomi con lei e il marito, andai a tuffarmi nelle acque gelide del lago.
Tornai a riva dopo una decina di minuti intirizzito dal freddo e con l’uccello avvizzito. Mia moglie stava discutendo con Pietro e tutt’e due si davano del tu.
– Stavo raccontando a tua moglie che una delle prerogative degli esseri umani è la curiosità. Da non intendersi come interesse ai fatti altrui, ma come desiderio di sapere, indagare e conoscere tutto ciò che c’è di nuovo e di strano nel mondo che ci circonda. Tutti, in maniera più o meno consapevole, ci portiamo appresso la voglia di trasgredire. Ma per riuscire a farlo occorre che ci capiti l’occasione giusta. Tu che ne pensi?
Afferrai la salvietta di spugna collocata per terra, accanto allo stuoino, e cominciai a asciugarmi.
– Infrangere le regole è un prerogativa degli esseri umani, basta pensare a Adamo e Eva.
– Voi due, come coppia, avete mai trasgredito?
– In che senso? – dissi guardandomi intorno alla ricerca dello sguardo di mia moglie.
– Avete mai tradito il vostro partner?
– Per quanto mi riguarda no, ma se lo avessi fatto non andrei di sicuro a rivelarlo a mia moglie e lo stesso penso farebbe lei.
– Non è detto. Augusta e io, tanto per fare un esempio, troviamo eccitante accoppiarci con altri partner.
Pronunciò la frase con molta naturalezza senza tradire nessuna emozione. Augusta e mia moglie sembrarono interessate al discorso dell’uomo sedute sugli stuoini ad ascoltare con interesse le sue parole.
– Vi considerate degli antesignani di un certo modo di vivere?
– No, affatto, lo troviamo molto naturale.
– Ma non vi crea dei problemi di coppia? – disse mia moglie.
– Per niente. – ribatté Augusta. – al contrario! Scopare con altri ci ha aperto nuovi orizzonti di piacere.
– Ma ciascuno di voi è consapevole dei tradimenti dell’altro? – dissi rivolto alla donna.
– Certamente! Perché noi siamo infedeli simultaneamente.
– In che senso? – dissi.
– Beh, noi pratichiamo lo scambio di coppia. Ne avrete sentito parlare, no?
Stordito dalla affermazione rimasi qualche istante in silenzio senza risponderle. Mia moglie fu lesta a togliermi d’impaccio dandole risposta.
– Anche noi abbiamo fatto visita a un club privé. – mentì. – ma non abbiamo mai condotto a termine nessuna delle occasioni che si offrivano. Forse perché non abbiamo trovato la coppia giusta con cui scambiare il partner.
– E’ importante trovare il partner giusto. – suggerì Pietro, rivolto a mia moglie, lasciando cadere lo sguardo sul siluro di pelle che teneva fra le cosce.
– Sì è vero. E’ vero. – balbettò mia moglie collocandosi supina sullo stuoino.
Rimasi col fiato sospeso lasciando che il mio stato di eccitazione sbollisse poco per volta. Inforcai gli occhiali da sole e, prima di riprendere la lettura del romanzo che avevo messo da parte, vicino alla zainetto, mi guardai d’intorno sottratto alla vista degli altri dalle spesse lenti nere.
– Non vi piacerebbe provare? – concluse Pietro.
Quella sera stessa, durante la cena, formalizzammo con Pietro e Augusta lo scambio dei partner. Lui sarebbe venuto a fare visita a mia moglie nella camera che occupavamo. Io sarei andato nella loro stanza dove ad attendermi avrei trovato Augusta.
.
Abbandonai la camera che occupavo con mia moglie verso le 10.00. Prima di recarmi nella stanza da letto di Augusta andai a cercare conforto al bar dell’albergo dove ordinai uno scotch con ghiaccio. Poco dopo mi raggiunse Pietro che ordinò una grappa. Non scambiammo una sola parola, vuotammo i bicchieri e ci salutammo con un cenno del capo.
Separandomi da mia moglie abdicai, di fatto, al senso di possesso che aveva caratterizzato il nostro rapporto fino a quel momento. Lo stesso accadde a lei. Non ero mai stato geloso e nemmeno diffidente nei confronti di mia moglie, anche perché in nessuna occasione mi aveva dato motivo per esserlo.
Prima di lasciare la camera c’eravamo salutati scambiandoci un lungo bacio. In quell’istante avrei desiderato rimanere con lei per fare l’amore un’ultima volta prima di accoppiarmi con un’altra donna, ma avevo preferito astenermi dal farlo per non sciupare troppe energie dal momento che avrei dovuto congiungermi con una nuova partner e non volevo fare brutta figura arrivandoci stanco.
Appena misi piede nella stanza occupata dalla coppia di romani Augusta mi spinse contro una parete e mi fu addosso. Reagii baciandola con violenza piegandole il capo all’indietro. Aveva la bocca umida come quella di una figa in calore. Mi fece scivolare la lingua in bocca ed io contraccambiai il gesto deliziandola con la mia. Mi guardò con i suoi occhi scuri, poi mi prese una mano e la condusse attraverso la cinghia dei jeans dentro le mutandine, e mi fece gustare la silhouette della figa. Era bagnata fradicia. Cazzo se lo era bagnata! E di ciò mi meravigliai non poco. I baci si fecero più appassionati. Seguitammo a barattarci la lingua dentro le bocche restando in piedi, vicino alla porta d’ingresso della camera, fintanto che Augusta s’inginocchiò davanti a me.
Cominciò a togliermi le scarpe, poi in breve successione si diede cura di togliermi pantaloni e mutande lasciandomi nudo con il cazzo in erezione. Aveva voglia di fare del sesso orale perché cominciò a leccarmi la cappella, poi lo prese tutto in bocca dandosi da fare nel succhiarmi il cazzo per intero.
Augusta aveva le labbra calde e morbide, ma intanto che mi spompinava il cazzo non riuscivo a pensare ad altro che al suo didietro ampio e spazioso, e smaniavo dalla voglia di poterla inculare.
Si liberò dei jeans e di tutto il resto mostrandosi nuda come l’avevo vista al mattino in riva al lago. Stavolta non indossava il tanga e metteva in mostra un ciuffo di peli scuri intorno alla figa. Avvertii il peso dei suoi seni contro il mio petto. Ne presi uno nella mano e cominciai a succhiarlo avidamente fintanto che sentii il capezzolo inturgidirsi fra le labbra. Calai una mano sulla figa e cominciai a sfiorarla delicatamente. Infilai due dita nella fessura che cominciò ad aprirsi. Il clitoride spuntò fuori dal suo involucro di carne e ne presi cura carezzandolo delicatamente.
Augusta si mise carponi sul tappeto ed io la montai da dietro ficcandole il cazzo nel buco del culo. Diedi dei colpi arrabbiati facendola strillare dal dolore. Augusta si mise a gemere, senza troppo scomporsi, lasciandosi scopare come desideravo. Alla fine venni e mi accasciai sopra di lei che si distese sul tappeto.
Trascorremmo una nottata di passione. Il cazzo sembrò non volerne sapere di ammosciarsi ritornando a essere duro dopo ogni coito. Seguitai a scoparla a lungo, in tutti i modo che conoscevamo, poi ci addormentammo.
La mattina seguente ci ritrovammo tutti e quattro a consumare la colazione attorno a un tavolo. Nessuno parlò della notte trascorsa in compagnia dell’altro partner. Pietro mi consegnò un biglietto da visita con l’indirizzo e il numero di telefono. Mia moglie scrisse su un foglio di carta un numero di telefono e glielo diede. Ma non era il nostro di casa, era volutamente sbagliato. Non feci cenno del fatto e lasciai che Pietro mettesse il biglietto nel portafoglio.
Qualche ora più tardi salutammo i due amici prima di salire sull’automobile e abbandonare il luogo di villeggiatura. Mentre attraversavamo la strada principale di un piccolo paese nel Sud Tirolo, distante qualche decina di chilometri dalla frontiera con l’Italia, arrestai l’auto davanti a un negozio di fiori e comperai un regalo per mia moglie. Sul grembo le posi un mazzo di rose rosse. Per tutta la durata del viaggio non le chiesi niente di quanto aveva fatto in camera con Pietro. Lei fece lo stesso con me. L’unica cosa che la sentii dire, come a scusarsi, fu:
– Dopotutto scopare con un uomo dal cazzo grosso non è poi così importante.
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