Non sono mai stato un amante dei social ma tutte le ragazze erano su facebook e volevano comunicare solo con quello. Fui quindi costretto ad iscrivermi, con la promessa che avevo fatto a me stesso che mi sarei tolto appena avessi smesso di allenare quel gruppo. Ormai però c’ero e quindi tanto valeva contattare amici/conoscenti/ex atlete ma si sa, chi non è abituato a queste attivitĂ , può creare dei (s)piacevoli errori.
Faccio una ricerca su Eleonora, ex atleta e allenatrice da un anno del settore minivolley di una societĂ vicino alla mia. Eccola, Eleonora R. Mando richiesta e tempo un’ora ricevo una mail privata “Ciao Marco, grazie per la richiesta ma non ti conosco”. Sono sbiancato. “Come no ?!” Eppure la foto era chiara, in divisa da volley mentre fa una difesa, piegata sulle gambe con le ginocchia praticamente a terra e le braccia ben distese. Guardo meglio la foto e……eh giĂ cazzo, non è lei ! Le rispondo “Cacchio scusami, stavo cercando una tua omonima ed ero convinto fossi lei”. “Nessun problema” mi risponde prontamente “tu giochi ?” e da lì comincia una serie di botta e risposta sulle nostre attivitĂ e scopro che lei gioca, certo, in una squadra che andrò ad affrontare nel campionato che sarebbe iniziato da lì a 2 settimane.
Nel frattempo ci si scambiano altre mail, scambio del numero di cellulare, battutine ma mai spinte od osè s’instaura comunque un certo feeling e non vediamo l’ora d’affrontarci sul campo.
Per la cronaca vinco io 3 a 1 ma il bello della partita è che ad ogni cambio campo, incrociamo i nostri sguardi fissandoci per interminabili secondi e ogni volta ci sfioriamo con il corpo, fino a sfiorarci le mani tra il terzo e quarto set.
Ele è alta, poco meno di 1.80, fisico asciutto, proprio da pallavolista che si vedono in tv; non prosperosa, gambe lunghe con il quadricipite ben scolpito e il polpaccio muscoloso ma non grosso. Il viso è particolare, allungato, con grandi occhi castani e capelli spesso raccolti. Una ragazza che con l’andare avanti della conoscenza si scopre avere un grosso problema di salute, che la porta a fare tante conoscenze, quasi volesse correre per paura di non avere tempo a sufficienza dinanzi a te (una scusa che si rileverĂ una bufala alla fine).
La corrispondenza nel frattempo s’intensifica e decidiamo di vederci in pausa pranzo. PotrĂ sembrare assurdo ma è proprio vero che il destino riserva strane situazioni; scopriamo infatti che lavoriamo a neanche 10 chilometri di distanza e con la pausa di un’ora e mezza l’incontro è fattibile. Fissiamo l’appuntamento in un ristorante vicino a dove lavora lei e mi presento con una scatola di cioccolatini, di cui lei va ghiotta. Passiamo la maggior parte del tempo a fissarci negli occhi, sorridendo e parlando come 2 persone che si conoscono da anni e piĂą che il cibo ci mangeremmo a vicenda. Il servizio è piuttosto lento e ci porta via quasi tutta la pausa. Usciamo, l’accompagno sul posto dove lavora e nel congedarmi con 2 bacini sulla guancia, noto che lei resta impassibile con il viso, ferma immobile. “bah, magari non voleva” penso stupidamente io.
Ripetiamo il pranzo 2 giorni dopo, la situazione è praticamente identica al pranzo precedente ed anche nel salutarla, le dò un bacio sulla guancia e lei ancora ferma; oso il secondo bacio sulle labbra e lei immediatamente apre le sue e ci baciamo in maniera dolce, come da innamorati adolescenziali che s’incontrano per la prima volta. Le lingue si sfiorano appena, è un continuo di labbra che si aprono e chiudono, bagnandosi sempre piĂą. L’appoggio al muro e mi spingo contro lei ma mi ferma, deve andare a lavorare, si farebbe tardi. Mi fanno impazzire i suoi occhi, che mi fissano come se fossi l’unico uomo sulla terra. Sembra innamorata e io mi faccio conquistare.
I pranzi diventano consuetudine ed il lunedì successivo fissiamo un nuovo incontro. Vorrei proporle di andare a casa mia ma non faccio in tempo a chiederglielo perché lei, appena mi vede, senza che fossi ancora fermo davanti a lei, mi dice “Marco, hai casa libera ? Non ho voglia d’andare a mangiare oggi”.
Le prendo la mano e la porto alla mia macchina. Il viaggio lo facciamo con la mia mano destra stretta sulla sua, le marce le tiro facendo urlare il motore e se devo cambiare lo faccio portando anche la sua mano sul cambio.
Il viaggio dura 10 minuti, saliamo di corsa in casa e appena chiusa la porta, la spingo contro di essa e la bacio, stavolta con passione e desiderio. Ci baciamo continuamente, lingua che va sulle labbra, piccoli morsi, mani che frugano sotto la sua camicia. Ha labbra sottili ma calde e non mi staccherei mai ma Ele mi desta sussurrandomi all’orecchio “devo tornare al lavoro tra poco, non abbiamo tanto tempo”. La porto sul divano vicino, ma siamo scomodi, essendo entrambi alti. Ci mettiamo sul tappeto, la spoglio con foga. Rompo addirittura un bottone nel togliergliela. Non so se per l’occasione o perchĂ© legato al lavoro, indossava una comoda gonna a tubino nera, senza calze, che mi permise facilmente si palparle il culo, un culetto molto sodo, frutto sicuramente da anni d’esercizi, avvolto in fianchi generosi. Glieli tolsi ma la sua preoccupazione era non stropicciare i vestiti per il pomeriggio in ufficio. Le tolgo la gonna, il reggiseno lo toglie lei e il suo corpo nudo, sportivo, muscoloso rileva un grosso tatuaggio sul fianco con fiori colorati e un altro con una scritta giapponese in verticale sulla schiena che mi bloccò qualche secondo quando si mise a pecora sul tappeto. Ero ancora completamente vestito e i pantaloni stringevano sul cazzo che prendeva volume. Ele era con la fighetta al vento, pronta ad accogliermi e questa situazione mi faceva sentire impacciato; faticavo quasi a slacciarmi la cintura e il bottone, quasi inciampavo nell’avvicinarmi a lei. Ma una volta che la cappella s’inumidì dei suoi umori, tutto l’ambiente si riempì di odori e gemiti, un solo colore di passione, un solo respiro. Ele accompagnava ogni mio colpo con urla, sembrava assatanata. Ogni colpo con le palle che sbattevano su di lei, con i suoi capelli tirati all’indietro, era un gemito forte, animalesco, voglioso “vienimi dentro, ti prego” ma io ero ben distante dal venire. Da quel corpo tonico non mi sarei mai staccato ma Ele aveva fretta e mi fece uscire. Mi sbattè sul divano, seduto e lei in ginocchio me lo prese in bocca, stringendomi le palle con la mano e succhiando con vigore. Voleva farmi venire, quello era il suo scopo. Non ricordo un pompino piĂą veloce, con movimenti di testa celeri accompagnati dalla mano che scorreva sulla base. Mi concentrai un attimo, chiusi gli occhi e dopo pochi istanti fiotti di sperma entrarono nella sua bocca. Lei continuava, quasi non si fosse accorta che fossi venuto; pompava e leccava la cappella, la succhiò per prendere gli ultimi getti. Mi volle pulire per bene con le labbra, che si erano bagnate del mio liquido. Era volgarmente attraente, con quegli occhi fissi nei miei e quel mezzo sorriso di soddisfazione.
Si alzò in piedi e solo in quel momento notai la sua fighetta completamente depilata, con le labbra dischiuse; il suo corpo era statuario, con addominali scolpiti e seno da una seconda misura e con capezzoli turgidi.
Mi baciò, con la bocca ancora sporca di me, lo fece sicuramente apposta, per farmi sentire il sapore del mio sperma.
Quella fu la prima ed unica scopata con lei. Sapevo che fosse sposata, sapevo che c’era un altro uomo che la importunava, arrabbiato con lei perchĂ© fosse sparita e tutto fu chiaro quando il giorno dopo il nostro incontro mi disse “Scusami Marco, sono sposata e non è giusto quello che abbiamo fatto ieri. E’ stato bello, credimi, ma non me la sento più”.
L’anno successivo cambiò squadra, non ci fu più modo d’incontrarci ed accettai la sua scelta; chissà ora chi sarà il mio sostituto.
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