“Gli chiesi se potevo cambiarmi…”
……ci salutammo senza parole, molto imbarazzo, interrogativi eccitazione.
Lo capivo, forse sensi
di colpa, confusione attanagliavano la sua mente, le sue parole, il suo sguardo.
Gli dissi tranquillo non ho fatto nulla che non volevo e in quanto a te sei pur sempre un uomo. Le pulsioni sessuali non so quanto sia giusto controllarle sempre e comunque. Sembra contro natura il voler soffocare l’istinto maschile. Certo, non siamo animali ma abbiamo pur sempre dei bisogni.
Mi disse ti chiamo io. Ho bisogno di stare solo. Di pensare.
Passarono diversi giorni, poi mi chiamo. Parliamo.
Ci incontrammo da lui. Avevo comunque con me l’occorrente per far uscire la femmina che è in me.
Volevo essere presente al femminile.
Gli chiesi se potevo cambiarmi. Mi diede tempo per farlo con tranquillità .
Ritornai da lui. I miei abiti non sono mai casti, adoro indossare cose che mi fanno sentire veramente femmina.
Tacco 12 immancabile, autoreggenti color carne, magliettina da cui insistentemente emergevano i miei seni in silicone che, sotto un reggipetto mi fanno sentire con il loro peso l’eccitazione della donna, della femmina. Minigonna non aderente, svolazzante che lascia intravedere la benda ricamata dell’autoreggente.
Mi sorrise. Mi disse sei incredibile quando ti trasformi. Ci sedemmo vicini sul divanetto verde, le ginocchia si sfioravano.
Mi parlo di quanto è difficile sopprimere i desideri, i pensieri le voglie che attanagliano un uomo che ha deciso di fare quel tipo di percorso. Di quante volte fu tentato nel passato ed ogni volta era dolore fisico, mentale. Sacrificio. Grande sacrificio.
Gli parlai francamente dicendogli che se avesse voluto sarei sparito. Sarei uscito dalla sua vita, avrei continuato per la mia strada ambigua di uomo e donna, di donna e uomo. Non so con quale delle due essenze di me vivo con più serenità e tranquillità . Non volevo creargli problemi di alcun tipo sia nei confronti delle persone che lo circondavano sia del fare i conti con se stesso.
Gli dissi se vuoi può essere il nostro segreto. Mi piace parlare con te. Mi piace parlare con te da femmina. Mi rispetti, mi capisci, non mi giudichi. Solo al varcar della soglia sarei stata la femmina. Come un pensiero. Come un desiderio. Come un sogno. Forse tangibile, fatto di carne e ossa ma vivibile sotto una veste differente come un pensiero concretizzato. Un desiderio appagato. Nella solitudine forse soffocava da solo le sue pulsioni. Be sarei stato la sua mano mentre sfogava gli istinti di uomo.
Sorrise. Mi disse: è vero quando sono con me stesso alcune volte non posso non far respirare la natura che mi ha dato a questo mondo.
Gli presi la mano e gliela misi sul seno. Chiuse gli occhi al tatto.
Gli portai la mano sulle ginocchia. Su fino alla benda autoreggente. Sentii movere le sue dita. Lo portai più su oltre, superai il limite tra calza e carne. Ora la sua mano truccava la mia carne. Mi disse sei morbida, liscia.
Mi alzai di spalle davanti a lui. Alzai un pochino la gonna, poi di più fino a scoprire il perizoma di pizzo nero che avevo indossato.
Mi accarezzo.
Si alzo, lo sentii eccitato.
Tirai giu la zip, infilai la mano, era duro. Lo accarezzai un po.
Sbottono la cintura, io il bottone, tirai giu lo slip sobrio e anonimo. Ed era li, davanti a me. La sua parte di uomo, di maschio.
Mi misi giu, iniziai a baciarglielo. La mia lingua lingua sulla punta scappucciata dalla guaina. Aveva gli occhi chiusi. Stava vivendo un desiderio un sogno, sarà stato così peccato?
Iniziai ha ciucciarlo, alternando dolcezza a intenso vigore. Gemeva.
Mi inondo’ la bocca del suo liquido caldo di uomo, di maschio. Era dolce, cremoso, lo gustai fino in fondo, la mia lingua avida cercava la sua cappella gonfia. Piano piano fini di pulsare, continuai a leccarlo accompagnandolo all’inevitabile declino.
Mi alzai passai all’altra camera. Uscii, il suo sogno era finito era sfociato nella naturale conseguenza di ciò che accade. Sapeva che sarei stato uno dei suoi sogni ricorrenti fatti di carne.
Chiusi la porta.
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