Sapete bene cosa succede quando a volte si mette in ordine in casa, vero?
Che capita sempre quell’oggetto, quella foto, quel documento, che invece di passare velocemente in mano e finire dove deve finire (una delle 45 cartellette di plastica diverse, cestino, scatolone del ‘li metto in ordine dopo’…) ci rimane in mano per un po’.
E’ un momento rischioso, perché può portare all’aprire altre cartellette, altri portadocumenti, scatole, sacchettini, pacchetti… E quella che era iniziata come una mattinata di intensa e decisa riorganizzazione di una stanza, finisce nella palude del ricordo.
E infatti, eccomi qui con una foto del Liceo, l’ultimo anno, ad una festa di Capodanno in cui quasi tutta la classe era riuscita a finire in vacanza in montagna, tutti splendidi disagiati con più brufoli che neuroni funzionanti. Anche perché, vuoi la presenza di qualche maggiorenne, era già una di quelle feste in cui non si brindava solo a mezzanotte con mezzo bicchiere di spumantino…
Ecco a sinistra Sonia, mezza tagliata via dalla foto, con la pupilla devastata dal flash.
Dietro di lei Agata, con un’espressione da lepre sulla statale che sta fissando intensamente il camion che le arriverà addosso.
Abbracciato ad Agata, ecco Andrea, il suo ragazzo. Il genere di persona che quando vedeva la foto di una birra era già ubriaco. E stranamente, migliorava anche in quanto a intelligenza ed acume.
Credo nel tentativo di donare una scoppola ad Andre sono ritratti Luca e Marco, due fratelli dai nomi più evangelici del mondo, abbastanza inseguiti da qualche coetanea perché bravi giocatori di calcio, vagamente autori di qualche rush adrenalinico in classifica di una squadra locale, mai passata comunque oltre la serie “quest’anno abbiamo quasi le magliette tutte uguali” sponsorizzata generosamente da un’azienda produttrice di cementi precompressi del loro paparino.
Di Luca, si diceva anche che non solo il genitore possedesse grossi pali di materiale duro.
All’altro capo della foto Fabia, Rebecca e Roberta, il trio di amichette sempre in tiro che pure nella foto si mostrano come le migliori del mondo.
Dietro di loro ragazzi di un’altra classe, forse. Roberta finge amichevolmente di tenere il braccio di un’altra ragazza, abbracciata a Simone.
Sì, quasi in centro, scostato brutalmente dai fratellini del goal, Simone, un ragazzo alto e un po’ allampanato, che praticamente sta per fare una doccia di vino a una ragazza, che un po’ tirata da Roberta, un po’ abbracciata a lui, eviterà una lavata di rosso sulla maglia per un soffio.
Per quanto il rosso scuro fosse sempre stato il mio colore preferito.
Sì, eccomi lì, bella orgogliosa di essere praticamente ancora la prima dell’intera classe a caricare altezza e forme da donna, l’esploratrice del mondo dei reggiseni sportivi per l’ora di ginnastica, quella rimproverata dalla professoressa di Italiano per il suo vestiario vagamente punk-rock, una fase che attraversavo con giubbotti di pelle, rossetti scuri, capelli non troppo corti ma scientemente sparati a diversi punti cardinali.
Me la ricordo bene quella vacanza tutti assieme…
L’organizzazione era stata ovviamente fallace in molti punti.
Se trovare un albergo con qualche stanza era stato relativamente semplice, gli spostamenti e le camere erano stati un notevole fallimento di Roberta, che convinta della sua perfezione, era riuscita a sbagliare praticamente ogni combinazione possibile di posti letto. Sarebbe finita che per non avere una camera mista, un paio di ragazzi sarebbero finiti a “occupare” in più delle camere, e dei letti sarebbero rimasti vuoti.
Ma a parte la finzione con l’albergo di “chi sta in camera con chi”, non c’erano grossi problemi. Si tentava di sciare, si ruzzolava per terra e basta, e le ragazze nel bar dell’impianto sciistico parlavano male dei ragazzi che fuori giocavano a scrivere il nome nella neve con la pipì, o altre cose serie di questo calibro.
Ma torniamo alla sera di Capodanno. Alcool. C’era un sacco di alcool. Tra chi poteva berne, e chi comunque lo beveva.
Tipo Andrea che biascicava parole a caso.
“Io credo che tu sia ubriaco marcio” sibilai ad Andrea, che non capivo cosa stesse cercando di dirmi.
“E’ perché tu non sai ancora parlare italiano!!” scoppiò a ridere lui come un idiota, nell’imbarazzo di Agata, che cercava di portarselo via.
“Quando gli passano i dieci anni…” dissi ai miei compagni di classe indicandolo.
“… Magari la sera dei 18 viene illuminato dal Cosmo e matura!” rise Fabia, ben attenta a continuare a bere ma sembrare sempre quella perfettamente a suo agio.
Mi spalmai su una poltrona del locale dove eravamo, una specie di salone affittabile da chiunque, per l’occasione prenotato da tutti i partecipanti del Liceo a quella vacanza collettiva. Era la prima volta per molti di noi, con una simile indipendenza… E si vedeva. Nessuno doveva rendere conto ai propri genitori, un fatto per me quasi razionale, per altri, inedito.
E io, che occhieggiavo Simone da un po’, non vedevo l’ora di non dover rendere conto anche a nessun’altro per quella sera.
Sì, Simone mi piaceva, avevo quasi la certezza di essere una delle sue prime “amichette”, e con lui non è che stessi proprio assieme, ci vedevamo, ci sbaciucchiavamo…
Ma non era il mio amore. Però quella sera, avrei proprio approfittato del suo sperimentare un po’ di alcool per farlo sciogliere, per portarmelo a qualche bacio un po’ più intenso, e…
Insomma, avevo 18 anni, non ero vergine, ero alticcia e avevo voglia di appartarmi con il tipo che mi piaceva, e farci sesso.
O almeno del petting molto spinto, visto che neanche quasi mi toccava le tette quando ci infrattavamo da qualche parte!
Arrivò la mezzanotte, i brindisi, altro giro di alcolici, e mentre credo che Andrea vomitasse in bagno, io baciavo senza ritegno Simone.
“… Perché non andiamo in albergo in camera?” sussurrai, abbrancata a lui. Mi guardò allibito.
“Oh… Vik, tu vuoi…?” annuii. Accidenti sì che lo volevo, e anche la sua presunta erezione contro cui aderivo non mi sembrava segnale di dispiacere!
Non avevo voglia, però, di farmi vedere dal trio di amichette pettegole, che avrebbero raccontato di averci visto andare via assieme a praticamente tutto l’istituto una volta a casa.
Più per una questione di affari miei, e dispetto a loro.
Baciai ancora Simone, e ci accordammo per starcene per i cazzi nostri per un venti minuti, e poi filarcela ognuno per conto suo.
Andai da Sonia, chiedendole se per favore potesse evitare di venire in camera nostra per un po’, o comunque di bussare.
“Perché?” chiese indagatoria. “… Insomma, io e Simo…” arrossii un poco. “… Un po’ di intimita“. Dissi, sbagliando l’accento.
“Che cosa?”
“Intimità!” ripetei, dandole una manata.
Si divertiva sempre a far finta di non capire e provocarmi, ma era una brava ragazza. Acconsentì al lasciarmi alla mia “intimita” e alla fine raggiunsi l’albergo e la mia camera.
Cinque minuti dopo arrivò anche Simone.
Fu un poco… Imbarazzante.
Si mise a guardare la camera, commentando che il bagno fosse più grande della sua, e si mise sul letto accanto a me, prima di cominciare a baciarci. Era così.. Teso.
“Guarda cosa ho rubato dalla festa!” dissi sorridendo, alzandomi e prendendo dalla borsa una bottiglia di vodka.
“Ma! Vik!” borbottò lui, mentre svitavo il tappo. “Che c’è?” feci spallucce, prima di berne un sorso dalla bottiglia.
“Non si fa!” mi rimproverò, prima comunque di allungare la mano, evidentemente bisognoso di sciogliersi un po’. Tornammo a baciarci, e a dare un paio di altri sorsi, a carezzarci, mi insinuai sotto la sua camicia con un maglione imbarazzante, e quasi dovetti buttargli una mano sulle tette. Aveva il cuore a mille, mentre ne saggiava volume e consistenza.
Armeggiai non troppo sensualmente con i suoi abiti, cercò di farlo anche lui, e finimmo a spogliarci quasi del tutto da soli, ancora acerbi nei nostri amoreggiamenti…
Non vi dico con il reggiseno.
Dopo un minuto buono di tentativi di slacciarlo, ci pensai da sola, gustandomi lo sguardo che fece quando lasciai scivolare le coppe giù dai miei seni un po’ lentamente.
“… Sono le prime?” sorrisi.
Ovviamente annuì, ma seppe in fretta che cosa fare, e nemmeno io ero del tutto un catalogo di esperienze in materia. Ero un’entusiasta, e con entusiasmo cercai di calare i suoi pantaloni.
Tra cintura e bottoni e zip, finì che ci pensò più lui di me, ma con le mutande ci misi molto meno.
“…” si creò un silenzio un po’ imbarazzato. Il pene di Simone, da me già tastato più volte, sembrava aver deciso che lui quel Capodanno lo avrebbe passato in raccoglimento spirituale.
Flaccido come una salsiccia malriuscita.
“Scusami…” piagnucolò
Bè, non era certo colpa sua, era… Mi sdraiai su di lui, ricominciando a baciarlo, portandomi le mani sui seni. “Diamogli un po’ di tempo…” sorrisi, in realtà a disagio in una situazione inedita. Non che, come detto, avessi scopato tutto l’elenco telefonico della Provincia, ma i ragazzi con cui ero stata avevano ben pochi problemi ad erigere i loro piselli; era semmai il contrario.
Continuammo ad amoreggiare, e con una mano cercai di portare a una consistenza degna del nome quel sesso flaccido, che poco ne voleva sapere.
Scesi su Simone lentamente, e con qualche titubanza cominciai a donargli una fellatio che speravo avrebbe riportato il suo membro ad una soglia di attenzione.
I miei baci, lenti, i colpi di lingua, il guardarlo spesso e volentieri (avevo capito che a molti ragazzi la cosa piaceva non poco, ed era anche divertente vedere l’espressione sconvolta che recavano in viso) sortirono qualche effetto, e il sesso del mio amichetto si cominciò a raddrizzare un po’, pulsante.
Era una situazione difficile, perché se da una parte volevo davvero eccitarlo come si doveva, dall’altro insistere avrebbe portato ancora più all’imbarazzo il suo non inturgidirsi.
Solo che ero affamata, eccitata, volevo davvero fare sesso con lui… Scivolai sulla schiena, aspettando che rotolasse su di me, e magari capisse che potevamo ingannare l’attesa con la mia micina. Figuriamoci se la visione della sottoscritta nuda, se mi avesse levato le mutande, non l’avrebbe eccitato? Più di una ragazza vogliosa, nuda, cosa potevo essere per intrigarlo?
Fu carino e gentile, ci baciammo e toccammo a lungo, e fui anche la prima a mostrargli un sesso femminile, che già allora portavo debitamente curato, complice anche la natura che mi aveva donato poco pelo pubico.
Non fu proprio un dio del sesso nel suo primo cunnilingus, lo lasciai esplorarmi con le dita, gli sussurrai alcune cose, ma era agitato e insicuro.
“Ahi!” feci a denti stretti “… Fai piano su di lei… Piano… Così…” sussurrai, usando la sua mano come fosse la mia, sfiorandomi la clitoride delicatamente.
“… Se le dai qualche bacino…” sorrisi, dopo diversi minuti di carezze.
Dedicò più attenzione, e mi eccitai ancora di più, lo volevo davvero, ora, ero rorida e pronta a volerlo dentro, volevo godere di lui dentro il mio corpo. Lo spinsi a tornare a baciarmi, allargai le cosce in modo da poterlo accogliere, ansimavo vistosamente mentre il mio bacino cercava il suo.
“Non ho niente…” ansimò lui, palpandomi un seno un po’ irruentemente, quasi poggiandocisi sopra. “Mmmh… Ne ho uno nel beauty… Ma vieni qui…” volevo solo lasciarlo scivolare su di me “… Voglio sentirti, poi lo mettiamo…” il mio inguine cercava ancora istintivamente il suo sesso, scivolava, lo sentiva su di sé, lo voleva, ma non riusciva a…
“… Non…”
“Aspetta…”
“Prendilo con la mano e…”
“Sì, io…”
Niente.
Un turgore accennato, il suo sesso non riusciva a non piegarsi nello scivolarmi dentro.
“Cazzo” pensai “Bè se non si rizza adesso…” ero una ragazza nuda su cui era sdraiato, mi stava scivolando per la prima volta nel sesso, avrebbe dovuto averlo di marmo!
E invece…
Scivolò in me con un sospiro, mi addolcii. Era la sua prima volta, sarei stata la sua prima volta, per cui lo baciai teneramente, gli dissi che era bello, che lo sentivo.
Ovviamente lo sentivo, era un pene nella mia vulva!
Ma di sicuro non era proprio quel che volevo sentire. Si fece prendere bene dalla cosa, cominciò a scivolarmi dentro e fuori senza accenni di reale erezione.
Lo pregai di indossare il profilattico, andò a prendermi il beautycase in bagno, in cui stava anche il portapillola.
Prendevo la pillola per dare una regolarità al mio ciclo, il volerlo protetto era più per un’insicurezza del momento, e una cura verso di lui.
Era così nervoso che neanche si drizzava del tutto, almeno con il profilattico non avrebbe dovuto avere pensieri di sorta, forse rilassandosi…
Lo baciai e succhiai ancora un po’, aiutandolo ad indossarlo non senza difficoltà, e mi ri-sdraiai, sentendolo entrare.
“Fai… Con calma…” sussurrai, mentre cominciava a muoversi, lo strinsi a me. “Ssssh… Sentimi… Sono tua… Ti voglio…”
“E’ così calda…” bofonchiò lui, facendomi sorridere. Già, chissà com’era per lui la sensazione di entrare nel mio corpo? Io la conoscevo solo con le mani, ma sicuramente era differente. I movimenti di lui continuavano, insicuri e aritmici, con il pene mezzo flaccido non sentivo molto, ma cominciavo ad arrendermi all’idea che fosse la prima volta.
Magari venuto un colpo, avrebbe avuto più rilassatezza…
Spingeva e ansimava, cercava di poggiarsi, entusiasta del corpo caldo di una donna. Avrei voluto cambiare posizione, ma mi rendevo conto che salire a cavalcioni e provare a muovermi io, con quell’affare…
Gli morsi un orecchio delicatamente. “Non pensare, sono solo io, sono solo qui, sentimi…” Non l’avessi mai fatto! Si cominciò a muovere convulsamente, procurandosi un’eiaculazione subitanea dalla quale arrivò stremato e rantolante. E sentii la sensazione poco piacevole del sesso sgonfiarsi del tutto, del profilattico molle.
“Esci… Esci…” dissi, cercando di farlo alzare “… No cazzo Simo devi tenerlo alla base!” gli imprecai, quasi me lo lasciava dentro, ma per fortuna tutto a posto, uscì e alla luce bassa del comodino della camera lo vidi distrutto, con un pene penzolante in un sacchetto molliccio con sì e no mezzo cucchiaino da caffè di sperma bianchiccio.
Mi sforzai di sorridergli.
“Ehi… Se vuoi fare cambio, la prima volta per me è stato dolorosissimo!” la buttai in ironia, visto il suo sguardo deluso. Era una mezza verità, era stato dolorosissimo ma anche appagantissimo, inarcare la schiena in un orgasmo, il primo durante del sesso, con dentro un ragazzo ben convinto e dotato, in una barca, fissando il cielo.
“Lega quel coso e vieni qui sotto le coperte…” gli dissi, fece come chiesto, e tre minuti dopo, quasi russava.
Fissavo il soffitto delusa da tutta quella performance. Per quanto il mio raziocinio capisse che avevo preso Simone e l’avevo portato dai baci e le toccatine allo spogliarsi, limonare, masturbazione, un pompino, un cunnilingus e un tentato rapporto completo, nel giro di una sera, il mio corpo con alcol in circolo e voglia a mille, non accettava scuse…
Ed era anche presto.
“Penso che tornerà Sonia tra poco…” gli dissi carezzandogli la schiena. Andai in bagno, con una voglia matta di godere. Pensai di darmi piacere da sola, ma la festa, la gente…
Quasi quasi tornavo al salone. Ci rivestimmo e tornammo alla festa, dove in maniera imbarazzante ci si allontanò sempre di più uno dall’altra. Mi intrufolai tra la gente come se fossi sparita per chissà che motivo.
“Hai visto Sonia?” chiesi a una ragazza dell’altra classe che conoscevamo tutte e due.
“No, era verso la vetrata prima” mi rispose urlando sulla musica. Volevo dire alla mia compagna che se voleva tornare in camera, non c’era problema…
Vagai un po’, prendendomi da bere, alla ricerca di Sonia. Dopo qualche minuto arrivò Simone, imbarazzatissimo, per parlarmi. Andammo nel piccolo corridoio fuori dalla sala, quasi davanti al bagno.
Il ragazzo cercava di scusarsi, e io non solo non volevo scuse, ma mi sentivo anche un po’ infastidita. Era capitato, mi spiaceva, avremmo fatto qualcosa di nuovo, non poteva stare lì a mortificarCI così…
“Oh!!” sentii un urletto molto ben identificabile dal bagno.
“Cosa?” si chiese Simone.
Sorridendo, rimasi a sentire alcuni altri mugolii da dietro la porta. Ridacchiai. “Credo che qualcuno si stia divertendo…” lasciai cadere la frase, mentre la mia vulva eccitata pensava “…Non come te e me.”
Non resistetti alla tentazione di socchiudere la porta, facendo cenno a Simone di controllare il corridoio. Imbarazzato, ma troppo vergognoso di quel che aveva (non aveva) combinato prima, mi obbedì…
Dallo spiraglio vidi il volto di Agata che ansimava furiosamente, poggiata su un mobile del bagno, mentre dietro di lei qualcuno la prendeva con sicurezza e forza.
Andrea? Vuoi dire che era un coglione che si ubriacava con il ripieno dei cioccolatini, ma scopava così meravigliosamente? Nelle mie mutandine, provai seria invidia.
Agata rantolò, con le palpebre tremanti, accasciandosi un poco, senza che smettesse di essere scopata. Sentii una risata. “Cosa sei al… Secondo? Terzo?” disse chi la penetrava. Ma…
Non era la voce di Andrea!!
“Con chi è?” sussurrò Simone alle mie spalle. Feci cenno di non saperlo con la testa, mentre il corpicino di Agata continuava a essere scosso dal piacere e dalle spinte del suo amante.
Agata che tradiva Andrea? Se il trio di oche avesse saputo, avrebbe riempito tutti gli intervalli di gossip!
Certo che tra uno che vomitava per niente e quello scopatore… Agata miagolò con le lacrime agli occhi: “… Vieni… Dai vieni cazzo…”
“Cos’è, hai fretta??”
“Potrebbe arrivare qualcuno!”
“Ho chiuso con la catenella, sei tutta mia!!”
Sì, la catenella, peccato che si vedesse tutto uguale!
Sorrisi, sforzandomi di intravvedere chi fosse alle spalle della mia compagna di classe, che mugugnava altre frasi sconnesse. Continuò per un paio di altri minuti in cui Simone mi cercava di tirare via.
“Ma smettila!!” sibilai a Simone che mi strattonava una mano, terrorizzato. E come sentii “Devo sborrare!!” misi l’occhio allo spiraglio in tempo per vedere Agata di schiena che si buttava a terra e si girava, e nella mia visuale entrò il viso di Luca.
Hai capito!
Il Principino del cemento!
Lì, ansimante ed eiaculante nella bocca di Agata!
“Cazzo…” squittii, era una visione assolutamente goduriosa, non solo per il pettegolezzo, ma perché giudicavo Andrea un coglione, e perché ero eccitatissima…
“Chi è?” disse un po’ troppo forte Simone, e la coppietta ci sentì.
“Oh cazzo!!” esclamai lasciando chiudere la porta.
Quasi corsi via con Simone, maledicendo la sua idiozia. Finimmo a discutere un poco e a non parlarci più per quella mezzora che rimasi ancora alla festa.
In camera non seppi esimermi dal raccontare a Sonia l’accaduto, mi fidavo di lei, e ridemmo come due cretine sedute sul letto al pensiero di Andrea che dormiva su qualche poltrona del salone quando la sua ragazza si scopava qualcun altro.
“E glielo hai visto??” sussurrò la mia compagna di classe dopo altre risatine idiote.
“No! Agata era di spalle, e… E poi Simone…”
“Accidenti…”
“Lo so, non scoprirò mai se il ragazzino del cemento ha il cazzo che dicono!”
Ridemmo ancora un po’ e ci mettemmo a letto. Dopo un po’, Sonia chiese. “… E Simone?”
“… Lasciamo stare…” sussurrai, lei capì e ci addormentammo. Il giorno dopo sembrò tutto normale.
Non ebbi problemi con Agata e Andrea perché semplicemente nessuno dei due fu con noi all’impianto sciistico affollatissimo, pareva che Andrea non stesse bene e lei era rimasta a fargli compagnia. Battutine di tutti suggerivano che i due stessero scopando come ricci, in realtà. Poteva essere, Agata si depurava la coscienza così, forse, oppure visto che la dava a Luca, non ero l’unica che tentava di scopare con scarsi risultati, pensai risalendo con lo skylift per un’altra discesa.
Avessi avuto tra le cosce qualcosa di duro come quel seggiolino, la sera prima…
Cominciai la discesa. Simone non mi parlava da tutta mattina. Cazzo, mi dispiaceva, lui era il mio amichetto, il mio… Ragazzo? Però era…
“Attenta!!!!” mi urlò qualcuno, riportandomi l’attenzione al fatto che ero beatamente finita a curvare fuori pista, verso del ghiaccio.
Non chiedetemi come o perché ci fosse praticamente una mezza vasca di riserva d’acqua a bordo di un impianto sciistico, fattostà che praticamente mi piegai su me stessa mentre andavo addosso alla recinzione -un palo orizzontale tenuto fermo da dei puntelli, niente di che- e finii dritta sul ghiaccio.
O meglio, per un istante sul ghiaccio, in un istante nell’acqua.
Annaspai fuori mentre della gente arrivava urlando, ma alla fine rimasi ferma, dacché ero in acqua sì e no alla cintola. Le urla diventarono presto delle grasse risate, e rossa in viso ridacchiai anche un po’ io, dopo lo spavento.
“C’è sempre qualcuno che finisce in questa vasca!” disse poco consolante uno dell’impianto.
“Ma è proprietà privata, se mettiamo una recinzione robusta chi finisce addosso si ammazza”.
Sì, grazie, e chi non finisce ammazzato, finisce surgelato.
Tornai velocemente in albergo, e in camera praticamente lanciai i gli strati di vestiti per terra e mi buttai sotto una doccia più che bollente, mentre una stufa a infrarossi scaldava ulteriormente la stanza.
“Speriamo di non prendere un mal di stomaco atroce…” pensai sfiorandomi il pancino.
Non era proprio raccomandato fare bagni a temperature sottozero e rimanere con dei vestiti zuppi, anche se per poco. Mi sfiorai anche il sesso, pensando alla sera prima. E io che mi ero anche un poco curata per Simone, preparandomi alla festa, e speravo…
TOC TOC TOC!!
I colpi alla porta risuonarono nella stanza, facendomi trasalire. Avevo sentito male? Forse la camera a fianco…
TOC TOC TOC!!
“Viktorie??? Ci sei?? Sei viva??”
“Sìì!” urlai chiudendo la doccia e afferrando il mio accappatoio. Uscii dalla camera chiudendomelo bene addosso, andando alla porta, che aprii piano.
“Oh!” sussultai, vedendo Luca con i capelli pieni di neve che sorrideva. Chiusi ancora di più la scollatura.
“Tutti si chiedevano se eri congelata nel tragitto, ma nessuno voleva tornare in albergo!”
Sorrisi. “Bé sono viva, mi son buttata in doccia, acqua bollente a manetta…”
“Quella la usi per scaldarti?” il ragazzo ammiccò alla bottiglia di Vodka che stava ancora sul tavolino della camera.
“Come?” mi girai, e scoppiai a ridere. “No, no, quella era ieri sera con Simone!”
Luca entrò in camera senza troppi convenevoli, e lasciai che entrasse e chiusi la porta. Non volevo proprio farmi vedere da lui, ma ancora meno da chiunque passasse in corridoio.
Per altro, in camera almeno era abbastanza caldo, dal corridoio entrava un’aria gelida…
“Ah ecco dov’eravate finiti, maialini!” mi derise, passandosi la mano liberata dal guanto tra i capelli biondicci, nevicando in camera.
Emisi un verso indefinibile dal naso. “Mh. Serata poco divertente.”
Mi guardò serio. “Davvero? Pensavo ti fosse piaciuto guardare dalla porta.” Scoppiò a ridere della mia espressione allucinata, che divenne presto imbarazzo puro.
“Scusami. Stavo discutendo con Simo e vi ho sentiti…”
“Sì, Agata ogni tanto fa un bel casino.”
“… Non lo dirò ad Andrea!” feci cenno con la mano di non preoccuparsi. Rise. “Andrea non se la merita una bomba come Agata! Ma ti pare che possa stare con uno che vomita dopo una birra e neanche la scopa?”
“Bè se si amano…” dissi pensierosa, mentre mi solleticava l’inguine. “… Ci sono altre cose…”
“Mi stai guardando il pacco, Vik.”
“Come?” alzai lo sguardo, era vero. Arrossii. “Scusa.”
“Se me le fai vedere, te lo faccio vedere anche io.” buttò lì Luca, brutalmente.
“Come?”
“Dai, sei in accappatoio, fammi sbirciare…” sorrise, mi portai la mano alla scollatura chiudendola, nonostante sentissi i capezzoli ben convinti.
“Su, lo so che Simo ieri sera ti avrà dato buca… Non è solo Andrea che ha una ragazza che non si merita!”
Mi offesi “Bè, ma saranno cazzi miei!”
Luca rise di nuovo. “Sì, cazzi che non ti scopano!”
“Vai fuori!” gli urlai irosa, indicandogli la porta.
Mi passò davanti ridendo, e all’ultimo si girò e mi sbatté alla parete.
Mi spaventai tantissimo. Non ero certo bassina o poco atletica, ma con un ragazzo allenato… Ansimai.
“Ti prego vai fuori…” piagnucolai, sentendolo addosso a me.
“Sei la tipa più figa di tutta la scuola.” disse a denti stretti, prima di baciarmi sul collo. “E non solo perché lavori come modella…”
Cazzo! Cazzo! Sospirai con decisione, e timore.
“Oh ti prego, esci…” piagnucolai, ma il mio inguine cominciava quasi a colare.
“Quanto me lo fai rizzare…” sussurrò “… Toccamelo e me ne vado, dammi la soddisfazione…”
Piagnucolai ancora, timorosa più che altro di perdere le staffe e reagire brutalmente. Non ero certo una campionessa di lotta libera, ma un pugno in faccia lo sapevo tirare meglio di molta altra gente.
“…Se lo faccio, vai?”
“Sì.”
Allungai la mano sul suo inguine, tastando alla cieca, fino a trovare il suo sesso.
Palpai verso il basso, tornai su, proseguii… Proseguii… Proseguii…
“Sakra! Ma che cazzo hai?” imprecai.
“Un bel cazzo, e lo so anche usare.” Era così insopportabilmente… Sicuro di sé… E io… Io mi accorsi di avere una sua mano sulle tette senza avergli detto niente.
“Non sono l’unico ad avere qualcosa di grosso e duro… Senti qui che bocce!” ridacchiò sul mio orecchio, godendo del mio sospirare.
Avevo voglia di sesso, mi mancava del sesso, e lui, lui era tutto sesso… Fanculo!
Lo baciai con passione a occhi chiusi, mi sentii una merda, staccandomi con uno schiocco bagnatissimo.
Lui sorrise. “E Simone?”
“Non stiamo assieme, mi piace, ma non ci vediamo mai, discutiamo e basta, e neanche sa scopare.” dissi in un sibilo.
Mi baciò di nuovo, con tutta la fame che può avere un diciottenne eccitato.
Ci staccammo di nuovo, guardandoci.
“Credi che Agata sia una bomba del sesso, eh?” lo guardai con aria di sfida. “Spero che tu abbia mangiato parecchio a colazione, perché oggi il pranzo lo salti!” dissi con un sorriso.
Ricominciammo a baciarci con voglia, troppa voglia per quei vestiti che aveva addosso, imprecai cercando di spogliarlo in fretta, ne saggiai il fisico allenato, lo toccai ovunque mentre lui toccava me, lo baciavo sul collo, mi baciava sulla scapola, mordicchiavo il mio labbro mentre si sfilava l’ultima maglia dei suoi strati da sciatore e solcai con le dita un fisico ancora in sviluppo ma in ottima direzione, tra pettorali e addominali.
Le dita scivolarono nella curva degli addominali laterali, giusto in direzione di quell’oggetto tanto decantato a scuola, quello su cui le ragazze ridacchiavano e i ragazzi dicevano fosse pura fantasia, e lui mai confermava né smentiva.
Con le mani calde aprì il mio accappatoio, lasciandolo penzolante sul mio fisico, indietreggiando di un passo dalla mia portata, mentre in maniera fintamente pudica mi coprivo il sesso con un lembo.
“Cazzo, sei perfetta…” disse guardandomi come un gelato da mangiare in fretta prima che si sciolga.
Ed ero più che sciolta.
Eravamo due diciottenni con tanti di quegli ormoni in circolo da riempirci una botte, e per niente un cervello in grado di regolarsi sui suoi impulsi.
Non ricordo tentennamenti o timori, anche se ci saranno sicuramente stati, anche se non ero una bomba di sensualità e ammiccamento, probabilmente ero un animaletto ansimante come lui, la voglia di noi era quasi pura, essenziale, distillata.
Mi fu di nuovo addosso, e tornai a tastare quel sesso enorme e durissimo.
“Sembra cemento…” sorrisi.
“Sarà di famiglia…” rispose nel mio orecchio.
“… Voglio liberarlo…” ansimai, aprendogli i pantaloni e di sottecchi guardando un pene che quasi usciva dai boxer, ormai in uno stato di eccitazione totale e cristallina, senza sentimenti o altro, sola pura voglia di animalesco piacere.
Tenere quella meraviglia nei boxer per me era puro crimine, calai la stoffa e si distese in tutta la sua turgida, carnosa potenza.
Iniziai a toccarlo, sfiorarlo, coccolarlo, e Luca cominciava ad ansimare, leccandomi un seno gonfio e sodo che chiedeva solo questo… Proseguì baciandomi il collo, passandoci la lingua, baciandomi, e io cominciai a perdere la testa del tutto, volevo quel corpo, volevo quel cazzo meraviglioso, l’espressione di Agata la sera prima era tutto quello che chiedevo di avere in viso anche io.
Giovani animali in estro.
Mi feci più feroce nella masturbazione, non so se per idea di donargli piacere e aumentarne la resistenza poi, o solo voglia di veder eruttare un cazzo propriamente detto, o…
Luca imprecò, gli facevo un po’ male. “mmmh… Così ti rovino l’amichetto..” sorrisi sulla sua bocca, e prima che potesse dire qualcosa scivolai in ginocchio vogliosa di assaporare quel sesso, di lenirlo del mio involontario dolore. Mi leccai le labbra, scoccandogli un bacio in punta, scorrendo la lingua sull’asta…
Luca si poggiò con una mano alla parete, congratulandosi per la mia passione.
Non era certo la prima fellatio della mia vita, ma con certi ragazzi le cose erano sempre più… Interessanti. Ci si poteva giocare meglio, dava soddisfazione pura poter passare la lingua attorno alla corona di un glande gonfio e possente, di scorrere su vene turgide e definite, sui corpi cavernosi pulsanti, riempire di baci tutta la superficie…
Sì, stavo quasi ubriacandomi, sragionando, adorando quell’attrezzo…
“Mmmh Luca… Questo cazzo è un capolavoro… Fai i complimenti alla mamma…” salivai affamatissima, prima di prenderlo in bocca con foga, cominciando a succhiare, pompare, far aderire le guance al sesso, liberarlo, continuare, continuare più forte…
“Cazzo! Succhi come una troia!”
“Fanculo, zitto e godi, io te lo scopo con la bocca questo dio!” Mi riattaccai voracemente, mi misi una mano sull’inguine, ero dilatata, calda, colante, mi faceva male la mandibola ma non potevo resistere al volerlo infilare tutto in gola… E ci riuscii, come sempre.
Luca ansimò a denti stretti mentre il mio naso finiva nel corto pelo riccioluto, mentre sentivo la sua cappella ben oltre la lingua, indietreggiando con la testa lo sfilavo tutto, lo inghiottivo nuovamente, lo sfilavo, e mi trovai una mano sulla nuca e i capelli bagnati.
“Stai ferma! Faccio io!” soffiò, mugolai entusiasticamente, mentre i corti capelli lanciavano gocce d’acqua fredda ovunque nel loro moto ondoso, mi stava scopando in gola, rantolavo sperando di non rimettere.
“Neanche quella troia della Farini ce l’aveva in gola!!” quasi urlò fuoriuscendo da me, mi fece tossire qualche volta mentre cercava di scalciare via scarponi e calzoni, fuori di sé dall’eccitazione.
Ansimai, guardandolo, asciugandomi una stilla dall’occhio.
“… La Farini?” tossii di nuovo, cercando di alzarmi e spogliarmi.
Volevo essere nuda, totalmente nuda per quel Maschio. La Farini era la nostra giovane supplente di educazione fisica.
Scoppiai a ridere. “Ti scopi la Farini??” Luca sogghignò. “Non ti credo!”
Nudo, si girò verso di me “Non me ne frega un cazzo di quello che credi, Viktorie. La Farini si butta a terra ad adorare questo tronco che tu mi creda o meno. Ma non lo prende fino in gola.”
Mi lanciai praticamente su di lui, finii abbracciata con quel pene enorme e turgido e pulsante adeso a me. “Perché nessuna è come me, cazzone!” sibilai ridendo. “Buttami sul letto!”
Finii a impattare nel materasso, con lui sopra, ci baciammo, rotolammo, finii sopra di lui masturbando quel sesso possente.
“Vuoi scoparmi, eh?” chiesi ghignando.
“Credo che tu non veda l’ora di farti scopare!” rispose prima di baciarmi.
Oh, era vero, era assolutamente vero, ero totalmente impazzita, mi inerpicai su quel corpo atletico e in un istante sentii la cappella turgida premere sulle mie grandi labbra, scivolare dentro seguita dal resto di quell’enormità, era la preparazione ad una lunga e intensa cavalcata.
Per fortuna lui era lucido della mia saliva, e il mio sesso stava solo sciogliendosi dall’eccitazione, così entrò senza dolore.
Ma come spingeva, come si apriva la strada nel mio corpo, aderivo al suo sesso e ne sentivo ogni singolo millimetro dentro di me, presi persino fiato nel tragitto prima di sentire il mio bacino contro il suo.
“…Vole!” balbettai, quasi graffiandolo sul petto, mentre il mio corpo con qualche movimento si adattava alle dimensioni e quel che provavo, foss’anche dolore, era uno dei migliori del mondo.
Cominciai a saltellare sul suo cazzo, mi premeva ovunque, mi dilatava, mi apriva, ma ero un animale che godeva di un vero maschio.
“Vik, dobbiamo mettere…”
“Non ne ho! Non così grossi!!” ansimai. “Ma prendo la pillola! Magari… Non venirmi dentro… Ma tranquillo!” rantolai cominciando a muovermi sempre di più.
Per un istante pensai a come era tutto diverso dalla sera con Simone, come mi fossi premurata di proteggere quel sesso flaccido e come invece in quel momento, con quel palo dentro di me, non me ne importasse di meno.
Mugolavo di piacere nel possederlo, nell’essere posseduta, cominciai ad avere in volto quel sorriso istupidito degli ubriachi o dei drogati, perché nel mio corpo il godimento questo portava, piacere su piacere, sballandomi mente e membra.
Luca sembrava ipnotizzato dai miei movimenti, dai miei sobbalzi, dai miei seni che danzavano nell’aria seguendo il mio piacere.
Il mio sesso ormai adattato a quel Maschio era solo un rumore liquido e viscido.
“Mi fai impazzire, slava!” mugugnò lui, sorrisi ergendomi quasi in piedi, poggiando sulle ginocchia, i saltelli divennero per minuti interi un movimento di bacino avanti e indietro, indietro e avanti, mi scostai i capelli fradici dal volto con un gesto affrettato.
“Tu mi fai… Mi fai….” balbettai e fui colta da un orgasmo che mi spaccò la testa in due, strinsi dentro di me il cazzo di Luca in uno spasmo che lo fece quasi bestemmiare, urlai il mio godimento, rallentando la cavalcata, ma il mio corpo non sembrava sfinito, voleva ancora, voleva ancora Luca, voleva ancora maschio, voleva godere ancora, troppi arretrati.
Mi stropicciai il viso con un rantolo e un sorriso, e mi voltai verso la porta quando sentii un rumore di chiusura.
Sonia voleva evidentemente eclissarsi.
“Oh no…” piagnucolai, mentre il mio bacino continuava da solo la sua danza. Probabilmente la mia testa non registrava del tutto quel che stava accadendo, ed ero solo una femmina in preda al piacere con tutta la stupidità e l’incoscienza dei diciottenni.
“Non ci credo…” balbettò la ragazza, praticamente accasciandosi sulla poltroncina della stanza, senza sapere come reagire, e io, rossa di imbarazzo, chiusi gli occhi e ignorai la sua presenza, scoprendo anzi di essere decisamente intrigata dall’avere una spettatrice.
“Mi sembri shockata… Dai, non credo che sia la tua ragazza!” disse Luca, mettendomi le mani ferme sulle anche, per sollevarmi. Lo lasciai fare quasi sofferente per la sensazione di vuoto, per ricadere nel letto quasi a pancia sotto, culo in aria, come un pupazzo disarticolato e un sorrisetto inebetito in volto, sentendo il fresco dell’aria a contatto con la mia vulva fradicia di umori.
“Non credo sia nemmeno quella di Simone!” sbottò lei, e scoppiammo tutti a ridere.
Guardai Sonia in volto, mentre Luca come se niente fosse si poneva dietro di me e si ficcava di nuovo nel mio sesso facendomi sussultare.
Aprii la bocca colta da una sensazione di riempimento simile ma diversa da prima, messa così con Luca in piedi a bordo del letto che cominciava a montarmi con foga.
“Come posso con Simone… Non lo vedo mai… Non… Parliamo mai… Non… Scopiamo mai…” piagnucolai cercando una giustificazione, mentre Luca arretrava e dopo un paio di delicati affondi solo con la punta, piantava un colpo possente che mi rimbalzò nel cervello facendomi inarcare la schiena, ondeggiare i capelli mentre mi tiravo su con le braccia in un istintivo spasmo.
“Aaaaahh!! Zkurvysyn!” urlai quasi con rabbia, per poi mugolare e riaccasciarmi remissiva sotto i forsennati colpi del mio Maschio.
Sonia scoppiò a ridere “Cazzo hai detto??” la guardai senza vederla, persa nel mio delirio, balbettando nelle lenzuola.
“Vuoi che smetta?” imprecò Luca dandomi una sonora sculacciata.
“NOO!!” urlai. “No!!… Ti prego…”
Non mi ero mai sentita così ‘ubriaca’ durante il sesso (negli anni sarebbe capitato, fortunatamente, altre volte), la sola, perfetta, semplice, voglia di provare e donare piacere, che mi faceva sragionare, che mi faceva ansimare e piagnucolare e difficilmente parlare in una lingua che istintivamente non era la mia.
“Luk’… Jsem tvoje děvka…” balbettai con le labbra tremolanti, sentendo una vampata di piacere accrescersi in me, nuovamente.
Il Maschio pompava forsennato, grugnendo un “eh?”
Urlai. “Sono la tua puttana!!” mi contorsi in un nuovo subitaneo orgasmo, annaspando con le dita e le unghie nelle lenzuola, muovendomi come sotto una scossa elettrica.
“Cazzo, che troia!” sbottò Sonia, portandosi una mano alla bocca.
“La sua troia!!” rimbeccai con le lacrime agli occhi e un sorriso balbettante, cercando con scarsi risultati di svicolarmi, la vagina pulsante, lievemente dolorante, non avrei retto ancora una penetrazione forsennata, non subito, non ne ero abituata.
A pensarci ora, era una scelta sbagliata, considerando lo stato di entusiasmo del mio sesso avrei potuto scoprire quanto e quanto ancora il mio corpo potesse reggere un amplesso.
Ma capite, era la prima volta che nel giro di una manciata di minuti, raggiungevo due orgasmi da urlo.
Anche Luca non sembrava troppo convinto della mia idea di sfilarmi, ma non osò insistere, rimase così, mettendosi in ginocchio sul letto, con un sesso pulsante e lucido di me, e il fiato corto. Era un gran maschio, passionale e dotato, ma era un ragazzo di 18 anni come me, tutta voglia e desiderio e poco controllo.
E così d’altronde era Sonia, che pur arrossendo in questo momento di pausa rendendosi conto di essere una spettatrice di una scopata tra suoi compagni di classe, occhieggiava il ragazzo continuamente.
La mia voce quasi colse di sorpresa anche me, nel sussurrare “Non fare la santerellina, Sonia…” e guardando il ragazzo sorrisi “… sbava dalla voglia di scoparti, guardala…”
Ma lui non sembrava particolarmente dell’idea. Masturbandosi lentamente con una mano si voltò verso Sonia, squadrandola, per girarsi di nuovo verso di me e buttarmisi addosso, baciandomi, girandomi con la pancia all’aria e tenendomi per le gambe, rifiondandosi dentro di me. Mi colse di sorpresa e fu anche lievemente doloroso, ma tempo dello spasmo di dolore e del mio inarcare la schiena, e già volevo altro piacere.
Risi sguaiatamente. “Cos’è, ti fa schifo Sonia? Ti fa schifo la mia amica???”
“No!” rantolò lui. “Prima voglio vedere la mia compagnuccia di classe *******ov’ ricoperta di sborra, poi mi scoperò anche Sonia!”
La nostra compagna se la prese un po’ a male, ma la additai allungando una mano tremante sotto i colpi del maschio.
“Tu! Nuda! Ti faccio godere io!”
lo dissi provocatoriamente, e mi trovai con un mugolio sorpreso una vagina stretta e non estremamente curata praticamente in faccia, nel giro di un attimo.
“Cazzo Sonia, ma depilarsi no??” sputazzai quasi un pelo riccio e abbastanza chiaro.
“Non lo so fare!”
Le dissi di prendere nota che glielo avrei insegnato, e mi misi, con la poca concentrazione che avevo, a leccare il sesso della mia amica.
Sapevo fare di meglio, ma su un letto scricchiolante di albergo, con un ragazzo indemoniato che affonda nel tuo corpo, non era così semplice, tanto che praticamente smisi, giocando con il pollice e l’indice sul sesso di lei, con i seni che impattavano quasi contro le chiappe della mia compagna di classe tanto Luca pompava forsennatamente.
Lo sguardo voglioso di Sonia mi fissava, gradendo comunque le mie incerte coccole.
“se ci becca qualcuno?” sussurrò. Dondolai la testa distrattamente. E chi ci doveva sorprendere? Chiesi. Non eravamo in gita scolastica, non eravamo con i genitori…
“Simone?” sibilò lei, mentre il mio dito medio le si infilava dentro, improvvisamente, mentre venivo afferrata di colpo sui fianchi da Luca, evidentemente in dirittura d’arrivo per il suo primo orgasmo.
“Nnnnhhhaaa!!” rantolai “Simone può andare a fanculo!!” tossii, o annaspai, sfilando il dito da dentro Sonia e spingendola via quasi brutalmente.
Nella mia visuale ricomparve Luca, che inspirò profondamente fermandosi dentro di me, lo abbrancai più con le unghie che con altro, tirandomelo addosso e baciandolo forsennatamente, alzando le gambe e chiudendole sopra i fianchi di lui che apriva le sue, sentii i miei glutei aderire alle sue cosce e la sensazione di una penetrazione ancora un poco più profonda.
“A fanculo, eh?” ghignò lui, cominciando di nuovo a scoparmi. Sorrisi.
“Sei una troia, Viktorie” sussurrò al mio orecchio.
“Vai a fanculo anche te…” mugolai, scorrendo le dita sulla schiena di Luca.
“Magari dopo, l’hai mai dato il culo, eh?” mi rise in faccia, aumentando il ritmo. “eh? Dì, questo culo che sta sempre in gonna corta a scuola, te lo sei fatto fottere come la figlia di troia che se-AAAH!!”
Riaprii gli occhi dopo la testata che gli avevo tirato, dolorante quanto era lui, ci guardammo un istante, e ricominciò a scoparmi con foga, ma dopo un secondo tornò a baciarmi, come a chiedermi scusa per qualcosa che era troppo dirmi anche sbattuta come un giocattolino voglioso.
Il cazzo di lui sfilava e ripiantava liquidamente con una velocità sostenutissima, un ritmo irregolare, stava galoppando verso il suo piacere e non c’era altro desiderio che quello di esplodere, nei suoi occhi, lo vedevo arrivare al punto in cui niente l’avrebbe potuto frenare, e io non ero da meno.
“Chi è che ricopri di sborra, eh?” provocai mordendomi un labbro, senza risposta. “Chi è che te lo succhia meglio della Farini?” insistei ulteriormente, balbettando, cos’era, un altro orgasmo? Ancora? Ma lui non veniva mai??
“Ooooh…. Strč mi ho tam hned ted’!!” urlai, piantandogli le unghie nella schiena, e ri-aggiungendo urlando “Fottimi!! Fottimi!!” prima di crollare con la schiena inarcata affondando le unghie nelle lenzuola a bocca aperta, in un dolorosissimo e piacevolissimo picco di godimento, in cui lo strinsi dentro di me.
Fu troppo per lui, che riuscì solo ad avere un barlume di coscienza e uscire da me fastidiosamente d’improvviso, sentii la punta del suo sesso scivolare sulla mia clitoride ipersensibile e poi avvertii solo calore sul pancino, sui seni, aprii gli occhi solo per finire centrata da uno schizzo più audace degli altri in pieno viso, con uno squittio di sorpresa, con un occhio chiuso (sentivo qualcosa sulla guancia, vicino alla palpebra) vidi eruttare ancora dello sperma caldo e denso lanciato sul mio corpo, e mentre la sua mano impulsivamente afferrava il sesso fradicio del mio piacere, un paio di grosse gocce dense che colarono sul glande e il frenulo.
Il confronto con quel che avevo suscitato a Simone la sera prima era più che impietoso, mi dispiacque pensarlo, ma non potei non notarlo.
Come se ripartisse l’audio in un film, sentii il suo ansimare, il mio, e quello di Sonia, che fissai mentre si teneva una mano sul sesso fradicio, impossibilitata a resistere a quello spettacolo che avevamo messo su.
Ero distrutta, mentre Luca rotolava di fianco a me sul letto.
“… Povera Sonia…” sorrisi.
“Datemi un attimo…” ansimò il nostro compagno di classe “… Poi… Poi ci penso…” istintivamente mi strinsi a lui, dopo essermi passata le dita sulla guancia, il mio cervello diceva solo di aderire a quel maschio dotato il cui pene si inflaccidiva dopo la performance da vero amatore. Così, dall’altro lato, fece Sonia, anche se con molto più appetito di me, ancora non appagata.
Luca si addormentò distrutto, e io cominciai a sentire necessità di continuare la doccia, anche per lasciare Sonia da sola con lui.
“Io vado a lavarmi…” sorrisi, indolenzita ovunque, fuori e dentro, muovendomi piano per non svegliare il mio (nostro) maschio.
Attesi che l’acqua diventasse calda, e appena entrai, mi trovai con la mia compagna di classe nel box della doccia.
“Che?” le dissi con un sorriso. “Luca dorme e… Vi guardavo, e tu sei…”
“Cosa…?” chiesi, confusa.
“Sei così tutta… Curata e… Io… Non dovevi… Insegnarmi a depilarla?” imbarazzata, balbettò Sonia.
“Fammi prendere un paio di cose dal beauty…” sorrisi.
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