Mi chiamo Riccardo, e ho l’hobby della arrampicata in solitaria.
Mi piace la sfida alle mie capacità durante la scalata, e adoro il senso di distacco dal mondo che si prova una volta arrivati in vetta.
Da un po’ di tempo stavo studiando una rupe verticale di circa 30 metri. Sarebbe stato il mio record personale. Questo sabato era l’occasione giusta per tentare l’assalto.
Così mi presento in auto ai piedi della rupe con la tipica attrezzatura: corda, imbragatura, rampini, picchetti, spits, moschettoni…Anche il tempo è ideale; roccia asciutta, niente vento, e sole alle spalle.
Ora; forse non interesserà molto a un lettore di racconti erotici, ma lo dico lo stesso.
Per uno scalatore, una rupe non è solo una rupe. È come una donna da conquistare. Se ti approcci a lei senza rispetto, lei ti renderà tutto più difficile. Non devi essere arrogante; per quanti sforzi tu faccia, è LEI che sceglie se venire conquistata oppure no. Basta il minimo errore, e lei te la fa pagare cara. Quindi, RISPETTO. Sempre.
Così compio il consueto rito spirituale per rendere omaggio alla parete da conquistare, e inizio la scalata.
Scelgo le vie con più appigli naturali possibili, fisso i primi chiodi di salvataggio, e metro dopo metro avanzo verso la meta.
Mi sento bene. È bello dominare un luogo così vasto tutto da solo.
Da solo?…
No, ai piedi della rupe è appena arrivata un’auto.
L’intruso nel mio regno solitario è una ragazza. Da questa distanza vedo solo che è bionda e alta. E pare anche ben fatta.
Va be’, ora non è il momento di pensare alle passerotte. Quando si scala, si scala e basta.
Riprendo la salita. Faccio altri 5 metri e per caso mi casca l’occhio verso il basso.
Oh, questa poi! La ragazza si è messa un’imbragatura e si presenta alla base della rupe. Sembra intenzionata a seguire il mio stesso percorso.
Mi viene un po’ da ridere; questo non è uno sport per fighette. Scommetto che appena arriverà a 5 metri di altezza le verranno le vertigini e tornerà indietro soddisfatta della sua “impresa”.
Torno a concentrarmi sulla scalata. Adesso sono circa a metà del percorso, 15 metri. E noto che gli appigli naturali sono sempre di meno. Da qui in poi sarà dura.
Ributto uno sguardo verso il basso. Accidenti…Non ci credo: ora la ragazza si trova appena DUE METRI SOTTO DI ME!! Come diavolo ha fatto a salire fin qui in così poco tempo?
Dalla mia visuale è inevitabile che l’occhio mi cada sull’incavo delle sue tette. Ammazza, che pere. E a giudicare dai capezzoli che le premono contro la canotta, è evidente che non porta il reggis…
Prima regola: MAI distrarsi durante un’arrampicata! Per un attimo perdo la presa sulle mani, e inizio a scivolare. Ma solo per pochi centimetri, poiché il mio piede destro incontra un appoggio solido.
Mi volgo verso il basso per vedere su cosa mi sono posato e…Oh, cavolo: è la ragazza che con una mano sta reggendo la suola del mio scarpone.
– «Grazie», le dico.
– «E di che. Volevo solo evitare che tu mi franassi addosso. Stai un po’ più attento», replica lei freddamente.
Che caratterino, la bionda.
Mentre cerco di recuperare una posizione stabile, lei prosegue incurante e mi si affianca. Ora posso vederla bene.
Sarà sui 22 anni. Indossa una canotta bianca e pantaloncini a mezza coscia neri attillatissimi. Ha i capelli raccolti a coda, bloccati da un nastro che le cinge la fronte.
È tutta un fascio di nervi e muscoli, e si muove sulla roccia con una grazia incantevole. Sembra una ragna.
Mi sorpassa come se non esistessi, e a quel punto vengo colto da deliri competitivi: non esiste proprio che IO, il guru dell’arrampicata in solitaria, mi faccio battere da una RAGAZZA! E che, scherziamo?!
Così mi metto d’impegno e tengo il suo passo, sempre standole dietro e aspettando il momento buono per scavalcarla.
A un certo punto la Ragnetta tende una gamba per raggiungere una sporgenza, offrendomi una piena visione delle sue natiche da sotto. Madonna che culo. I pantaloncini ne fasciano perfettamente il contorno, lasciando ben poco all’immaginazione.
Mentre replico il suo stesso movimento col mio piede, ho ancora gli occhi fissi su quel fondoschiena da favola…così manco la sporgenza e vado giù a peso morto per 2 metri, fino a che la corda legata al chiodo più vicino non interrompe la caduta con uno strattone. Intanto però i picchetti mi cadono verso il basso, e rimango a penzoloni in posizione orizzontale.
– «Hai bisogno di aiuto?», fa lei.
– «No, no…Adesso mi raddrizzo subito…», dico da orgoglione (orgoglioso coglione).
Ma la cosa è tutt’altro che facile. Lo strattone della corda mi ha piegato la schiena, e ad ogni tentativo di raddrizzarmi sento delle fitte alla spina dorsale. Così rimango lì ad annaspare goffamente nel vuoto.
La Ragnetta sbuffa e mi cala la sua corda, permettendomi di ritornare in equilibrio. Che smacco. Ma me lo merito; ho mancato di rispetto alla rupe tradendola per un culo di ragna.
Comunque ora che sono rimasto senza picchetti non ho scelta: se voglio arrivare in cima, devo rassegnarmi a seguire il percorso lasciato dai suoi chiodi. Il che vuol dire restarle molto più indietro.
Infatti la Ragnetta scompare oltre il crinale quando a me mancano ancora 6 metri.
Comunque sia, poco dopo arrivo pure io sul pianoro in cima alla rupe. La vedo seduta mentre sta facendo stretching defaticante. Non mi degna di uno sguardo.
– «Beh…Eccomi qua…anch’io…», dico ansimando in modo sgraziato.
La Ragnetta mi ignora e beve dalla sua borraccia. Mi siedo accanto a lei.
– «Io mi chiamo Riccardo», le dico tendendo la mano.
– «Mh. Piacere.» dice lei porgendomi la sua con noncuranza. Non prova a stringere nemmeno un po’; mi sembra di tenere per mano un cazzo moscio.
“Stronzetta altezzosa“, penso, irritato dalla sua scostanza. Ma insisto a cercare di rompere il ghiaccio.
– «Una bella faticata, eh?»
– «Bah. Neanche tanto. Questa rupe è una robetta per principianti. Tu però ci hai messo lo stesso un sacco di tempo per arrivare in cima.»
– «No, io…In verità avrei potuto salire in metà tempo, ma mi piace gustarmi le salite con calma», dico a denti stretti cercando di salvare la mia dignità di atleta.
Lei sospira, sempre immersa nei suoi pensieri. Poi con tono annoiato dice:
– «Resterai quassù ancora per molto?»
E-CHE-CAZZO!! Ma è proprio misantropa fino al midollo, allora!
– «Ma perché; ti dà così fastidio trovarti vicino ad altre persone?», le chiedo.
– «No, è che…Io scalo le rupi proprio per trovare un posto in cui starmene in santa pace a…»
Esita nel completare la frase. Per la prima volta scorgo una incrinatura nella sua durezza. Devo battere su questo punto.
– «…a…?», chiedo io invitandola ad andare avanti.
Per tutta risposta, lei si sfila la canotta con lenta naturalezza, restando a torso nudo. Ovviamente ci rimango di stucco.
La Ragnetta chiude gli occhi e alza la testa, godendosi il bagno di raggi solari. Io ho lo sguardo fisso su quel paio di tette favolose, rassodate da chissà quanti miliardi di esercizi fisici.
Lei abbozza per la prima volta un mezzo sorriso.
– «Che pace, che quiete…Qui una persona può calarsi nel profondo di se stessa senza timore di venire giudicata da nessuno. È libera di unire l’eccitazione della vittoria con l’eccitazione sessuale. È per questo che quando conquisto una vetta io…io mi…»
– «…ti masturbi?», dico sorprendendola (e sorprendendo anche me stesso).
La Ragnetta si scioglie all’improvviso, come liberata da una ingombrante zavorra.
– «Sì: mi masturbo. L’orgasmo che raggiungo in queste occasioni è impagabile.»
– «Ah. È per questo che preferisci rimanere da sola, dunque», dico fingendo di non essere sbigottito, «Ma se vuoi toccarti, toccati pure; non mi daresti nessun fastidio.»
– «Però tu ne daresti a me. Non è corretto che io condivida un momento così intimo con uno che mi sta lì a guardare.»
Fa una pausa poi riprende:
– «Certo sarebbe diverso se anche TU facessi la stessa cosa…»
– «SEI SERIA?!», dico strabuzzando gli occhi.
– «Sono serissima. Se ti masturbi tu, allora posso masturbarmi anch’io. Altrimenti sarò salita fin quassù per niente.»
Rimango stranito per 5 secondi, poi decido di stare al gioco. Mi spoglio nudo, tenendo però una mano davanti al pisello per mascherare la semi-erezione provocatami dalla vista delle sue supertette.
Lei mi scosta la mano con decisione.
– «MH!», mormora compiaciuta.
Subito dopo si sfila i pantaloncini. Sotto non porta nulla. Ha una bella fichetta rosea e curata, con solo una striscia di peli al centro.
Si sdraia di fronte a me a gambe larghe e inizia a vellicarsi la passera. Meccanicamente, la imito iniziando a segarmi. Curioso; il mio imbarazzo iniziale è del tutto scomparso.
La Ragnetta mi guarda e sorride per la prima volta. Il suo è un sorriso pieno, genuino, splendido. Dato il suo carattere schivo, non deve capitarle spesso di sorridere a quel modo.
– «Bello, vero? Lo avevi mai fatto? Masturbarti dopo essere arrivato in cima ad una vetta, intendo…»
– «No, non ci avevo neanche mai pensato…È una cosa strana, ma avevi ragione: unire l’eccitazione della vittoria all’eccitazione sessuale è meraviglioso.»
– «Conquistare una vetta è come conquistare la persona amata. E il godimento è il premio per gli sforzi compiuti.»
– «Però tu godi sempre da sola. Hai mai condiviso questo godimento “ad alto livello” con qualcuno?», le chiedo.
D’improvviso il suo sorriso scompare, e smette di toccarsi. È come se l’avessi punta sul vivo.
– «No. In effetti non ho mai trovato qualcuno con cui poterlo condividere…finora.»
Mi si avvicina e mi afferra l’uccello, accarezzandolo delicatamente.
– «Vorresti…?», chiede fissandomi negli occhi con dolcezza, quasi speranzosa.
Faccio solo un cenno d’assenso con la testa, come ipnotizzato da quella strana situazione. In risposta la Ragnetta si abbassa ad imboccarmi il cazzo.
Ho un fremito. Succhia come una dea. D’impulso le accarezzo la schiena, poi passo al collo, al seno, la raggiungo tra le gambe…
La bacio, e lei ricambia quasi con violenza. Mi spinge la lingua in bocca ringhiando come una leonessa in calore. Sembra aver perso ogni controllo. E dire che sembrava così fredda…
Mi sdraia a terra e inizia a cavalcarmi. La sua fica è rovente, sento l’uccello che quasi mi cuoce in quella fornace di carne.
Lei ansima forte e si dimena come una anguilla impazzita. Mi graffia il petto, forte, quasi volesse marchiarmi come una sua proprietà personale. E mi va bene. Sono suo.
La rigiro posizionandola a pecorina. Affondo di nuovo dentro di lei, con rudezza, proprio come desidera.
Non mi sono mai sentito così eccitato. Penso che sia una combinazione di fattori: l’aria pura, la sensazione di dominanza data dalla vetta, il corpo statuario di quella ragazza…Fatto sta che la mia Ragione è travolta da tutte quelle sensazioni, e rimane solo un primitivo istinto animale.
Ad un certo punto, lei inizia a trascinarsi gattonando, con me ancora in groppa. Cosa ha in mente?
La Ragnetta striscia fino a poggiare pericolosamente la testa sul bordo della rupe. Ora capisco: vuole aggiungere anche il senso di vertigine a tutta quella gamma di sensazioni.
E dalla posizione in cui mi trovo, ad ogni affondo anche a me casca lo sguardo nel vuoto appena sotto di noi. Provo un misto di vertigine, pericolo, dolore e piacere selvaggio, tutto fuso insieme. L’eccitazione sale a mille. Per entrambi.
D’improvviso il ritmo del suo respiro accelera. Capisco che sta avendo un potentissimo orgasmo.
– «Oh!…Oh!…Ohh…o-o-O-OH-OOOOOWWWAAAAHRRRHHHHH!!!»
Più che un grido, il suo è un ruggito. Selvaggio, animalesco, incontrollato.
Sento l’eco delle sue urla che rimbalza per tutta la vallata, devono sentirla fino in Cina…Ma chi se ne frega; qui, sulla vetta, è un mondo a parte in cui esistiamo solo io e lei.
Il suo orgasmo sembra interminabile. Sento le sue contrazioni interne sull’uccello, che lo stimolano come una mungitrice. Una cosa fantastica, mai provata.
Sento il piacere montarmi dentro, inarrestabile. Ora è il mio turno di venire. Le riverso dentro non so quanti litri di sperma.
Il mio orgasmo è di un’intensità tale che mi sento mancare. Appena esco da lei le ricado di fianco, sfinito.
Da lì in poi ho una specie di blackout mentale. In uno stato di semi-incoscienza, come in un sogno, la sento mormorare qualcosa che mi sembra “Ti alzo l’uccello“, e io rispondo “Non subito, per favore“. Poi svengo esausto.
*****
Quando mi riprendo lei non c’è più. La mia Ragnetta è già ridiscesa. Guardo a valle; non c’è più nemmeno la sua auto.
Quanta fretta, penso, ma è tipico di lei…quando non si trova su una vetta, almeno.
Eppure quassù l’aria è ancora satura del profumo del suo sesso. Lo respiro a pieni polmoni e subito il cuore inizia a pulsarmi nel petto come se fosse impazzito.
Credo di essere innamorato. Sì, sì, è così: io amo quel vulcano ricoperto di ghiaccio, quel ragno che scala le pareti come se camminasse, quella leonessa scorbutica che marca il proprio territorio con le urla dei suoi orgasmi…
Una goccia d’acqua sulla fronte mi riporta alla realtà. Mi accorgo che comincia a piovigginare.
Ridiscendo anch’io. Tocco terra giusto in tempo per non beccarmi un acquazzone.
Appena arrivo alla mia auto, noto che lei ha scritto qualcosa con un dito sulla polvere del finestrino: “SABATO PROSSIMO ALLA RUPE DI“…ma il resto è illeggibile, cancellato dalle gocce di pioggia.
Merda. MerdamerdamerdaMERDAAA!!!
Sfogo la mia frustrazione pestando i pugni contro il finestrino. Poi mi calmo. E finalmente ricordo le parole esatte che mi ha detto quando ero mezzo svenuto:
Lei non aveva detto “ti alzo l’uccello“, aveva detto “DI ALTO LIVELLO“. Ma certo, ora ricordo bene: mi stava dicendo che dovevamo ripetere quell’esperienza su una vetta ancor più alta!
Bene, Ragnetta, se questo è il prezzo per rivederti, io ci sto. Qui in giro non sono poi tante le rupi più alte di 30 metri.
E anche se fra una settimana dovessi sbagliare il posto, sono pronto a scalare tutte le fottutissime rupi del mondo ogni fottutissimo sabato, pur di ritrovarti. Poiché oggi ho capito che l’amore, il VERO amore, è questo: portarsi insieme ad un livello sempre più alto. E la nostra scalata in coppia è appena cominciata, Ragnettina mia!
Visualizzazioni:
518