Quando conobbi Anna, bionda, snella, così dolce, mi colpì subito il contrasto con sua sorella maggiore, Mila, una donna giunonica, imponente, prosperosa. Un metro e ottanta senza tacchi (Anna uno e sessantaquattro), petto florido, fianchi rigogliosi, capelli corvini, un viso cordiale, occhi verdi.
Io non è che sia proprio bassino, ma mi fermo a uno e settantasei, e non calzo scarpe con tacchi di almeno sei centimetri.
C’è, poi, il fattore ‘peso’. La piccola cara Anna pesa 57 chili, di fronte ai miei 72. La procace Mila dice di pesare, nuda s’intende, ben 83 chili e riconosce di essere un po’ soprappeso.
E’ un ‘donnone’, ma è agile, e sempre in movimento. E’ sposata con Stano, ha due figli, Mirko e Nicola, di quattordici e dodici anni, e porta egregiamente bene i suoi quaranta, sedici più della sorella, dieci più di me.
Abitiamo in città geograficamente vicine, io e Anna a Trieste, e lei, con la famiglia, a Postojna, che a me piace chiamare col nome italiano: Postumia. In fondo sono solo 50 kilometri, ma non ci vediamo più di una volta al mese.
Sono due anni che Anna ed io siamo sposati, andiamo perfettamente d’accordo, abbiamo una splendida intesa anche sessualmente, è deliziosa quando si rannicchia voluttuosamente tra le mie braccia,e le piace che le mie mani le carezzino il petto e tra le gambe. Spesso, però, in quei momenti immagino che al suo posto vi sia Mila. Il tondo e delizioso sederino di Anna si trasforma in un robusto fondo schiena, e il mio ‘kurac’ come Anna chiama vezzosamente, in sloveno, il mio fallo, fantastica per un momento di alloggiare tra le sode natiche di Mila, mentre una mia mano sente trasformarsi la tettina di Anna in una rigogliosa tettona, e l’altra vagheggia di addentrarsi nel bosco, sicuramente folto, nel quale si nasconde la turgida vulva della mia cognatona.
Pensavo a ciò, ieri sera, dopo una spettacolare cavalcata su Anna, e kurac si imbaldanzì di nuovo, rapidamente.
Anna strinse i glutei, energicamente, e voltando appena il suo visetto verso me, mi disse che era bello sentirsi desiderata ancora, e con tanta forza. Spostò indietro il bacino, con la sua manina prese il glande e lo portò all’ingresso rorido della sua ‘picka’ e con un deciso colpo di reni se ne appropriò per quanto potè. Devo confessare che nella mia mente era Mila che stavo scopando, ed era tanta la immedesimazione che mi sembrava abbracciare le sue forme opulente. Anche il capezzolino era divenuto ‘one’.
La novità, sia pure solamente immaginaria, mi fece essere più focoso del solito, e ciò condusse a un travolgente orgasmo di Anna, e ad una abbondantissima scarica delle mie seminali, che la invasero, mentre lei gemeva di piacere e mi invocava come il dio del suo sesso!
Quando ci incontravamo con Mila, ormai la seguivo in ogni movimento, mi soffermavo su ogni particolare del suo corpo, la denudavo mentalmente, e la concupivo sempre di più, tanto che fui certo che lei si accorse di questa cupidigia e dagli sguardi che mi ricambiava non credevo che rifiutasse la mia’ ammirazione.
Eravamo alla vigilia delle vacanze estive, decidemmo di andare tutti al mare, a Grado, le nostre famiglie si sarebbero fatta compagnia, e i figli di Mila avrebbero imparato un po’ di surfing, come desideravano.
Riuscimmo a trovare una bella villetta, tra la pineta e la spiaggia, e la prenotammo inviando la caparra. Un periodo abbastanza lungo, dal 21 luglio al 9 settembre. Certo, io qualche volte sarei stato costretto a tornare in città, ma Anna e Mila sarebbero state insieme.
Tutto secondo i piani prestabiliti’ o quasi.
La prima volta che andammo in spiaggia, dove avevamo preso in affitto un capanno, due ombrelloni e sdraie, rimasi piacevolmente sorpreso da Mila in costume da bagno. Era sempre un gran pezzo di donna, certamente, non è che perdeva un millimetro dei suoi centottanta centimetri, ma tutto era armonioso, sia pure nella generosità delle sue forme. Le gambe, e soprattutto le cosce, non erano grasse, e il seno ballonzolava molto meno di quanto mi aspettassi, né c’era il minimo segno di debolezza nei suoi poderosi e tondi glutei. Insomma, uno spettacolo maestoso, ma statutariamente perfetto e stuzzicante.
Indossava fin da casa il costume, poi la leggera vestaglia, e uscita dall’acqua, dopo il bagno, andava nel capanno a cambiarsi e mettere un prendisole che ne esaltava le forme e la rendeva ancor più stimolante. Pensai che era quello il momento per sbirciarla, quando si cambiava, nel capanno, e con indifferenza andai sul terrazzino in legno dov’era una sedia e un tavolino, a sedere per leggere il giornale. Anna era sul lettino, a prendere il sole, Stano e ragazzi in mare. Mila arrivò, allegra, saltellante col suo abbondante personale, e gocciante acqua. Mi sorrise, entrò’ non chiuse completamente la porta del capanno’ Era quanto speravo! La luce entrava dallo spiraglio e la colpiva in pieno. Con movimenti rapidi e precisi, tolse il costume! Una visione che neppure i pittori fiamminghi avrebbero saputo riprodurre.
Un corpo imponente. Tettone, si, ma abbastanza sostenute, appena un po’, solo un po’, di pancetta, un fitto bosco di riccioli neri dal pube alla congiunzione delle cosce, un paio di natiche tonde e magnifiche’ insomma, meglio di quanto avessi fantasticato.
Cominciò ad asciugarsi lentamente, molto lentamente. Ebbi l’impressione che stava offrendomi volutamente l’incantevole visione di sé.
Ecco, poggiò un piede sullo sgabello e si chinò ad asciugare i piedi. Il raggio di sole batteva proprio là, sulla sua vulva carnosa, che lei, col pretesto di asciugarla, mise ben in mostra, scostando le grandi labbra e abbozzando una carezza lasciva.
Deglutivo a fatica e kurac sembrava impazzito.
Mila, sempre con la massima lentezza, indossò il prendisole, uscì. Mi guardò, mi regalò uno splendido sorriso, andò a sdraiarsi sul lettino, accanto a quello di Anna.
E quel ‘tormento-estasi’ si rinnovò più volte, nei giorni successivi, ogni volta che potei.
Dopo alcuni giorni, mi chiamarono da studio, era indispensabile la mia presenza, e il caso volle che anche Stano dovesse tornare a Postojna per motivi professionali. Mila chiese ad Anna se poteva pregarla di accudire ai ragazzi. Ognuno avrebbe usato la propria auto: Stano e Mila la loro ed io la mia. Stano precisò che lui non sapeva quanto tempo si sarebbe trattenuto a Postojna. Mila restò perplessa, non volendo lasciare a lungo Anna coi ragazzi, ma io le dissi che poteva raggiungermi a Trieste con l’autobus, e saremmo tornati insieme, il giorno successivo.
Partimmo abbastanza presto, del resto da Grado al mio studio, a Trieste, ci sono solo 60 chilometri.
Prima di entrare in città, come d’accordo, ci fermammo a prendere un caffè, ci salutammo, e Mila mi disse che mi avrebbe telefonato per farmi conoscere il suo arrivo.
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Ora di pranzo, ero a studio, in riunione, mi dissero che c’era mia cognata al telefono. Andai a rispondere.
‘Ciao Marco, io ho finito tutto, penso di essere a Trieste verso le cinque del pomeriggio, passo dal tuo studio, mi dai le chiavi di casa e vado a prepararti la cena, così domani, a tuo piacimento, partiremo per Grado.’
Non mi lasciò nemmeno il tempo di rispondere, salutò e tolse la comunicazione.
Fu così che quando tornai a casa, verso le otto di sera, dopo una lunga giornata di lavoro, ma per fortuna conclusa bene, trovai Mila canticchiante, allegra, pimpante, che sfaccendava in cucina, e la tavola imbandita.
Mi venne incontro sorridente, mi abbracciò con slancio, non con la riservatezza delle altre volte, e mi stampò un grosso bacione, con le sue belle e carnose rosse labbra, sulla bocca. La guardai, colto alla sprovvista, mi sorrise ammiccando. Allora fui io ad abbracciarla, stretta, con le sue tettone più o meno sul mio petto, e ricambiai il bacio, con entusiasmo, anche saettandole la lingua tra le labbra, che si dischiusero appena ma non la accolsero del tutto.
Una mano istintivamente scese su una natica. Era tonda, soda, meravigliosa.
Si staccò dolcemente.
‘Come va Marco?’
‘Benissimo, grazie, e tu?’
‘Meravigliosamente bene.’
‘Credo che mi necessiti una doccia’. Fredda”
‘OK, va pure, ma non’ raffreddarti troppo!’
Rimasi un po’ a meditare, sotto il getto dell’acqua. Forse stavo esaltandomi, montandomi la testa, ma quello slancio di Mila mi faceva fantasticare. Perché era venuta così presto, sapendo che in ogni caso non saremmo partiti per Grado che il giorno successivo? Cos’era quell’accoglienza? Ero teso, agitato. Non vi parlo di ‘kurak’!
Indossai pantaloncini e camiciola, calzai comodi sandali, tornai verso la cucina.
Dal salotto, Mila mi chiamò.
Era seduta sul divano.
Mi guardò con un’espressione compiaciuta.
‘Sei in forma, Marco, sembri un ragazzo!’
Intanto, si era alzata ed era andata verso il frigobar.
La seguii con lo sguardo.
‘Grazie per il complimento’ la mia invece non è adulazione’ tu sei veramente splendida, incantevole”
‘Forse vuoi dire ingombrante!’
Aveva preso due coppe che erano già riempite e tornava verso me che, intanto, mi ero seduto sul sofà.
‘Lo sai che non è vero, la tua è una magnifica armonia statuaria, affascinante, seducente, provocante”
‘Bum! Sai fare credere le parole in modo perfetto, complimenti.’
Mi porse una coppa, sedette vicino a me. Alzò il calice.
‘Prosit Marco!’
‘Prosit Mila!’
Bevve un sorso e poi spinse le labbra in fuori avvisando il suo viso al mio.
Mi sfiorò la bocca.
‘E’ un nostro uso quando si brinda in due!’
‘Uso affascinante.’
E questa volta le mie labbra si posarono entusiasticamente sulle sue, mentre con un braccio la stringevo a me’ i calici rischiarono di versare quanto restava in essi.
Non si scostò subito, anzi sentii che questa volta la mia lingua era accolta’ sì’ cercata dalla sua’ Kurac era subito ringalluzzito’ Posai il bicchiere sul tavolino, presi il suo e feci la stessa cosa’ la attirai a me, ma una mano andò diritta a una sua tetta, era desiderosa di conoscerne direttamente la consistenza, e constatò, contenta, che era grossa, sì, molto grossa, ma ben soda. Trasmise la notizia a Kurac, che esultò.
Fu un bacio lungo, goloso, avido.
Quando riuscimmo a staccarci, Mila mi guardò con uno splendore mai visto negli occhi.
‘Forse dovremmo andare a cena, Marco’.’
La sua voce era bassa, un po’ roca.
Si alzò. Anche io. Mi prese la mano e si avviò verso il tinello, dove aveva apparecchiato. Calzava sandali senza tacco, ma anche così mi sovrastava di un qualche centimetro. ‘Immensità della natura’, mi venne da pensare, e nel contempo mi chiedevo se quell’opulenza si estendesse ad ogni parte di quel maestoso corpo.
Aveva allestito una deliziosa cenetta, a base di pesce, e aveva messo in fresco del bianco del Collio che legava perfettamente al cibo. Poi fragoline con panna, e caffè. Insomma, veramente gusto, raffinatezza, garbo.
‘Aspettami in salotto, Marco, sbrigo tutto e ti raggiungo.’
Andai in salotto, accesi la TV.
Non ci mise molto ad apparire. Stessi sandali, ma una vestaglia molto corta e leggerissima. Mi guardò con quel suo particolare sorriso, e venne di fronte a me, in piedi. Era uno spettacolo vederla.
Mi porse un cognac, in un bicchiere panciuto, e lei ne aveva altrettanto in mano. Una mano piccola in confronto al resto, curata ed elegante.
La guardai.
‘Lo stesso brindisi, Mila?’
Annuì, senza rispondere.
Alzai il bicchiere, si chinò per farlo incontrare col suo’
La vestaglia, tenuta in vita da una striscia della stessa stoffa, si aprì sul seno, e apparvero le due magnifiche tettone, bianche, con venuzze azzurre, grosse areole rosa e un fragolone più scuro sulla cima. Sotto alla vestaglia non indossava nulla! Restai senza fiato.
‘Allora, Marco? Prosit!’
‘Prosit!’
Fu lei a baciarmi con avidità’ e la mia mano questa volta era curiosa di sapere se la nudità era estesa a tutto il corpo, si infilò nell’apertura della vestaglia’ incontrò il caldo della pelle vellutata, la setosità dei folti riccioli che ricoprivano il pube, la carnosità turgida di due grandi labbra che non opposero resistenza e fecero subito giungere le mie dita al piccolo clitoride vibrante, all’umido di una vagina fremente.
Alzò la testa, mentre la mia mano continuava a’ frugarla’ finì di bere il cognac, mise il bicchiere sul tavolo. Lo stesso feci io.
Mi tese la mano, mi invitò ad alzarmi’ la mano che avevo tra le sue gambe uscì dalla vestaglia. Le dita erano umide, conservavano il profumo del suo sesso’ Si avviò verso la camera de letto. Anche qui aveva preparato tutto, come per la cena. Luci accese sui comodini, lenzuola parzialmente abbassate. Si voltò verso me, sbottonò la mia camiciola, la tolse la poggiò su una sedia, si chinò per togliermi i pantaloncini. Le tette fuoriuscirono completamente dalla vestaglia. Visione incantevole’ Fui io a sciogliere il fiocco che teneva chiusa la vestaglia. Un lieve movimento, e cadde sul pavimento.
Rimasi incantato, letteralmente stregato, da quella affascinante, inebriante visione.
La ‘montagna incantata’, mi venne in mente, e quello il bosco delle meraviglie nel quale si nasconde la valle del piacere, dove sgorga la fonte del godimento.
‘Sei stupendi Mila’ stupenda”
Inutile dire le condizioni di kurac, sembrava addirittura più voluminoso del solito, ma forse era l’inconscio desiderio di adeguarsi a quella ‘montagna incantata’.
Si sdraiò sul letto. Immensa.
Mi misi dall’altra parte, in ginocchio. Mi abbassai per lambire un capezzolo, ciucciarlo, dolcemente, mentre la mano la carezzava tutta, sul pancino liscio, sul pube, tra le gambe leggermente dischiuse.
La lingua lambì il suo stomaco, giuocò con l’ombelico, seguitò sperdendosi nel nero bosco e si insinuò nella valle, salutò il clitoride, e si soffermò ad assaporare l’agro-dolce del nettare che distillava dalla calda e fremente vagina.
Mila aveva messo le sue mani culla mia testa, le gambe decisamente aperte’. Gemeva sommessamente, e sentivo il suo grembo sussultare’ il gemito incalzò, sempre più, fino a divenire quasi un urlo’ ora era squassata da un orgasmo irrefrenabile, crescente, e la mia lingua raccolse la succosa testimonianza del suo piacere. Una cosa bellissima.
Le sue mani si poggiarono sulle mie spalle, mi invitarono a muovermi, a salire su lei, su quello splendido corpo eccitato e impaziente. Una mano scese ancora, cercò, trovò kurac e lo guidò nel bosco, all’ingresso della grotta della voluttà’
Incredibile, era stretto quell’ingresso, incredibilmente stretto, anche per il mio kurac che è di dimensioni più che normali. Una ‘picka’ eccezionale, che mi accoglieva con delle contrazioni sconosciute, come se lo ingoiasse piano piano, un ciucciare lungo e avido, e quando kurac giunse al fondo di picka quel poppare continuò, stupendo, voluttuoso. Giacevo su un morbido e caldo corpo che mi accoglieva come un palpitante e invitante letto vivo. Sentivo il suo grembo muoversi, le sue tettone offrirsi perché io vi premessi sopra, e le mani cominciarono ad afferrarle, stringerle, stuzzicare i capezzoli. Le sue, invece, mi carezzavano la schiena, prendevano le mie natiche e le impastavano, stringendomi forte a sé. Io avevo cominciato uno stantuffamento che andava progressivamente crescendo. Alzai gli occhi per guardarla. Era bellissima, con le labbra dischiuse, i lunghi capelli sparsi, gli occhi semichiusi, le nari frementi, e il lungo, sordo gemito che aumentava di intensità Era concentrata, intenta, a quella magnifica, insuperabile scopata nella quale coinvolgeva tutta sé stessa, dal corpo alla mente. E il suo impegno, la sua totale dedizione, il suo completo abbandono, la passione, la voluttà, si svelarono in modo fenomenale, magico, sbalorditivo, quando in preda a un lunghissimo, fantastico orgasmo le pareti della sua vagina, di pricka, sembrarono impazzite, e si misero a mungere voracemente kurac, fino a fargli spargere in lei il vischioso calore del suo seme, che si diffuse nel suo grembo; pricka sembrò dapprima aumentare le contrazioni, e poi placarsi allorché sentì dilagare in lei il balsamo paradisiaco.
Giacqui su lei, meravigliosamente. Lei seguitava a carezzarmi la schiena; io a stringerle le tette.
Era una sensazione nuova, dolce e nel contempo voluttuosa, giacere così, su una femmina del genere. Una volta e mezzo il volume della mia Anna. Kurac rimaneva beatamente nella calda e umida picka. Mi vennero alla alcune cifre. I miei poco più di 70 chili sugli 83 di Mila, e non come di solito sugli scarsi 57 di Anna. Non avrei mai immaginato che fosse così bello scalare la ‘montagna incantata’, ed ancor più penetrare nella grotta del paradiso.
Eravamo sudati, ansanti. Ci guardammo sorridendo. Mi venne da morderle le labbra, ma mi limitai ad afferrarle dolcemente tra le mie e stringerle. E lei strinse pricka!
‘Sei meravigliosa, Mila, bellissima’.’
‘Insuperabile Marco’ mi sembrava morire dal piacere’ l’ho saputo da sempre che sarebbe accaduto’ sei un fenomeno’.’
Rabbrividì, per tutto il corpo, e dentro il suo grembo che ancora accoglieva kurac.
A malincuore, sgusciai da lei, mi misi supino, e cominciai a carezzarla lentamente lungo tutto il corpo. La sua mano carezzava me’ si soffermò su kurac che a quel tocco dette subito segni di rifioritura, rapida e imponente che fosse a digiuno da mesi’
Mila lo afferrò, con dolce decisione, lo carezzò, lo lasciò, e con sorprendente agilità si spostò su me, senza premere sul mio corpo, sorreggendosi sui gomiti e sulle ginocchia. Le sue tettone mi carezzavano, i riccioli del suo pube solleticavano la mia pelle, e soprattutto kurac. Era una cosa prodigiosa, entusiasmante, sommamente arrapante. Ogni tanto si abbassava un po’ e sentivo il calore della sua carne. Era una sensazione voluttuosa, appassionante. Portò di nuovo la sua mano sul mio glande, ne abbassò delicatamente la pelle, e strusciandolo lievemente sulla sua carne, sui suoi riccioli, lo condusse tra il turgore carnoso della sue glandi labbra, al fremito irrequieto del clitoride, all’orificio palpitante della sua pricka che sembrò quasi aspirarlo in sé, appena appena. Le avevo agguantato le natiche, grosse, tonde, sode, ma rimanevo fermo. Fu lei a impalarsi sul mio fallo, con voluttuosa lentezza, fino a sedere sulle mie cosce. Era imponente così seduta, con kurac che non credeva nella rinnovata accoglienza di quello scrigno vivo e vigoroso. Mila cominciò un lento dondolio, con gli occhi socchiusi, la testa rovesciata indietro, ma poi il movimento si fece più rapido, fio a divenire galoppo sfrenato, con lei che si era di nuovo poggiata sulle mani, e le tette ballonzolanti, ne afferrai una, strinsi il capezzolo tra le labbra, succhiai con forza, con voracità, e sentivo quel succhio ripetersi in lei’ Questa volta il gemito era ininterrotto, crescente, e ad un certo momento fu invasa da contrazioni impetuose, incontrollate’. Cavalcava impetuosamente’
‘Oooooo, Marco’. Marco’..’
Sembrava volermelo svellere, come volesse trattenerlo in sé’
Il suo gemito cresceva’
‘Ooooooh” da’ da’ daaaaa’. Ooooooooooooooh!’
E giacque su me, con tutto il suo splendido e morbido peso, priva di forze’ fu percorsa da un lungo fremito quando di nuovo il seme si sparse in lei’.
Sentivo che deglutiva, ogni tanto, respirava affannosamente.
Non avvertivo il suo peso su me, era una meravigliosa femmina. Le accarezzai a lungo le natiche, stringendola a me’.
Rimanemmo così a lungo. Poi, si pose sui gomiti, riguardò sorridendo’
‘Peso?’
Scossi la testa.
‘Ho pensato che stavo mettendoti nei guai, mi sembrava di morire da piacere, ma morire veramente”
Sorrise, quasi divertita’
‘Te lo immagini, Marco, doverti scrollare da dosso una morta delle mie dimensioni, e giustificarne la presenza nel tuo letto’. Ma cosa potrei desiderare di più che uscire dalla vita godendo in tale maniera’. Grazie a te, tesoro, bambino mio’.’
E mi baciò appassionatamente. La sua risatina si ripercosse nel suo grembo, e kurac la ricambiò entusiasta. Il tempo volava rapidamente, si voltò su un fianco.
‘Abbracciami, amore”
Mi posi dietro lei. Ecco, ora vivevo ciò che avevo fantasticato.
Quelle natiche possenti erano sulle mie cosce, kurac s’era bellamente situato tra esse, e sentiva le deboli contrazioni del bocciolo di rosa che sfiorava; una mano le ghermiva una tetta e pizzicava il capezzolo, l’altra, agevolata dal suo movimento, s’era insinuata tra le gambe e le dita titillavano il clitoride.
Lentamente, senza accorgercene, fummo presi dal sonno.
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L’indomani mattina, dopo un altro frenetico e interminabile ‘incontro’, dopo che kurac si comportò al di là di ogni ragionevole aspettativa, e pricka poppò avidamente quanto ancora restava del mio seme; dopo appassionati baci, e frenetiche carezze, ci alzammo, rassettammo la camera, ripartimmo per Grado, senza fretta. E prima di entrare in paese, ci nascondemmo in un angolo della pineta per un particolare modo di dirci arrivederci: la mia mano tra le sue gambe, e kurac nella sua mano!
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