Soggiogata – il weekend.
Dopo la settimana di stravizi appena conclusa, mi aspettava un weekend di tutto riposo. Mi alzai dal letto e mi preparai il caffè.
Aspettando il borbottìo dalla moka, accesi il telefono e mi accorsi che era arrivato un messaggio: lo aprii e notai che era un mms di Derek che mi spediva la foto scattatami ieri, quella col mio buco del culo oscenamente spalancato. Ad accompagnarla una sola frase: “Ho pensato che ti avrebbe fatto piacere averla. Grazie della settimana passata”.
Con un misto di piacere e vanità femminile chiusi l’immagine e versai il caffè fumante nella tazzina.
Per tutta la mattina, però, quell’immagine proibita mi tornava alla mente. Il mio buco del culo ridotto come una galleria senza fondo era, in realtà, un buco nero che con la sua attrazione gravitazionale risucchiava in sé ogni mio pensiero, ogni mia emozione, facendomi rivivere le sensazioni del giorno prima, con quei quattro cazzi che mi sfondavano senza ritegno alcuno, e facendomi desiderare di spostare sempre più in alto l’asticella della mia depravazione…
Mi vestii e uscii, dirigendomi al minimarket che aveva ospitato il nostro incontro un paio di giorni prima; entrai e mi diressi al reparto ortofrutta, dove vidi il mio amante di colore intento a sistemare alcune cassette di ortaggi.
Mi riconobbe, e tutta la sua sicurezza svanì nel nulla. Cosa ci facevo lì in orario di lavoro? Guardandolo bene negli occhi color carbone, presi dalla cassetta una di quelle melanzane dal diametro ridotto, ma dalla forma molto allungata, e la impugnai come avrei stretto in mano un membro virile, osservandone la parte finale, tondeggiante con una piccola cavità al centro, che la mia mente perversa immaginò simile alla cappella di un piccolo cazzo equino.
I nostri sguardi si incrociarono e probabilmente il mio bel nero mi immaginava nei panni di Lucy, inginocchiata davanti a lui ad impugnargli nello stesso modo l’arnese prima di succhiarglielo affondandomelo fino in gola. E anche se l’avrei certamente desiderato, per quella mattina il mio obiettivo era proprio quello di stuzzicare la sua fantasia ed immaginare che mi avrebbe dedicato una sontuosa sega nei bagni di quel minimarket.
La mattina dopo, con una scusa, uscii di casa e mi recai in ufficio. Come qualche giorno prima, ricuperai la borsa con gli indumenti necessari alla trasformazione in Lucy e partii alla volta del parcheggio sul torrente. Questa volta non avevo a disposizione un posto dove cambiarmi lungo la strada, ma industriandomi un po’ nel parcheggio ancora deserto riuscii a compiere perfettamente la mia ormai consueta trasformazione da bruco a farfalla all’interno dell’automobile.
Portando con me un telo da campeggio, mi recai nel piccolo spazio che mi aveva visto protagonista dell’esibizione erotica di un paio di giorni prima; stesi il telo, mi tolsi le scarpe e mi inginocchiai, dando il via allo spettacolo.
Iniziai leccando e succhiando la melanzana, trattandola come un vero cazzo umano o bestiale; ne leccai la punta tonda, lo infilai in bocca cercando di ingoiarne quanto più potevo prima di essere colta da conati di vomito.
Quando poi smisi di succhiarlo e presi la boccetta del gel che avevo portato con me, lo notai.
Un movimento impercettibile tra le frasche.
Voltata in quella direzione, feci colare un po’ di gel sulla melanzana e la indirizzai verso il mio buco ormai ben allenato.
Spinsi, e con fatica sentii che lo sfintere cedeva poco alla volta all’introduzione dell’ortaggio, fino a che, superato il diametro massimo, la melanzana sprofondò di colpo in me strappandomi un gemito.
Provai ad estrarla, e notai che scorreva liberamente verso l’esterno fino a fermarsi là dove il diametro diventava maggiore, e la riaffondai velocemente fino in fondo; poi la estrassi e la infilai nuovamente come se il cazzo mastodontico di un energumeno avesse preso a scoparmi possentemente: uscendo da me manteneva solo la cappella nel mio culo e poi rientrava violentemente per tutti i suoi numerosi centimetri nelle mie budella.
Rialzai il capo, e lo vidi.
Era lì, come l’altra volta, seminascosto a spiarmi tra le foglie mentre io mi scopavo furiosamente con quel simulacro vegetale di fallo.
Con la mano libera gli feci segno di avvicinarsi, ma inaspettatamente lui sparì come la volta precedente tra la vegetazione.
“Stronzo” bofonchiai tra me, mentre spingevo la melanzana su per il mio intestino fino a lasciarne fuori solo il picciolo. Godevo come una pazza, e il mio cazzo era duro come un pezzo di legno, peccato che il guardone fosse scappato…
…uno sguardo in quella direzione mi svelò che invece il mio ammiratore era ancora lì, forse si era allontanato solo per un attimo.
Guardandolo fisso negli occhi, che intravedevo tra il fogliame, ripetei il gesto d’invito, e dopo un attimo sparì nuovamente, ma stavolta per riapparire a lato degli arbusti… e non da solo!
Due ragazzi di carnagione scura, di probabile origine araba, si stavano cautamente avvicinando a me, e i loro pantaloni riallacciati alla bell’e meglio la dicevano lunga su cosa stessero facendo fino ad un attimo fa.
Mi alzai in piedi, mantenendo la melanzana dentro di me e godendomi quel massaggio interno che l’ortaggio mi faceva, e dissi ai due: “Non è meglio partecipare, invece di restare lì a guardare lo spettacolo?”
Si scambiarono qualche parola nella loro lingua, mentre io stavo già inginocchiandomi nuovamente sul telo da campeggio, con le mani ad accarezzare attraverso la stoffa dei jeans i loro due arnesi.
Sentii la melanzana scivolare fuori dal mio sedere per quasi tutta la sua lunghezza per fermarsi là dove la circonferenza aumentava, e mentre i due arabi estraevano i loro randelli per porgermeli alla bocca, mi appoggiai su un tallone per spingere di nuovo l’ortaggio dentro di me.
Succhiavo i cazzi di due sconosciuti mentre mi sodomizzavo con una melanzana… ma non mi sentivo assolutamente a disagio. Anzi, avrei voluto che dagli arbusti spuntassero altri due, dieci, cento uomini solo per me, per avere i loro cazzi nella mia bocca e nel mio culo.
I due uomini avevano dei cazzi di buone dimensioni; sicuramente non si erano preparati ad un incontro galante, quindi non potevo pretendere che fossero lavati e improfumati, ma sotto quell’aspetto erano decisamente meglio di quanto potessi sperare.
Li succhiavo alternativamente, mentre i due si scambiavano battute per me incomprensibili, immagino apprezzamenti sulle mie qualità orali.
Ad un tratto quello che stavo pompando mi fece lasciare il suo uccello e mi fece alzare in piedi.
Mi allargarono le natiche e la melanzana iniziò a scivolare fuori, ma prima che mi uscisse interamente dal culo, mi fu infilata nuovamente dentro con un colpo secco.
Mentre uno dei due mi sosteneva abbracciandomi, l’altro sfilava e infilava nuovamente la melanzana con affondi violenti che non trovavano alcuna resistenza da parte del mio sfintere ormai completamente dilatato, provocandomi un godimento selvaggio che esprimevo con gemiti incontrollati.
Poi, improvvisamente, la melanzana mi fu sfilata per intero da quel budello rovente lasciandomi per pochi secondi col buco spalancato, e mi venne in mente l’immagine del telefonino di Derek. Ma fu un attimo: mi fecero mettere a quattro zampe e il posto lasciato vacante dall’ortaggio fu occupato da venti e più centimetri di carne maschia che sprofondarono in un colpo solo nelle mie budella.
Urlai il mio godimento, e incitai i due a riempirmi ogni buco possibile, venendo prontamente accontentata: il secondo uomo mi infilò il suo cazzo in bocca per farselo succhiare nuovamente.
Infilata davanti e dietro da quei due cazzi come su uno spiedo, incassavo i colpi nelle mie reni e nella mia bocca senza oppormi. Al contrario, cercavo di andare incontro al cazzo che mi sfondava l’ano per riceverlo ancora più a fondo dentro di me.
Mi accorsi che i due avevano deciso di scambiarsi i ruoli solo perchè rimasi per un attimo con la bocca libera e spalancata, come quella di un pesce fuori dall’acqua, fino a che fu riempita dal cazzo che mi era appena uscito dal culo ormai insensibile. Là dietro, invece, il cazzo che stavo succhiando fino ad un attimo prima mi era stato infilato fino all’elsa riprendendo il lavoro di pistonamento abbandonato dal compagno.
Non ero più in grado di intendere e di volere, il dolore e il piacere si confondevano in un’esplosione di luci colorate e non mi resi nemmeno conto che i due erano ormai alle soglie dell’orgasmo, che si riversò in caldi fiotti cremosi nel mio culo e nella mia gola.
Non so quanto tempo passò, ma riaprii gli occhi e il sole era alto.
Estrassi a fatica la melanzana dal mio culo devastato, dove i due uomini l’avevano infilata a forza dopo avermi riempita col loro sperma e mi rialzai dolorante e con le calze letteralmente a pezzi, dirigendomi verso l’auto.
Domenica sera, Derek era con i suoi amici in birreria. Il telefono squillò annunciando l’arrivo di un messaggio.
“Domani sera, solita ora, scegliete voi il posto. Lucy”