Pansessualismo, cioè riconoscere nell’istinto sessuale l’origine e la causa primaria del comportamento degli individui.
Istinto, tendenza innata.
Impulso, sollecitazione interiore più forte della ratio, della ragione.
Ma è proprio necessaria questa prefazione?
Forse no, perché le manifestazioni sessuali, che iniziano alla nascita, sono quelle maggiormente diffuse sulla terra.
Prendiamo le statistiche e le osservazioni demografiche che si riferiscono alla razza umana.
Tenuto conto del numero di uomini e donne viventi in tutto il mondo, dell’età, dello stato di salute, degli impedimenti temporanei, delle regioni, delle etnie, degli usi e costumi, si è giunti alla conclusione che sul nostro globo si hanno cinquecentomilioni (mezzo miliardo) di rapporti sessuali al giorno. Cioè quasi ventunomilioni l’ora, 347.000 al minuto, quasi 6.000 al secondo.
Mentre leggete queste poche parole, mentre contate fino a cinque, trentamila persone si stanno accoppiando, quindicimila eiaculazioni, e poiché il liquido seminale emesso ogni volta varia da 2 a 5 centimetri cubici, prendendo per media 3 centimetri cubici, si ha che nello stesso periodo, cinque secondi, scorrono 45 litri ‘quarantacinque!- di sperma.
Tutto ciò non per giustificare ‘perché non c’è nulla da giustificare- ma solo per spiegare che l’attività sessuale è la più diffusa al mondo, la più naturale, la più istintiva, e che nulla ha a vedere con la ratio: è un impulso, un istinto, una normalità, risponde alle necessità previste e imposte dalla natura.
Per vivere dobbiamo respirare, nutrirci.
Per dare la vita dobbiamo accoppiarci.
Prosecuzione della specie, dettato della natura, e per questo l’atto sessuale è così piacevole, attraente, appagante, altrimenti le specie viventi, molto probabilmente, sarebbero già estinte.
Non per niente si parla di ‘appetito sessuale’. Appetito, cioè sensazione che accompagna un bisogno da soddisfare.
I punti essenziali sono, dunque, ‘bisogno’ e ‘soddisfare’.
Quando hai sete sei certamente attratto da una sorgente limpida e pura, fresca e spumeggiante; da una bibita gradevole. Ma se hai la gola inaridita, e stai boccheggiando per mancanza di un liquido che spenga la tua arsura, anche una pozza melmosa fa al caso tuo, anche la tua stessa orina.
Quando le budella si torcono per la fame, non ti fermi dinanzi a nulla, neppure di fronte al cannibalismo.
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Gli Stein erano una famiglia quieta. Gente tranquilla, educata, cortese ma non portata a rapporti confidenziali con gli estranei.
Erano alcuni anni, ormai, che curavano la loro ‘Oreficeria’, in una via molto commerciale. Un negozio a tre porte, abbastanza elegante ma senza alcuna ostentazione di lusso o pretesa. Oggetti di ottima qualità e fattura, a prezzi abbordabili per la variegata clientela.
Certo, chi avesse voluto gioielli preziosissimi, di quelli che costano cifre iperboliche, non li avrebbe trovato dagli Stein, anche se erano ben esposti orologi di gran marca e pietre da diverse migliaia di euro.
In negozio c’erano, in genere, David e Anna, e il loro vecchio commesso.
David e Anna s’erano sposati venti anni prima, lui poco più di venti, lei diciotto, e dopo un certo periodo trascorso in casa dei genitori di David, e dedicato a raffinare la conoscenza dell’arte e del commercio dei gioielli, nel grande laboratorio di Gioacchino Stein, detto il vecchio, s’erano messi in proprio.
Bila, la prima figlia, frequentava il primo anno di Scienze della comunicazione, a diciannove anni.
Cesare, diciotto, stava terminando il liceo.
Vita abbastanza appartata.
I giorni di festa li trascorrevano a casa di Gioacchino, il vecchio.
I genitori di Anna erano tornati nella loro città natale, Trieste.
Abitavano verso la periferia, un appartamento molto ampio, all’attico, ma con un pezzetto di giardino. Il tutto affidato alle cure di Anna, la domestica, che andava al mattino, si occupava di ogni cosa, e la sera se ne tornava a casa sua.
Avevano acquistato quella casa in fase di costruzione, e, quindi, era stato possibile, pur nel rispetto dei muri maestri, suddividerla a loro piacimento.
Due porte, sul pianerottolo, una per il lato giorno, ingresso, cucina, tinello, salotto, sala da pranzo, bagno, studio di David; l’altra per il settore notte, tre ampie camere da letto, con angolo studio per i ragazzi, e ognuna col proprio bagno. La matrimoniale era in fondo al corridoio.
Quando giungeva a casa, David diceva che era nella sua ‘Torre’, nel suo regno, nella sua fortezza, nel suo ‘quadrato’. Perché la Torre di David era quadrata. E il balcone che girava tutto intorno, era il suo camminamento, punto di osservazione e di dominio.
Dominio che esercitava anche in casa, dolcemente, patriarcalmente, accettato da tutti, non subito.
Anna e Bila erano due gocce d’acqua, viste da dietro non si distinguevano. Stesso aspetto fisico, stessi capelli, stesso modo di camminare. Nessuna differenza nelle deliziose proporzioni del corpo. Solo nel volto si poteva appena scorgere la differenza di età.
Potevano scambiarsi gli abiti senza problemi.
Quando erano nella cabina della piscina, nude, era ancora più difficile distinguerle. Pelle non molto chiara, liscia come il velluto della pesca, fianchi meravigliosamente disegnati, glutei scultorei, seno non troppo voluminoso, con lunghi capezzoli, a oliva, e senza necessità di sostegno alcuno. Neppure per Anna. Identico il boschetto di riccioli che adornava il pube, e ventre liscio. Non una smagliatura in Anna, madre due volte.
Donne meravigliose, affascinanti, eccitanti, attraenti, desiderabili.
David portava egregiamente i suoi ‘anta’ e aveva un volto sereno, con un’espressione decisa, non prepotente o autoritaria.
Cesare era il più alto di tutti, con un fisico prestante, senza superflua muscolosità. Volto tranquillo, occhi vivaci, intelligenza acuta, pronta, perspicace.
C’era, nel loro modo di vivere, molto affiatamento, e un certo ché di primitivismo nel comportamento. Nessun conformismo ipocrita verso quello che era naturale. E ciò che era naturale lo era per volontà del Signore. Quindi non poteva essere riprovevole. Ed è bello esaltare l’opera del Signore.
Cosa di più bello e grande della creatura creata da Dio, a sua immagine e somiglianza?
Perché nascondere questo capolavoro divino?
Quindi, osservare le farisaiche convenzioni in pubblico.
Essere liberi, sentirsi liberi in privato.
Si poteva girare per casa nudi.
Niente chiavi alle porte.
Docce senza tenda.
Sì, va bene, d’accordo, ma, come si è detto, la natura, almeno quella umana, ha le sue caratteristiche, le sue repulsioni, ma anche le sue attrattive.
Il corpo di una femmina è un’attrazione naturale per un maschio.
E viceversa.
Anche fare l’amore, accoppiarsi, è una cosa naturale, e David e Anna non soffocavano certo le loro manifestazioni di godimento sessuale. La porta era chiusa, ma gemiti e mugolii, sospiri ed esclamazioni liberatorie, a testimonianza del loro appagamento, si propagavano chiaramente per casa, fin dentro le camere dei figli.
Era normale, naturale, logico che mamma e papà si unissero carnalmente, formassero una carne sola, ma da un certo momento in poi le reazioni andarono sempre più crescendo.
Bila avvertiva un certo vellichio tra le gambe.
Cesare doveva attendere che le sue erezioni si quietassero.
Bila considerava il fallo del padre come l’artefice della sua esistenza, ma anche come soluzione del ‘problema sessuale’.
Cesare sapeva che era nato dal grembo della madre, quel bellissimo grembo impreziosito dai riccioli neri, ma sapeva anche che era lo scrigno dove uno scettro virile poteva trovare pace.
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Era nelle cose.
Anna a negozio.
Cesare a godersi il riposo dopo gli esami di stato, al mare con gli amici, sarebbe tornato l’indomani.
Anna al supermercato, per le compere.
David, con la sola lunga camiciola, sbottonata, una specie di palandrana bianca, di tela, che arrivava al ginocchio, era intento a far colazione.
Bila uscì dalla sua camera per andare alla doccia del fratello perché la sua era guasta dal giorno prima. Vide il padre, nel tinello, si avvicinò per salutarlo, per dargli il bacio del buongiorno. Aveva un asciugamani a spugna sul braccio, niente altro!
Si chinò, lo baciò sulla guancia.
‘Ciao papà!’
Gli occhi di David la guardarono da capo a piedi, soffermandosi, compiaciuti, sul seno, sui fianchi sulle natiche, sul triangolo nero che partiva dal pube e andava a nascondersi tra le gambe.
‘Ciao, piccola!’
La mano di David carezzò la schiena di Bila, si soffermò, palpeggiandolo, sul sedere. Il suo fallo fece capolino dalla camiciola, poi si eresse del tutto, decisamente.
Bila lo guardava, ne era affascinata e impaurita nel contempo, non sapeva cosa fare.
La sua voce era impacciata, un po’ roca, e sentiva più prepotente che mai quel friccicore tra le gambe e il sesso che si contraeva.
‘Vado fare la doccia da Cesare perché la mia non funziona”
David le prese la mano.
‘Non scappare’ resta qui’ fammi un po’ di compagnia.’
L’attirò verso di sé e la fece sedere sulle sue ginocchia nude, col grosso fallo sulla schiena di lei.
Bila si voltò appena, a guardarlo, senza parlare.
Era la prima volta che la sua pelle, il suo corpo, era a contatto con quel grosso attributo maschile. Era duro, per quel che poteva percepire.
David le carezzò le tette, dolcemente, le strinse i capezzoli che, intanto, erano divenuti più scuri e turgidi, fece scendere la mano sul ventre, sul pube, tra le gambe che, aprendo le sue, le fece dischiudere, e le titillò il piccolo clitoride, sentì la linfa che stillava dalla vagina.
Bila non riusciva a stare ferma, cominciò a muovere il sederino.
David la fece alzare, voltare, mettersi a cavallo delle sue gambe.
Ora il fallo si ergeva tra loro.
Lui le baciò i capezzoli, li succhiò.
Sentiva Bila che respirava sempre più affannosamente, che si muoveva.
La spinse un po’ indietro, portò il suo glande violaceo tra le piccole rosee labbra della ragazza.
Bila lo guadava sorpresa e soggiogata, ansiosa e apprensiva, desiderosa e timorosa.
Quel coso era immenso, come la testa di un fungo, e il resto era in proporzione. Era caldo, lo sentiva all’orifizio della sua vagina.
Lei era vergine!
Non era stato facile giungervi fino alla sua età, ma aveva sempre pensato che era qualcosa da donarsi solamente a chi si ama, a chi si vuol bene. A chi, una figlia, può volere più bene che al proprio padre? Quale maggior dono poteva fargli per dimostrargli quanto grata gli fosse di averla messa al mondo?
David la fissò negli occhi, le pose le mani sui fianchi, l’attirò a sé, si spinse verso lei. La penetrò!
Una piccola resistenza naturale, una lieve contrazione, un fugace mordersi il labbro inferiore, e poi la gioia di sentire in sé un maschio, non uno qualunque, il padre. Quel fallo che le aveva data la vita tornava a darle la vita, in modo diverso, deliziosamente. Era bellissimo. Si avvinghiò a lui, si lasciò guidare nei movimenti dalle mani che le abbrancavano i glutei, si accorse di gemere, sommessamente, il piacere stava sommergendola, un godimento inimmaginabile.
David, pur travolto dai sensi, stava pronto a sfilarsi da lei, al momento giusto, onde evitare complicazioni. Bila era stata percorsa come da una scarica elettrica che testimoniò il suo primo e sconvolgente orgasmo, aveva gli occhi chiusi, e dalle labbra usciva come un lungo e sommesso lamento.
Ecco, ora David doveva uscire da lei.
Come se lo intuisse, Bila si strinse ancor più al padre, spinse decisamente avanti il suo bacino, e un fiotto di liquido caldo la invase, incantevolmente.
Quando, a malincuore ed anche preoccupato, Davide estrasse dal meraviglioso corpo della ragazza, ancora inebriata, il suo fallo, dalla vagina gocciolò sul pavimento qualcosa di viscido con impercettibili tracce ematiche.
Davide fece alzare Bila, l’abbracciò, le cinse la vita.
‘Vieni con me, bambina, devi fare una lavanda con un preparato antispermatico’ subito!’
La condusse nel suo bagno, preparò tutto lui, fece tutto lui.
Bila era aveva un’espressione trasognata.
Baciò suo padre.
‘Grazie, papà, è stato bellissimo.’
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Se scopri il sapore del dolce lo cercherai dovunque.
E’ un proverbio tuaregh.
Bila sapeva che esisteva il dolce, ma non lo conosceva, né immaginava che fosse così delizioso.
Si era nel periodo della chiusura feriale dei negozi.
David Stein aveva progettato una crociera, per tutta la famigBila.
Partenza da Genova, Lisbona, Madera, le Canarie, Casablanca, Tangeri, Ibiza, Genova.
Due settimane.
Poiché durante la crociera non avrebbe avuto modo di ‘appartarsi’ con Bila, come ormai accadeva da qualche giorno, appena possibile, pensò di farsi una bella abbuffata di sesso con la figlia, nel residence che aveva appositamente locato. Un po’ fuori mano, ma anche lontano da occhi indiscreti.
Bila aveva cominciato a prendere regolarmente la ‘pillola’ e non disdegnava nel modo più assoluto le attenzioni paterne.
La sua esuberanza giovanile, il suo temperamento, le facevano apprezzare i piaceri del sesso, e diveniva sempre più una valida amazzone, quando cavalcava l’ancor baldo genitore, impalandosi golosamente sul suo fallo rubizzo.
David le disse che sarebbero state due lunghe settimane di astinenza.
Lei lo ascoltò, sorrise.
Avrebbe condiviso la cabina con Cesare, e a quanto aveva visto, gli argomenti fraterni non avevano nulla da invidiare a quelli del padre. Anzi! Aveva visto quale antenna si levava dalle gambe di Cesare, mentre lui era intento a farsi la doccia e a carezzarsi l’uccello.
Cesare aveva notato le maggiori attenzione che sua sorella aveva per lui, e non gli dispiaceva vederla girare, appena possibile, tutta nuda per casa. Era una visione da incanto alla quale non restava insensibile. Più di una volta era stato tentato di andare nella camera della sorella, mentre lei era a letto, e di farle conoscere che sorta di pestello ardente poteva fornirle.
Poi s’era trattenuto, anche perché, doveva ammetterlo, mamma Anna lo eccitava ancora di più.
Bisognava andare al mare a prendere i costumi da portare in crociera.
Anna sapeva dove fossero, ci sarebbe andata lei.
Cesare si offrì di accompagnarla.
Lungo la strada, in auto, Cesare trovò mille scuse per palpeggiare la coscia della mamma, che seguitava a guidare senza staccare gli occhi dalla strada. Lui ne profittò per dirle che la scollatura non andava bene, con conseguente tastata di tetta, poi che c’erano pieghe sul vestito, e relativo passaggio della mano sul ventre, sul pube e, come poté, tra le cosce.
Fu allora che Anna lo guardò in un certo modo.
‘Finita l’ispezione, Cesare?’
‘C’erano delle piegoline!’
‘Sembra che tu non mi conosca, che stai scoprendomi oggi.’
Lei aveva ben compreso che quei toccamenti erano assolutamente vogliosi, e s’era accorta che qualcosa era lievitata nei pantaloni del ragazzo.
Seguitava a guidare e pensava: ‘hai capito il ragazzo, si eccita con la mamma, devo vedere fin dove arriva, devo provocarlo’!
Nella casa al mare Anna trovò subito quello che cercava, era tutto nell’armadio della sua camera.
‘Cesare, vieni qui, ho trovato i costumi.’
Cesare la raggiunse.
Ce ne erano parecchi, interi o due pezzi. Anche quelli di Bila, i suoi, e del padre.
‘Li mettiamo nella borsa, ma’?’
‘Forse è meglio provarli, perché se non mi vanno bene è inutile portarli, posso comprarne degli altri. Prova anche i tuoi.’
Mentre parlava era andata spogliandosi, rimanendo nuda, e guardava Cesare.
‘Dai, Cesare, spogliati, prova i tuoi costumi.
Mi stai guardando come se non mi avessi visto mai così.’
Il ragazzo si spogliò.
Aveva deciso che doveva far capire alla madre che non poteva più mostrarsi a lui in quella tenuta, lui non era più un ragazzino.
Il suo sesso era ben eretto, e sembrava un boma sporgere dalla prua.
‘Sono spogliato, ma’!’
‘Lo vedo’ lo vedo’ e vedo anche che sei ben fornito’ accidenti”
Anna era abbagliata da quella visione.
Pensò che era meglio voltarsi e infilare un costume. Si chinò per infilare un piede nello slip’ ma nello stesso tempo sentì tra le sue natiche infilarsi un grosso palo di carne, con una poderosa capocchia vibrante.
Rimase impietrita, non sapeva se alzarsi, voltarsi, ribellarsi, cosa fare.
‘Te l’ho detto che non sono più un ragazzino’!’
‘Lo sento, figlio mio, e come se lo sento.
Buono, fammi voltare”
Cesare indietreggiò appena. Anna si voltò. Il figlio era li, incombente.
La spinse dolcemente verso il letto, sul letto.
Anna cadde seduta sulla sponda, sempre più stregata da quello spettacolo. Il suo ventre era in tumulto, sentiva una irresistibile attrazione per quel ‘coso’, maniacale, ossessiva, urgente.
La sua vagina era rorida, beante, implorante.
Cesare la fece sdraiare, con le gambe penzoloni. Le alzò le gambe e le mise sulle sue spalle. Di fronte a lui l’incantevole sesso di Anna che sembrava paralizzata.
Cesare indirizzò il suo glande alla rosea e fremente vagina, e lì, da dove lui era sortito al mondo, infilò il suo considerevole sesso, che sembrava perfino sproporzionato in relazione al suo corpo.
Anna s’inarcò, attese che Cesare s’introducesse il più possibile.
Lui cominciò un andirivieni lento e deciso.
Lei provò un godimento immediato, improvviso, ed ebbe subito un orgasmo voluttuoso, meraviglioso.
Non ebbe il tempo di rilassarsi, quel pestello infuocato la stirava fin nelle più recondite pieghe del suo grembo, la faceva impazzire.
Ecco, lo sentiva, Cesare stava per inondarla.
La invase col suo seme che sembrava non finire mai.
Rimase così, a lungo.
Il ragazzo stava considerando che, vista la posizione, e la resistenza del suo sesso, era, forse, il momento di cambiare buco.
Poi pensò che era meglio a rinviarlo ad un’altra volta.
Perché, era certo, non sarebbe rimasto un episodio isolato
Si allontanò piano piano dalla donna, e le abbassò delicatamente le gambe, ma non resisté alla tentazione di chinarsi su lei e succhiarle una tetta.
Anna lo carezzava teneramente.
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La ‘Dream Boat’ era una moderna nave da crociera, senza l’inutile e dispendioso sfarzo che serve solo ad abbagliare.
Cabine abbastanza vaste e confortevoli, personale efficiente e premuroso, un programma interessante, sia per la vita di bordo che per le escursioni programmate.
C’era un po’ di tutto: palestra, piscina, cinema, salone per il night-show, saletta con DJ, biblioteca, ed anche più. Non mancavano le attrezzature e il personale per la cura del corpo e dell’anima.
Gli Stein furono accompagnati nelle loro cabine.
Matrimoniale quella di David e Anna; twin per Bila e Cesare.
Imbarco nel pomeriggio, il tempo per sistemarsi, un rapido giro per la nave, senza intralciare le operazioni che precedono la partenza, prenotazione dei posti in Sala da pranzo, turno unico.
Alle 19, nel cinema, ad anfiteatro, saluto del Comandante, spiegazioni e raccomandazioni del Commissario di bordo.
Alle 20, il ‘diner’, e partenza.
Bila e Cesare disfecero il bagaglio, sistemarono alla bella e meglio le cose negli armadi, andarono nel bagno per una rinfrescata.
Cesare, a torso nudo, si lavava al lavandino; Bila sedette sul vaso per fare pipì, si asciugò, si alzò, tirò su le mutandine.
‘Dai, fratello, devo levarmi anche io.’
Con l’asciugamano al collo, Cesare si avvicinò, a sua volta, al vaso, abbassò la zip, e si accinse ad orinare.
Bila lo sbirciò.
‘Però, hai una bella proboscide! Figuriamoci quando s’arrapa!’
Cesare seguitò, senza rispondere.
Quando passò dietro la sorella, le dette una lunga e diligente palpata al sedere.
‘Anche tu, però, non scherzi.
Se il tuo cuore è duro come le tue chiappe non c’è niente da fare per gli uomini.’
‘Sta sicuro che il mio cuore è tenerissimo, di panna!’
Cesare andò a sedere sul letto.
‘Bila, ma è vero che sei ancora vergine?’
‘Chissà!’
La ragazza s’era asciugata il volto, era presso la toletta per un leggero trucco.
Lui s’era rivestito.
Erano pronti per un giretto.
Andarono sulla passeggiata.
Non ritennero di scocciarsi ascoltando Comandante e Commissario, che accoglievano i croceristi e illustravano il programma. Raggiunsero i genitori quando già erano a tavola.
Cucina accurata, servizio impeccabile.
Alle 21,30 c’era lo spettacolo, in salone.
Bila e Cesare dissero che loro preferivano andare in discoteca.
Prima, però, un giretto sul ponte per vedere la terra che si allontanava, le luci della città che divenivano sempre più fioche.
Su quella nave avrebbero trascorso due settimane.
Avrebbero toccato porti sconosciuti, ma c’era pericolo di annoiarsi, in navigazione.
Nella mente dei due ragazzi era sempre vivo, fortemente, il ricordo delle loro recenti avventure sessuali, e acuto il rammarico che sarebbero state due settimane di castità forzata, a meno che non ci fosse stato un po’ di movimento tra la loro cabina e quella dei genitori.
Nella mente di Bila rimuginava la domanda di Cesare: ‘è vero che sei ancora vergine?’ Perché, se non lo fosse stata lui ci faceva un pensierino?
Adesso, il pensierino lo stava facendo lei.
Quattordici giorni e quattordici notti nella stessa cabina, con una promiscuità ben diversa di quella pur goduta in casa.
Però!
Il solo pensiero l’eccitava.
Erano affacciati al parapetto, e fu spontaneo avvicinarsi ed abbracciare il fratello.
Forse pensavano la stessa cosa, perché Cesare le cinse la vita, le carezzò il sedere, la strinse a sé.
Entrarono in discoteca, ma c’era qualcosa che li rendeva inquieti, insoddisfatti. L’ambiente era grazioso, accogliente, ma loro trovarono subito da criticare, musica, luci, persone’.
‘Io me ne andrei a letto.’
Disse Bila.
‘Ma, sì, è meglio così, anche perché oggi è stata una giornata abbastanza pesante.’
Scesero nel loro alloggiamento.
Solo un tenuissimo chiarore della luna entrava dagli interstizi della serranda della finestra-oblò.
La cabina era quasi completamente all’oscuro.
‘Cesare?’
‘Si?’
‘Sei sveglio?’
‘Si!’
‘Non hai sonno?’
‘Non molto, e tu?’
‘Neppure. Mi sento come estranea in questo ambiente, ho un certo senso di paura.’
‘Paura di che?’
‘Non lo so! Sono agitata’ Posso venire da te? Mi abbracci?’
Quella richiesta provocò un’immediata erezione, a Cesare.
Bila nel suo letto!
Con gesti rapidi e precisi, tolse i pantaloni del pigiama e li fece andare in fondo al letto.
Il suo pisellone era pronto per strusciarsi sulla pelle vellutata di Bila.
‘Certo, sorellina, vieni.’
Bila si alzò dal suo letto, e andò in quello del fratello.
Indossava una cortissima e leggera camiciola da notte.
Non appena fu a fianco di Cesare, sentì il fallo di lui proteso come il braccio di una gru, una di quelle mastodontiche, come le aveva visto nel porto da poco lasciato.
Si voltò verso il fratello, su un fianco, prese delicatamente quel randello e lo sistemò tra le sue cosce.
A Cesare pareva morire.
Il suo fallo era vicino alla vulva di Bila, ne sentiva i riccioli, il tepore delle grandi labbra.
Allungò la mano e carezzò la schiena della ragazza, scese alle natiche, l’accostò ancora di più a sé.
Bila non stava ferma, si muoveva, era inquieta.
‘Stenditi, Cesare.’
Si allontanò un po’, per fargli posto.
Cesare si mise supino. Ma cosa voleva fare Bila?
Lei, intanto, aveva tolto la camicia e gettata sul pavimento.
Come Cesare fu disteso, Bila montò su di lui, a gambe larghe, poggiata sui ginocchi. Prese il fallo vibrante e lo portò alle sue piccole labbra, vi si impalò lentamente, anche per la dimensione, attenta che non le premesse troppo sul collo dell’utero.
Cesare la guardò, sorpreso, stupito.
‘Allora’ Bila”
‘Dai’ adesso non pensarci’ dai’ ma fa piano con questo palo, lascia che mi muova io.’
Lo cavalcava magistralmente, mungendolo in modo delizioso.
Cesare era attonito, estasiato.
Qualcosa di imprevedibile, di inatteso, ma meravigliosa.
Il piacere che sapeva dargli Bila era al di sopra di ogni immaginazione.
Ed aumentava ancora, sentendo lei che fremeva, sempre di più, fino a gettarsi su di lui in preda a un incredibile impetuoso orgasmo, che si rinnovò quando le dighe del seme di Cesare saltarono e lo sperma si riversò in lei, invadendola.
Non si rilassò subito, Bila.
Quando si calmò l’affanno, guardò Cesare, lo baciò voluttuosamente, lo carezzò, si alzò lentamente, si mise su un fianco voltandogli le spalle.
Cesare fu prontissimo a piazzare la sua asta tra quelle splendide natiche, abbracciò la ragazza, e mentre con una mano le impastava le tettine con l’altra le frugava tra le gambe.
‘Bila, sei splendida.
Ma da quando’?’
‘Da non molto.’
‘Posso sapere con chi?’
La voce di lei era calma, incolore.
‘Con papà!’
Lui alzò un po’ la testa.
‘Con papà?’
‘A chi fare dono di sé (dono che si può fare una sola volta nella vita) se non a colui che ha dato la vita? E’ una sensazione unica sentire in sé l’artefice della tua esistenza, conoscere il seme per il quale sei nata.
Ma tu certe cose non le puoi capire.’
‘Invece le capisco.’
‘Come puoi conoscere una tale emozione!’
‘Non la stessa, logicamente, ma una analoga.’
‘Analoga?’
‘Perché hai fatto l’amore con me?’
‘No.
Perché l’ho fatto con mamma!’
‘Tu hai’ hai’ insomma’ con mamma?’
‘Certo!
Ho conosciuto il luogo incantevole dal quale sono venuto al mondo.’
Anche in questo campo, nella femmina prevalse il complesso di essere la migliore, la più bella, la prediletta.
Cesare doveva esprimere la sua preferenza.
Del resto neanche le dee elleniche erano immuni da questa vanità; la guerra di Troia, che tanti lutti addusse agli Achei, scoppiò proprio perché Elena fu anteposta ad altre donne, pur bellissime.
La voce di Bila divenne carezzevole.
Strinse i glutei intorno al sesso di Cesare.
‘E’ chi ti è piaciuta di più’ io o la mamma?’
Molte cose dipendevano dalla risposta di lui.
Non voleva giocarsi i favori della sorella anche perché, riconosceva, era una femmina passionale e calda, soddisfacente, appagante; né poteva, però, disprezzare la madre, sia perché non lo meritava affatto, anzi, sia perché in un modo o nell’altro Bila avrebbe trovato il modo per farglielo sapere. E allora, addio a quegli incontri, irresistibili e maliosi.
‘Due bellissime cose, entrambi, ma diverse tra loro.
Come gustare due ottimi vini, assaporarli, centellinarli, degustarli, goderli.
Un vino fresco, frizzante, inebriante, che più ne bevi e più vorresti berne; l’altro corposo, come se fosse denso, pastoso, carezzevole, caldo, riposante.
E tu, piuttosto, cosa mi dici del paragone?’
‘Un po’ quello che dici tu.
Mi fate impazzire tutti e due.
I brividi sono diversi: quello che può darti un comodo, confortevole viaggio in Roll Royce, dove ti senti protetta, coccolata; quello di una corsa emozionante su una sprintosa Maserati dodici cilindri.’
‘Questione di’ cilindrata?’
‘Vedi, Cesare, il sesso femminile ha, logicamente, la sua dimensione, il superfluo, quindi, non serve a nulla.
E’ vero che il kamasutra parla delle dimensioni dei due sessi per stabilire un accoppiamento ideale, ma non è altrettanto vero che le femmine ambiscano falli mostruosi.
Un nostro vecchio proverbio fa dire alla donna: ‘non grosso che turi o lungo che sfondi, ma duro che duri’.
Il sesso maschile viene spesso chiamato ‘uccello’: dunque, non minuscolo come uno scricciolo o ingombrante come un condor; piuttosto che sappia volare alto, che abbia occhio acuto, come un’aquila.
Le inglesi affermano che l’ideale, in materia, sta tra il king-size e pint-sized prick, più o meno tra l’extra large e lo small.’
‘E come classificheresti me e il paterno genitore?’
‘Tu sei certamente ‘large’, e come; pa’ ci si avvicina.’
Il glande di Cesare sentiva piacevolmente il contrarsi delle natiche di Bila, e il desiderio di rifugiarsi in lei andava rapidamente crescendo.
Cesare la strinse a sé.
Avvicinò le labbra all’orecchio di lei.
‘Sorellina, hai dato un bellissimo dono a pa” ma non vorreste farne uno anche al fratellino? Del resto abbiamo la stessa carne, per te nessun altro, nella tua vita, può essere come me.’
Anche Bila stava nuovamente e fortemente eccitandosi, un altro sexual round non sarebbe stato male.
Voce calda, suadente.
‘Ma l’hai avuto un mio regalino, Cesare’ non ti è piaciuto?’
‘E’ stato meraviglioso, piccola, ma tu puoi darmi di più. Le tue primizie non sono finite!’
Il glande premeva sul suo roseo buchetto che custodiva tra i glutei.
Bila capì le intenzioni di Cesare.
Il fratellino voleva la primizia del suo sederino.
Così, le sue primizie sarebbero state tutte prodigate in famiglia.
‘Ma tu mi squarceresti, tesoro Già non è stato semplicissimo accoglierlo nella vagina, che pur è destinata a dilatarsi per la sua funzione generatrice. Lì non credo che sia possibile farlo entrare. Lo sfintere si strapperebbe.’
‘Proviamo, amore’ se mi dirai di fermarmi, ti ubbidirò”
Cesare mise due dita nella vagina di Bila e le estrasse intrise del più efficace dei lubrificanti: il liquido seminale. Le portò al buchetto della ragazza, lo cosparse intorno all’orifizio, col dito penetrò dentro, e girò intorno.
Poi fu la volta di una grossa porzione di saliva.
La penetrazione delle dita ‘questa volta due- fu abbastanza agevole.
Anche il glande fu ricoperto di saliva.
Dilatò le natiche della ragazza e poggiò il glande vicino al buchetto, spingendolo appena, introducendone solo una piccola parte.
Ancora con le labbra vicino all’orecchio di Bila.
‘Un lungo respiro, profondo, e premiti come se’.’
Bila ubbidì, trepidante e nel contempo fremente.
Cesare le carezzava il clitoride, lo stimolava.
Bila sentì una poderosa spinta e come se una locomotiva sbuffante entrasse nella sua galleria, nel suo corpo.
Era lunga, non finiva mai.
Le dita di Cesare titillavano sempre più frenetiche, poi s’infilarono nella vagina.
Si rilassò, la ragazza, il fastidio cominciava a scomparire, si trasformava in piacere.
Si, stava godendo. Si muoveva anche lei. Il suo grembo palpitava, sembrava che grosso fallo carezzasse l’interno del suo sesso.
Ecco, stava venendo, si’ gemette, sempre più forte.
Nello stesso momento che fu raggiunta dall’orgasmo, l’altra parte veniva inondata dall’instancabile Cesare.
Il ragazzo rimase avvinghiato al corpo della sorella.
Anche per lui quella era la sua prima esperienza del genere.
Chissà se sarebbe stato così bello anche con la mamma!
Bila era piacevolmente sorpresa dal piacere che ne aveva tratto.
Chissà se sarebbe stato così anche col padre!
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