“Un urlo emozionato le uscì dalla bocca, mentre stava sborrando sul muro di piastrelle bianche, e piano piano anche il suo buco si stava rilassando, perciò…”
Da tempo sarei dovuto tornare a casa dei miei genitori, distolta dalle
mie visite ormai da molto.
Da tempo fissavo la ragazza che mi sedeva di fronte in treno. Anche lei aveva un biglietto che la portava nella mia stessa direzione. La sua postura sul sedile blu e di vecchia tappezzeria, era molto elegante. Le sue mani curatissime e pallide sorreggevano un libro. Il titolo di quel libro era diventato il mio unico fuoco e, mentre aumentava il mio piacere per le sue preziose mani, mi accorsi che ormai solo un lembo di mare mi distanziava dalla Sicilia.
La ragazza rimase a leggere mentre mi preparavo per scendere, ma mi salutò con un grazioso sorriso, riflesso nel finestrino del treno.
Un’autista di mio padre, mi venne a prendere e, su mia volontà, mi portò alla più vicina libreria di Messina. No, non cercavo quel libro che la ragazza stava leggendo, ma mi diressi su un manga giapponese, stile dark-fetish, illustrato in bianco e nero. Cercai tra le pagine di quel libro, qualcosa che risvegliasse il piacere per la delicatezza, che solo in alcuni scritti voyeuristici si sanno trattare.
La macchina si diresse verso Siracusa, in totale silenzio, io tra le pagine di quel fumetto, l’autista fisso sulla strada. La strada, così, ci diresse verso l’entroterra siciliano, che quel giorno vibrava per il calore del sole.
Ci fermammo a mangiare. Lì il silenzio si interruppe per i convenevoli tra me e un estraneo. Altri estranei ci sedevano a fianco, ma vicino alla finestra di questo autogrill, c’era una figura che, come quelle mani sul treno, divennero il mio vertice visivo. Il corpo di quella figura estremamente femminile, che riuscivo a vedere solo di tre quarti, era scultoreo. Le gambe accavallate erano per metà scoperte, i piedi portavano con sicurezza dei sandali, che agganciavano la gamba e la stringevano con dei laccetti neri. Il seno era piccolo, ma perfettamente proporzionato alla sensualità di quella donna.
Si alzò, quella figura si alzò dal suo tavolo. Io la fissavo costantemente, ma lei non guardò il resto della sala, scendendo invece le scale che portavano al bagno. La seguì. Volevo sentire il profumo che si lasciava dietro quella magnifica statua, per cui lasciai l’autista al tavolo e feci, con lentezza lo stesso percorso. Arrivai in fondo alle scale, quasi buie, e seguitai la donna. Non sentivo che il suo profumo. Entrai nel bagno, ma poi, scosso dalla possibilità di turbare le altre donne, intente nelle loro necessità, uscì dal bagno.
Mi colpì un dettaglio. Un dettaglio che mi scaturì un’eccitazione primordiale. Quella donna era appena entrata nel bagno degli uomini, ma lo aveva fatto con sicurezza. Tutte le immagini possibili attraversarono la mia mente. La mia mente si era ridotta ad un unico pensiero: vederla, lì in bagno, incontrarla lì.
La donna si era diretta a destra, appena in fondo alla serie di bagni. Non scelse l’intimità di un bagno solo per lei, ma preferì l’angolo in fondo dove i wc si sfiorano appesi sulla parete, uno accanto all’altro.
Quella magnifica donna, elegante anche nel minimo dei gesti, si alzò la gonna bianca, e con le dita delle mani, smaltate di bianco, tirò fuori un fallo, per orinare.
Mi guardava, mentre stava per finire la sua minzione, mi guardava con un lieve sorriso, sapendomi talmente curioso, da non desiderare altro. Mi guardava e non diceva nulla. Scosse poi la testa, spostando i suoi scuri capelli lunghi, sulla spalla destra.
Mi avvicinai a lei, mostrandomi interamente, scostando quei capelli per baciarle la spalla. Le presi la mano e, carezzandola, gliela portai sul suo pene, lei, invece, portò automaticamente l’altra mano sul mio pantalone, facendo una pressione enorme che desiderava capire quanto fossi già eccitato.
Si spostò e mi lasciò lì, per entrare adesso in uno dei bagni chiusi, ma lasciò la porta semiaperta. La mia eccitazione stava disegnando già la mia strada verso di lei.
Entrai nel bagno a fatica. Lo spazio era ridotto. Lei si era portata, in piedi, sulla tavoletta del bagno e, mentre poggiava le mani al muro, mi dava la schiena. La mia testa si trovava di fronte ad un culo meraviglioso.
Alzai la gonna per baciare le sue bianche natiche, e con le mani toccavo le lunghe gambe. Lei spinse il suo bacino all’infuori, per farmi sentire meglio la sua intimità, ed il suo ano divenne il fuoco, sotto il passaggio della mia lingua. Adesso si stava toccando, dimenandosi forte ed eccitandomi tremendamente.
Decisi di fare uscire il mio piacere dai pantaloni, ma non staccavo la bocca dal profumo di quella donna. Mi masturbavo, lei si masturbava ed eravamo in contatto, stretti, per raggiungere entrambi lo stesso piacere.
Scendendo dalla tazza di ceramica, si portò alla mia destra, imitando la stessa posizione di prima, per invitarmi a scoparla. Inclinò il bacino e aprì le gambe. Lei non mollava il suo pene e lo sbatteva forte tra le sue mani, mentre io l’avevo già presa da dietro e sbattevo altrettanto. Il tono dei suoi gemiti aumentava, i miei battiti cardiaci seguitavano questo ritmo e continuavamo ad avvinghiarci nello stretto e sporco cesso.
Un urlo emozionato le uscì dalla bocca, mentre stava sborrando sul muro di piastrelle bianche, e piano piano anche il suo buco si stava rilassando, perciò cominciai a sbattere più forte, bloccandola con le braccia alla vita. Stavo raggiungendo un piacere forte, i nostri odori erano forti.
Si sedette sulla tavola del cesso, e voleva il mio cazzo in bocca. Voleva vedermi negli occhi mentre godevo. La fissai, dunque, mentre la sua bocca e la sua mano giocavano forte sul mio turgido pene. Le sue dita avevano ancora il suo sperma e lei sentiva che da lì a poco avrebbe sentito anche il mio.
Si pompava il cazzo e i suoi getti nella mano, adesso, e guardandomi, bevve dalla sua mano, lo sperma caldo appena donato. Si leccò le dita, e mi sfiorava le palle, per farmi rilassare dalla rigidità dell’eccitazione. Mi tastava ed io la guardavo intensamente.
Mi fece uscire per primo, senza parlare, mi baciò le labbra e mi fece uscire. Davanti alla porta del nostro bagno, un cartello giallo diceva “PAVIMENTO BAGNATO”. Lo sguardo della ragazza che stava riassettando i bagni, era ammiccante e consenziente. MI guardava con curiosità.
“Ho goduto con voi”, mi disse.
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