I ragazzi avevano preaprato il falò sulla spiaggia.
Era estate, e nei loro occhi brillava il sole di fuoco del tramonto, la leggerezza delle giornate all’aria aperta e al sole, le fughe nella pineta, e la follia delle notti.
Le donne quasi danzavano intorno al fuoco.
Erano seminude, vestite soltanto con veli neri o turchini, dei pareo, sì, che a malapena ricoprivano il seno e il ventre, perfetti, femminili e dolci.
Alcune di loro avevano voluto indossare i loro abiti carnevaleschi, quelli che ricordavano feste pagane d’altri tempo. Me le ricordo con i loro tricorni piumati in capo, con i loro corsetti scollati, assicurati con legacci, o con gli stivali, neri, col tacco alto.
Alcune erano volute venire con i tacchi a spillo, quasi fosse stata una gara di eleganza.
Erano bionde, rosse, more. Alcune venivano da Amsterdam, altre dalla Germania, altre ancora dal Mediterraneo, ve n’erano di tutti i paesi.
Scherzando, dicevano di essere arrivate a bordo di fantastici vascelli, guidati da pirati o da corsari.
Altre sussurravano storie di galeoni, che avevano solcato gli oceani per fermarsi dinanzi a quelle magiche spiagge.
I ragazzi erano dei bellimbusti dai petti ignudi, irsuti o rasati, dai muscoli evidenti, dalle spalle larghe, e dalle stature fantastiche.
Era una gioventù sfrenata.
Al calar del tramonto, accesero il fuoco.
La sabbia era ancora tiepida, per il calore del sole, calato da poco all’orizzonte. Il mare, davanti ai loro occhi, era di un blu profondo e cristallino. Pareva fosse d’alabastro.
A destra e a manca, ai confini della spiaggia, crescevano le palme.
Erano alte e selvagge.
I ragazzi accesero il fuoco, sotto le magiche stelle, e presero a scherzare, a fantasticare e a suonare strumenti di legno. Era un’adunata misteriosa, la loro, immaginata per il piacere.
E piacere fu’
A mezzanotte le ragazze ubriache presero a danzare intorno al fuoco, folli e inebriate di passione.
Mostravano i loro corpi nudi, le loro forme dolci, le loro tette grandi, decorate con fiori tropicali, o con ghirlande misteriose e magiche.
I tamburi suonavano misticamente.
La luce delle fiamme illuminava la loro pelle bianca, i loro lunghi boccoli biondi o rossi, o mori, le loro labbra carnose, rosse come il piacere, e faceva brillare i loro occhi, bramosi di mistero.
Si era scherzato, si era giocato a dadi, si era bevuto il rhum.
Oh, non so quale delle giovani fosse più venusta, quale, la più sensuale. Tutte giocavano il loro gioco perverso e malizioso.
Una aveva preso una noce di cocco tagliata a metà e ne andava succhiando il nettare, poi, con un bacio sulla bocca, lo volle donare a quello tra i maschi che più degli altri aveva conquistato il suo cuore e i suoi sensi.
Alcuni fumavano, e le nubi di lusinghe e di illusione, le nubi di Morfeo, avvolgevano l’allegra brigata, e rendevano ancor più appassionata la luce del falò, che ardeva sulla spiaggia.
Per scherzare, alcune danzatrici sollevavano nuvole di sabbia.
La giovane col tricorno piumato se lo tolse e lasciò volare nel vento di mezzanotte i suoi lunghi boccoli biondi. Era alta, aveva la pelle bianca, veniva dall’Olanda’
Rise.
Prese una ghirlanda di fiori e la lanciò verso uno dei ragazzi.
Fu allora che iniziò l’orgia.
La bella si lasciò spogliare nuda davanti al fuoco, mentre tutti guardavano, e il suo uomo lasciava scorrere le mani irsute sulla sua carne.
Poi gli prese il membro tra le labbra, rosse e grandi, e succhiava, succhiava’ succhiava.
Entrambi gli amanti erano ignudi e appassionati.
Le altre ragazze limonavano le une con le altre, lesbiche inveterate. La luce del fuoco di mezzanotte illuminò degli amplessi infuocati e terribili.
Illuminò corpi di donna, avvinghiati gli uni agli altri.
Illuminò volti maschi, teste d’uomo, sprofondate in mezzo a gambe di donna, che suggevano il miele della femminilità .
Illuminò accoppiamenti sessuali violenti, tra femmine travestite da streghe, che indossavano lunghi mantelli neri, e maschi nudi, dal lungo membro che scorreva senza sosta nel bel mezzo di scopate fatali.
Faceva caldo davanti al fuoco.
E tutti pareva danzassero una danza di piacere.
La luce di quelle fiamme era tale, che inebriava, come il piacere di quegli istanti.
All’alba, più nulla, di tanto, restava.
Soltanto un vecchio tricorno piumato, quasi un ricordo di carnevale, dimenticato sulla
sabbia.
E nulla più.
Visualizzazioni:
331