“- E se un giorno non ci sto e mi tiro indietro?
– Tutto finisce lì…”
Capitolo 6
– Fantastico… – Disse più volte mia moglie,
mentre le raccontavo tutto.
– Che ne pensi? – Le domandai alla fine. Avevo ancora paura che si incazzasse a morte.
– Te lo dico mentre ti chiavo…
Ero un po’ stanco, ma glielo dovevo. Ci spogliammo, mi misi pancia in su e lei si portò sopra. Ovviamente me lo ero lavato appena tornato a casa e ho fatto doppiamente bene, perché lei me lo prese in bocca per farmelo rizzare e poi se lo infilò sedendosi sopra di me. Si piegò in avanti per infilarmi la lingua nelle orecchie e chiedermi di spiegare alcuni dettagli.
Poi cominciò a sbattersi si di me e in meno di cinque minuti venne a colpi di maglio.
Si lasciò andare, riposò per un minuto, poi tornò a parlare.
– Che culo che hai… – Sussurrò, lasciandomi un po’ sulle spine. – Ma adesso voglio entrare nel gioco anch’io.
Rimasi ad ascoltarla mentre mi stuzzicava con la lingua.
– Hai avuto modo di sondare il terreno?
– No, è stato tutto così passionale e trasgressivo, che non abbiamo affrontato nessun argomento seriamente.
– Come sei rimasto d’accordo? Li chiami tu?
– No, sono d’accordo che possono essere solo loro a chiamare me.
Squillò il telefono. Entrambi guardammo la radio sveglia, che segnava l’una di notte passata. Mi sedetti su letto e alzai la cornetta, mentre mia moglie si copriva con il lenzuolo, come se potesse essere vista da chi era al telefono.
– Ciao Marco. – Era Angy. Lo capì anche Bea, che restò a guardarmi. – Domani a mezzogiorno, puoi venire a pranzo da noi?
– A pranzo? – Le chiesi, in modo che lo capisse anche mia moglie. – Solo io?
– Sì, io e Willy abbiamo una proposta da farti.
– Avete una proposta da farmi?
Guardai mia moglie, la quale fece vistosamente cenno di sì con la testa.
– Puoi essere qui da noi all’una?
– All’una per me va bene.
Fine della telefonata. Guardai mia moglie.
– È giunto il momento di farmi entrare in gioco. – Disse lei eccitata e determinata, sempre coperta con il lenzuolo.
– Dipende da cosa vogliono propormi.
– No. – Mi interruppe. – Dipende se mi fanno entrare in gioco, altrimenti non ti lascio più andare avanti.
– Va bene, – sorrisi baciandola. – O partecipi anche tu, o finisce tutto qua.
All’una ero puntuale a casa loro. Mi accolsero vestiti eleganti, mentre io ero solo ben vestito e senza cravatta.
– Ciao, Marco. – Mi disse Willy. – Benvenuto. Posso versarti un sauvignon? –
– Sì, grazie.
Quando riempì un paio di bicchieri, entrarono in salotto Angy e la loro cuoca.
– Ciao, Marco. – Disse anche lei. Poi si rivolse a Willy. – Rita ha finito. La lasci andare? Porto in tavola io.
– Sì, certo. – Rispose lui.
La signora salutò e se ne andò.
– Ti ringrazio per aver accettato l’invito di pranzare con noi. – Disse Willy a fine pasto, mentre versava nei bicchieri Napoléon dell’armagnac. – Volevamo farti una proposta.
Lo guardai con una certa apprensione. Senza mia moglie non sarei più andato avanti. Angy si mise in piedi a suo fianco.
– Oh, rilassati. – Continuò. – Non c’è niente di trascendentale in quello che ti voglio proporre. Ma la serata di ieri è stata molto importante. Davvero… Unica.
– Ti ringrazio. Io…
– Senti, la proposta è questa.
Prese una lunga sorsata di armagnac e io lo imitai.
– Da parte nostra mettiamo a disposizione Angy. – La indicò, mettendole in mano il bicchiere di prezioso liquore. – Tu puoi controllare in ogni momento se porta le mutandine…
Alzammo i bicchieri in un muto brindisi di complicità.
– Se non le porta, tu puoi toccarla con le mani per vedere se è vero, come hai già fatto. Niente di più, ma non è poco.
– E se le porta? – Chiesi stupidamente, come se non avessi immaginato che poi avrebbe messo le contro proposte.
– Se scopri che le porta, puoi comportarti in due modi. O ha le mestruazioni e allora gliele lasci e non fai nulla. Se invece è stata solo una dimenticanza, sei sempre autorizzato a sfilargliele e farne quel che ti pare. – Si fermò un attimo per studiare la mia reazione. – E a punirla come ti pare.
Bevemmo altro armagnac.
– Puoi farle di tutto, fuorché infilarle il cazzo. Quello potrai farlo solo quando e come te lo diremo noi.
– Per contro, cosa vuoi? – Gli chiesi alla fine.
– Ti vogliamo come schiavo. Di nostra proprietà.
Mi alzai appoggiano il bicchiere.
– Willy, io sono un dominante. Un Padrone. Io voglio disporre dei miei sottoposti come…
– Non devi confondere l’essere attivo con la dominazione. – Mi rispose sicuro si sé. – Siediti. Ieri sera ti sei comportato esattamente così. Sei venuto a fare quello che ti abbiamo… ordinato. E l’hai fatto da dio. Ubbidiente come un cagnolino e creativo come un babbuino.
Non capivo se dovevo incazzarmi o mettermi a ridere.
– Se possiamo contare sulla tua piena disponibilità per una volta ogni settimana, o magari ogni quindici giorni, un mese, a seconda…
– E dovrei fare anche servizi particolari? –
– Non so cosa intendi per particolari, ma di massima tutto quello che ti diremo in anticipo via email. Ovviamente, sempre condito con la tua particolare… creatività.
– Mi stai chiedendo di ripetere degli incontri come quello di ieri sera?
– Esatto, proprio così, ma sempre su nostre precise indicazioni.
Ci pensai un attimo. Non faceva una grinza la sua tesi per cui il bull di un cuck fosse solo un oggetto umano nelle mani della coppia. In effetti, mi chiedessero anche di frustarli, io non sarei stato il loro Padrone ma solo il boia schiavo. Cazzo, a me non avrebbe importato molto che a dirigere il gioco fossero loro, purché mi chiedessero di fare quello che mi piaceva.
– E se un giorno non ci sto e mi tiro indietro?
– Tutto finisce lì.
– Cazzo, – risposi quasi disarmato. – Se il rapporto va avanti via email come è avvenuto ieri, io accetto. –
– Ma certo, perché puoi sempre dire di no. Anche se è un no per sempre.
Mi alzai a brindare con loro al nuovo accordo.
Cin cin.
– Ora puoi andare da tua moglie. – Disse lui, dando un sorso al suo armagnac con il sorriso del gatto che si è mangiato un topo. – E raccontarle tutto.
Mi ricordai allora di mia moglie e della condizione vessatoria che mi aveva imposto.
– Cosa ti fa pensare che lei sia al corrente di quel che ho fatto?
– Per quello che l’abbiamo conosciuta, siamo certi che non le nascondi nulla.
Non dissi nulla.
– Anzi, – aggiunse, – abbiamo un’idea per la testa…
– Aspetta. – Risposi, forse per guadagnare tempo, forse per impostare meglio il discorso che avremmo dovuto fare su mia moglie. – Angy, puoi venire qui? Voglio vedere se porti le mutandine.
I due rimasero attoniti, questo non se l’aspettavano. Poi si guardarono.
Passò l’eternità di una trentina di secondi, poi Angy venne verso di me e si mise a portata del mio compito.
– Marco – sussurrò. – Abbiamo un appuntamento e…
– È suo diritto. – Intervenne Willy.
Lei, controvoglia, girò il culo verso di me.
Mi inginocchiai e misi le mani sotto le gonne di Angy, con insano desiderio. Salii fino a godermi il pieno delle sue natiche. Poi con gli avambracci sollevai la gonna per godermi la vista. Willy era immobile ad assistere alla scena di sua moglie nelle mie mani.
La piegai in avanti per vedere meglio il suo buco del culo, quando mi accorsi che… Cazzo, portava le mutandine!
Evidentemente non pensavano che avrei chiesto subito di esercitare il diritto che mi avevano conferito.
– Bene, bene, bene… – Dissi, con gioia malvagia. – Adesso mi diverto. Hai le mestruazioni?
Il suo silenzio rispose per lei.
Le sfilai le mutandine con attenta lentezza. Le allargai le natiche per guardarle il buco del culo.
– Wow! – Esclamai. – Hai un buchettino che non ha risentito minimamente della performance di ieri.
Non dissero nulla.
Le slacciai la gonna e la lasciai scivolare a terra.
– Mi porgi i polsi, per favore?
Non capì subito, sicché dovetti prenderle le mani e portargliele dietro la schiena. Presi dalla tasca due laccioli di plastica e gliele legai con dolcezza. Senza stringere, come sempre. I due si stavano interrogando su ciò che avrei fatto. Tutto, tranne che infilarle l’uccello…
– Girati per favore.
Pian piano, sempre controvoglia, si girò verso di me. Le mani erano legate dietro, ma lei ostentava un’orgogliosa sicurezza.
Presi le sue mutandine e, a mano aperta, gliele strofinai alcune volte con violenza sulla figa. Lei, colta alla sprovvista, si piegò avanti cercando di alleggerire la pressione. Lui, con le mani in tasca, si stava aggiustando l’uccello.
Presi le mutandine, le annusai, la guardai e poi agii. Le chiusi il naso con la mano sinistra, lei aprì la bocca per respirare e allora le infilai le mutandine in bocca.
Non fu una cosa semplice, perché provava con forza a respingerle. Ebbe anche un breve conato di vomito, ma quando le lasciai il naso riuscii a mettergliele dentro quasi del tutto. Solo una piccola parte bianca pendeva dalla bocca, come la coda di un topolino, mentre lei stringeva gli occhi per impedirsi di inghiottirle o di vomitare.
La girai e le diedi una piacevolissima sculacciata sul culo nudo, mandandola via.
– Vai a prepararti, – le dissi, ben sapendo che aveva le mani legate, – che hai un appuntamento.
Lei scappò lasciandomi la stupenda visione del suo culo che sobbalzava sospinto dai tacchi alti sui quali scappava a fatica da me.
Il marito aveva sempre le mani in tasca e un’erezione superlativa.
– Fantastico. – Disse. – Fantastico. Tu sei l’uomo che fa per noi. Non ci lascerai più.
– Sono sposato, Willy.
– Porta anche tua moglie.
– Non accetterà mai di obbedire.
– Neanche se le ordinassi di seviziare Angy?
Restai immobile per non tradire la mia eccitazione.
– Anche mia moglie potrebbe controllare in ogni momento se Angy Porta le mutandine?
– No, il contrario. – Disse, sorprendendomi.
– Come?
– Noi, cioè io e Angy potremo sempre controllare se tua moglie le porta.
– Che cosa?
– E, ovviamente tu e Bea potrete sempre verificare sempre se Angy le porta. Tua moglie è una donna ed è così che funziona. Bea è una sadomaso dominante, una mistress… Comprenderà benissimo.
– Che ne sai?
– Lo si capisce un miglio di distanza, – rispose. – Quindi si divertirà da matti ogni volta che potrà mettere le mani addosso ad Angy. In compenso lo farete solo come verrà concordato e lei dovrà sempre dimostrare che non porta le mutandine.
– E se non le portasse?
– Anche noi, come voi, possiamo farle di tutto, fuorché infilarle l’uccello.
– Devo sentire mia moglie.
– Vai allora. – Concluse. – Che io devo aiutare Angy a prepararsi.
Capitolo 7.
– Ha detto davvero così? – Mi chiese mia moglie non appena riferii l’incontro.
– Sì, vogliono poter controllare sempre se porti le mutandine o no. Come possiamo fare noi con Angy, insomma. E se le indossi…
– Ma no, questo non mi interessa. – Mi interruppe con un chiaro gesto della mano. – Davvero ha detto che potrebbe ordinarmi di seviziare Angy?
Bea attese con trepidazione sia lo scambio di mail tra me e Angy che il contenuto dei giochi che avremmo potuto fare. Anche se gli attori eravamo io e Angy, i registi erano Willy e Bea. Ma dopo un nutrito scambio di corrispondenza, in cui decidemmo tutte le cose da fare, restammo d’accordo che la prima seduta sarebbe al termine di una cena, come sempre a casa loro.
Ci presentammo puntuali alle 21 del venerdì sera. Erano senza servitù e ci accolsero raggianti. Bea era un po’ tesa, ma perfettamente consapevole del ruolo che avvenne voluto svolgere. La cena doveva essere stata preparata da uno chef di rango, perché era davvero superlativa. La sua catena di alberghi di lusso sembrava offrire dei vantaggi non da poco. Davvero squisita. Parlammo del più e del meno, finché qualcuno di noi non introdusse per caso il motivo dell’incontro.
– Ragazze, – disse a un certo punto Willy. – Ci volete cortesemente mostrare se portate le mutandine?
Mi venne un colpo, perché non io e Bea ne avevamo più parlato e, con ogni probabilità le portava…
– Una alla volta, per favore. – Aggiunse Willy, che forse aveva notato il mio stato. – Angy, vuoi cominciare tu?
Angy, sorridendo maliziosamente, si alzò, venne da noi, si girò di schiena e con voluta lentezza, sollevò le gonne fino a scoprire il culo. Bello, bellissimo come sempre. In piedi mostrava due natiche davvero perfette, ovali, armoniose. Vidi che anche Beatrice lo guardava come ipnotizzata.
– Beh, non volete controllare? – Domandò lui.
Angy si piegò un po’ in avanti come per invitarci a fare qualcosa. Bea non se lo fece dire due volte. Si alzò, si inginocchiò, mise le mani aperte sul culo della bella amica, con i pollici alla base, sulle piegoline. Fece pressione con quelli e le allargò le chiappe. Si avvicinò con il viso, per verificare la fessura del culo che così aveva leggermente allargato. Poi si rivolse a me.
– Non le porta. – Disse con accurata lentezza. – Vuoi controllare anche tu?
Certamente avrei voluto palparla, ma la presenza di mia moglie mi fece glissare.
– Ti credo. – Dissi invece. – È bella vero?
– Inculabilissima. – Rispose, facendomi arrossire. – L’ano sembra proprio virginale…
Lasciò andare, con evidente malavoglia, il culo di Angy e si alzò.
– Immagino che adesso vogliate verificare il mio status. – Disse allora.
Mia moglie portava un abito legante, di seta purissima, svolazzante ai suoi movimenti, a colori vivi con disegni floreali. Invogliava davvero a mostrare le sue bellezze, ma io ero sempre agitato per quello che avrei visto. Le avrebbe portate o no? E in tutti i casi come mi sarei comportato?
– Venite. – Disse con orgogliosa sicurezza.
Si avviò verso il divano, mentre noi ci alzammo a seguirla. Angy si era abbassata le gonne per poi guardare anche lei.
Mia moglie sollevò il vestito con eleganza e si lasciò andare orizzontale sul divano, facendo in modo che la seta si sistemasse scivolando sul dorso . Il suo culo si stagliava ora in tutta la sua superba bellezza. Mi accorsi di non aver mai visto mia moglie così e forse non si era mai spogliata solo per mostrarmi il culo. La visione era davvero magnifica, sia per le ovali rotondità che non avevano certo nulla da inviare quelle di Angy, che per la sua volontà di esporsi a noi, sapendo quello che ci stava mostrando. Sapendo che due estranei la stavano ammirando e, verosimilmente, desiderando. Sapendo che era presente suo marito, sapendo che lo stava eccitando proprio perché si era esposta a degli estranei.
Ed io mi ero davvero eccitato, sia per a sua bellezza che per il suo modo di fare, ma soprattutto perché Angy e Willy la stavano guardando con insano desiderio.
Angy, rossa in viso, si portò al culo di mia moglie, le mise le mani sulle natiche e le allargò affinché suo marito potesse guardarle la fessura. Poteva sembrare una sorta di comprensibile rivalsa, ma era chiaro che le piaceva proprio eccitare suo marito. Il quale si chinò in avanti e osservò con sostenuta attenzione.
– Non le porta. – Fu il suo semplice commento, mentre si girava verso di me. – Ora, se posso fare una proposta, vorrei che le signore si spogliassero per creare un’atmosfera adeguata mentre progettiamo il nostro piacere.
Angy si sfilò maglietta e gonna in un attimo. Mia moglie, che non portava neanche il reggiseno, la imitò e in breve ci trovammo seduti in salotto, due uomini vestiti decorosamente e due donne ignude, pudicamente sedute ai nostri fianchi, opportunamente protette da un asciugamano posto sotto i loro sederi.
Ovviamente Willy aveva le idee chiare.
Ci spiegò che si era fatto costruire un sacco di raffinati strumenti di gioco erotico, abilmente mimetizzati nella sua palestra. Lui però non era un sadico, ma un osservatore. Senza degli abili operatori, come me e Bea ad esempio, non li avrebbe mai impiegati. Per questo era felice di averi trovati.
La spalliera svedese sarebbe andata benissimo per una spettacolare crocifissione di Angy. Trattandosi di una donna, ci ha spiegato Willy, andava crocifissa di pancia e non di schiena, perché i Romani (che avevano inventato il supplizio della croce) non volevano che la donna morisse esponendo i suoi genitali. Per questo un giorno avremmo dovuto crocifiggere Angy tenendo il suo culo esposto a noi. Bea l’avrebbe impalata con uno dei suoi giocattoli flessibile ad uso anale, per poi frustarle il culo sapientemente. A me il difficile, ma non impossibile, compito di montarla in quella posizione. (Sempre sotto gli occhi allupati di Willy, pensai, che si sarebbe masturbato senza soluzione di continuità, cioè senza mai venire.)
Gli anelli potevano essere usati per appendere Angy. Ovviamente avremmo potuto tenerla sospesa per breve tempo perché, contrariamente a quello che pensano i dilettanti sadomaso, una persona può stare appesa solo un paio di minuti, tre al massimo. Il bello di quella posizione stava nelle sforbiciate che Angy avrebbe dato con le gambe penzoloni sotto i colpi degli scudisci particolari trovati da Willy in un negozio di Key West. (Rumorosissimi e dolorosissimi, aveva precisato, ma senza la minima conseguenza.)
Le cavalline sarebbero state usate a discrezione di mia moglie. Avremmo potuto, perché no, sodomizzare Angy con uno dei suoi giocattoli per poi sistemarla a cavallo, in modo da obbligarla ad assistere a una scopata fatta a tre, io Bea e Willy. (Il cuck, osservò con eccitata malizia, stavolta sarebbe stata Angy.)
Ma l’installazione più importante l’aveva fatta sopra al loro letto matrimoniale, dove c’è un soppalco, che fa anche da intrigante baldacchino, raggiungibile da due simpatiche scalette laterali. Sul soppalco ci stava un piccolo salotto, un divano e due poltroncine, con TV, stereo, mobile bar, tavolino e tappeto centrale. Se si sposta il tavolino e di arrotola il tappeto, si vede una piccola botola rotonda di servizio. Grazie a una maniglia a scomparsa, la si può togliere e rimettere senza difficoltà. Questa, della botola, era la performance concordata via email tra me e Angy. Alla fine della presentazione, Willy ordinò a sua moglie di andare a prepararsi. Cioè a vestirsi, mutandine comprese. Invitò Bea a fare altrettanto.
Quando Angy tornò, indossando un vestito leggero, Willy ci fece strada in camera da letto e ci fece salire tutti sul soppalco. Poi aprì la botola e in tre aiutiamo Angy a infilarsi dentro, in modo che si appoggiasse alle braccia e che il vestito rimanesse sopra, lasciando il corpo in esposizione e a disposizione di chi stava al piano di sotto, pendendo praticamente dal soffitto in mezzo al letto matrimoniale.
La botola era abbastanza comoda, ci spiegò il padrone di casa, ma ogni cinque minuti la persona nella botola doveva fare una pausa, cioè andava sostenuta sui piedi. Poi Willy si mise in fondo al letto a gustarsi al scena, mettendo mano all’uccello. Il bellissimo e vulnerabile corpo di sua moglie scendeva dal soffitto con mutandine e autoreggenti, non più coperto dal vestito, rimasto sopra, lo eccitava come un bambino.
I piedi di Angy arrivavano a 20 cm dal letto.
Adesso toccava a me e Bea, che stavamo osservando allupati il corpo di lei che penzolava a nostra disposizione.
– Ti senti pronta? – Domandai a mia moglie.
– Siii!
– Dai allora, procedi.
E lei tagliò subito le mutandine e le tolse.
– Non potevi sfilargliele? – Chiesi.
– Impiegavo troppo. E poi è più bello così.
– Cosa le fai?
– Smettila di fare domande e toccala.
– Vuoi che la tocchi?
– Esatto, salame. O non ti piace più la figa? Ha bisogno di essere al centro dell’attenzione e dell’umiliazione. Toccala!
Cominciai subito col toccarle il buco del culo con l’indice e poi la figa con il medio, eccitato dall’idea che fosse stata mia moglie a dirmi di farlo. Intanto lei prese ad armeggiare con un elastico di quelli per portapacchi, lungo più di tre metri. Lo passò sotto il letto, poi andò dall’altra parte a prenderlo. Fece un’asola per parte, nelle quali infilò le caviglie di Angy. In questo modo le gambe di Angy tendevano a stare divaricate, anche senza tenerla troppo in tensione. Lei, ovviamente poteva stringerle, ma alla lunga doveva lasciarle allargare.
– Ti piace così’? – Mi chiese ad alta voce in modo che sentissero bene entrambi.
– Fantastica.
-Vedi? Può stringere le gambe, ma se si rilassa le deve tenere aperte.
– Fantastico. – Ripetei.
– E allora toccala, così si sentirà morire e stringerà le gambe.
Le toccai nuovamente la figa e il buco del culo, in tutta complicità con mia moglie. La quale aveva ragione, Angy aveva stretto le gambe, che poi le si allargarono di nuovo.
– Fantastico. – Ripetei per la terza volta. – La tocchi anche tu?
– No. Le avrei spazzolato il pelo, ma non ne ha. Ed è una vergogna. Completamente depilata è da bambina, con almeno una riga di pelo invece sarebbe stata una donna.
Bea prese d’improvviso in mano la vulva di Angy, facendola sobbalzare, e iniziò a parlarmi in modo che sentissero anche loro.
– Con le mani inizio ad assaggiare i suoi caldi buchi infilandole prima un dito poi 2, 3, 4 e infine tutta la mano nella fica e…. altrettanto nel culo… Fin dove mi riesce. Però piano, piano, piano… Dà più eccitazione… Voi maschi avete sempre troppa fretta…
– E a frusta? – Le chiesi. – Con lei penzoloni, non ti piacerebbe sodomizzarla con qualcosa e poi frustarla per bene?
– A questo punto prendo i miei giocattoli preferiti. – Continuò a parlare, senza darmi ascolto. – Sono due collane da sesso, fatte con sfere cinesi, una è per la figa e una per il retto. Passami il lubrificante, per favore.
Glielo passai.
– Adesso mi carico le gambe di Angy sulle spalle e le lecco la figa. Quando mi accorgo che è ben eccitata e comincia a colare, le infilo la prima sfera nel culo. Stringerà le gambe perché le mordo la figa, ma alla fine vinco io. Ecco, la prima sfera è nel culo! La vedi? La lascio così, che si abitui alla presenza anale.
La collana penzolava dal culo.
– Poi procedo con la seconda sfera, – continuò. – Lei stringe ancora le gambe attorno al mio collo, ma giocando con la lingua e coi denti, si lascerà mettere anche la seconda sfera.
Guardavo, liberando la massima erezione, perché era la prima volta che non ero io a lavorare.
– Attendo un attimo – proseguì, – poi infilo la terza sfera. Stavolta non fa resistenza, vedi? Questo perché la presenza ingombrante nel retto glielo impedisce. A questo punto la mollo e lei torna a penzolare con parte della collana che esce dal buco culo.
– Hai usato il termine buco del culo… Stai scaldandoti? – Le chiesi, ma poi tornai a concentrarmi. – Che dimensione hanno le sfere?
– Nel culo 3-4 cm, in fica 5-6. Dipende dal soggetto. Scusa, tienila ferma per le caviglie. Ora le inserisco le sfere rimanenti.
– Si sta ribellando, – l’avvertii. – Cerca di impedirti di proseguire.
– Per forza, si sente impalare… Ma non è pericoloso. E solo fastidioso, ingombrante e umiliante… Umiliata soprattutto dal fatto che le piace. Adesso fammi posto che gliela infilo nella figa.
– Te la tengo?
– Sì, ma qui faccio prima… Ecco. Una… E due… E tre… E quattro. Fatto.
– E poi giù di frusta…?
– Non avere fretta… Voi maschi…
– Scusa… hai ragione…
– Così messa, le escono solo due fili con anellino finale. Bisogna fissare dei piccoli pesi al cordino delle collane, due sfere in acciaio come queste, così la tensione le farà avvertire sempre la nostra presenza anche se ci baciamo.
Mi abbracciò e ci baciamo appassionatamente. La conosco, aveva voglia di un cazzo. Poi però mi scostò.
– Adesso mi dedico al suo gonfio e turgido clito… Glielo prendo in bocca e glielo masturbo fino a che mi fa la prima schizzata in bocca.
– Hai detto schizzare?
– Sì, le vere troie hanno polluzioni di liquido lubrificante prodotto dalle ghiandole di Bartolini. Come voi maschi, anche se in maniera molto meno evidente.
– Buon da sapersi… Le più troie, hai detto…
– Sì, quando sono infoiate… Non ti masturbi?
– No, per ora voglio godermi tutto. Lascio che lo faccia suo marito.
– Mi piacerebbe vedere anche te…
– Dopo, se vuoi…
– Si, dopo ti dico io come.
– OK.
– Vedo che è spossata, le metto un tavolino sotto i piedi per farla riposare un po’.
Grazie a qualche minuto di pausa, io e mia moglie ci gettammo su letto a pomiciare come due adolescenti. Le infilavo le mani dappertutto, ma sul più bello tornò alla sua schiava.
– Ecco, adesso che è aperta e vogliosa, le tolgo i pesi e solo adesso le frusto il culo… Vieni qui che ti sento il cazzo… – Mi ordinò, io mi avvicinai. – Perfetto, è durissimo. Vai di sopra e chiavala in bocca. Senza pietà.
Salgo sul baldacchino.
– Prima te la faccio scopare in bocca mentre gliela mordo, – gridò Bea dal piano di sotto – poi la lascio andare e prendo la frusta… Te la faccio scopare in bocca mentre urla per le frustate, in modo che la lingua ti faccia impazzire… Ma tu non venire finché non te lo dico io. OK?
Mi accorsi che Bea cominciò a frustarla dalle reazioni folli di Angy. Mi spiaceva non assistere, ma non sono ubiquitario. Suo marito stava certamente continuando a masturbarsi.
– Guarda che sforbiciate che dà con le gambe! Fantastico! Com’è lassù? Te la godi?
Sentivo i colpi della frusta e i colpi di lingua di Angy, mi sembrava di essere in paradiso.
– Gliene ho date dieci, di quelle giuste. – Gridò Bea. – Ora salgo anch’io di sopra da lei.
– Cosa vuoi che faccia? – Chiesi a mia moglie arrivata di sopra.
– Fatti una sega e vienile in faccia.
Non me lo feci dire due volte.
Me lo dovetti menare poco, perché presto un primo getto schizzò fuori. Ma rimase corto e cadde su un occhio di Angy, per poi colare piano sulla guancia. Il secondo fu stato più potente e le imbrattò i capelli e parte della fronte. Anche il terzo fu potente e le rigò i capelli. Un quarto restò nuovamente corto e le finì sulla fronte colando sul naso e la bocca. Alla fine mi pulii il cazzo nella bocca di lei.
– Spostati che tocca a me… – Disse mia moglie. – Mi spoglio e mi metto a gambe divaricate fino a poggiare la figa alla sua bocca. Vai giù a frustarla. Ehi, è tuo tutta tua questa sborra?
– Certo, – risposi scendendo la scaletta. – Di chi vuoi che sia?
– Beh, non si può dire che sei una mezza sega… Ha ha!
Guardai Angy ignuda, con le gambe tenute larghe dagli elastici, impalata sia di culo che di figa
– Allora, vuoi frustarla o no?
Per me fu un invito a nozze. Cominciai a colpire Angy con la cinta dei miei pantaloni, che è la mia frusta preferita.
– Com’è lassù? – Gridai. – Reagisce bene?
– Mangiamela, bastarda, – gridava Bea. – Mangiamela che hai goduto abbastanza! Tu, dabbasso, frustarla, così si impegna di più…
Le diedi una frustata in su, tra le gambe. Avete idea dello schiocco che fa la frusta quando dai un colpo a vuoto? È il rumore dell’aria, rotta dall’ultimo tratto della frusta che sbatte altissima velocità. La colpii così.
– Ahhh!
Era Angy che finalmente urlava sotto i miei colpi. Il colpo di frusta dal basso all’alto era passato tra le sue cosce, tenute allargate dagli elastici, per andare a sbattere sulla fessura del culo.
– Bravo, così! – Gridò Bea dall’alto. – Allora, adesso mi giro, così mi lecca il buco del culo. Tu, laggiù, frustala frustala frustala! Sì sì, cosìììì… Falla sforbiciare!
La frustai ancora così, poi mi misi di fianco per colpirle il culo orizzontalmente.
Sciaaack!
– Ahhh! Aaaahhh!
Fantastico! Però adesso non era Angy che urlava, ma Bea… he he.
– Ahh…ahh.. vengo! Vengooo! vengoooo! Ahhh! Ahh! Ah… Frustala…
Alla fine misi un tavolino sotto i piedi di Angy, che però non si reggeva. Tornai di sopra e convinsi Bea ad alzarsi e ad aiutarmi a tirar su Angy di peso. Tolta dalla botola, le sfilammo solo l’ingombro della figa, così quando ce ne saremo andati, Willy la sarebbe chiavata. Almeno spero.
– Abbiamo realizzato il vostro sogno… – Le sussurrò Bea aiutandola a sistemarsi. – Ma non occorre che ci ringraziate… Alla prossima.
– La prossima volta, – bofonchiò Angy ansimando – più sfere e un cazzo finto stantuffante…
– Me lo ricorderò… – Risposi.
– Credevo – aggiunse Angy – che… mi avevate tagliato le mutandine per infilarmele in bocca…
– Mi ricorderò anche questo.
– Marco, – intervenne mia moglie, vestendosi. – Portami a casa che mi chiavi.
– Non vuoi che ti chiavi qui?
– Sei appena venuto, voglio che ti carichi di più. E poi non voglio che mi vedano mentre chiavo. Voglio la mia intimità…
– Dici che un giorno riusciremo a infilare Willy nella botola?
– Puoi scommetterci. Sono convinta che glielo facciamo rizzare come una pertica.
– E Angy starà lì a guardare?
– La sodomizziamo con una montagna di sfere e la mettiamo a cavallo di una cavallina. Così potrà guardare e godersela. Soprattutto se frustiamo anche lei.
Tra noi quattro era iniziata una vera amicizia e ripetemmo gli incontri una volta alla settimana, sapendo che una volta normalizzati i rapporti ci saremmo ritrovati a fare sesso non più di una volta al mese. Erano sedute certamente invasive e magari alla lunga ci saremmo limitati a fare i tre massaggi. Willy però non voleva darci il suo culo, preferendo fare da spettatore. Angy impazziva tra le nostre mani, le nostre candele e le nostre fruste, felicissima di godere della sua erotica sofferenza e di eccitare il marito fino al parossismo.
Solo una volta il marito accettò di partecipare e si mise nuovamente sotto, per consentire il sandwitch che avevo fatto più di un mese prima. Stavolta fu Bea a prendere Angy per le caviglie e a chiavarci così. Situazione impagabile, per la quale dovetti promettere a mia moglie di offrirle in cambio quello che voleva. E sapevo che lei voleva avere un cazzo e un culo di uomo da sfodare.
Angy poté giocare anche con la cavallina, quando concordai che per una volta sarebbe stata Angy ad essere costretta a guardarci scopare a tre. Posammo Angy a quattro zampe sull’asse da sollevamento pesi e Bea la imbavagliò con una specie di museruola fatta per tenerle la bocca aperta, da bukkake. Dopo averla legata, Bea prese la sua terribile collana flessibile e si portò alla bocca di Angy. Lei capì e provò a rifiutarsi, ma non riuscì a dire parole comprensibili per via della museruola. Bea le infilò in bocca le prime sfere della collana tramite l’apertura, Angy strizzò gli occhi e provò a respingerle, ma non vi riuscì e diede un primo incontenibile conato di vomito. Bea ne approfittò e le infilò morbidamente l’intera collana nel l’esofago. Angy strabuzzò gli occhi e trattenne il respiro, certa di essere a due passi dalla fine, ma subito Bea sfilò la collana senza farle danni. Angy strizzò nuovamente gli occhi ed ebbe un ultimo conato di vomito.
– Ottimo – commentò mia moglie. – Adesso che è lubrificata, gliela infilo nel culo. Tu mettiglielo in bocca che ti godi la lingua prensile di una vacca.
Tolsi la museruola e le misi il cazzo in bocca. Bea si portò dietro e gliela infilò fino in fondo nel culo. Una quarantina di centimetri inghiottita dalle viscere. Angy cominciò subito a dare quei colpi di bacino che non riesce a controllare quando la inculi o la frusti, e cominciò a strabuzzare la lingua. Riuscii a infilarglielo in gola, mentre la sua lingua mi leccava spropositatamente i coglioni.
Poi la slegammo dall’asse, le legammo i polsi dietro la schiena e la mettemmo a cavallo della cavallina. Ovviamente, così seduta lei si sentiva impalata, ma non avevamo nulla di più vicino alla impalatura vera e propria. Provò a tenere le cosce strette, ma pian piano dovette lasciarsi sedere sull’ultima sfera rimasta fuori. Così immobile stimolò Beatrice, che si mise in mano una frusta e la colpì un paio di volte.
– Così – disse, – tanto per farla muovere, agitare. Contrariamente al martini di 007, io la voglio agitata e non mescolata.
Infine, con lei a guardarci da lassù, io e Willy ci siamo fatti mia moglie. Volevamo lui dietro e io davanti, ma non ci riuscimmo e dovemmo rovesciare i ruoli.
Fine della terza parte
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