“Approfitto del fatto che Matteo resta sempre a occhi chiusi e mi tolgo la maglietta per ripercorrere tutte le strade appena seguite carezzando il suo corpo con…”
Sono pigramente stesa a letto finalmente e mi dedico per
qualche momento a guardare il cellulare per selezionare i messaggi da leggere subito e quelli che possono aspettare un momento di maggiore concentrazione.
In verità non vorrei leggere nulla ma solo addormentarmi ma so che più rimando più aumenta il numero delle chat non lette.
Molti i messaggi di lavoro e alcuni li leggo al volo riservandomi di rispondere quando avrò le idee più chiare su come saranno organizzati i prossimi giorni.
Tra i mille doveri risalta un messaggio di Matteo, amico del cuore che non sento da molto tempo. Apro, sperando in un invito a qualche evento carino o comunque in uno scambio di idee e notizie che sollevi l’animo.
Invece, dopo i saluti di rito, mi chiede se posso portargli la spesa l’indomani poiché si trova bloccato a letto dall’influenza già da un paio di giorni.
Certo, non è l’invito a un concerto ma considerato il bene che ci unisce è bello avere l’occasione di vederci; in aggiunta, le ‘cause di forza maggiore’ mi alleviano il senso di colpa quando non ho voglia di lavorare. Mi distraggo, ma per un fine nobile.
Così mi addormento serena pensando che il giorno dopo vedrò il mio fratelluzzo spirituale.
La mattina seguente sbrigo velocemente le cose irrinunciabili e poi mi preparo per andare a fare la spesa.
Cose necessarie, cose coccolose; tutto sommato ci si ammala sempre anche per farsi curare.
Arrivata a casa di Matteo lo trovo abbattuto sul divano in condizioni in cui io sarei di certo a sbrigare mille lavori. Lo so, è quasi un clichè, ma lo stesso mi sale un moto di nervosismo a vedere quante lagne riesce a fare un uomo per qualche linea di febbre.
Mi metto a fare due chiacchere sul divano con il mio amico di sempre smangiucchiando dei tarallini. Parlare con lui è bello in ogni situazione e mi ritrovo a provare tenerezza per il suo non essere in forma.
Prima di sprofondare nella pigrizia nera mi alzo per andare a mettere a posto la spesa e cucinare qualcosa sia per il momento presente che per lasciare una scorta da fare fuori in solitudine.
Quando finisco scopro che Matteo ha lasciato il divano per andare a crollare addormentato a letto. Mi chiedo che fare, visto che la mia presenza sembra ormai inutile. Il fatto è che se torno a casa devo riprendere il lavoro e oggi proprio non ne ho voglia. Mi godo la vacanza immedesimandomi nel ruolo dell’infermiera. Non mi metto certo a vegliare al suo capezzale ma resto in salotto spulciando tra i suoi innumerevoli libri e godendo del silenzio e della lentezza.
La lettura mi fa perder il senso del tempo. Io ho smangiucchiato in continuazione ma, guardando l’orario, mi chiedo se il mio caro amico non debba mettere qualcosa sotto i denti.
Vado in stanza da letto e lo trovo ancora profondamente addormentato. La febbre lo ha fatto evidentemente sudare ed è steso in un groviglio di lenzuola con cui pare abbia fatto la lotta.
E’ nudo ed è bello.
Strano, penso, che non mi sia mai accorta di quanto, dietro il suo fare dinoccolato, si nascondesse un fisico così asciutto e proporzionato.
Resto ferma a guardarlo percorrendo con lo sguardo con lentezza tutti i particolari. Raramente ci si guarda davvero. Tra tutti, intendo. Sostenere uno sguardo è cosa difficile, così voliamo sui visi della gente per non essere invadenti. Il risultato è che ci si perde assai.
Sì’ è bello il mio amico con il viso rilassato nel sonno. Fa sempre il buffone e invece è un elfo magico pieno di tenerezza.
Mi seggo accanto a lui sul letto. E’ accucciato in posizione fetale e mi da le spalle. Lo accarezzo sulla schiena per dirgli che vado, che il cibo è pronto e che se serve ritorno domani.
Mentre aspetto che il messaggio sia ricevuto con successo continuo ad accarezzarlo. Voglio che stia bene e mi sembra, accarezzandolo, di rivitalizzarlo, di dare piacere ed energia. Il suo corpo è caldo e soffio, come mia mamma mi faceva da piccola quando stavo male. Soffio perché il soffio è leggero e il corpo che sta male è pesante.
Lo accarezzo, soffio e ogni tanto lui sorride perché fa solletico. Continua a tenere gli occhi chiusi perchè io continui a provare a svegliarlo?
Comincio a passargli i capelli lungo la schiena sfidandolo… “Arruspigghiati! O resisti anche a questo?”
Ride ma tiene gli occhi chiusi e non si gira.
Mi metto in ginocchio sul letto per avere maggiore raggio di azione e inizio a passargli i polpastrelli leggerissimamente dovunque seguiti dal flusso dei capelli o del soffio.
Lentamente e, adesso, in silenzio. Abbiamo smesso di ridere. Lui è rilassato. Io concentrata.
E’ rilassato ma non del tutto abbandonato. Il corpo aspetta, pronto a fare. Voglio sciogliere anche questo nodo. Mi avvicino di più con le labbra soffiando e a volte le appoggio delicatamente come l’anticipazione di un bacio. Sulla nuca, lungo la colonna vertebrale, vertebra per vertebra fino alla coda.
Avvicino il viso in mezzo alle gambe, soffio delicatamente sul perineo giocando a sfiorare i peli con le labbra senza toccare la pelle.
Lui sospira e io approfitto della resa per farlo girare e ricominciare tutto daccapo sul petto, sulle gambe e sul pube.
Scanso la sua erezione che al momento non mi riguarda e mi soffermo nelle pieghe, nei meandri dimenticati del corpo, quelli che non baciamo mai.
Matteo ogni tanto mi accarezza o mi stringe un braccio ma io lo allontano. E’ come se non sia in grado di ricevere e basta.
E’ ovvio che anche io ho il brivido che si risveglia lungo tutta la colonna e che mi apre la porta laggiù in mezzo alle gambe ma voglio altro ora.
Il tocco che cura.
Approfitto del fatto che Matteo resta sempre a occhi chiusi e mi tolgo la maglietta per ripercorrere tutte le strade appena seguite carezzando il suo corpo con i capezzoli.
Questa operazione è più complessa ed equilibrista….è una specie di danza a cui lui partecipa come se stessimo facendo una improvvisazione di contact spostando lievemente il corpo per offrirmi più facilmente accesso alle zone che voglio carezzare.
Anche io ora ho gli occhi chiusi per farmi guidare solo dalle sensazioni e non dall’intelletto.
Termino di spogliarmi e lasciamo che le carezze siano reciproche tra parti del corpo che si trovano in contatto volta per volta seguendo i movimenti lenti e sinuosi di due serpentelli che si strusciano per conoscersi.
Dice l’omeopatia che si cura il simile con il simile. Mi sa che stiamo affrontando febbre con fuoco. Siamo sulla giusta via.
Ora apriamo gli occhi ogni tanto e ci sorridiamo. Alle carezze si mischiano baci di varia intensità. Ci baciamo ci lecchiamo ci succhiamo ma sempre in movimento, danzando, e fuori da ogni schema seguendo vie tracciate da intuizioni momentanee.
A volte ho una esitazione, alla fine è Matteo, e mi pare che questo sia strano e che debba terminare eppure sembra che sia l’unica cosa da fare.
Arriva un momento che presagivo; il momento in cui o il gioco termina o evolve. Siamo in un abbraccio faccia a faccia e in un bacio appassionato seguito da uno sguardo profondo. Saltiamo?
Lui è seduto e mi seggo su di lui. Quando entra mi inarco all’estremo perché la sensazione è inimmaginabile. Nulla a che vedere con il conosciuto. Con l’usa e getta del quotidiano.
Stato alterato di coscienza e confini che saltano.
La lentezza continua per qualche istante in parte dovuta alle sensazioni fortissime da gestire in parte dal confine che la testa continua a riproporre ma ormai abbiamo deciso di saltare e quindi ci accoppiamo come uomo e donna senza nome.
Da questo momento in poi il nostro lato selvaggio prende il sopravvento nel tentativo che entrambi perseguiamo di fonderci sempre più…dentro, lo voglio sempre più dentro anche se mi sembra di esplodere dall’intensità del piacere. Dovrei trattenermi per non urlare e invece spingo il bacino sempre più per arrivare a una maggiore intensità. Vorrei dire di non fermarsi ma non voglio usare parole che possono fare cambiare il tono dell’accordatura. Cavalco e accolgo e sospiro e mordo e lascio che sia.
L’orgasmo mi spezza quasi e sono grata che anche lui abbia intuito che non serviva staccarsi. Quindi mi accascio sulla sua spalla nell’abbraccio fortissimo che per forza deve seguire a queste onde altrimenti annego.
Poi crollo sul letto. Non ho il coraggio di guardarlo ora e non sopporto l’idea che, come sempre i maschi che dopo l’orgasmo ritornano subito sulla terra, si metta a parlare di ciò che è successo.
Così ora sono io a dare le spalle racchiusa in posizione fetale e con gli occhi chiusi segnalo il confine della mia intimità.
Mentre si alza per andare di là,( in cucina, in bagno?, ma come fanno sti uomini a essere così attivi) dico solo “se mi addormento non svegliarmi”.
Chiudo gli occhi e smetto di pensare.
Annunci69.it non è responsabile dei contenuti in esso scritti ed è contro ogni tipo di violenza!
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.