Quel giorno avevo deciso di riordinare con premura tutta la numerosa biancheria nei tiretti, però che grattacapo e che noia ripetevo verso me stessa per l’occasione ancor prima d’iniziare. Nel frattempo svuotai il contenuto di un cassetto svuotandolo sopra l’ottomana con disinteresse e con parecchia malavoglia, dal momento che iniziai a guardare con aria critica e di netta disapprovazione gl’indumenti da tenere, quelli da scartare e quelli in ultimo da buttare nel raccoglitore per i bisognosi. A un certo punto toccai con la mano una stoffa leggera e mi ritrovai tra le mani un paio di calze nere con un pizzo leggerissimo, in quell’istante il mio cervello andò in brevissimo tempo in tilt, per il fatto che tutto richiamava in maniera precisa e zelante alla memoria agli avvenimenti accaduti di quel giorno dell’anno precedente, poiché era mattina presto quando il telefono squillò sentendo la tua voce che m’annunciava:
‘Ciao bellissima, sono tornato ieri da Amsterdam e ho un regalino per te, t’aspetterò nel mio ufficio, mi troverai oggi alle quattro del pomeriggio’.
Tu senz’attendere la mia risposta avevi chiuso la telefonata, io ero per l’occasione affannata, dato che la tua voce m’aveva eccitato a dovere, però allo stesso tempo ti temevo. Il motivo né il perché non lo avevo ancora capito, eppure con tutto ciò accettavo approvando questa bizzarra situazione altamente appagante ed erotica. Feci una doccia veloce e mi vestii con un tailleur assieme a un normalissimo paio di scarpe con il tacco, un filo di trucco leggero ed ero già pronta, poi una rapida occhiata all’orologio m’indicò che ero in ritardo. Arrivai dieci minuti prima delle quattro del pomeriggio e suonai il campanello, il tuo ufficio si trovava in uno stabile nuovo nel piano d’un attico, salii in ascensore e mi lasciai guidare, in quanto eri tu che lo avevi richiamato per farlo arrivare giustappunto nel tuo ufficio. Quando la porta s’aprì, tu eri lì davanti a me, magnifico e piacevole nella tua figura imponente ed elegantemente vestito. Notai la tua bocca succosa che accennava un lieve sorriso e i tuoi occhi profondi nei quali vi lessi il desiderio perfido e perverso, che tra non molto si sarebbe avverato:
‘Ciao Domitilla, sono davvero felice che tu sia qui’.
In pochi secondi tu eri già all’opera, dal momento che sentivo già i tuoi occhi addosso, mentre lentamente mi spogliavi di tutto lasciandomi nuda ed esposta alla tua vista. Io fremevo dentro e fuori ribollendo, perché fu in quell’istante che mi sentii prendere per le spalle e dopo avermi fatta girare verso di te mi porgesti un regalo:
‘Questo è per te tesoro’.
Di fronte a me c’era una scatola, che ben poco lasciava margine alla fantasia, io l’aprii e vidi un paio di scarpe. Era una calzatura bellissima in vernice nera con un tacco alto e sottile, ma le sorprese non erano ancora finite, perché vidi una mano scivolare nella tua giacca:
‘Con quelle meravigliose scarpe ci vanno bene queste’ – m’indicasti, porgendomi nel frattempo un altro pacchetto decorato da un fiocco rosso.
Io piuttosto attratta e incuriosita aprii il pacchetto trovandomi in mano delle splendide calze di seta. Al tatto erano morbide e sottili, dato che andavano indossate con il reggicalze abbinato, sennonché il tuo sorriso si fece grande quando con un tono autoritario e deciso mi dicesti:
‘Indossale adesso per me, però con quelle scarpe’.
Senza parlare, eppure sempre più eccitata io m’avviai verso una piccola stanza dove c’era l’archivio. Indossai accuratamente le calze partendo dalla punta del piede e man mano che le facevo scivolare verso la coscia, sentivo la voglia crescere a dismisura. Agganciai il reggicalze e indossai le scarpe in un’esplosione di fluidi che bagnavano la mia pelosissima e rossiccia fica. Un attimo dopo ero al tuo cospetto, visto che eri seduto sulla poltrona di fronte alla tua scrivania e mi guardavi:
‘Perfetta’ – fu il tuo unico commento. Io avvertivo le tue mani accarezzare le gambe avvolte da quel velo di seta, salirvi e scendervi in maniera molesta e spasmodica, soffermandosi sulle natiche scoperte per colpirle investendole amorevolmente lasciando i glutei rossi e sensibili.
‘Bravissima, adesso cammina per me’ – mi dicesti. Io euforica e ottimista, per il fatto che tu mi stessi guardando camminavo ancheggiando nel tuo ufficio, ma la tua depravazione né la tua dissolutezza era ancora appieno soddisfatta, perché martellava tangibilmente nell’aria:
‘Vieni da me, mettiti in ginocchio, sì così a quattro zampe’.
In un attimo mi ritrovai per terra e come una gatta famelica arrivai da te soffermandomi all’altezza del tuo sesso, che ormai premeva contro i pantaloni, in seguito alzai lo sguardo e vidi la tua totale approvazione. La mia mano allora iniziò ad accarezzare le tue gambe insistendo sulla patta dei calzoni a questo punto gonfi di desiderio e con pochi gesti liberai il tuo cazzo finalmente lucido e ben teso. In quella circostanza ti sentii raccogliere la mia rossa capigliatura e con un rapido gesto tirarmi verso di te. La mia bocca era socchiusa, poiché era calda quando il tuo cazzo, infine s’introdusse tra le labbra e in quel momento ti sentii gemere di piacere. Le tue mani accarezzavano la mia testa tenendola ferma quando il ritmo aumentava, poiché a tratti rallentavi, facendomi sentire il cazzo vibrare tra le labbra, mentre in altri ancora acceleravi. Io ero piena in abbondanza di fluidi, che scendevano tra le cosce quando tu mi chiedesti d’alzarmi e di sdraiarmi sulla tua scrivania con le scarpe sopra il piano.
Io percepivo apertamente le tue mani accarezzarmi le scarpe e le gambe avvolte dalla seta, giacché un istante dopo vidi la tua lingua che serpeggiava su di esse. Baciavi e leccavi le scarpe con cupidigia salendo lungo la gamba lentamente, dato che era un assillo e un incentivo di piacere sentirti e vederti così, però alla fine allargasti delicatamente le cosce e cercasti la mia pelosissima e rossiccia fica. La tua lingua penetrava amabilmente dentro quella fessura scardinandomi i sensi, andando a scovare tutte le secrezioni del mio piacere per poi risalire al clitoride facendomi sragionare, io avevo voglia di te, della tua passione dentro di me, in quanto febbrilmente te lo chiesi:
‘Scopami, sì, ti prego, fammi godere, impazzisco dalla voglia’.
Tu m’alzasti le gambe in modo d’avere le caviglie e le scarpe a portata della tua bocca e in un rapido gesto mi riempisti di te. Era magnifico vederti baciare e leccare le scarpe, mentre aumentavi rapidamente il ritmo. Colpo su colpo mi facevi toccare le più alte vette dell’estasi e in un attimo m’abbandonai a un orgasmo convulso, irrefrenabile e travolgente urlando la mia poderosa eccitazione pervenuta al culmine, mentre tu continuavi a mantenere inalterato il ritmo della scopata. La tua appassionata idea fissa e la tua irruente ossessione non era tuttavia ancora giunta al termine, per il fatto che avendo per tempo sfilato il cazzo dalla mia pelosissima e rossiccia fica m’ordinasti di chiudere alla svelta le gambe. Fu infatti in quel preciso momento che io compresi captando schiettamente le tue lascive fantasie, in quanto tu volevi sborrare gustosamente sui miei slip neri. In quella lussuriosa circostanza, invero, io m’adagiai in modo tale d’agevolare al meglio la tua carnale e dissoluta voluttà , perché in un attimo gli schizzi del tuo sperma arrivarono sulle mutandine nere imbrattandole vistosamente, mentre il tuo viso era avvolto da una piacevolissima e inedita smorfia di gioia e di sublime piacere. Tu non eri però ancora del tutto soddisfatto, dal momento che mi togliesti la scarpa e porgendomela pronunciasti in maniera accalorata e impudica:
‘Dai, adesso puliscila per bene’.
Mentre io leccavo in maniera lasciva e libertina la scarpa, i tuoi occhi erano su di me perché ancora manifestamente elettrizzato, allorché m’agguantasti nuovamente con trasporto facendomi captare tutta la tua imponente voglia, giacché poco dopo mi riempisti ancora della tua bianca e vitale essenza gemendo e tenendomi ben stretta.
Io ero talmente coinvolta e immersa profondamente in questo ricordo, dal momento che il telefono squillò e per un attimo ho appassionatamente e fervidamente auspicato che fossi stato realmente tu dall’altro capo del filo.
{Idraulico anno 1999}
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