“L’uomo distrasse brevemente lo sguardo dalla strada per guardarlo e gli sorrise…”
Achille aveva sempre avuto un grado di sessualità molto alta. Si era
cominciato a tirare le pugnette da quando aveva sei anni. Non vi dico la paura che ebbe quando, dopo qualche annetto, per la prima volta sborrò. Non sapeva che fosse quella cosa biancastra. Forse aveva fatto un guaio. Ma poi si rese conto che era normale. Ma non è questo il fulcro del racconto.
Non aveva mai avuto dubbi che il suo interesse era rivolto agli uomini, a differenza di quanto si supponeva che sarebbe dovuto interessargli. Non dico però gli uomini nel senso di quelli del suo steso sesso ma proprio gli uomini veri, quelli più grandi, più maturi, più virili, più maschi insomma. Sentiva che era la sua natura e non si sentì mai a disagio. Questo non vuol dire che era cresciuto con atteggiamenti femminili. Era un ragazzo come tutti gli altri. Però, ben presto, le sole pugnette non bastarono.
Appena fu in grado di farlo, con una scusa o l’altra usciva per andare in certi posti dove aveva imparato che si potevano trovare uomini disponibili. Verso metà pomeriggio, all’uscita dal lavoro e prima del rientro in famiglia molti buoni paparini si prendevano qualche libertà.
Però andavano sempre tutti di corsa. Dovevano risolvere la cosa in poco tempo. Sicché Achille si era imparato a fare bene i bocchini, sempre meglio. Aveva conosciuto cazzi di tutte le forme, dimensioni e colori. Aveva imparato a leccarli, succhiarli, pomparli e, cosa più eccitante, ad ingoiare quella sborra che, da piccolo, gli aveva messo tanta paura. I sapori erano sempre diversi ma tutti buonissimi, sia di quelle più dolci che di quelle più salate. E la cosa che gli piaceva di più era arrivare a far godere quegli uomini e più quelli godevano e più era soddisfatto. Doveva però poi andare a casa, in bagno, a sfogare anche il suo di cazzettino.
Presto il suo sogno fu però quello di farsi inculare. Avrebbe voluto che qualcuno di quegli uomini avesse avuto più tempo per sverginarlo. Lo voleva duro, feroce, insomma voleva essere praticamente stuprato. Dico praticamente perché ci sarebbe stata tutta la sua partecipazione. Certamente sarebbe stato doloroso ma era sicuro che il piacere che avrebbe provato e che avrebbe dato sarebbe stato di gran lunga superiore.
Da pochi aveva raggiunto la maggiore età quando, durante uno di questi giri, vide, seduto in macchina, un uomo sulla quarantina o poco più. Gli passò accanto, poi di nuovo e poi ancora. E quello lo guardava. Sembrava interessato. Lui lo era certamente. Gli piaceva proprio! Aveva l’aspetto del “coatto”, ma era così virile che quasi si scioglieva a guardarlo. Certamente era ben diverso dalla sua estrazione sociale. Lui era un bravo ragazzo di buona famiglia. Ma quanto era bono!
Quando gli passò accanto per l’ennesima volta quello gli disse seccamente “Sali”, facendo cenno con la testa verso la porta del passeggero. Nonostante un po’ di timore, Achille non ci pensò due volte e, fatto il giro, aprì la portiera e si sedette dentro l’auto con un “Ciao” ed un sorriso che illuminò la sua faccia di angioletto. Ci sapeva fare il porcellino dopo tanta esperienza!
Da vicino quell’uomo era ancora più affascinante. Alto, massiccio, barbuto, sprizzava odore di maschio autentico. La faccia non si poteva dire bella, anzi tutt’altro. Quell’espressione un po’ truce avrebbe potuto incutere anche un certo timore ma se stava in quel luogo era certo per ricevere un bel servizietto e non per rapinarlo. Che altro poteva dargli lui, così giovane, piccolo ed indifeso!
“Che fai da queste parti?”, gli chiese. Oddio che voce! Quello era proprio maschio.
“Passeggio, niente di particolare”.
E quello, senza mezzi termini, “Io sto cercando un bel ragazzino, con un bel culetto da sfondare per svuotarci dentro i coglioni”.
Cavolo, era proprio spiccio. Proprio l’uomo dei suoi desideri. Quello più adatto finalmente a sverginarlo come voleva: con maniere forti ed interessato solo al proprio sfogo.
Timidamente Achille divenne rosso ed abbassò la testa ma riuscì arditamente a dire “L’hai trovato”, meravigliando sé stesso.
“Bene. Ok. Andiamo in un posto tranquillo”. Avviò il motore e partì.
“Devo però tornare a casa per le otto e mezza, sennò i miei si preoccupano”, si affrettò a dire.
“Ci sarai”.
Era d’inverno, anche se la temperatura era piuttosto mite, ma si era fatto buio presto.
“Ti porto alla casa al mare. Di questo periodo non c’è nessuno intorno e nessuno potrà sentirci”. Ancora più intrigante! La seduta sarebbe dunque stata piuttosto rumorosa. Altra cosa che il ragazzino aveva sempre sognato di fare.
Durante il percorso ebbe l’ardire di posargli una mano sulla grossa coscia muscolosa stretta nel jeans. La sua mano gli sembrò ancora più piccola del solito. L’uomo distrasse brevemente lo sguardo dalla strada per guardarlo e gli sorrise. Cavolo, allora non era sempre così truce come sembrava.
“Ti piacciono i cazzi grossi?”.
Pure! Allora, non solo sarebbe stato sverginato ma anche da un cazzo grosso. Avrebbe sopportato il dolore? Certo, però, l’idea non gli dispiaceva.
Visto il suo attimo di incertezza, l’uomo aggiunse “Non sarà mica la prima volta!”.
“No, no, certo” si affrettò a rispondere, mentendo. Non voleva farglielo sapere. Aveva paura che, sapendolo vergine, avrebbe cambiato idea. Non tutti gli uomini sono disposti a farlo.
“Ah, bene, perché ho proprio bisogno di una troietta che non mi dia problemi”.
“Farò tutto quello che vuole, signore”. Avrebbe sopportato il dolore più atroce pur di far godere quel maschio.
“Voglio solo scoparti come si deve. Sei un bel ragazzo e mi hai messo una gran voglia di sfondarti”.
“Grazie, signore”. Non sapeva neppure lui se lo ringraziava per il “bel ragazzo” o per il trattamento che gli avrebbe riservato.
Arrivati a destinazione, come si prevedeva, non c’era anima viva intorno. Le strade erano completamente deserte e per lo più al buio. L’uomo, col telecomando, aprì un cancello ed entrò nel giardino di una villetta. Scesi dalla macchina, aprì la porta di casa e lo fece entrare. Accese quindi il contatore e la luce mostrò un arredo spoglio, essenziale, tipico delle seconde case. Lo condusse subito in camera da letto dove c’erano solo due sedie e la rete col materasso ma senza lenzuola o coperte. Lì si sarebbe compiuto il suo martirio gli venne di pensare con un sorriso.
Quel maschio, alto una buona spanna più di lui, muscoloso e ben piazzato, lo strinse a sé e lo guardò bene in viso, mentre le grosse mani già erano andate a massaggiargli il culetto. “Sei proprio un bel ragazzo. Proprio quello che cercavo”.
Fece per dargli un bacio ma quello si scanzò con la testa. “Non bacio i froci io”, mise subito in chiaro.
“Come vuole, signore”.
Quello lo spinse contro il muro e gli si strusciò addosso per fargli sentire che “qualcosa” gli si stava indurendo nei pantaloni. Poi gli mise una mano sulla testa e lo fece inginocchiare davanti alla sua protuberanza. Achille lo guardò dal basso.
“Aprimi i pantaloni e tiralo fuori” fu l’ordine.
Il ragazzo premette il viso sulla patta accertandone ancora di più la consistenza.
“Ti ho detto di tirarlo fuori”, gli disse perentoriamente.
Subito lo accontentò. Slacciò la cinta, il bottone, tirò giù la cerniera. Un profumo di maschio lo avvolse e lo stordì.
“Dai, tirami giù i pantaloni e le mutande. Obbedisci!” e lui eseguì subito. Schizzò fuori una nerchia gigantesca che gli andò a sbattere sul viso. Avrebbe voluto prima aspirarne un po’ il profumo di intimo e di piscio ma l’uomo lo voleva subito al lavoro. Così, prima gli dette una lunga leccata dalla base fino alla punta per poi allargare la bocca e cercare di prendere dentro il glande.
“Ahhh” sibilò quello.
Cercò di roteargli intorno la linguetta bagnata e succhiò. Quando fu umida scese ancora giù a leccare i grossi coglioni pelosi e pendenti. “Siii, puttanaaa” fu la risposta.
Inorgoglito, continuò a leccare e succhiare tutto il possibile, anche l’interno delle grosse cosce, anch’esse pelose. “Brava troietta. Ci sai fare! Però adesso prendilo in bocca”.
Le esperienze fatte lo avevano reso molto abile nell’arte del bocchino ma pensò che un cazzo così grosso non gli sarebbe mai potuto entrare tutto in bocca.
“Che aspetti, puttana”.
Così ci provò. Aprì il più possibile quelle sue piccole labbra carnose ed avvolse di nuovo il glande. Una grossa mano sulla nuca lo costrinse a ricevere dentro parte della mazza ma gli lasciò poi la possibilità di retrocedere per poi inserirla di nuovo. Ed ancora ed ancora, sempre un pezzetto in più. Cominciarono a venirgli i conati ma la mano continuava ad incitarlo e lui voleva accontentarla. Così, centimetro dopo centimetro, conato dopo conato, accompagnato dalla formazione continua di saliva schiumosa, arrivò ad immergere il naso nei folti peli pubici del maschio. Fu un attimo, poi si sfilò rapidamente per riprendere fiato e guardò l’uomo con le lacrime agli occhi per lo sforzo, aspettandosi un complimento.
Infatti “Bravo. Sei un bravo succhiacazzi. Pochi ci sono riusciti”.
Orgoglioso, si rituffò nell’impresa e ci riuscì ancora finché fu strattonato per i capelli e gli fu sottratto l’osso grondante saliva.
“Spogliati e sdraiati sul letto”, fu l’ordine. Eseguì rapidamente.
Lo stesso fece l’uomo. Che corpo! Proporzionato, perfetto, con il petto coperto dal folto pelo che si allungava al centro fino a raggiungere il pube. Gli si mise a cavalcioni sul collo e gli puntò di nuovo il bastone alla bocca.
“Riprova e bagnalo il più possibile. Più è bagnato è più ti conviene per quello che ti farò”.
Il ragazzino si ingozzò come meglio poteva, scosso da fremiti e sempre più desideroso di essere posseduto. Le lacrime gli scendevano lungo le guance. Ad un certo punto il maschio arretrò, gli alzò le gambe e si tuffò un attimo ad insalivargli lo sfintere.
Achille era al limite. “Ohhh… siii… siii… la prego, signore… la prego…”
“Vuoi essere inculata, piccola troia?”
“Si… si… subito… la prego…”
Non riuscì a finire la frase che fu impalato fino alla radice con un’unica spinta. Il suo urlo si poté udire a centinaia di metri. Il suo buco era pronto a ricevere, tanto che si era leggermente allargato, ma le dimensioni e la consistenza di quella massa di carne era tale che fu letteralmente sventrato. Forse fu solo allora che l’uomo si rese conto che il ragazzo non era affatto già stato sverginato ma, preso anche lui da una foga belluina, senza pensarci troppo si mise a pomparlo senza ritegno.
Le urla non lo fermarono minimamente anzi, lo fecero diventare un toro inferocito che mostrava tutta la sua forza animalesca. In una manciata di minuti quelle urla si trasformarono lentamente prima in pianto, poi in forti gemiti, infine in ansimi di piacere che si mescolarono ai forti grugniti di soddisfazione del maschio finché arrivò addirittura ad incitarlo.
“Siii… ancora… ancora… più forte…”
“Volevi il cazzo in culo? Eccolo, prendilo finocchio schifoso”.
“Siii… il cazzo… siii… ancora… più forte… più forte…”
“Ti sfondo troia… sei mia… sei mia…”
“Siii… sono la sua troiaaa…” e se ne venne mentre il maschio, con un ruggito animalesco, si scaricò completamente nella sua pancia.
Schizzo dopo schizzo poté sentirli tutti mentre l’uomo, sopra di lui, era preso dalle convulsioni del piacere. Più ravvicinati all’inizio e poi sempre più distanziati quegli schizzi scaricarono tutta la sborra dalle grosse palle fino a riempirlo completamente e ad uscire a rivoli ai lati, impiastrando i peli che circondavano quello che restava del suo ano.
Furono decine di secondi di puro godimento da parte di tutti e due. Infine si accasciò su di lui con tutto il peso, col corpo coperto di sudore inebriante, mentre il fallo rimaneva barzotto ma ben piantato dentro. Ripresosi, l’uomo gli tenne la testa tra le mani, lo guardò intensamente e, ben cosciente di ciò che faceva, lo baciò intensamente con la grossa lingua che andò ad intrecciarsi alla sua.
“E’ la prima volta che lo faccio ma te lo meriti. Mai nessuna donna mi aveva fatto godere così tanto”.
Ancora un bacio più breve, poi “Dimmi la verità. Eri vergine, vero?” Era una domanda retorica.
“Si, mi scusi, le ho detto una bugia. Ma ne avevo voglia e lei mi piace moltissimo. Ho voluto che lei fosse il primo. La prego, mi scusi”, disse confuso.
“Non ti devi scusare. Sverginare te è stato meraviglioso. Grazie per avermene dato l’opportunità. Scusami tu se sono stato troppo violento ma tu mi ecciti veramente”. Ancora una volta su quel volto duro apparve un sorriso. “Ti prometto che le prossime volte ci andrò più piano”.
Prossime volte?! Pensò il ragazzo. Ci saranno prossime volte?
“No, no, oh no. Dovrà essere sempre così, la prego. E’ così che voglio essere posseduto. Come una troia”.
“Come vuoi. Ti prometto che sarai la mia troia personale e che non tradirò mia moglie se non con te, cucciolotto”.
Achille era al massimo della felicità e se lo abbracciò ancora prima che quello lentamente facesse uscire il mostro dal suo corpo, lurido di sborra, sangue ed inevitabile merda (date le dimensioni). Si sentiva una voragine dietro ed evitò, almeno in quel momento, di andare a toccarsi per constatare la situazione. Gli faceva male ma si sentiva finalmente completamente appagato. I suoi sogni si erano realizzati.
Si pulirono come poterono con della carta da cucina. Fu riaccompagnato a casa a tempo per la cena ed i genitori si accorsero che il loro piccolo sembrava un po’ distante ma sembrava felice e non gli chiesero niente.
Per chi volesse saperlo, la relazione continua ancora oggi ed è ancora ampiamente soddisfacente, anche se quelle chiappette sono ormai definitivamente aperte e sempre pronte a soddisfare esclusivamente il suo uomo.
(Non fate mai l’amore senza il preservativo. Non rovinatevi la vita, godetevela)
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