Ore 22.37; il mio cellulare squillā di nuovo.
A malincuore dovetti alzarmi dal divano su cui ero seduto a guardare la tv in compagnia di una bella birra ghiacciata dopo aver trascorso un venerdi decisamente movimentato a lavoro.
Guardai il numero; ācazzo, ā di nuovo lei!ā, esclamai a voce alta pur essendo in casa da solo.
Esitai un attimo, incerto se premere il tasto verde per rispondere o quello rosso per attaccare.
āCosa puā volere ancora āsta maledetta puttana a questāora?ā, esclamai sempre a voce alta.
La āputtanaā in questione era Elena, la segretaria dellāamministratore delegato dellāazienda in cui lavoravo in qualitā di tecnico informatico come consulente esterno.
Mi venne istintivo definirla in quella maniera proprio perchā se quella giornata a lavoro era stata movimentata lo ero stata soprattutto per colpa di Elena; o meglio, non che lei avesse particolari colpe, ma giā il fatto che fosse lei ogni volta a chiamarmi per segnalarmi i problemi con i pc e i telefoni dei vari consiglieri impegnati nellāassemblea del CDA ai miei occhi bastava per far si che meritasse quel tipo di definizione.
Insomma, in quel momento Elena era la persona ideale sulla quale poter sfogare tutta la frustrazione che avevo accumulato durante la giornata.
In realtā, se devo essere sincero, non mi venne di definirla āputtanaā solo per quello.
Elena era infatti anche una bellissima donna sulla quarantina, una vera e propria āmilfonaā; magrolina e piccola di statura aveva capelli castani lunghi e lisci ed era sempre truccata in modo poco apparisciente ma impeccabile.
Non rinunciava mai a vestirsi in modo elegante e spesso anche provocante, soprattutto nelle giornate in cui era previsto il consiglio di amministrazione; so bene che questo non era sufficiente per etichettarla automaticamente come una puttana, ma Dio solo sa quante volte ho pensato a quanti servizietti doveva aver fatto ad amministratore delegato e dirigenti vari per tenersi stretto quel posto di lavoro che doveva essere decisamente ben retribuito visto lāimportanza dellāazienda.
Nel suo caso il piā delle volte il limite tra āsegretariaā e āservaā veniva travalicato; non raramente infatti ebbi modo di constatare come Elena venisse trattata quando i dirigenti erano nervosi, per non parlare di quando ad essere di luna storia era lo stesso amministratore delegato.
Ogni richiesta si trasformava in un ordine; cartellette che volavano sul tavolo, porte che sbattevano.
Non di rado Elena veniva usata per scopi del tutto personali che nulla avevano a che fare con il suo lavoro; ogni tanto le veniva chiesto addirittura di preparare tā o caffā ai dirigenti.
Ma forse la sua mansione era proprio questa; prendersi cura in tutto e per tutto delle figure top dellāazienda, soddisfare le richieste dei grandi boss per fare in modo che la sua posizione non venisse mai messa in discussione.
E se proprio di posizioni vogliamo parlare, quella inginocchiata sotto la scrivania dellāAD era la posizione tagliata su misura per lei.
Ovviamente anche Elena essendo un essere umano avvertiva a sua volta la necessitā di scaricare su qualcuno tutte queste frustrazioni quotidiane e, di solito, quel qualcuno era il tecnico informatico, cioā io.
Sebbene infatti con i dirigenti fosse sempre carina, gentile e disponibile, con il sottoscritto cambiava totalmente atteggiamento.
Non che lo facesse sempre per caritā, ma la maggioranza delle volte potevo notare dal suo tono di voce quando parlava con me qualcosa di diverso, come se ci fosse dellāastio nei miei confronti o come se volesse farmi pesare il fatto di trovarmi diversi gradini sotto di lei nella scala sociale.
Ho sempre cercato di non dare peso alla cosa; probabilmente visto lo stipendio che doveva ricevere era davvero diversi gradini sopra di me nella scala sociale, ma soltanto perchā faceva i pompini allāamministratore delegato e ai suoi soci, non credo avesse altre doti che potessero giustificare uno stipendio cosā alto.
In ogni caso decisi dopo qualche secondo di incertezza di premere il tasto verde.
āPronto?ā, risposi.
āCiao, sono Elenaā, ribattā con tono gentile la sua voce; āscusami per lāoraā¦volevo soltanto ringraziarti per oggi, sei stato gentilissimoā, disse.
āMa figurati Elenaā¦ā il mio lavoroā¦ā, replicai incassando volentieri i complimenti tanto che ero quasi pronto a ritirare il termine che le avevo affibiato in precedenza.
āOggi ā stata una giornata pesante per tuttiā¦cā sempre trambusto quando cā il CDA ma oggi mi hanno veramente distruttaā¦ā, continuā lei.
Alla parola ādistruttaā il mio membro ebbe un sussulto sotto i boxer; ci misi infatti una frazione di secondo a spostare lāintero discorso nellāambito sessuale, almeno nella mia mente.
āDistruttaā, nella mia testa, suonava come se si fosse resa partecipe di una gangbang con lāintero consiglio da cui ne era uscita degradata e umiliata.
āLo immagino Elena, ti ho vista indaffaratissimaā¦comunque non ti preoccupare e grazie per i complimentiā, replicai.
Ebbi quindi lāimpressione che Elena stesse facendo di tutto pur di non riattaccare il telefono, come se volesse dirmi qualcosa ma stesse ancora cercando le parole o il coraggio per dirmele.
āSe posso fare qualcosa per te, per sdebitarmi della tua gentilezzaā¦ā, proseguā lei.
āDavvero Elena, non ti preoccupareā¦se proprio lo desideri lunedā mi offrirai un caffā, replicai cercando di tagliare corto.
A questo punto Elena pronunciā una frase che mi fece gelare il sangue nelle vene.
āA propositoā¦ho visto che mi hai fatto un video stamattinaā, disse; era vero, ma dovevo assolutamente far credere che non lo fosse o che fosse una cosa non voluta.
āC-cosa?ā, replicai fingendo di non sapere di cosa stesse parlando.
āStamattinaā¦mentre allestivo la sala riunioniā¦ā, insistette lei.
āQuale video Elena? Mi stai facendo uno scherzo?ā, risposi mentre diventavo sempre piā rosso dalla vergogna.
āDaiā¦mentre preparavo la sala e tu collegavi il pc dellāamministratore delegato al proiettore per testare le presentazioniā¦ho visto che mi hai ripresaā¦ā, continuā a dire decisa.
āGuarda Elena scusami ma non so a cosa ti riferisciā¦mi sarā partita per sbaglio la fotocamera ma non ho fatto alcun videoā, dissi continuando a mentire spudoratamente.
āMi sarā sbagliata alloraā¦eppure mi era proprio parso lo stessi facendoā¦ā, incalzā nuovamente lei.
Non sapevo piā cosa dirle per uscire da quella intricatissima situazione.
āElena credimiā¦non ho fatto alcun video e se per sbaglio dovessi averlo fatto lo cancello subito, stai tranquillaā, dissi cercando di mettere il punto alla situazione.
āNon ti preoccupare, non ti ho chiamato per chiederti di cancellarloā¦dimmi soloā¦cosa ne pensi?ā, disse Elena.
āCosa ne penso di cosa?ā, replicai io; ādei miei piedi per esempioā¦ho visto che ci hai zoomato parecchio sopraā¦ā, continuā Elena mettendomi sempre piā alle strette.
Questāultima frase in particolare la pronunciā con un tono di voce caldo e sensuale che fece raggiungere al mio membro la sua durezza massima.
āCā un equivoco Elena, te lo giuroā¦possiamo parlarne lunedi per favore? Avrei un poā di cose da fare in questo momentoā, dissi dopo aver capito che non potevo proseguire ad arrampicarmi sugli specchi per tutta la sera.
āSmettila di prendermi in giroā¦non solo dovresti applicarti molto di piā per fare video senza farti notare, dovresti anche ricordarti di non lasciare sbloccato il cellulare quando ti spostiā, concluse dandomi il colpo di grazia facendomi capire che lei stessa aveva visto il video in questione.
āIoā¦ā, cercai di replicare ma ero completamente intontito ed in balia delle sue accuse.
āStai tranquillo, non sono arrabbiata, lo dico per teā¦ā, disse; ācomunque come ti dicevo non ti ho chiamato per chiederti di cancellarloā¦ma mi piacerebbe che rispondessi alla mia domandaā, aggiunse.
Portai una mano sotto i boxer e cominciai a toccarmi mentre preparavo nella mia testa la risposta da dare a Elena.
āBehā¦sono dei bellissimi piediā¦ā, dissi prima di rendermi conto di quanto stupida e banale fosse la mia risposta.
āTutto qui?ā, rispose lei ovviamente delusa; āeccitantiā¦con i tacchi poiā¦ā, aggiunsi cercando di accontentarla ed essere piā esauriente.
A questo punto mi sembrā di sentire un leggero ansimare da parte di Elena; ipotizzai che anche lei avesse infilato la mano sotto le mutandine, ammesso che le stesse indossando, e che stesse cominciando a toccarsi come stavo facendo io.
āOggi ho fatto avanti e indietro non so quante volteā¦un massaggio ai piedi mi servirebbe proprioā, disse Elena provocandomi; āsaresti disposto a farmelo?ā, aggiunse mentre mi pareva stesse ansimando sempre di piā.
Decisi che ormai non era piā il momento di indossare maschere; sono sempre stato attratto moltissimo dai piedi femminili e quelli di Elena erano davvero una meraviglia.
āA essere sinceroā¦sarei disposto, eccome se lo sareiā¦ā, replicai.
āDavvero? E come mai lo faresti?ā, mi chiese curiosa. āPer farti stare meglioā¦ā, risposi; āe poi perchā adoro i tuoi piediā, aggiunsi.
āVeramente ti piacciono cosā tanto?ā, disse lei quasi incredula senza smettere di ansimare.
āLi adoro, te lāho dettoā, dissi ancora.
āE dopo il massaggio cosa faresti?ā, continuā Elena senza nemmeno darmi il tempo di riflettere su ciā che stava accadendo.
āLi avvicinerei alla mia bocca per annusarne il profumoā, continuai.
āE poi?ā, chiese sempre piā impaziente; āe poi li bacereiā¦con il tuo permesso, ovviamenteā, replicai avendo ormai deciso di togliere qualsiasi tipo di freno alla conversazione.
āDavvero me li baceresti?ā, disse Elena come se fosse realmente sorpresa dalla risposta.
āLo fareiā, replicai deciso.
āEā¦saresti disposto anche a prenderli in bocca?ā, aggiunse mentre era ormai palese che anche lei si stesse toccando con intensitā sempre maggiore.
āAverli in bocca sarebbe fantasticoā¦ti leccherei una per una tutte le dita come fossero i piedi di una Dea o di una reginaā, replicai.
āTi ho fatto eccitare, di la veritāā, sussurrā la sua voce calda; āabbastanzaā, mi limitati a rispondere sussurrando a mia volta.
āNon ā che ti stai toccando?ā, mi chiese quindi Elena.
āN-noā¦ā, risposi titubante io; āhai mentito abbastanza per stasera, lo sai?ā, replicā lei accennando una risata.
āVa bene lo ammetto, mi sto toccandoā, fui costretto a darle nuovamente ragione.
āEā per via dei miei piedi?ā, chiese Elena.
āDirei di siā, risposi ansimante.
āBravoā¦devi adorarliā¦ā, disse con un tono di voce che ormai aveva raggiunto livelli da hot line erotica; āscusa ma adesso devo proprio attaccareā¦stā rientrando mio marito e non vorrei che si insospettisse nel vedermi al telefono a questāoraā¦ā, aggiunse Elena.
āNessun problema, tanto sono autonomoā, replicai buttandola sullāironia.
āPromettimi una cosaā¦ā, aggiunse Elena prima di riattaccare; ācosa?ā, risposi io.
āVoglio che continui a masturbarti pensando a me e riguardando il video che mi hai fatto oggiā¦ā, disse; āai suoi ordini, mia reginaā, replicai io.
āE pretendo che al momento di venire tu pensi solo e soltanto ai miei piediā, disse ancora con tono autoritario; āsarā fattoā, risposi.
āA lunedā alloraā¦poi mi farai sapere come ā andataā, disse prima di chiudere la chiamata.
Rimasi per un attimo interdetto riguardo quanto era accaduto; faticavo infatti parecchio a credere che quella conversazione fosse avvenuta realmente tanto che dovetti darmi un paio di buffetti sulla guancia per capire se fossi realmente sveglio.
Aprii la galleria immagini del mio telefono cellulare ed avviai il video; avevo fatto veramente un bel lavoro.
Il video iniziava con una ripresa di Elena a figura intera intenta a dare una pulita al tavolo della sala riunioni con indosso un vestitino scollato che ricordo mi fece immediatamente venire voglia di farle inarcare la schiena sul tavolo e di fotterla senza sosta da dietro per poi proseguire con uno zoom piā ravvicinato su di lei a mezzo busto e concludersi con un primo piano di gambe e piedi.
Continuai a segarmi a ritmo sostenuto finchā, quando giunse il momento di venire, bloccai il video sul primo piano dei piedi di Elena e mi concentrai su di essi proprio come lei mi aveva richiesto.
Prima di venire perā mi concedetti il lusso di un ultimo pensiero riguardo la bella Elena.
Nello specifico la immaginai entrare in sala riunioni proprio nel bel mezzo del CDA con in mano un calice di vetro.
Vidi nella mia mente i consiglieri squadrarla con aria severa tanto da rendere impossibile per lei reggere i loro sguardi e dovendo abbassare vergognosamente il suo verso terra.
I consiglieri senza rivolgerle parola ripresero quindi la conversazione dal punto in cui era stata interrotta dallāingresso della donna.
Elena, sommessamente, si inginocchiā a terra e si diresse gattonando sotto il tavolo come se fosse per lei una procedura abituale durante questo tipo di riunioni.
Una volta preso posto sotto il grosso tavolo al centro della sala Elena poggiā a terra il bicchiere, sfilā dal polso un elastico che utilizzā per legarsi i capelli ed iniziā a succhiare il cazzo di ogni singolo membro della riunione, partendo ovviamente da quello dellāamministratore delegato facendo venire a turno ognuno di loro nella sua bocca.
Al termine di ogni singola eiaculazione Elena lasciava scivolare lo sperma fuori di bocca nel calice di vetro in modo da riempirlo sempre di piā.
Quando ebbe terminato il giro di tutti i consiglieri Elena uscā fuori da sotto il tavolo reggendo fieramente il calice contente dieci differenti gusti di sperma.
Nella mia mente questa divenne la scena finale di ogni singolo CDA da quando Elena aveva ottenuto il posto di segretaria; quando tutti i consiglieri giungevano ad un accordo Elena era chiamata a consumare il suo particolarissimo cocktail. Solo cosā la seduta poteva considerarsi tolta.
Il calice della concordia, questo era il nome che nella mia fantasia avevano attribuito allāunanimitā i consiglieri a questa sorta di cerimonia.
Dopo aver mescolato il tutto girandoci dentro lāindice di una mano ed esserselo messo in bocca per un primo assaggio, Elena portā il calice alla bocca, chiuse gli occhi e ne ingoiā il contenuto tutto dāun fiato; infilā poi lingua nel bicchiere per ripulirlo completamente e se la passā sulle labbra mentre i consiglieri abbandonavano soddisfatti la sala.
Riposi quindi nuovamente lo sguardo sullāimmagine dei piedi di Elena e, al culmine dellāeccitazione, venni copiosamente adempiendo alla mia promessa.
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